Attività neuroprotettiva tra Testosterone, AAS sintetici e Estradiolo.

Introduzione:

E’ solo di recente che si è iniziato a trattare in maniera più dettagliata dei potenziali effetti collaterali neuronali degli AAS. Infatti, ci si è sempre e solo concentrati sull’impatto che queste molecole possono avere, per esempio, sulla lipidemia ematica, sulla funzionalità epatica e renale , tralasciando tutte quelle alterazioni che possono emergere a livello comportamentale e plastico-cerebrale, che sono certamente da non sottovalutare. Trattai già dell’attività neurosteroidea, vi rimando quindi alla lettura di quell’articolo per ulteriori approfondimenti.

Vista la scarsa diffusioni di valide informazioni sulla attività neuronale degli AAS, un mito comune che circola nella comunità del bodybuilding e dei pazienti in TRT è che il Testosterone sia intrinsecamente neuroprotettivo e che sia in questo unico rispetto a tutti gli altri steroidi androgeni anabolizzanti.

Ma il motivo per cui il Testosterone è neuroprotettivo è semplicemente perché esso aromatizza ad un tasso tale da fornire una quantità di Estradiolo sufficiente a bilanciare l’Androgenicità esercitata dallo stesso Testosterone e dal DHT.

I dati ottenuti in modelli di roditori che utilizzano cellule corticali lo suggeriscono in modo molto convincente, mostrando come l’inibitore dell’aromatasi Anastrozolo (Arimidex) elimini completamente gli effetti neuroprotettivi del Testosterone [1].

AAS sintetici e Testosterone a confronto:

Sono stati pubblicati molti studi che suggeriscono quanto gli AAS sintetici siano peggiori rispetto al Testosterone per quanto riguarda le malattie cardiovascolari, la neurotossicità e una miriade di altri esiti organici deleteri.

Ritengo che una parte significativa di questi dati sia in parte estremizzata, data la mancanza di osservazioni di risposta seguenti alla somministrazione di estrogeni esogeni. In definitiva, il Testosterone è l’Androgeno più sicuro a dosaggi fisiologici. Il DHEA segue il grado favorevole di sicurezza, ma questo è un altro discorso.

Tuttavia, si ipotizza che molti AAS non siano così pericolosi come siamo portati a credere. Attenzione però, con questo non si intende assolutamente dire che essi abbiano un ottimale margine di sicurezza.

L’ipotesi è che alcune molecole non sono intrinsecamente più pericolose del Testosterone, ma è la loro mancanza di aromatizzazione, di 5-α riduzione o di diversa affinità per i recettori fuori bersaglio a renderli più pericolosi.

L’effetto sui Recettori degli Estrogeni (ER) e l’affinità dell’AAS per l’attività dell’Enzima Aromatasi sono i fattori principali che incidono sulla validità di un ormone in un contesto di monoterapia.

I derivati del DHT non possono essere convertiti dall’Enzima Aromatasi in un estrogeno come l’Estradiolo.

Il Nandrolone (19-nortestosterone) e i suoi derivati (19-nor) hanno ciascuno la propria affinità (o mancanza di affinità) per i ER e l’interazione con l’Aromatasi, che spesso si traduce in livelli di estrogeni inferiori alla media (esistono eccezioni come il Trestolone/MENT il quale si converte nel potente 7α-methyl-Estradiolo).

In sostanza, credo che alcuni AAS possano risultare significativamente più cardiotossici e neurotossici nei dati perché vengono sempre utilizzati da soli con una quantità insufficiente di estrogeni per bilanciare l’attività androgenica.

L’importanza di mantenere livelli ottimali di Estradiolo:

Livelli correttamente bilanciati di estrogeni sono necessari per la libido, la qualità dell’erezione, la vasodilatazione, la salute cardiovascolare, la salute del cervello, la salute delle ossa e molte altre funzioni sistemiche.

Nelle donne il rischio di malattie cardiovascolari aumenta notevolmente dopo la menopausa.

Non è una coincidenza che la maggior parte delle donne che sviluppano malattie cardiache lo facciano dopo che la produzione di estrogeni è scesa a livelli inferiori a quelli maschili.

Se non si dispone di una quantità sufficiente di estrogeni rispetto ai livelli di androgeni nell’organismo, i livelli di cardiotossicità e neurotossicità saranno significativamente più alti di quelli che si avrebbero se si mantenessero livelli ottimali di estrogeni.

Dal punto di vista del Bodybuilding, gli estrogeni sono necessari per ottimizzare la crescita muscolare, l’insulino-sensibilità e la sintesi di IGF-1 e fattori di crescita/segnalazione cellulare.

Per questo motivo gli AAS altamente aromatizzabili possono indirettamente determinare un maggiore potenziale di crescita e sono spesso classificati come composti “Bulking”.

Aneddoticamente, molti bodybuilder riferiscono di essere cresciuti al massimo durante l’Off-Season, quando i loro livelli di estrogeni erano sufficientemente alti.

La logica di inserimento di una “base” di Testosterone:

Il Testosterone non ha una selettività tissutale e, in realtà, è un modesto “costruttore muscolare” milligrammo per milligrammo rispetto ad altri AAS sintetici sviluppati negli anni successivi alla sua scoperta.

Per quanto riguarda la ritenzione di azoto, sulla carta non è superiore a molti AAS.

Tuttavia, il Testosterone aromatizza in Estradiolo a un ritmo strettamente regolato, è bioidentico e il corpo sa esattamente cosa fare con esso.

Inoltre, il corpo sa quanto Testosterone legare con le SHBG, quanto liberarne e mettere a disposizione dei tessuti, nonché quanto 5α ridurne a DHT per antagonizzare l’attivazione dei Recettori degli Estrogeni nel caso in cui questa vada fuori controllo.

Dal punto di vista del bodybuilding, il Testosterone è sottovalutato sotto molti aspetti.

Tuttavia, in un contesto di salute generale, longevità e bodybuilding, il Testosterone non può essere battuto a dosaggi terapeutici.

Utilizzando una base di Testosterone o una fonte di estrogeni sufficiente, le carenze di altri agenti anabolizzanti possono essere attenuate in una certa misura, motivo per cui il Testosterone è la base della maggior parte dei cicli di SARM steroidei e non steroidei.

Bilancio tra Testosterone, DHT ed Estradiolo:

La steroidogenesi nell’organismo si esplica come un’enorme orchestra volta alla regolazione di innumerevoli funzioni. Essa è molto più complessa della semplice sintesi di Testosterone, estrogeni e DHT.

La steroidogenesi umana, con le principali classi di ormoni steroidei, i singoli steroidi e le vie enzimatiche.[Häggström M, Richfield D (2014). “Diagram of the pathways of human steroidogenesis”. WikiJournal of Medicine.] I cambiamenti nella struttura molecolare da un precursore sono evidenziati in bianco.

Anche a livello acuto, l’equilibrio tra androgeni ed estrogeni nell’organismo è strettamente regolato e viene attuato per garantire una ottimizzazione della salute.

Questo equilibrio diventa sempre più disfunzionale con l’età, uno stile di vita scorretto, un’alimentazione scorretta, una cattiva igiene del sonno e numerosi altri fattori.

Tuttavia, come detto precedentemente, l’organismo sa esattamente cosa fare con il Testosterone, come creare una quantità ottimale di estrogeni e quanto Testosterone ridurre in DHT per contrastare l’eccesso di estrogeni e sostenere le caratteristiche sessuali secondarie maschili.

Quando si confrontano i dati clinici su un AAS sintetico con il Testosterone in un contesto di monoterapia, bisogna considerare che questi studi utilizzano l’AAS sintetico da solo, non con estrogeni esogeni o qualsiasi ormone supplementare che potrebbe essere necessario per bilanciare la sua androgenicità, la mancanza di attività estrogenica e/o l’interazione con l’Aromatasi.

Ovviamente, se si prende un composto che non aromatizza a sufficienza in estrogeni e lo si confronta con l’androgeno bioidentico che il nostro corpo sa aromatizzare e 5α ridurre in modo perfettamente bilanciato, si può solo immaginare quale sarà la scelta migliore data dall’osservazione comparativa in termini di cardiotossicità e neurotossicità.

La neurotossicità di Testosterone, Nandrolone e Stanozololo:

Confrontando l’effetto del Testosterone con quello del 19-nortestosterone (Nandrolone) e dello Stanozololo (Winstrol) sulla neurotossicità, si vede chiaramente che sono gli estrogeni a proteggere i neuroni del cervello, non il Testosterone in se.

Strutture molecolari di Testosterone, Nandrolone e Stanozololo

Nello studio del 2007 di Rosamaria Orlando et al., un dosaggio fisiologico di Testosterone risultava essere neuroprotettivo [1]. Il Testosterone amplificava la neurotossicità solo a dosaggi sovrafisiologici.

L’effetto neuroprotettivo di un dosaggio fisiologico di Testosterone è stato completamente eliminato quando è stato co-somministrato l’inibitore dell’Aromatasi Anastrozolo (Arimidex), suggerendo che la tossicità intrinseca del Testosterone come androgeno è controbilanciata solo dalla sua aromatizzazione in 17β-estradiolo.

Struttura molecolare di Estradiolo

A differenza del Testosterone, il Nandrolone non presenta un tasso di aromatizzazione sufficiente in termini assoluti (quantità) e specifici (tipo di estrogeno) mentre lo Stanozololo non subisce a nessun grado l’aromatizzazione.

Come prevedibile, il Nandrolone e lo Stanozololo sono risultati entrambi neurotossici a ogni singola dose valutata, indipendentemente dalla co-somministrazione o meno di Anastrozolo.

L’antiandrogeno Flutamide è stato in grado di attenuare la neurotossicità di tutti e tre gli androgeni, rafforzando così ulteriormente il fatto che dosaggi fisiologici di androgeni senza una quantità sufficiente di estrogeni a controbilanciarne gli effetti, o dosaggi sovrafisiologici di androgeni possono facilitare la morte neuronale.

Nessuno degli steroidi androgeni anabolizzanti di questo studio è risultato tossico in assenza di NMDA (recettore N-metil-D-aspartato), suggerendo quindi che il meccanismo attraverso il quale gli androgeni non controbilanciati facilitano la morte neuronale è una maggiore vulnerabilità agli insulti eccitotossici.

Rappresentazione grafica semplificata della struttura del recettore NMDA

Effetto neuroprotettivo del Testosterone a dosaggi fisiologici senza Anastrozolo:

A dosaggi fisiologici senza la presenza di un inibitore dell’Aromatasi, il Testosterone ha dimostrato di avere un effetto neuroprotettivo.

Spesso si ritiene che sia l’androgeno stesso (Testosterone) a proteggere il cervello. Tuttavia, l’inibitore dell’Aromatasi Anastrozolo ha eliminato completamente tutti gli effetti neuroprotettivi del Testosterone allo stesso dosaggio fisiologico.

L’Anastrozolo ha esacerbato la neurotossicità a ogni singolo dosaggio di Testosterone quando è stato co-somministrato.

Ciò suggerisce che il Testosterone non è un androgeno unico e con attività che neuroprotettiva maggiore rispetto a tutti gli altri AAS, ma che è la sua aromatizzazione in estrogeni a essere neuroprotettiva.

Neurotossicità del Testosterone a dosaggi soprafisiologici con e senza Anastrozolo:

A dosaggi sovrafisiologici il Testosterone ha dimostrato di esacerbare la neurotossicità. Sebbene la sua aromatizzazione in estrogeni prevenga comunque una quantità significativa di morte neuronale, possiamo vedere chiaramente che le concentrazioni sovrafisiologiche di Testosterone esacerbano la neurotossicità in ogni caso e che i livelli sovrafisiologici di estrogeni non forniscono un aumento dose-dipendente della neuroprotezione.

Quindi, i dati suggeriscono che le concentrazioni fisiologiche di Testosterone facilitano la neuroprotezione cerebrale attraverso l’aromatizzazione in estrogeni, ma c’è una soglia per questa neuroprotezione e le concentrazioni sovrafisiologiche non sono comunque neurologicamente salutari.

La neurotossicità del Nandrolone è indipendente dall’uso di Anastrozolo:

Il Nandrolone ha esacerbato la neurotossicità a tutti i dosaggi, indipendentemente dal fatto che sia stata valutata una concentrazione bassa o alta.

Inoltre, la co-somministrazione di Anastrozolo non ha avuto alcun impatto sulla neurotossicità del Nandrolone in questo modello, a qualsiasi dosaggio.

Ciò suggerisce che il Nandrolone non aromatizza in estrogeni ad un tasso sufficiente, né attiva i recettori degli estrogeni da solo ad un grado soddisfacente per fornire gli effetti neuroprotettivi di livelli sani di estrogeni.

Sarebbe probabilmente necessaria una fonte di estrogeni da co-somministrare con il Nandrolone per poterlo considerare una valida alternativa alla monoterapia in un contesto di HRT o di ciclo con un certo margine di “sicurezza”.

La neurotossicità dello Stanozololo è indipendente dall’uso di Anastrozolo:

Lo Stanozololo ha esacerbato la neurotossicità a tutti i dosaggi, indipendentemente dal fatto che si valutasse una concentrazione bassa o alta.

Inoltre, la co-somministrazione di Anastrozolo non ha avuto alcun impatto sulla neurotossicità dello Stanozololo in questo modello, a qualsiasi dosaggio.

Sappiamo già che lo Stanozololo non è soggetto ad aromatizzazione.

Anche in questo caso, i dati suggeriscono che sarebbe necessaria una fonte di estrogeni da co-somministrare con lo Stanozololo per poterlo considerare una valida alternativa alla monoterapia in un contesto di HRT o di ciclo con un certo margine di “sicurezza”.

Attenuazione della neurotossicità con co-somministrazione di antiandrogeni:

Gli androgeni non controbilanciati da una quantità sufficiente di estrogeni sono cardiotossici e neurotossici.

Per questo motivo la Flutamide (un anti-androgeno) è stata in grado di eliminare la neurotossicità del Nandrolone e dello Stanozololo.

Gli antiandrogeni hanno una risposta dose-dipendente proprio come gli AAS, quindi si verifica una competizione tra gli antiandrogeni e gli androgeni per il legame e l’attivazione del Recettore degli Androgeni (AR).

Gli antiandrogeni agiscono come antagonisti competitivi dell’AR o come steroidi sintetici di fortuna, anche se con un’androgenicità significativamente ridotta o pressoché assente.

In pratica, a seconda dell’antiandrogeno utilizzato, o enzimatico (vedi inibitori della 5α-reduttasi come la Finasteride) o competitivo (vedi Bicalutamide, Flutamide ecc…), essi agiranno riducendo l’attività degli androgeni a livello sistemico (orali) o topico (soluzione da applicare).

L’efficacia dell’antiandrogeno nell’inibire il legame degli androgeni con l’AR si basa sull’affinità di legame, sulla costante di legame, sull’emivita, sul dosaggio utilizzato e su una miriade di altri fattori.

La Flutamide è un antagonista selettivo del recettore degli androgeni non-steroideo, competitivo e “silenzioso” dell’AR. Si tratta di un antiandrogeno primitivo e di livello inferiore rispetto agli sviluppi più recenti della medicina, tuttavia è ancora efficace nell’impedire agli androgeni di legarsi ai recettori bersaglio specifici.

Per questo motivo la Flutamide è stata in grado di eliminare completamente la neurotossicità del Nandrolone e dello Stanozololo a tutti i dosaggi. Impedendo al Nandrolone e allo Stanozololo di legarsi ai recettori degli androgeni, essi non sono più in grado di innescare la trascrizione e, quindi, manifestare i loro effetti nei tessuti.

I dati relativi alla Flutamide e all’Anastrozolo rafforzano il fatto che il Nandrolone non converte in estrogeni ad un tasso sufficiente da fornire la neuroprotezione necessaria per evitare la morte neuronale. Con o senza inibitore dell’Aromatasi, il Nandrolone aggrava la neurotossicità allo stesso modo.

Senza un inibitore dell’Aromatasi ma con un antiandrogeno, la Neurotossicità del Nandrolone viene eliminata completamente. Ed è probabile che lo stesso valga anche per la cardiotossicità intrinseca del Nandrolone.

Quanto detto vale, prevedibilmente, anche per lo Stanozololo, che non è soggetto ad aromatizzazione.

È qui che tutti gli studi che dimostrano quanto il Nandrolone abbia un influenza negativa per il cuore e il cervello vengono messi in discussione, poiché gli esiti negativi riscontrati nei dati potrebbero non essere stati così drastici se fosse stata co-somministrata una fonte di estrogeni.

Lo stesso dosaggio di Flutamide non è stato in grado di compensare completamente la neurotossicità del Testosterone a dosaggi sovrafisiologici senza la presenza di Anastrozolo.

Quando i dosaggi di Testosterone superano le concentrazioni fisiologiche, la vulnerabilità alla neurotossicità e alla cardiotossicità sale vertiginosamente.

Una quantità eccessiva di qualsiasi cosa nell’organismo è dannosa, e il Testosterone non è esente da questo problema solo perché è l’ormone bioidentico che produciamo naturalmente e che è soggetto ad aromatizzazione in estrogeni.

L’aromatizzazione degli androgeni in estrogeni regola la neurotossicità:


Riflettendo sui dati con e senza inibitore dell’Aromatasi, possiamo vedere chiaramente che sono gli estrogeni ad esercitare la neuroprotezione, non il Testosterone.

Molti pensano erroneamente che il Testosterone sia un androgeno unico che si lega all’AR in qualche modo speciale per proteggere il cervello e che gli altri AAS lo danneggino. Ma i dati ci mostrano che le cose siano proprio così nette.

Infatti, i dati mostrino chiaramente che con la co-somministrazione di Anastrozolo l’effetto neuroprotettivo viene annullato, mentre senza Anastrozolo si ha un effetto neuroprotettivo.

Se si dispone di una quantità sufficiente di estrogeni per bilanciare gli androgeni nel corpo, si ottiene un livello stabile e ottimale di neuroprotezione, che si riflette nel modo in cui il nostro corpo regola l’aromatizzazione endogena degli androgeni.

Ma se si ha un livello sovrafisiologico di androgeni o si inibisce l’Aromatasi così da impedire la sintesi di una quantità di estrogeni necessari per svolgere le funzioni organiche, la neurotossicità aumenta indipendentemente dal fatto che si stia valutando il Testosterone e non un AAS sintetico non bioidentico. E tutto ciò si ricollega alla logica dell’utilizzo di una base di Testosterone durante il ciclo o di una fonte sufficiente di estrogeni esogeni in caso di carenza.

Questo rafforza anche il fatto che gli inibitori dell’aromatasi sono più che altro deleteri se usati senza una reale necessità.

Sarebbe opportuno fare tutto il possibile per evitare l’uso di inibitori dell’Aromatasi.

Se si ha bisogno di un inibitore dell’Aromatasi, è spesso probabile che ciò sia legato, per esempio, ad un dosaggio troppo alto di Testosterone (o altri AAS soggetti ad aromatizzazione), o ad una percentuale di grasso troppo alta (più grasso = più Aromatasi). Altre volte ciò può dipendere da un polimorfismo genetico che determina un metabolismo degli ormoni sessuali alterato o da una sovraespressione epigenetico-dipendente alla modificata omeostasi ormonale.

In definitiva, la probabilità che vi sia il bisogno di un AI per gestire una dose terapeutica di Testosterone, se i soprariportati punti sono ottimizzati, non è così probabile.

In un contesto di Bodybuilding con dosaggi sovrafisiologici, ritengo inoltre che nella maggior parte dei casi (quindi non in tutti) l’uso di un AI solo per poter utilizzare una dose “troppo alta” di Testosterone sia una strategia sbagliata.

È opportuno assumere estrogeni esogeni per prevenire la neurotossicità e la cardiotossicità?

Il fatto che siano gli estrogeni a fornire protezione neurologica, e non il Testosterone, non significa assolutamente che si debba iniziare ad assumere pillole anticoncezionali come fossero caramelle. Gli estrogeni non controbilancianti nell’organismo sono a loro volta cancerogeni. C’è un motivo per cui i primi trattamenti per il cancro al seno sono stati SERM e gli AI. Inoltre, gli estrogeni non forniscono neuroprotezione in modo dipendente dalla dose.

C’è un punto di equilibrio per ogni cosa nell’organismo, e una quantità eccessiva di qualsiasi cosa può essere dannosa. Un pretrattamento di 4 giorni con basse concentrazioni 0,01 μM (10 nM) di 17β-estradiolo è stato sostanzialmente neuroprotettivo contro la tossicità NMDA.

Tuttavia, è possibile notare chiaramente dal grafico che non si è verificata una diminuzione dose-dipendente della neurotossicità.

La neuroprotezione è stata significativamente inferiore con 1μM di 17β-estradiolo rispetto al dosaggio molto più basso di 0,01 μM di 17β-estradiolo.

L’organismo ha un sistema strettamente regolato in cui è necessaria una certa quantità di estrogeni per le funzioni fisiologiche. Una quantità eccessiva di estrogeni senza una quantità sufficiente di androgeni può provocare lo sviluppo di tumori, ginecomastia e diversi altri problemi.

Troppo pochi estrogeni ed eccessivi androgeni possono causare malattie cardiovascolari, morte neuronale e altrettanti problemi.

Quindi, cosa concludere?

Quindi, se si utilizza un androgeno senza una quantità sufficiente di estrogeni opposti per bilanciarlo, non solo si inibisce la crescita muscolare e la perdita di grasso, ma si mette il corpo in uno stato di salute che si deteriora ancora più rapidamente di quello in cui si sarebbe già trovato semplicemente a causa dei livelli di androgeni sovrafisiologici.

Se si utilizza una dose di Testosterone da TRT, sarebbe meglio non inibire inutilmente l’Aromatasi.

Inoltre, se si utilizza un AAS che o non è un potente substrato per l’aromatasi o non è soggetto ad essa (e questo interessa tutti i SARM steroidei e non steroidei), sarebbe meglio aggiungere al ciclo una base di Testosterone o una fonte di estrogeni adeguata. La co-somministrazione di DHEA non è garante di una risultante estrogenica ematica adeguata per via di variabili enzimatiche legate alla conversione dell’androgeno surrenalico a Androstenedione e Estradiolo.

La cosa interessante da valutare sarebbe se tutti gli AAS precedentemente descritti dalla letteratura riportata come deleteri per il cuore e il cervello sarebbero ancora descritti come tali se un dosaggio adeguato di estrogeni esogeni venisse usato insieme ad essi negli studi corrispondenti.

Questo apre sicuramente nuove prospettive per potenziali alternative alla HRT.

Gabriel Bellizzi [CEO BioGenTech]

Riferimenti:

  1. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17662261

AAS e loro impatto su HDL e Capacità di Efflusso del Colesterolo (CEC)

Introduzione:

Nel 1957 sono stati pubblicati i primi risultati del Framingham Heart Study [1]. Si trattava (o dovrei dire si tratta, visto che è ancora in corso) di uno studio epidemiologico che cercava di individuare i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Lo studio prende il nome dalla città di Framingham, Massachusetts, negli Stati Uniti. Sono stati reclutati 5.209 residenti della città di età compresa tra i 30 e i 62 anni. Diversi dati di questo gruppo di persone (coorte) sono stati raccolti nel tempo per scoprire questi fattori di rischio. Nella loro importante pubblicazione, hanno identificato tre fattori di rischio per le malattie cardiovascolari: ipertensione, obesità e ipercolesterolemia (alti livelli di colesterolo).

Ai fini di questo articolo, mi concentrerò sul Colesterolo. Prima di parlare dell’effetto degli Steroidi Anabolizzanti Androgeni sul colesterolo HDL, fornirò alcune informazioni di base.

Relazione tra malattie cardiovascolari e colesterolo LDL e HDL:

Dopo i risultati iniziali del Framingham Heart Study, il ruolo del colesterolo nello sviluppo del rischio di malattie cardiovascolari è stato ulteriormente chiarito. Un primo passo avanti in quest’area di ricerca è stata la suddivisione del colesterolo in colesterolo a bassa densità (LDL) e colesterolo ad alta densità (HDL) e il loro rispettivo contributo al rischio di malattie cardiovascolari. Queste due frazioni di colesterolo sono note al grande pubblico rispettivamente come colesterolo “cattivo” e “buono”.

Il colesterolo LDL elevato è stato associato a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari. Dopo decenni di ricerche, una pletora di prove ha stabilito con certezza che questa associazione è causale [2]. In effetti, la terapia per abbassare le LDL, ad esempio con l’uso di statine, è una pietra miliare del trattamento delle dislipidemie. L’associazione tra colesterolo HDL e rischio di malattie cardiovascolari è opposta a quella del colesterolo LDL: un colesterolo HDL elevato è risultato associato a una diminuzione del rischio di malattie cardiovascolari. Gli studi epidemiologici rilevano una riduzione del rischio cardiovascolare di circa il 2-3% per ogni aumento di 1 mg/dL di colesterolo HDL [3].

A differenza del colesterolo LDL, tuttavia, non sembra esistere un legame causale diretto tra i livelli di colesterolo HDL e il rischio di malattie cardiovascolari [4]. Studi genetici sull’uomo, in cui sono state analizzate alcune mutazioni genetiche che portano a livelli più o meno elevati di colesterolo HDL, non hanno dimostrato chiaramente un’associazione con il rischio di malattie cardiovascolari. Questo sarebbe stato prevedibile se ci fosse stato un legame causale diretto. Lo scollamento tra i livelli di colesterolo HDL e il rischio di malattie cardiovascolari è diventato forse più dolorosamente evidente negli studi clinici sui farmaci. Sono stati sviluppati (o esistevano già) alcuni farmaci che aumentano i livelli di colesterolo HDL in modo significativo, ma non riescono a ridurre la mortalità o l’incidenza di eventi cardiovascolari, come ictus o infarto del miocardio [5]. Ciò include anche l’uso di integratori da banco, come la Niacina [5, 6].

Nota: quando si parla di “colesterolo LDL”, “colesterolo HDL” o “colesterolo VLDL” ci si riferisce alle lipoproteine trasportatrici. La sigla VLDL sta per “very low density lipoproteins”, LDL per “low density lipoproteins” e HDL per “high density lipoproteins”. La densità a cui si fa riferimento è legata al loro contenuto lipidico. In particolare la densità è tanto più bassa quanto maggiori sono i trigliceridi racchiusi all’interno della particella. Ne deriva che le VLDL sono lipoproteine ad alto contenuto in trigliceridi, le LDL sono lipoproteine a basso contenuto in trigliceridi e le HDL sono lipoproteine estremamente povere di trigliceridi. In compenso LDL e HDL sono caratterizzate da un alto contenuto in colesterolo. Ognuna di queste lipoproteine ricopre ruoli diversi. Le VLDL hanno il compito di trasferire trigliceridi dal fegato ai tessuti; in particolare, dopo essere state sintetizzate nel fegato, vengono riversate nel circolo ematico e cedute soprattutto al tessuto muscolare e a quello adiposo. LDL ed HDL trasportano il colesterolo nel circolo sanguigno. Mentre le LDL hanno lo scopo di cederlo ai tessuti, le HDL sono deputate alla rimozione del colesterolo presente in eccesso nel plasma. Le VLDL vengono sintetizzate soprattutto nelle cellule epatiche (epatociti) e trasportano principalmente Trigliceridi di origine endogena.

Le IDL (lipoproteine a densità intermedia) sono il prodotto del catabolismo parziale delle VLDL. Sono più piccole (da 25 a 30 nm), hanno più Colesterolo e meno Trigliceridi.
Hanno una densità compresa tra 1,006 e 1,019 g/ml e migrano elettroforeticamente con le ß-globuline. Per ogni molecola tipica di VLDL che viene degradata, viene prodotta una IDL.

Per la stima del VLDL-C è necessario dividere il valore dei Trigliceridi misurato per 5, nel caso in cui siano espressi in mg/dL, o 2.2, nel caso siano espressi in mmol/L. Nella maggior parte dei casi, la formula consente di effettuare una stima accurata del reale valore del VLDL-C.

AAS e riduzione del HDL:

Ora siete un po’ più informati sulla relazione tra malattie cardiovascolari e colesterolo LDL e HDL. Diversi studi interventistici hanno esaminato l’effetto dell’uso di AAS sul colesterolo.  Peter Bond ha fatto un piccolo riassunto di questi studi nel suo libro “Book on Steroids” il quale riporto nella tabella sottostante. Sebbene non tutti gli studi abbiano riscontrato una diminuzione statisticamente significativa del colesterolo HDL (↔️), molti lo fanno e nel complesso mostrano inequivocabilmente una diminuzione. Ciò è particolarmente vero per gli AAS orali, che sembrano avere l’effetto maggiore sul colesterolo HDL.

In uno studio, condotto dal gruppo di Bhasin [11], sono stati somministrati dosaggi graduali di Testosterone (25, 50 125, 300 e 600mg di Testosterone Enantato alla settimana). Gli autori hanno quindi potuto valutare se esisteva una relazione dose-risposta tra il dosaggio di Testosterone e il colesterolo HDL, e così è stato. Hanno riscontrato una moderata relazione inversa (r = -0,40) tra i livelli di Testosterone e il colesterolo HDL. Quindi, almeno fino a una dose compresa tra 300 e 600mg settimanali, più alto è il dosaggio, maggiore è la diminuzione del colesterolo HDL.

In un recente studio, 100 consumatori di AAS sono stati seguiti nel tempo durante l’autosomministrazione di questa classe di farmaci. Il dosaggio medio, basato sulle informazioni riportate sull’etichetta, era di 898mg a settimana, rendendo così il loro ciclo di AAS abbastanza rappresentativo dell’uso comune da parte dei bodybuilder. Le misurazioni sono state effettuate prima, durante, 3 mesi dopo la fine del ciclo e 1 anno dopo l’inizio del ciclo. Il colesterolo HDL è diminuito di 0,4 mmol/L (da 1,2 a 0,8) durante l’uso. Si tratta di una diminuzione sostanziale. I valori erano tornati ai valori di base 3 mesi dopo la cessazione dell’uso di AAS.

Meccanismo attraverso il quale gli AAS abbassano l’HDL:

Si ritiene che gli steroidi anabolizzanti riducano il colesterolo HDL aumentando l’attività di un enzima chiamato lipasi epatica [7, 8, 9, 10]. Si tratta di un enzima prodotto principalmente dal fegato. Essendo una lipasi, catalizza le reazioni di idrolisi dei lipidi. In particolare, scinde gli acidi grassi dal triacilglicerolo (Trigliceride) e i fosfolipidi dalle particelle lipoproteiche, come il colesterolo HDL. Idrolizzando il triacilglicerolo e i fosfolipidi dal colesterolo HDL, riduce le dimensioni di queste particelle. Queste particelle più piccole vengono catabolizzate a un ritmo più elevato [12].

Thompson et al. hanno esaminato queste sottofrazioni di colesterolo HDL che differiscono per dimensioni [8]. Hanno misurato i livelli di colesterolo HDL2 e HDL3: le particelle di colesterolo HDL2 sono più grandi e di densità inferiore rispetto a quelle HDL3. Gli uomini partecipanti hanno ricevuto 200mg di Testosterone Enantato alla settimana o 6mg di Stanozololo orale (Winstrol) al giorno per 6 settimane in un design crossover. I risultati sono stati i seguenti:

*Differenza significativa (P < 0,05) rispetto al valore basale.

Come si può notare, la maggiore diminuzione relativa è stata osservata nella frazione HDL2 più grande a seguito del trattamento con Stanozololo. Al contrario, il Testosterone non ha mostrato una diminuzione statisticamente significativa nella frazione HDL2, ma ha fatto altrettanto nella frazione HDL3 più piccola. Non è del tutto chiaro cosa provochi la diminuzione di questa frazione.

Quando dei bodybuilder sono stati randomizzati a ricevere 200mg di Nandrolone Decanoato alla settimana o un placebo [13]. Non sono stati riscontrati cambiamenti statisticamente significativi nel colesterolo totale, nel colesterolo LDL e nel colesterolo HDL. Analogamente, non sono stati riscontrati cambiamenti significativi nelle sottofrazioni di colesterolo HDL2 e HDL3. In particolare, nella stessa pubblicazione, gli autori riferiscono anche di uno studio in cui hanno seguito un gruppo di atleti di forza che si autosomministravano steroidi anabolizzanti. Sono stati utilizzati diversi composti in vari dosaggi, ma vale la pena sottolineare che la maggior parte di essi comprendeva anche uno steroide anabolizzante orale (soprattutto Stanozololo). In questo caso, il colesterolo HDL è sceso in picchiata: da 1,08 mmol/L a 0,43 mmol/L dopo 8 settimane. La sottofrazione di colesterolo HDL2 è scesa da 0,21 a 0,05 e la sottofrazione di colesterolo HDL3 è scesa da 0,87 a 0,40 mmol/L.

Effetto degli AAS sulla funzione del colesterolo HDL:

Dato il legame tra l’effetto di un farmaco sui livelli di colesterolo HDL e il rischio di malattie cardiovascolari, la ricerca ha iniziato a concentrarsi sulla funzione del colesterolo HDL. Il colesterolo HDL è il protagonista di un processo chiamato trasporto inverso del colesterolo. Nell’aterosclerosi, il colesterolo si accumula nelle cellule del sistema immunitario (macrofagi) e nelle cellule muscolari lisce che circondano i vasi sanguigni [14]. Queste cellule, a loro volta, diventano le cosiddette cellule schiumose, che segnano il punto di partenza dell’aterosclerosi. Le particelle di colesterolo HDL sono in grado di raccogliere il colesterolo da queste cellule – efflusso di colesterolo. L’efflusso del colesterolo dalle cellule schiumose nelle particelle di colesterolo HDL è uno dei modi in cui si ritiene che il colesterolo HDL eserciti i suoi effetti protettivi sulle arterie. Il colesterolo HDL raccolto può poi essere riportato al fegato, che lo incorpora nella bile e può quindi essere secreto nelle feci. Allo stesso modo, le particelle di colesterolo HDL possono trasferire parte del loro contenuto alle particelle LDL, che possono finire nuovamente nelle cellule schiumose o essere assorbite dal fegato.

Esistono metodi per misurare la capacità di efflusso del colesterolo HDL e l’idea attuale è che la sua modulazione possa influire sul rischio di malattie cardiovascolari, contrariamente ai livelli di colesterolo HDL in sé. Esistono diversi modi in cui il colesterolo HDL può assorbire il colesterolo dalle cellule schiumose. Uno di questi coinvolge un trasportatore chiamato ATP-binding casette transporter A1 (ABCA1), che si ritiene sia il più importante [15, 16]. Contribuiscono anche altri trasportatori, come ABCG1 e il recettore scavenger B1, oltre alla diffusione semplice.

Diamo uno sguardo agli studi che hanno valutato l’impatto dell’uso di steroidi anabolizzanti sulla capacità di efflusso del colesterolo HDL. In uno studio (non controllato), uomini anziani ipogonadici sono stati randomizzati alla TRT con o senza Dutasteride (un inibitore della 5a-reduttasi) [17]. Dopo 3 mesi, la TRT era riuscita a riportare i livelli di Testosterone di questi uomini all’interno del range di normalità. Il colesterolo HDL e la capacità di efflusso del colesterolo HDL sono rimasti inalterati.

Un altro studio, randomizzato e controllato, ha applicato un approccio leggermente diverso [18]. Uomini sani, di età compresa tra i 19 e i 55 anni, sono stati castrati medicalmente per sopprimere completamente la loro produzione endogena. In seguito, hanno ricevuto un placebo, una TRT a basso dosaggio, una TRT sostitutiva completa o una TRT sostitutiva completa con Letrozolo, un inibitore dell’Aromatasi che inibisce la conversione del Testosterone in Estradiolo. Il colesterolo HDL è aumentato leggermente nel gruppo placebo e in quello a basso dosaggio, mentre è rimasto inalterato nei due gruppi che hanno ricevuto una dose sostitutiva completa. Inoltre, mentre è stata riscontrata una piccola diminuzione della capacità di efflusso di ABCA1 nel gruppo che ha ricevuto anche il Letrozolo, non sono stati osservati cambiamenti negli altri tre gruppi. A causa delle dimensioni ridotte dei gruppi, è possibile che un piccolo effetto non sia stato notato.

E i dosaggi elevati? Sfortunatamente, esiste un solo studio che ha esaminato questo aspetto, ed era di natura trasversale (si tratta di misurazioni effettuate in un solo momento, il che rende impossibile/difficile trarre conclusioni)[19]. I ricercatori hanno confrontato le misurazioni di un gruppo di utilizzatori di AAS con quelle di non utilizzatori e controlli sedentari, che avevano un’età corrispondente. I consumatori di AAS erano forti utilizzatori, avendo fatto uso di AAS in media per circa 8 anni con un dosaggio medio di (apparentemente) 2,5g settimanali. La capacità delle HDL di effluire il colesterolo dai macrofagi è risultata inferiore del 13% nei consumatori di AAS rispetto ai non consumatori con allenamento della forza. Anche in questo caso, a causa della natura trasversale dello studio, è difficile dire se questo sia causale.

Conclusioni:

Gli AAS riducono il colesterolo HDL, in modo dose-dipendente, e questo sembra verificarsi in modo particolarmente marcato con gli AAS orali17α-alchilati. Non è certo come questo si traduca in un rischio di malattia cardiovascolare, in quanto esiste una discrepanza tra la capacità di un farmaco di alterare il colesterolo HDL e il suo effetto su di esso. La correlazione tra i livelli di colesterolo HDL misurati e il rischio di malattie cardiovascolari non è causale. I ricercatori ritengono che la capacità di efflusso del colesterolo HDL possa avere una migliore capacità predittiva, oltre a essere causalmente correlata. Pertanto, i farmaci che influiscono sulla capacità di efflusso potrebbero influenzare il rischio di malattie cardiovascolari. L’effetto degli AAS su questo aspetto non è ancora così chiaro a causa della scarsità di dati, soprattutto per quanto riguarda i dosaggi sovrafisiologici. Alcuni dati suggeriscono che potrebbero avere un impatto negativo sulla capacità di efflusso del colesterolo. Uno studio di coorte longitudinale probabilmente risponderà a questa domanda con maggiore certezza in futuro. Se la capacità di efflusso del colesterolo HDL diminuisce effettivamente in seguito all’uso di AAS, questa diminuzione indotta dagli AAS potrebbe essere dannosa per la salute cardiovascolare.

Certo, vi sono farmaci, non che integratori erboristici da banco, con azione di “tampone” della dislipidemia ematica. Ma ciò non elimina il problema lo rallenta nella sua potenziale comparsa soprattutto agendo sui rapporti tra i marcatori del profilo lipidico ematico. Ciò significa che potenzialmente, e il condizionale è d’obbligo vista la sensibile differenza soggettiva riscontrabile, l’uso di Monacolina-K, Niacina e EPA, nei corretti dosaggi, potrà causare una riduzione del HDL leggermente/moderatamente inferiore rispetto all’utilizzatore meno accorto, con conseguente alterazione delle ratio HDL:LDL, HDL:Trigliceridi e HDL:Colesterolo totale “rallentata” e meno marcata. Di per se questa pratica supplementativa potrebbe portare anche ad una riduzione anche della capacità di efflusso del colesterolo HDL, ma non vi sono, ad oggi, conferme inoppugnabili che ciò avvenga.

Ah, quasi dimenticavo di ricordare ai meno informati che anche i SARM non steroidei (vedi Ostarina, LGD-4033, ecc…) alterano il profilo lipidico ematico a diverso grado. Anche i SERM (Tamoxifene, Clomifene, Raloxifene ecc…) e AI (Letrozolo, Anastrozolo, Exemestane ecc…) hanno un potenziale di alterazione della lipidemia ematica.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. T. R. Dawber, F. E. Moore, and G. V. Mann. Measuring the risk of coronary heart disease in adult population groups: Ii. coronary heart disease in the framingham study. American Journal of Public Health and the Nations Health, 47(4 Pt 2):4, 1957
  2. Ference, Brian A., et al. “Low-density lipoproteins cause atherosclerotic cardiovascular disease. 1. Evidence from genetic, epidemiologic, and clinical studies. A consensus statement from the European Atherosclerosis Society Consensus Panel.” European heart journal 38.32 (2017): 2459-2472.
  3. Gordon, David J., et al. “High-density lipoprotein cholesterol and cardiovascular disease. Four prospective American studies.” Circulation 79.1 (1989): 8-15.
  4. Rader, Daniel J., and G. Kees Hovingh. “HDL and cardiovascular disease.” The Lancet 384.9943 (2014): 618-625.
  5. Keene, Daniel, et al. “Effect on cardiovascular risk of high density lipoprotein targeted drug treatments niacin, fibrates, and CETP inhibitors: meta-analysis of randomised controlled trials including 117 411 patients.” Bmj 349 (2014).
  6. Schandelmaier, Stefan, et al. “Niacin for primary and secondary prevention of cardiovascular events.” Cochrane Database of Systematic Reviews 6 (2017).
  7. Friedl, Karl E., et al. “High-density lipoprotein cholesterol is not decreased if an aromatizable androgen is administered.” Metabolism 39.1 (1990): 69-74.
  8. Thompson, Paul D., et al. “Contrasting effects of testosterone and stanozolol on serum lipoprotein levels.” Jama 261.8 (1989): 1165-1168.
  9. Zmuda, Joseph M., et al. “The effect of testosterone aromatization on high-density lipoprotein cholesterol level and postheparin lipolytic activity.” Metabolism 42.4 (1993): 446-450.
  10. Herbst, Karen L., et al. “Testosterone administration to men increases hepatic lipase activity and decreases HDL and LDL size in 3 wk.” American Journal of Physiology-Endocrinology and Metabolism 284.6 (2003): E1112-E1118.
  11. Singh, Atam B., et al. “The effects of varying doses of T on insulin sensitivity, plasma lipids, apolipoproteins, and C-reactive protein in healthy young men.” The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 87.1 (2002): 136-143.
  12. Jin, Weijun, Dawn Marchadier, and Daniel J. Rader. “Lipases and HDL metabolism.” Trends in Endocrinology & Metabolism 13.4 (2002): 174-178.
  13. Hartgens, F., et al. “Effects of androgenic-anabolic steroids on apolipoproteins and lipoprotein (a).” British journal of sports medicine 38.3 (2004): 253-259.
  14. Ouimet, Mireille, Tessa J. Barrett, and Edward A. Fisher. “HDL and reverse cholesterol transport: Basic mechanisms and their roles in vascular health and disease.” Circulation research 124.10 (2019): 1505-1518.
  15. Du, Xian-Ming, et al. “HDL particle size is a critical determinant of ABCA1-mediated macrophage cellular cholesterol export.” Circulation research 116.7 (2015): 1133-1142.
  16. Adorni, Maria Pia, et al. “The roles of different pathways in the release of cholesterol from macrophages.” Journal of lipid research 48.11 (2007): 2453-2462.
  17. Rubinow, Katya B., et al. “Testosterone replacement in hypogonadal men alters the HDL proteome but not HDL cholesterol efflux capacity.” Journal of lipid research 53.7 (2012): 1376-1383.
  18. Rubinow, Katya B., et al. “Sex steroids mediate discrete effects on HDL cholesterol efflux capacity and particle concentration in healthy men.” Journal of clinical lipidology 12.4 (2018): 1072-1082.
  19. de Souza, Francis Ribeiro, et al. “Diminished cholesterol efflux mediated by HDL and coronary artery disease in young male anabolic androgenic steroid users.” Atherosclerosis 283 (2019): 100-105.

Enclomifene nel trattamento del ipogonadismo secondario.

Introduzione:

Attualmente gli unici trattamenti approvati per l’ipogonadismo o la carenza di Testosterone sono la Terapia Sostitutiva con Testosterone (TRT) e la terapia con gonadotropina corionica umana (hCG). Tra le due, la TRT è sicuramente quella più comunemente prescritta. Uno dei motivi è rappresentato dal fatto che l’hCG è inefficace nell’ipogonadismo primario, un tipo di ipogonadismo in cui la causa è l’insufficienza testicolare. Questo esclude circa il 15% dei casi di carenza di Testosterone [1]. Altri motivi possono essere il fatto che l’hCG richiede iniezioni frequenti (di solito tre volte alla settimana) ed è più costoso di alcune alternative alla TRT.

Un problema centrale della TRT non affiancata dall’uso regolare di hCG (o abbinamento dell’hCG con l’hMG) è che sopprime la spermatogenesi e quindi porta all’infertilità in un numero considerevole di uomini. Inoltre, le dimensioni dei testicoli diminuiscono. Per gli uomini che desiderano preservare la fertilità e le dimensioni dei testicoli, la TRT in modalità priva di hCG è ovviamente un candidato non ideale. Sebbene questo aspetto sia meno importante per gli uomini più anziani che possono beneficiare della TRT, in quanto è meno probabile che abbiano in programma di avere figli, è un problema importante per gli uomini giovani che desiderano trattare l’ipogonadismo.

Come discusso nel mio precedente articolo sulla fertilità durante l’uso di AAS o in TRT, il Testosterone sopprime la secrezione di LH e FSH, con conseguente inibizione della spermatogenesi. Parte di questa soppressione è mediata dalla conversione del Testosterone in Estradiolo. Si potrebbero quindi aumentare i livelli di Testosterone annullando l’effetto soppressivo dell’Estradiolo sull’ipotalamo e, conseguentemente, sull’ipofisi. In effetti, l’uso di modulatori selettivi dei recettori degli estrogeni (SERM) – che esercitano un’azione antagonista sui recettori degli estrogeni nell’ipotalamo e nell’ipofisi – porta a un forte aumento di LH, FSH e Testosterone negli uomini con ipogonadismo secondario [2]. Allo stesso modo, l’uso di inibitori dell’Aromatasi – che impediscono al Testosterone di essere convertito in Estradiolo dall’azione dell’Enzima Aromatasi – porta a un aumento di LH, FSH e Testosterone negli uomini trattati [3]. Una conseguenza di ciò è che la spermatogenesi può essere preservata sebbene l’uso di AI sia maggiormente deleterio per il profilo lipidico ematico.

Enclomifene nell’Ipogonadismo Secondario:

Per inserire tra le opzioni terapeutiche per il trattamento dell’ipogonadismo secondario l’Enclomifene, un’azienda farmaceutica, la Repros Therapeutics Inc. ha tentato di farlo approvare dalla FDA. Prima di continuare a parlare di come si è svolto il processo, vorrei fornire alcune informazioni sul SERM in questione: l’Enclomifene Citrato (nome commerciale Androxal, successivamente ribattezzato EnCyzix).

Negli anni ’60 è stato scoperto che un farmaco chiamato clomifene citrato induce l’ovulazione. In quanto tale, poteva essere utilizzato come modalità di trattamento per promuovere la fertilità in caso di anovulazione o oligovulazione. Già all’epoca si sapeva che il clomifene agisce aumentando il rilascio di gonadotropine (LH e FSH) [4]. Per questo motivo, i ricercatori hanno iniziato a valutarne l’effetto anche negli uomini sulla spermatogenesi e sul testosterone. Nei decenni successivi, numerosi studi hanno dimostrato la sua efficacia nello stimolare la produzione di testosterone negli uomini ipogonadici. Tuttavia, il clomifene non è stato approvato dalla FDA per il trattamento dell’ipogonadismo. Tuttavia, viene prescritto off-label per questa indicazione e la linea guida 2018 per la valutazione e la gestione della carenza di testosterone dell’American Urological Association ne sostiene condizionatamente l’uso come alternativa alla TRT [5].

Un problema legato al trattamento con Clomifene è che, nonostante il significativo aumento dei livelli di Testosterone, i dati sul suo effetto sulla riduzione dei sintomi dell’ipogonadismo sono contrastanti [6]. Studi su larga scala e di buona qualità potrebbero chiarire questi aspetti e forse fare luce su quali pazienti potrebbero trarre i maggiori benefici dal suo utilizzo. Poiché il brevetto del farmaco è scaduto da tempo e vengono prodotti farmaci generici, le aziende farmaceutiche non sono molto attratte dagli investimenti. Pertanto, questi studi potrebbero non venir mai realizzati.

Come accade per molti altri farmaci, anche il Clomifene è una miscela racemica. Ciò significa che è costituito da una molecola di tipo “levogiro” e una di tipo “destrogiro”. In genere solo uno di questi stereoisomeri, come vengono chiamati, è il composto attivo. E ciò dà come risultato che si adatta meglio al recettore su cui agisce. Come un guanto si adatta solo a una mano e non all’altra, il tipo “levogiro” è più efficace nel legarsi a un recettore “levogiro” rispetto allo stereoisomero “destrogiro”. Il Clomifene è costituito dagli stereoisomeri Zuclomifene (nell’immagine sotto a sinistra) e, come alcuni di voi già sapranno, l’Enclomifene (nell’immagine sotto a destra):

Da sinistra: Zuclomifene e Enclomifene.

In generale, lo Zuclomifene è considerato un agonista del recettore degli estrogeni, mentre l’Enclomifene è considerato un potente antagonista degli estrogeni [7]. L’Enclomifene può quindi essere considerato lo stereoisomero attivo del Clomifene. L’idea dell’Enclomifene privo dello stereoisomero Zuclomifene, quindi, è quella di avere qualcosa di più efficace e sicuro del Clomifene. Tuttavia, l’aspetto più importante è che Repros Therapeutics Inc. potrebbe brevettarne l’uso terapeutico per il trattamento dell’ipogonadismo maschile.

E’ di interesse sottolineare che la miscela racemica del Clomifene è composta per il 38% da Zuclomifene e per il 62% da Enclomifene. Lo Zuclomifene è lo stereoisomero (Z) del Clomifene, mentre l’Enclomifene è lo stereoisomero (E). Lo Zuclomifene è leggermente estrogenico, e a differenza dell’Enclomifene, esso ha azione antigonadotropa a causa dell’attivazione del recettore degli estrogeni con successiva riduzione dei livelli di Testosterone negli uomini. È inoltre circa cinque volte più potente dell’Enclomifene nell’indurre l’ovulazione nelle donne.

Dati clinici sull’Enclomifene:

Per richiedere l’approvazione della FDA, l’azienda farmaceutica ha dovuto condurre alcuni studi clinici. Il primo studio pubblicato comprendeva solo 12 uomini e non era in cieco [8]. In altre parole, sia i partecipanti che i ricercatori sapevano quale trattamento stavano ricevendo gli uomini. I partecipanti erano uomini con ipogonadismo secondario trattati in precedenza con Testosterone topico. Sono stati randomizzati a ricevere nuovamente Testosterone topico o Enclomifene (25mg al giorno).

Dopo sei mesi di trattamento, i livelli di Testosterone erano praticamente gli stessi tra i gruppi: 545ng/dL (18,9nmol/L) nel gruppo che riceveva il gel e 525ng/dL (18,2nmol/L) nel gruppo che riceveva l’Enclomifene. Anche i livelli di Testosterone libero sono aumentati e sono rimasti praticamente invariati tra i gruppi. Inoltre, e naturalmente, il numero di spermatozoi è stato ridotto negli uomini che ricevevano Testosterone, con numeri intorno ai 20milioni/mL. Inoltre, come previsto, il numero di spermatozoi è aumentato negli uomini che hanno ricevuto l’Enclomifene, con una media di circa 150milioni/mL.

Sono stati condotti un paio di studi clinici successivi. Forse il più interessante è stato quello pubblicato nel 2016, rivolto a uomini ipogonadici obesi [9]. Il documento comprende due studi paralleli randomizzati, in doppio cieco, a doppio braccio e controllati con placebo. Si tratta di un’affermazione che lascia a bocca aperta e credo che il termine “doppio cieco” richieda qualche spiegazione. Nel precedente studio di cui mi sono occupato, ho detto che era di natura non cieca. Quindi i partecipanti e i ricercatori sapevano quale trattamento stava ricevendo ciascun soggetto. Di solito, quando si confrontano due farmaci diversi, si possono semplicemente mettere in cieco i soggetti (e i ricercatori) dando ai gruppi capsule, o pastiglie, o altro identici. Tuttavia, il gel di Testosterone è un gel, mentre l’Enclomifene è una compressa da inghiottire. Quindi non è possibile farlo. Per poter effettuare uno studio come questo in cieco, è necessario somministrare a entrambi i gruppi sia le pastiglie che il gel. Quindi un gruppo riceve un gel placebo e l’Enclomifene, mentre l’altro gruppo riceve un gel di Testosterone e una compressa placebo. Ovvero, doppio braccio. (E poiché lo studio era controllato con placebo, un gruppo ha ricevuto un gel e una compressa placebo).

I due studi descritti in questo articolo hanno utilizzato lo stesso protocollo e l’aspetto forse più interessante è stata la dimensione del campione: 256 soggetti in totale! Finalmente si è capito qualcosa. L’intervento è durato 16 settimane e i soggetti del gruppo Enclomifene hanno ricevuto 12,5mg al giorno e sono stati trattati fino a 25mg al giorno se i livelli di Testosterone non erano aumentati ad almeno 450ng/dL (15,6nmol/L) alla quarta settimana. La dose è stata aumentata per la metà dei soggetti che ricevevano l’Enclomifene. A questo punto le cose iniziano a farsi interessanti: sebbene metà dei soggetti sia stata modificata nel dosaggio alla quarta settimana, non è successo assolutamente nulla con la concentrazione media di Testosterone:

E, in effetti, alla fine dell’intervento, la media del gruppo era appena al di sotto del valore limite di 450ng/dL (15,6nmol/L) per l’up-titration. Infine, 29 degli 85 uomini del gruppo Enclomifene non hanno visto il loro Testosterone aumentare al di sopra del valore limite di ipogonadismo di 300ng/dL (10,4nmol/L) dopo 16 settimane di trattamento. Inoltre, i ricercatori hanno fatto un LAVORO ORRIBILE nel trattare correttamente il gruppo che utilizzava il gel di Testosterone, come si può vedere dalla concentrazione media di Testosterone di quel gruppo. Quasi come se l’avessero fatto apposta per far sì che il gruppo Enclomifene facesse meglio in alcune misurazioni… (anche se si tratta di uno studio a doppio braccio, è comunque possibile istruire i pazienti in modo scorretto con l’applicazione del gel).

È importante notare che gli unici endpoint erano i livelli di Testosterone, LH e FSH e la concentrazione di sperma. Non sono stati analizzati endpoint clinicamente rilevanti, come il desiderio sessuale, la funzione erettile, la stanchezza/vitalità, ecc. A quanto pare, nemmeno negli altri studi (pubblicati). O, forse, sono stati analizzati, ma semplicemente non sono stati riportati nei risultati dello studio perché erano deludenti. E penso che potrebbe essere stata la seconda ipotesi, visto che la FDA non ha approvato il farmaco per il trattamento dell’ipogonadismo secondario, a causa della mancanza di un miglioramento sintomatico misurabile [10]. Anche l’equivalente della FDA nell’UE, l’EMA, ha rifiutato l’autorizzazione all’immissione in commercio dell’Enclomifene qualche tempo dopo, con preoccupazioni simili:

“Il CHMP [Comitato per i Medicinali per Uso Umano] ha osservato che, sebbene gli studi abbiano mostrato un aumento dei livelli di Testosterone con EnCyzix [Enclomifene], non hanno esaminato se EnCyzix migliorasse sintomi quali la densità e resistenza ossea, l’aumento di peso, l’impotenza e la libido. Inoltre, il farmaco comporta un rischio di tromboembolismo venoso (problemi dovuti alla formazione di coaguli di sangue nelle vene)”.

E il Clomifene mostra in realtà risultati molto simili, anche mg per mg, a quelli dell’Enclomifene. Non riassumerò qui l’intera letteratura sul Clomifene, ma prendiamo ad esempio uno studio di Katz et al. in cui 86 giovani uomini ipogonadici hanno ricevuto il Clomifene Citrato a 25mg o 50mg a giorni alterni per una media di 19 mesi e hanno visto aumentare il Testosterone totale del 152% (da 192 ng/dL a 485 ng/dL) [11]. In particolare, il Testosterone libero è aumentato di ben il 332%. Se consideriamo un altro studio condotto su uomini obesi, il Testosterone è aumentato del 98% (da 303ng/dL a 599ng/dL) con 25mg al giorno [12]. In termini di aumento del Testosterone, l’Enclomifene non sembra avere un vantaggio rispetto al Clomifene (non sono riuscito a trovare uno studio di confronto testa a testa).

Conclusioni:

Quindi, per concludere, purtroppo non esiste ancora un’alternativa approvata dalla FDA oltre all’hCG o alla TRT per il trattamento dell’ipogonadismo. E con ciò, gli uomini ipogonadici che cercano un trattamento saranno vincolati alle iniezioni di hCG ( e spesso anche hMG) se desiderano preservare la fertilità durante la TRT. Forse i SERM (attuali) sono solo un vicolo cieco, poiché il loro antagonismo con gli estrogeni contrasta anche gli effetti positivi. Infatti, come hanno dimostrato elegantemente Finkelstein et al., l’aggiunta di un inibitore dell’Aromatasi a un gel di Testosterone ha un impatto negativo sul grasso corporeo e sulla funzione sessuale [13]. Avrebbero dovuto inserire anche l’aumento della neurotossicità e cardiotossicità da carenza di Estradiolo, oltre a stati depressivi e condizioni annesse.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. Tajar, Abdelouahid, et al. “Characteristics of secondary, primary, and compensated hypogonadism in aging men: evidence from the European Male Ageing Study.” The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 95.4 (2010): 1810-1818.
  2. Wheeler, Karen M., et al. “Clomiphene citrate for the treatment of hypogonadism.” Sexual medicine reviews 7.2 (2019): 272-276.
  3. De Ronde, Willem, and Frank H. de Jong. “Aromatase inhibitors in men: effects and therapeutic options.” Reproductive Biology and Endocrinology 9.1 (2011): 1-7.
  4. Jungck, Edwin C., et al. “Effect of clomiphene citrate on spermatogenesis in the human: a preliminary report.” Obstetrical & Gynecological Survey 19.3 (1964): 520.
  5. Mulhall, John P., et al. “Evaluation and management of testosterone deficiency: AUA guideline.” The Journal of urology 200.2 (2018): 423-432.
  6. Scovell, Jason M., and Mohit Khera. “Testosterone replacement therapy versus clomiphene citrate in the young hypogonadal male.” European urology focus 4.3 (2018): 321-323.
  7. Fontenot, Gregory K., Ronald D. Wiehle, and Joseph S. Podolski. “Differential effects of isomers of clomiphene citrate on reproductive tissues in male mice.” BJU Int 117.2 (2016): 344-50.
  8. Kaminetsky, Jed, et al. “Oral enclomiphene citrate stimulates the endogenous production of testosterone and sperm counts in men with low testosterone: comparison with testosterone gel.” The journal of sexual medicine 10.6 (2013): 1628-1635.
  9. Kim, Edward D., Andrew McCullough, and Jed Kaminetsky. “Oral enclomiphene citrate raises testosterone and preserves sperm counts in obese hypogonadal men, unlike topical testosterone: restoration instead of replacement.” BJU international 117.4 (2016): 677-685.
  10. Earl, Joshua A., and Edward D. Kim. “Enclomiphene citrate: A treatment that maintains fertility in men with secondary hypogonadism.” Expert review of endocrinology & metabolism 14.3 (2019): 157-165.
  11. Katz, Darren J., et al. “Outcomes of clomiphene citrate treatment in young hypogonadal men.” BJU International-British Journal of Urology 110.4 (2012): 573.
  12. Pelusi, Carla, et al. “Clomiphene citrate effect in obese men with low serum testosterone treated with metformin due to dysmetabolic disorders: a randomized, double-blind, placebo-controlled study.” PLoS One 12.9 (2017): e0183369.
  13. Finkelstein, Joel S., et al. “Gonadal steroids and body composition, strength, and sexual function in men.” New England Journal of Medicine 369.11 (2013): 1011-1022.

Indicazioni alimentari e supplementative per la gestione del “Off-Season”.

Introduzione:

Il BodyBuilding si differenzia dagli sport di prestazione perché il giorno della gara gli atleti vengono giudicati in base all’aspetto piuttosto che alle capacità atletiche. I bodybuilder posano sul palco dove vengono giudicati per la muscolatura, la definizione e la simmetria. Nel corso di una stagione, i bodybuilder attraversano tre fasi diverse: la fase di crescita muscolare (Off-Season), la dieta per la competizione (preparazione alla gara) e la gara stessa. La maggior parte della letteratura riguarda la fase di dieta pre-gara e la peak week.[1]

Tuttavia, la letteratura scientifica sulle raccomandazioni alimentari per i bodybuilder durante la Off-Season è carente. Si tratta di una lacuna importante, poiché la maggior parte della carriera di un bodybuilder si svolge in questa fase, in cui l’obiettivo è aumentare la massa muscolare riducendo al minimo l’aumento eccessivo della massa grassa. I bodybuilder sono noti per avere atteggiamenti rigidi nei confronti della selezione degli alimenti, della frequenza dei pasti, dei tempi di alimentazione e dell’integrazione [2]. Storicamente, le informazioni sull’alimentazione e l’integrazione sono state trasmesse dalle riviste di bodybuilding e dai concorrenti di successo, ma recentemente sono emerse più informazioni attraverso Internet e i forum [3,4]. Di conseguenza, molte delle strategie alimentari utilizzate dai bodybuilder non hanno un solido supporto scientifico e la letteratura scientifica dimostra che alcune di queste strategie, tra cui l’uso massiccio di farmaci, ma anche di integratori più in generale, possono essere ovviamente dannosi per la salute [5,6,7].

Poiché i bodybuilder trascorrono la maggior parte del loro tempo in Off-Season, è evidente la necessità di raccomandazioni nutrizionali e di supplementazione, sia OTC che PEDs, il più possibile “sicure” e basate sull’evidenza per questa popolazione. È stato inoltre dimostrato che alcuni bodybuilder, e non soltanto i concorrenti di alto livello nel bodybuilding “Natural”, potrebbero essere interessati a informazioni basate sull’evidenza [8]. Con il supporto della review realizzata e pubblicata da Juma Iraki et al. che tratta del Off-Season a livello alimentare e integrativo, lo scopo di questo articolo sarà quello di riportare quanto evidenziato dalla letteratura scientifica sugli argomenti relativi all’alimentazione e all’integrazione alimentare e supplementazione PEDs rilevanti per i bodybuilder nella Off-Season e di fornire raccomandazioni pratiche sull’assunzione di energia, macronutrienti, frequenza dei pasti, tempistica dei nutrienti, integratori alimentari e PEDs .

Transizione dalla dieta pre-gara/peak week alla dieta in Off-Season – Reverse Diet Vs. Recovery Diet:

Il primo step che il bodybuilder si trova davanti è la gestione del passaggio da una dieta ipocalorica ad una ipercalorica. Ed è in questo frangente che emergono due strategie simili all’apparenza ma in realtà diverse: la “Recovery Diet” e la “Reverse Diet”.

Ora, molto semplicemente, la “Recovery Diet” consiste in un graduale aumento calorico ma di consistenza tale che l’atleta esca dalla condizione di ipocalorica nel giro di due settimane circa. Con la “Reverse Diet”, invece, abbiamo sempre un graduale aumento calorico ma caratterizzato da una ridotta consistenza dello stesso (si parla di circa 100Kcal/die a settimana). In questo caso specifico, il bodybuilder rimarrebbe in ipocalorica per diverse settimane con possibile emersione di problemi psicofisici legati al protrarsi dello stato stressorio.

Quindi, con il termine “Recovery Diet” ci riferiamo ad uno schema alimentare avente l’obiettivo generale di RECUPERARE da un periodo di dieta cronica sperimentato durante la preparazione alla gara. La “Recovery Diet” incoraggia i bodybuilder a guadagnare il 5-10% del loro peso di gara nelle prime 4-8 settimane successive all’evento. Questo con l’intento di accelerare l’aumento di grasso corporeo e far rientrare il soggetto in un range di grasso corporeo “sano”, fisiologico, il prima possibile. In seguito, si consiglia agli atleti di rallentare il ritmo di aumento del peso e di mantenere un surplus controllato, con un aumento medio dello 0,5-1% del peso corporeo al mese passando pienamente nella Off-Season. Questo fino a quando non raggiungono un punto in cui un ulteriore aumento di peso è considerato improduttivo. Con il termine “Reverse Diet” ci si riferisce ad una strategia la quale può ancora essere attuata con discreti vantaggi per aiutare un agonista a recuperare dopo il contest. Tuttavia, se rispettata e seguita correttamente, piccoli aumenti di cibo di ~100 Kcal/die a settimana potrebbero comunque protrarre il deficit calorico del soggetto, prolungando così il periodo di dieta ipocalorica. Sebbene questa possa essere una strategia utile in alcune circostanze, ad esempio durante l’avvicinamento alla competizione, le modalità di applicazione non permettono un recupero di una bf salubre in tempi ottimali. È risaputo che un bodybuilder in condizioni di picco non è necessariamente al massimo della salute, e questo è in gran parte correlato al livello di grasso corporeo. Accettare un certo aumento di grasso avrà effetti positivi su tutti gli aspetti della Off-Season come le prestazioni in allenamento, i marcatori ormonali, la disponibilità di energia, la qualità del sonno e, inoltre, sarà vantaggioso sulla longevità complessiva dello sport praticato.

In definitiva, se si parte da body fat estremamente basse, tipiche da gara, allora la “Recovery Diet” è la scelta migliore per shiftare dal regime ipocalorico che ha caratterizzato il periodo di preparazione alla gara a quello ipercalorico del Off-Season. Discorso diverso se ci troviamo di fronte ad un soggetto amatoriale, con una body fat del 8-10% arrivato al termine del percorso di “Cut”. In questo caso la “Reverse Diet” è la scelta più funzionale permettendo un controllo migliore degli incrementi calorici evitando che la massa grassa sfori eccessivamente e che il lavoro precedentemente svolto in “Cut” venga facilmente e totalmente compromesso. Anche “ibridazioni” con aumenti settimanali di 45-50g di CHO die possono essere applicati con buoni risultati.

Energia:

Durante la Off-Season, l’obiettivo principale di un bodybuilder è quello di aumentare la massa muscolare riducendo al minimo l’aumento della massa grassa attraverso l’uso di allenamenti contro-resistenza e il mantenimento di un bilancio energetico positivo. Per valutare con precisione il fabbisogno energetico dei bodybuilder durante la bassa stagione, è necessario considerare il volume, la frequenza e l’intensità dell’allenamento. Durante la fase off-season, è stato riportato che i bodybuilder si allenano alla resistenza 5-6 volte a settimana, esercitando ogni gruppo muscolare 1-2 volte a settimana [9]. È stato inoltre riferito che seguono una routine di allenamento ad alto volume con 4-5 esercizi per gruppo muscolare, eseguendo 3-6 serie per esercizio, 7-12 ripetizioni massime (RM) per ogni serie con 1-2 minuti di riposo tra le serie. La durata della sessione di allenamento è stata indicata in ~40-90 minuti. Tuttavia, i piani di allenamento possono variare notevolmente da atleta ad atleta. È necessario valutare anche l’apporto calorico medio dei bodybuilder. Nella fase off-season, l’apporto energetico è di solito sostanzialmente più elevato rispetto alla fase di dieta: tra i bodybuilder maschi è stato riportato un apporto medio di ~3800 kcal/giorno durante la fase off-season e di ~2400 kcal/giorno durante la fase di dieta [2].

  • Bilancio energetico positivo:

È stato dimostrato che un bilancio energetico positivo ha un importante effetto anabolico, anche in assenza di allenamento contro-resistenza [10]. Tuttavia, la combinazione di un bilancio energetico positivo con l’allenamento contro-resistenza rappresenta il metodo più efficace per garantire che gli effetti anabolici siano diretti all’aumento della massa muscolo-scheletrica [11,12]. L’entità del surplus energetico ideale per guadagnare massa muscolare limitando l’accumulo di tessuto adiposo può variare in base allo stato di allenamento. Nei soggetti non allenati, è stato dimostrato che un surplus energetico sostanziale di circa 2.000 kcal, combinato con l’allenamento contro-resistenza, fornisce un robusto aumento di peso, in cui il contributo della massa magra (LBM) può raggiungere il 100% [12]. Tuttavia, nei soggetti allenati, un surplus energetico sostanziale potrebbe non essere necessario o vantaggioso. Uno studio condotto su atleti d’élite ha esaminato l’effetto delle indicazioni dietetiche sui cambiamenti della composizione corporea tra gli atleti d’élite quando l’allenamento contro-resistenza è stato combinato con diverse entità di surplus energetico. Un gruppo con un peso corporeo medio di 75kg ha consumato energia ad libitum (2964 kcal) per raggiungere un surplus molto ridotto, mentre un secondo gruppo con un peso corporeo medio di 71kg ha ricevuto una consulenza dietetica e ha consumato ~600 kcal in più rispetto al gruppo ad libitum [13].

Entrambi i gruppi hanno seguito lo stesso programma di allenamento contro-resistenza di 4 giorni alla settimana per un periodo di 8-12 settimane. I ricercatori hanno ipotizzato che il gruppo ipercalorico avrebbe avuto un aumento maggiore del peso corporeo e della LBM. Sebbene il gruppo ipercalorico abbia ottenuto un aumento maggiore della LBM rispetto a quelli che mangiavano ad libitum, questo non ha raggiunto la significatività statistica (1,7kg contro 1,2kg, rispettivamente). Inoltre, rispetto al gruppo che mangiava a sazietà, hanno registrato un aumento significativamente maggiore della massa grassa (1,1kg contro 0,2kg, rispettivamente). I ricercatori hanno concluso che un surplus di 200-300 kcal al giorno negli atleti altamente allenati potrebbe essere più appropriato di 500 kcal per minimizzare il rischio di inutili aumenti di grasso corporeo. I soggetti non allenati, più lontani dal loro tetto genetico di massa muscolare, possono essere in grado di aumentare i muscoli a un ritmo più veloce rispetto agli individui allenati.

Il tasso di crescita muscolare può rallentare con l’avanzare dell’età [14]. Pertanto, un maggiore surplus energetico può essere più vantaggioso per i bodybuilder alle prime armi, mentre i bodybuilder avanzati potrebbero trarre maggiore beneficio da diete ipercaloriche conservative per limitare inutili aumenti di grasso corporeo. Studi precedenti hanno raccomandato ai bodybuilder di consumare una dieta leggermente ipercalorica, con un aumento dell’apporto energetico di circa il 15% rispetto al mantenimento nella Off-Season [15]. Tuttavia, ciò non tiene conto della storia di allenamento e del livello di esperienza del singolo bodybuilder. Poiché la capacità di aumentare la massa muscolare è limitata, un surplus aggressivo può portare a un inutile aumento del grasso corporeo, che aumenterebbe la durata o la gravità dei successivi periodi di preparazione alle gare, aumentando di conseguenza la durata o la gravità della scarsa disponibilità energetica. Pertanto, il numero di calorie che un bodybuilder consuma al di sopra del livello di mantenimento può essere stabilito in base al livello di esperienza e poi regolato in base al tasso di aumento di peso e ai cambiamenti nella composizione corporea. Dato che i bodybuilder spesso aumentano rapidamente di peso dopo una gara, potrebbe essere utile avere un obiettivo di aumento di peso per settimana e regolarsi di conseguenza [16,17].

Tuttavia, come detto precedentemente, inizialmente, dopo la gara, potrebbe essere utile un aumento di peso più rapido per aiutare a riportare il concorrente a uno stato di salute sia psicologico che fisiologico, prima che il tasso di aumento di peso venga rallentato per limitare l’accumulo eccessivo di tessuto adiposo. Nella letteratura scientifica si raccomanda di puntare a un aumento di peso di circa 0,25-0,5 kg a settimana per cercare di aumentare la LBM e ridurre al minimo l’aumento della massa grassa [14,18]. Per un bodybuilder avanzato, un potenziale aumento di 2kg di peso corporeo su base mensile potrebbe essere eccessivo e comportare un’inutile accumulazione di grasso corporeo; pertanto, questo tasso dovrebbe essere considerato con cautela. Sulla base delle prove attuali, potrebbe essere opportuno raccomandare ai bodybuilder di consumare una dieta leggermente ipercalorica (~10-20% sopra le calorie di mantenimento) nella Off-Season e raccomandare ai bodybuilder avanzati di puntare all’estremità inferiore di questa raccomandazione, o addirittura di essere più conservativi se si verificano aumenti sostanziali della massa grassa. Dato che i bodybuilder consumano in media 45 kcal/kg durante la bassa stagione, il surplus raccomandato equivale a circa 42-48 kcal/kg [2]. Potrebbe essere utile puntare a un aumento di peso di circa 0,25-0,5% del peso corporeo a settimana, regolando al contempo l’apporto energetico in base alle variazioni della composizione corporea. Inoltre, potrebbe essere più appropriato considerare le variazioni di peso medie settimanali basate su pesate giornaliere (o più volte alla settimana) per limitare gli errori delle fluttuazioni giornaliere del peso che possono verificarsi durante la settimana. Una volta determinato il surplus calorico, il passo successivo sarà quello di distribuire le calorie tra proteine, grassi e carboidrati.

Proteine:

Il turnover proteico del muscolo scheletrico è il rapporto tra la sintesi proteica muscolare (MPS) e la degradazione proteica muscolare (MPB). L’ipertrofia del muscolo scheletrico richiede un equilibrio netto in cui la MPS supera la MPB. L’esercizio contro-resistenza fornisce lo stimolo di tensione iniziale che induce l’ipertrofia risultante dall’aumento cumulativo della MPS dopo l’esercizio cronico [19]; tuttavia, l’aumento della massa grassa (FFM) può essere limitato se l’apporto proteico giornaliero è insufficiente [20]. Oltre alla quantità totale consumata al giorno, i ricercatori hanno ipotizzato che la qualità delle proteine possa aumentare il guadagno muscolare indotto dall’allenamento contro-resistenza [21]. Pertanto, entrambi questi argomenti saranno discussi nelle sezioni seguenti.

  • Introito proteico giornaliero:

Mentre l’attuale RDA per le proteine negli individui sani sedentari è di 0,8 g/kg, in una meta-analisi del 2018 di Morton e colleghi [22] è stato osservato che il doppio di questa quantità massimizza l’ipertrofia indotta dall’allenamento contro-resistenza. Inoltre, gli autori hanno osservato che “potrebbe essere prudente raccomandare ~2,2g di proteine/kg/die per coloro che cercano di massimizzare i guadagni di FFM indotti dall’allenamento contro-resistenza”, poiché 2,2g/kg era l’estremità superiore del limite di confidenza [22] e le differenze individuali impongono che alcuni atleti abbiano un fabbisogno proteico più elevato di altri [23]. Inoltre, la raccomandazione “meglio prevenire che curare” è probabilmente sicura, vista l’assenza di danni apparenti in studi di 1-2 anni tra i sollevatori che consumavano apporti proteici di almeno 2,2 g/kg [24,25]. Infine, la media e il limite superiore di confidenza del 95% per il fabbisogno proteico utilizzando la tecnica di ossidazione degli aminoacidi con indicatore tra i bodybuilder maschi nei giorni di non allenamento sono stati riportati rispettivamente come 1,7 e 2,2g/kg [26], che è simile al fabbisogno tra le donne quando è normalizzato alla FFM [27].

Tuttavia, è stato riportato che i bodybuilder consumano fino a 4,3g/kg di proteine al giorno tra i soggetti di sesso maschile e 2,8g/kg tra quelli di sesso femminile, superando di gran lunga queste raccomandazioni [2]. Le linee guida precedentemente fornite per i bodybuilder nella Off-Season erano di consumare il 25-30% del loro apporto energetico dalle proteine [15]. Potrebbe essere ragionevole opporsi all’indicazione di raccomandazioni basate su percentuali dell’apporto energetico totale, poiché un individuo con un peso non particolarmente elevato ma con un alto fabbisogno energetico potrebbe finire per consumare proteine che superano di gran lunga quelle necessarie e quindi richieste. Inoltre, questo può portare a un’assunzione insufficiente di carboidrati e grassi se l’atleta mira a un apporto calorico specifico. Pertanto, potrebbe essere più appropriato raccomandare un fabbisogno proteico basato sul peso corporeo. Pertanto, i bodybuilder dovrebbero consumare un minimo di 1,6g/kg di proteine nella Off-Season, anche se un obiettivo più vicino a 2,2 g/kg potrebbe garantire una risposta ottimizzata in modo più coerente in una maggiore percentuale di atleti.

E per i “Doped”? Dovremo ormai sapere che la fisiologia di base è la medesima per ogni individuo con le consuete variabili. Detto ciò, l’uso di PEDs va si ad alterare la fisiologia ma in questo specifico ambito, ossia introito proteico per massimizzare lo stimolo ipertrofico, hanno una azione di perfezionamento dell'”economia proteica cellulare”: in parole più semplici, sembra che l’uso di AAS porti ad una migliore resa nell’utilizzo degli amminoacidi scissi e assorbiti dalle proteine alimentari. Di conseguenza, a parità di apporto proteico, la veicolazione degli amminoacidi a scopo plastico è maggiore come minore è l’attività catabolica. Ciò significa che abusare delle proteine, in special modo durante una fase ipercalorica, perchè si è sotto AAS potrebbe risultare più inutile di quanto non lo sia in contesto “Natural”.

Infine, ed è necessario sottolinearlo, tra i bodybuilder che lottano con la fame in Off-Season e che di conseguenza assumono quantità caloriche che portano a un aumento di peso più rapido e all’accumulo di grasso in eccesso, un apporto proteico più elevato può essere utile (se non controindicato per motivi clinici). In uno studio condotto da Antonio e colleghi, i partecipanti ad allenamenti contro-resistenza che consumavano più proteine (4,4g/kg al giorno) e più calorie hanno guadagnato una quantità simile di FFM, ma non hanno guadagnato ulteriore grasso corporeo rispetto al gruppo che consumava meno proteine e meno calorie [28]. Allo stesso modo, in uno studio di follow-up, un gruppo che consumava 3,4g/kg di proteine al giorno ha guadagnato una quantità simile di FFM, ma ha perso una percentuale maggiore di grasso corporeo rispetto a un gruppo a basso contenuto proteico, ancora una volta, nonostante un apporto energetico più elevato [29]. Gli autori di questi studi sulla “vita libera” hanno ipotizzato che i loro risultati fossero dovuti a un aumento della termogenesi indotta dalla dieta attraverso protocolli alimentari ad alto contenuto proteico. Tuttavia, ciò è in contrasto con uno studio di Bray e colleghi del 2012 sul reparto metabolico, più strettamente controllato, in cui il contenuto proteico della dieta influenzava la percentuale di massa corporea acquisita, mentre la massa corporea totale era dettata dal solo contenuto energetico della dieta [30].

Pertanto, mentre la termogenesi indotta dalla dieta potrebbe essere significativamente più elevata con assunzioni di proteine nell’intervallo di 3 g/kg o superiore, la perdita di grasso o la mancanza di aumento di peso osservata da Antonio e colleghi, nonostante un apporto energetico più elevato, potrebbe con più probabilità riflettere l’effetto saziante di assunzioni proteiche molto elevate che diminuiscono l’assunzione calorica effettiva, piuttosto che un aumento della sola termogenesi.

  • Qualità delle Proteine:

Gli aminoacidi essenziali (EAA) sono gli unici aminoacidi necessari per stimolare il processo di MPS [31]. Sebbene tutti gli aminoacidi forniscano i “mattoni” necessari per la sintesi di nuovi tessuti, l’aminoacido Leucina in particolare sembra essere particolarmente importante come “innesco metabolico” della MPS [32]. È stato suggerito che una concentrazione sufficiente di Leucina è necessaria per raggiungere una “soglia di Leucina” che è richiesta per stimolare al massimo la MPS [33]. In breve, dal punto di vista della costruzione muscolare, le fonti proteiche che innescano una consistente risposta della MPS (quantità sufficiente di Leucina) e forniscono i mattoni essenziali per la costruzione di nuovo tessuto muscolare (contengono l’intero spettro di aminoacidi essenziali in abbondanza) possono essere considerate di “qualità superiore”.

Sebbene l’effetto meccanicistico della Leucina sulle MPS esuli dallo scopo di questo articolo, si invitano i lettori a leggere una rassegna che tratta questo argomento in dettaglio [34]. In generale, su una base di grammo per grammo, le fonti proteiche di origine animale contengono in genere più Leucina ed EAA, anche se ci sono eccezioni degne di nota. Le proteine della soia, uno dei più comuni integratori proteici di origine vegetale, contengono tutti gli EAA, ma in una quantità inferiore per grammo rispetto alle proteine del latte e quindi, in uno studio, hanno prodotto un aumento minore delle MPS rispetto al siero di latte dopo un’ingestione acuta [35]. È interessante notare che in questo stesso studio la soia ha prodotto un aumento maggiore delle MPS rispetto alla caseina, anch’essa una proteina casearia di “alta qualità”, presumibilmente a causa della più lenta velocità di digestione della caseina [35]. Rammentate sempre la differenza tra risposta “acuta” e “cronica”. Per l’appunto, ciò significa che, sebbene il contenuto di Leucina e di EAA di una fonte proteica debba essere preso in considerazione, la risposta acuta alla MPS non è l’unica variabile legata all’ipertrofia a lungo termine. Infatti, una proteina di alta qualità ma “lenta” come la caseina produce inizialmente una risposta MPS di minore ampiezza. Tuttavia, la caseina (e altre proteine a lenta digestione) può produrre un’area MPS sotto la curva simile o maggiore se osservata longitudinalmente rispetto a una fonte proteica “veloce” come il siero di latte, che determina un aumento iniziale maggiore e poi una brusca riduzione [36].

Inoltre, la risposta acuta della MPS a un determinato tipo di proteina non deve essere vista in una prospettiva riduzionista. Nel mondo reale si consumano quotidianamente più porzioni di varie fonti proteiche, rendendo probabilmente superflue alcune di queste distinzioni nel profilo aminoacidico e nella cinetica di digestione. Infatti, in una meta-analisi che ha confrontato i cambiamenti longitudinali della composizione corporea con diversi tipi di integratori proteici, non sono state riscontrate differenze significative tra i partecipanti che consumavano soia rispetto al siero di latte, ad altre proteine del latte o alle proteine isolate del manzo [37].

Come dimostrato in uno studio che ha messo a confronto gruppi che consumavano proteine dopo l’allenamento (in aggiunta a una dieta già composta dal 25% di proteine), sia che venissero forniti 48g di proteine del siero del latte (contenenti 5,5g di Leucina), sia che venissero forniti 48g di proteine del riso (contenenti 3,8g di Leucina), non è stato osservato alcun impatto sui cambiamenti della composizione corporea tra i gruppi dopo otto settimane [38]. Pertanto, se consumate in quantità sufficienti (soprattutto se si considera l’apporto proteico totale giornaliero), la qualità delle proteine di un singolo pasto è meno preoccupante. Tuttavia, se si volesse consumare una dieta dominata da fonti proteiche di origine vegetale, esistono alternative alla soia e al riso. Ad esempio, le proteine isolate del pisello sono ricche di EAA e di Leucina. In uno studio di 12 settimane, un gruppo che consumava 50g di proteine isolate di pisello al giorno ha registrato un aumento maggiore dello spessore muscolare indotto dall’allenamento di resistenza rispetto al placebo, non significativamente diverso da un gruppo che consumava 50g di siero di latte [39].

Pertanto, nel contesto delle indicazioni di questo articolo, la qualità delle proteine può essere un problema solo se si utilizza la fascia bassa delle linee guida sulle proteine (1,6g/kg) o se si consuma una dieta a base prevalentemente vegetale. In entrambi i casi, potrebbe essere utile integrare con fonti proteiche ricche di Leucina e di EAA, a seconda delle preferenze alimentari (ad esempio, proteine del latte o del pisello se si è vegani), per garantire la risposta attesa della MPS all’assunzione di proteine.

Grassi:

Il grasso è un nutriente fondamentale per molte funzioni dell’organismo. Tuttavia, non si sa molto dell’effetto dei grassi alimentari sull’ipertrofia del muscolo scheletrico. È stato riportato che l’assunzione di grassi alimentari tra i bodybuilder varia dall’8 al 33% delle calorie totali [2]. Sebbene i trigliceridi intramuscolari possano fungere da substrato energetico durante l’allenamento di resistenza, non sono un fattore limitante poiché i substrati derivano principalmente da processi anaerobici [40]. Di interesse per il bodybuilder, è dimostrato che negli atleti allenati contro-resistenza [41] e nei giocatori di hockey [42] le diete a basso contenuto di carboidrati (30-45% dell’energia o meno) possono influire sul rapporto Testosterone libero/Cortisolo (fTC), il che potrebbe avere un impatto negativo sul recupero. D’altra parte, la riduzione dei grassi alimentari nelle diete isocaloriche da ~30-40% a ~15-25% ha portato a riduzioni significative ma modeste dei livelli di Testosterone [43,44,45,46].

Tuttavia, non è chiaro se le variazioni di Testosterone all’interno di intervalli normali influenzino in modo significativo l’aumento della massa muscolare [47]. Nonostante la possibilità che i livelli di testosterone possano essere più elevati quando si consuma una percentuale maggiore di energia proveniente dai grassi alimentari, i cambiamenti effettivi nella massa muscolare durante gli studi longitudinali di individui allenati alla resistenza che seguono diete “chetogeniche” ad alto contenuto di grassi sono stati costantemente inferiori rispetto ad approcci moderati o a basso contenuto di grassi con ampi carboidrati [48,49,50,51]. Non è ancora stato chiarito se ciò sia dovuto a cambiamenti nella capacità di esercizio, ad alterazioni del rapporto fTC o a qualche altro meccanismo legato alla componente ad alto contenuto di grassi o a basso contenuto di carboidrati della dieta.

Tuttavia, ciò indica che forse si dovrebbe consumare una proporzione più moderata di grassi nella dieta, piuttosto che un apporto basso o alto. In letteratura sono state proposte raccomandazioni del 15-20% e del 20-30% delle calorie provenienti dai grassi alimentari [15,52]. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per stabilire l’effetto e la quantità ottimale di grassi alimentari per favorire l’ipertrofia muscolare.

Sulla base delle evidenze attuali, può essere prudente raccomandare che i grassi alimentari rappresentino il 20-35% delle calorie, in linea con le raccomandazioni dell’American College of Sports Medicine per gli atleti [53], che nella maggior parte dei casi corrispondono a circa 0,5-1,5 g/kg/giorno. Inoltre, va notato che un apporto sufficiente di proteine e carboidrati non deve essere compromesso da un’elevata assunzione di grassi nella dieta.

Anche la qualità dei grassi, come gli essenziali omega 3 e gli omega 6, potrebbe essere importante per i bodybuilder. Se l’apporto di questi acidi grassi è sufficiente, non è necessario integrarli con una dieta di alta qualità contenente buone fonti di acidi grassi. Tuttavia, per alcuni potrebbe essere difficile assumere le quantità ottimali. Per questo motivo, l’argomento verrà trattato in modo più approfondito nella sezione dedicata agli integratori alimentari.

Carboidrati:

A differenza delle proteine e dei grassi, i carboidrati sono considerati non essenziali per la dieta umana perché l’organismo è in grado di produrre il glucosio necessario ai tessuti attraverso la gluconeogenesi [54]. Tuttavia, l’assunzione di carboidrati ha un ruolo importante nella dieta del bodybuilder come regolatore degli ormoni tiroidei e come contributo al fabbisogno di micronutrienti [55,56]. Inoltre, una dieta a basso contenuto di carboidrati potrebbe limitare la rigenerazione dell’adenosina trifosfato (ATP) e limitare la capacità dei muscoli di contrarsi con una forza elevata [57,58]. Durante l’esercizio ad alta intensità, il glicogeno muscolare è il principale contributore di substrato energetico ed è stato dimostrato che la glicolisi fornisce circa l’80% del fabbisogno di ATP di una serie di flessioni del gomito se portata al cedimento muscolare [59]. Nonostante ciò, parte del glicogeno utilizzato durante questo tipo di esercizio può essere risintetizzato dal lattato, il che potrebbe ridurre il fabbisogno di carboidrati. È stato inoltre dimostrato che l’allenamento contro-resistenza riduce il glicogeno muscolare del 24-40% in una singola sessione [59,60].

La quantità esaurita può variare in base alla durata, all’intensità e al lavoro svolto, ma l’allenamento tipico del bodybuilding con ripetizioni più elevate e carichi moderati sembra causare la maggiore riduzione delle scorte di glicogeno muscolare [61]. Inoltre, è stato suggerito che quando le scorte di glicogeno sono troppo basse (~70 mmol/kg), ciò può inibire il rilascio di calcio e accelerare l’insorgenza della fatica muscolare [62]. Un basso livello di glicogeno muscolare riduce significativamente il numero di ripetizioni eseguite quando si eseguono tre serie di Squat all’80% di 1RM [57].

Tuttavia, è stato dimostrato che il consumo di una dieta contenente 7,7 g/kg/die di carboidrati per 48 ore prima di una sessione di allenamento non ha un effetto maggiore sulle prestazioni rispetto a 0,37g/kg/die quando si eseguono 15 serie a 15RM di esercizi per la parte inferiore del corpo [63]. Analogamente, un altro studio ha rilevato che una dieta con il 70% di carboidrati rispetto a una dieta con il 50% di carboidrati non ha un effetto maggiore sulle prestazioni durante l’esercizio sopramassimale; tuttavia, una dieta composta dal 25% di carboidrati ha ridotto significativamente le prestazioni [64].

Inoltre, visti gli effetti negativi a lungo termine sulla massa muscolare osservati di recente in studi su popolazioni allenate alla resistenza che seguono diete chetogeniche [49,51], potrebbe essere prudente per i bodybuilder assicurarsi semplicemente un apporto sufficiente di carboidrati, visti questi risultati disparati. Pertanto, mentre le diete a moderato e alto contenuto di carboidrati sono probabilmente appropriate per il bodybuilding, le diete a bassissimo contenuto di carboidrati possono essere dannose per l’allenamento.

Nei bodybuilder maschi, sono stati riportati apporti medi di carboidrati pari a 5,3g/kg/giorno durante la Off-Season [2]. Tuttavia, non sono state stabilite le quantità ottimali di carboidrati per i bodybuilder. In letteratura sono state proposte raccomandazioni per gli sport di forza, tra cui il bodybuilding, con assunzioni di 4-7g/kg/giorno e 5-6g/kg [15,65]. I carboidrati sembrano essere importanti per il bodybuilder, ma per ottenere benefici possono essere necessarie solo quantità moderate. Pertanto, dopo aver destinato le calorie alle proteine (1,6-2,2g/kg/die) e ai grassi (0,5-1,5g/kg/die), le restanti calorie dovrebbero essere destinate ai carboidrati. Tuttavia, sulla base delle prove attuali, potrebbe essere ragionevole consumare quantità sufficienti di carboidrati nell’intervallo ≥3-5g/kg/giorno, se possibile.

Sono necessarie ulteriori ricerche tra i bodybuilder per stabilire se l’assunzione abituale di carboidrati, superiore o inferiore a quella osservata, possa produrre ulteriori benefici. La Tabella sottostante riassume le raccomandazioni per le calorie e i macronutrienti.

Raccomandazioni dietetiche per i bodybuilder in Off-Season.

Distribuzione e timing dei nutrienti:

Si dice che i bodybuilder consumino in media sei pasti al giorno [66]; tuttavia, non esistono studi che esaminino specificamente quale possa essere la frequenza ottimale dei pasti per questa popolazione [65]. Questa elevata frequenza dei pasti si basa sulla convinzione di un maggiore stato di anabolismo e persino di un migliore utilizzo dei nutrienti durante il giorno, che potrebbe tradursi in un miglioramento della composizione corporea.

Il concetto di temporizzazione dell’assunzione di proteine per massimizzare l’ipertrofia comprende diverse strategie di dosaggio. La prima a comparire in letteratura è stata il consumo di proteine in prossimità dell’allenamento contro-resistenza. I picchi di MPS sono più elevati in questo periodo quando si consumano proteine; pertanto, questa strategia è stata proposta per migliorare l’efficienza della riparazione e del rimodellamento del muscolo scheletrico [31]. Inoltre, a causa dell'”effetto muscolo pieno”, per cui un ulteriore apporto di proteine non aumenta la MPS finché non è trascorso un tempo sufficiente, distribuire uniformemente l’assunzione di proteine tra più pasti è un’altra strategia studiata per massimizzare la MPS totale giornaliera [67]. Infine, il consumo prima di andare a letto di proteine a lenta digestione (come la caseina) per evitare periodi catabolici prolungati durante il sonno è la strategia proposta più di recente per migliorare il bilancio proteico netto giornaliero [68], sebbene si sia dimostrata inutile nel perseguire il fine o, per lo meno, non molto diversa dalla risultante di una assunzione di isolate in un contesto alimentare con parità nel totale proteico giornaliero. Ciascuna di queste tre strategie sarà discussa in seguito.

  • Dosaggio proteico:

Il periodo post-allenamento consente un picco della MPS più elevato quando si consumano proteine [31] e per raggiungere il picco di MPS può essere necessaria un’adeguata dose di Leucina “soglia” [32]. Diversi studi hanno esaminato il dosaggio proteico necessario per massimizzare la MPS dopo l’allenamento [69,70,71]. In uno studio sono stati consumati 0, 5, 10, 20 o 40g di proteine d’uovo intere dopo l’esercizio contro-resistenza della parte inferiore del corpo, con 20g che stimolavano al massimo la MPS [69]. Risultati simili sono stati riscontrati anche in un altro studio, in cui 20 g di siero di latte sono stati sufficienti a stimolare al massimo i tassi post-assorbitivi di MPS sia a riposo che dopo un lavoro unilaterale delle gambe all’80% del 1RM [70]. Inoltre, 40g di siero di latte non hanno prodotto ulteriori aumenti di MPS in questo studio e hanno portato all’ossidazione amminoacidica e alla produzione di urea.

Tuttavia, uno studio recente ha rilevato che, durante l’esecuzione di esercizi contro-resistenza per tutto il corpo al 75% del 1RM, 40g di siero di latte hanno prodotto una risposta MPS significativamente più elevata rispetto a 20g [71]. Esiste quindi una relazione tra il volume di tessuto muscolare danneggiato e stimolato e l’assunzione adeguata di proteine. È interessante notare che gli autori di una meta-analisi del 2013 hanno osservato che, nonostante gli studi con traccianti a breve termine mostrassero risposte nella MPS maggiori quando le proteine venivano consumate nella “finestra anabolica” post-allenamento, negli studi longitudinali sull’allenamento non è stato riscontrato alcun effetto significativo sull’ipertrofia quando si controllava l’apporto proteico totale giornaliero, indipendentemente dal fatto che le proteine fossero consumate all’interno della “finestra anabolica” o al di fuori di essa [72].

  • Nutrient Timing:

Analogamente, i ricercatori di uno studio tracciante a breve termine che ha esaminato il dosaggio delle proteine nel corso di 12 ore hanno riportato una maggiore area sotto la curva della MPS quando sono state consumate quattro dosi di proteine del siero di latte da 20g ogni tre ore rispetto a due dosi da 40g a distanza di sei ore e otto dosi da 10g ogni ora e mezza [73]. In teoria, data la soglia oltre la quale le proteine supplementari consumate in una singola seduta non contribuiscono ulteriormente alla MPS [69] e a causa del “periodo refrattario” postprandiale durante il quale la MPS non può essere nuovamente stimolata al massimo [67], si potrebbe concludere che un bodybuilder dovrebbe raggiungere, ma non superare, questa dose soglia ogni poche ore per massimizzare l’ipertrofia a lungo termine. Tuttavia, gli autori di una review sistematica del 2018 sugli integratori proteici, comprendente 34 studi randomizzati e controllati, hanno riportato guadagni di massa magra simili tra i gruppi che utilizzavano un programma di dosaggio con i pasti (che comportava un minor numero di dosi di proteine di entità elevata) e tra i pasti (che comportava un maggior numero di dosi di proteine di entità moderata) [74].

È interessante notare che i dati che esaminano l’alimentazione proteica notturna mostrano uno distacco simile tra gli studi meccanicistici a breve termine e gli interventi di allenamento a lungo termine. Nel 2012 è stata condotta la prima ricerca che esaminava la risposta acuta all’alimentazione notturna con caseina [68]. Gli autori hanno riportato che 40g di caseina consumati prima di andare a letto sono stati digeriti, assorbiti e hanno stimolato la MPS e migliorato l’equilibrio proteico dell’intero corpo durante il periodo notturno in misura maggiore rispetto al placebo. Negli anni successivi sono stati pubblicati altri studi in acuto che hanno confermato [75] e riconfermato questi risultati in una popolazione più anziana [76]. Nel 2015, gli autori del primo studio longitudinale hanno riportato un aumento della forza e dell’ipertrofia in un gruppo a cui era stato somministrato un supplemento proteico notturno rispetto a un gruppo placebo [77].

Tuttavia, la quantità totale di proteine giornaliere non è stata equiparata, in quanto il gruppo con proteine notturne ha consumato 1,9g/kg/giorno, mentre il gruppo placebo ha consumato solo 1,3g/kg. È importante notare che in entrambi gli unici studi longitudinali con corrispondenza proteica che hanno confrontato l’integrazione notturna di caseina con i gruppi che hanno assunto l’integrazione prima, non sono state riportate differenze significative nell’aumento della FFM tra i gruppi [78,79]. Pertanto, la domanda è la stessa per ogni strategia di distribuzione: perché ci sono ripetuti distacchi tra gli studi meccanicistici a breve termine sulle MPS e le ricerche a lungo termine che esaminano l’effettiva ipertrofia? La risposta potrebbe risiedere nei metodi utilizzati negli studi sulla MPS, in quanto i partecipanti sono a digiuno, ricevono solo proteine in polvere in isolamento, spesso viene loro somministrato del siero di latte (che viene digerito molto rapidamente) e vengono osservati per brevi periodi. Questi contesti di laboratorio determinano tempi di digestione e cinetiche degli aminoacidi diversi da quelli che si verificano nel “mondo reale”. In particolare, in queste condizioni di laboratorio i livelli di base degli aminoacidi nel corpo sono più bassi del normale e la digestione e il successivo apporto di aminoacidi al muscolo sono più rapidi.

In condizioni di vita libera, le proteine vengono consumate principalmente da fonti alimentari intere, più volte al giorno e insieme ad altri alimenti, il che ritarda lo svuotamento gastrico. Per questi motivi, gli aminoacidi vengono titolati nel flusso sanguigno in modo più lento e costante; pertanto, in condizioni normali, le scorte sono quasi sempre prontamente disponibili [80]. Pertanto, l’efficacia della “finestra anabolica” e persino delle strategie di distribuzione delle proteine potrebbe non tradursi nella pratica. Inoltre, le limitazioni specifiche del laboratorio si estendono anche agli studi sull’alimentazione notturna. Si consideri, ad esempio, che 26g di proteine provenienti da una bistecca magra determinano un aumento sostenuto della MPS che dura almeno sei ore (l’intero periodo di tempo studiato) [81].

Inoltre, 26g sono solo il ~37% della dose di proteine contenuta in media in una cena americana [82], che richiederebbe più tempo per essere digerita a causa della maggiore porzione di proteine e dell’aggiunta di fibre, lipidi e altri nutrienti che ritarderebbero ulteriormente la digestione [80]. Pertanto, il tipico pasto finale potrebbe già soddisfare lo scopo di un frullato di caseina. Detto questo, nonostante queste discrepanze tra MPS e risultati della composizione corporea, non c’è nulla di male nel tentare queste strategie, soprattutto se attuate in modo pragmatico e senza introdurre ulteriori oneri logistici nel proprio programma quotidiano.

Pertanto, potrebbe essere prudente consigliare ai bodybuilder di suddividere l’assunzione giornaliera di 1,6-2,2 g/kg di proteine in più pasti contenenti ciascuno ~0,40-0,55g/kg [80] e di fare in modo che uno di questi pasti avvenga entro 1-2 ore prima o dopo l’allenamento, mentre un’alimentazione costituita da una fonte proteica e non proteica venga consumata 1-2 ore prima di dormire. Ad esempio, un bodybuilder di 90 kg potrebbe consumare 40-50g di proteine alle 8-9 del mattino per la colazione, allenarsi alle 11, consumare 40-50g di proteine alle 12-13 per il pranzo/post-allenamento, 40-50g di proteine a cena tra le 17-18, e poi un pasto finale di 40-50g di proteine non contenenti fonti proteiche grasse alle 21-10 prima di andare a letto entro le 23.

I carboidrati consumati prima dell’allenamento sono spesso una strategia utilizzata dagli atleti per migliorare le prestazioni negli esercizi ad alta intensità. La completa risintesi del glicogeno può essere raggiunta entro 24 ore da un allenamento che depaupera il glicogeno se si consumano quantità sufficienti di carboidrati [83]. Tuttavia, solo il 24-40% del glicogeno muscolare viene esaurito dopo un allenamento contro-resistenza [59,60]. Pertanto, una quantità di ≥3-5g/kg di carboidrati al giorno sarebbe probabilmente sufficiente per la risintesi del glicogeno. Questo elevato apporto giornaliero di carboidrati probabilmente riduce anche l’impatto della tempistica dei carboidrati pre-allenamento sulle prestazioni dell’esercizio.

Spesso si sostiene che il consumo di carboidrati con le proteine dopo l’allenamento abbia un effetto anabolico dovuto alla secrezione di Insulina. Sebbene sia stato dimostrato che l’Insulina ha effetti anabolici [84], a livelli fisiologici il suo rilascio ha uno scarso impatto sull’anabolismo post-esercizio [85]. Inoltre, diversi studi non hanno evidenziato ulteriori effetti sulla sintesi proteica muscolare post-esercizio quando i carboidrati sono combinati con gli aminoacidi [86,87].

Inoltre, per i bodybuilder che non hanno bisogno di enfatizzare il rifornimento di glicogeno, le proteine aumentano la MPS post-allenamento a livelli massimi anche senza l’aggiunta di carboidrati [86,87]. Anche se il consumo di carboidrati nel post-allenamento non è certo dannoso, è improbabile che questo favorisca l’ipertrofia a lungo termine, come discusso in precedenti review [1,88]. Pertanto, è meglio concentrarsi sul consumo di un’adeguata quantità di carboidrati giornalieri e basare la distribuzione dei carboidrati intorno all’allenamento sulle preferenze personali.

Supplementazione OTC:

In un recente sondaggio condotto tra i bodybuilder, è stato riportato che tutti i partecipanti assumevano integratori alimentari [9]. Gli integratori alimentari più comuni erano: integratori di proteine (86%), creatina (68%), aminoacidi a catena ramificata (67%), glutammina (42%), vitamine (40%), olio di pesce (37%) e prodotti contenenti caffeina/efedrina (24%).

Sebbene gli integratori proteici siano molto popolari tra i bodybuilder, vengono utilizzati prevalentemente come gli alimenti interi per raggiungere gli obiettivi proteici. Pertanto, non verranno discussi in dettaglio. I lettori sono invitati a leggere la posizione dell’ISSN su questo argomento [89]. Inoltre, la trattazione di tutti gli integratori comunemente utilizzati dai bodybuilder esula dallo scopo di questo articolo. L’attenzione si concentrerà piuttosto sugli integratori alimentari che potrebbero potenzialmente produrre un effetto ergogenico e sugli integratori che possono garantire un apporto sufficiente di micronutrienti e acidi grassi essenziali.

  • Creatina Monoidrato:

La Creatin-fosfato si trova in alte concentrazioni nel muscolo scheletrico e cardiaco, dove agisce come fonte di energia [90]. La Creatina può essere ottenuta anche attraverso la dieta nei soggetti che consumano carne; tuttavia, le concentrazioni di Creatina nella carne si riducono con la cottura [91].

Numerosi studi hanno osservato un aumento della massa e della forza muscolare in seguito a fasi di carico di Creatina, in genere di 20g al giorno per circa una settimana, spesso seguite da fasi di mantenimento di 2-3g di Creatina al giorno [92]. Tuttavia, la fase di carico potrebbe non essere necessaria. È stato dimostrato che la saturazione della Creatina muscolare dopo un’integrazione di 3g di Creatina Monoidrato per 28 giorni è simile al consumo di Creatina Monoidrato dopo la tipica fase di carico [93].

La maggior parte degli individui non raggiunge i 3g giornalieri con la dieta e può essere necessaria un’integrazione. Esistono numerose forme di Creatina negli integratori in commercio, tra le quali la Creatina Monoidrato è la più studiata. Le versioni più recenti di Creatina, come la kre-alkalyn [94] e la Creatina etil-estere [95], non si sono dimostrate superiori alla Creatina Monoidrato, nonostante abbiano in genere un prezzo più elevato. Pertanto, si raccomanda il consumo di 3-5g di Creatina Monoidrato al giorno. La tempistica di assunzione della Creatina non sembra avere importanza, poiché la saturazione delle riserve di Creatin-fosfato richiede circa 28 giorni per raggiungere le concentrazioni massime quando si consumano 3g al giorno e non ha un effetto in acuto [93].

  • Caffeina:

Uno degli integratori alimentari più utilizzati dai bodybuilder sono gli stimolanti, in particolare la Caffeina [9]. Oltre ad aumentare l’eccitazione [96], la Caffeina può ridurre il dolore e lo sforzo percepito durante l’esercizio [97] e migliora la gestione del Calcio, aumentando la potenza [98]. Studi sull’allenamento contro-resistenza hanno rilevato che la Caffeina riduce la fatica e aumenta la forza [99,100]. Tuttavia, non tutti gli studi hanno dimostrato un effetto ergogenico sull’allenamento contro-resistenza [101]. Gli studi che hanno dimostrato un effetto ergogenico hanno utilizzato dosaggi elevati di caffeina (5-6 mg/kg), che sono al limite superiore di quello che è considerato un dosaggio sicuro [99,100]. Tuttavia, può essere consigliabile consumare il dosaggio minimo efficace per individuo, poiché l’assunzione regolare può generare tolleranza [102]. A causa dell’effetto acuto della Caffeina, è consigliabile assumerla circa 1 ora prima dell’esercizio fisico [99]. Tuttavia, l’emivita della Caffeina è di circa 3-9 ore; pertanto, può essere consigliabile consumare la Caffeina all’inizio della giornata per favorire un sonno sano se l’esercizio fisico viene svolto più tardi nel corso della giornata [103]. Sono necessarie ulteriori ricerche per trovare un consenso sull’uso della Caffeina nell’allenamento contro-resistenza, ma sulla base delle prove attuali un dosaggio di 5-6 mg/kg consumato prima dell’esercizio potrebbe produrre un effetto ergogenico sulle prestazioni nell’allenamento contro-resistenza.

  • Beta-Alanina:

È stato dimostrato che l’ingestione di 4-6 g di beta-alanina aumenta i livelli di carnosina muscolare [104]. La carnosina agisce come tampone del pH nel muscolo scheletrico e può ritardare l’inizio dell’affaticamento muscolare durante l’esercizio ad alta intensità [105]. Una meta-analisi ha concluso che la beta-alanina potrebbe produrre effetti ergogenici durante l’esercizio ad alta intensità della durata di 60-240 secondi [104]. Inoltre, non sono stati riscontrati effetti benefici negli esercizi di durata inferiore a 60 secondi. La maggior parte degli studi inclusi nella meta-analisi riguardava l’esercizio di resistenza.

Tuttavia, è dimostrato che l’integrazione di beta-alanina può migliorare la resistenza muscolare negli atleti allenati alla resistenza [105] e può migliorare la composizione corporea [106]. Sono necessari ulteriori studi per esaminare l’effetto ergogenico della beta-alanina sulla composizione corporea e sulle prestazioni. Tuttavia, dato che i bodybuilder si allenano spesso con più di 10 ripetizioni per serie e spesso includono tecniche di intensità come drop set, pause di riposo, myo reps e altre, la beta-alanina potrebbe apportare un beneficio alla resistenza di queste serie [9].

Pertanto, potrebbe essere ragionevole per un bodybuilder consumare 3-5 g di beta alanina al giorno durante le fasi di allenamento ad alte ripetizioni o nelle fasi di allenamento in cui si incorporano diverse tecniche di intensità che prolungano la durata di un set. Come la creatina monoidrato, la beta-alanina non ha un effetto acuto, in quanto le concentrazioni di carnosina muscolare richiedono circa 4 settimane per raggiungere concentrazioni tali da produrre un effetto ergogenico, a condizione che se ne consumi una quantità sufficiente al giorno [104].

  • Citrullina Malato:

Recentemente, la Citrullina Malato ha guadagnato popolarità tra i bodybuilder. Il potenziale effetto ergogenico è dovuto all’aumento del flusso ematico al muscolo, alla produzione di ATP e alla potenziale capacità della Citrullina Malato di agire come agente tampone [107]. È stato dimostrato che il consumo di 8g di Citrullina Malato aumenta le ripetizioni fino al cedimento del 50% [107,108,109,110], riduce l’indolenzimento muscolare del 40% [107] e migliora la forza massimale e la potenza anaerobica [111].

Tuttavia, non tutti gli studi hanno osservato effetti ergogenici del consumo di Citrullina Malato. Due studi recenti non hanno mostrato un miglioramento delle prestazioni, un aumento della risposta del gonfiore muscolare dovuto all’allenamento, un’attenuazione della fatica o un aumento dell’attenzione e dell’energia in seguito all’integrazione di Citrullina Malato in uomini allenati contro-resistenza a livello amatoriale [112,113].

Una recente meta-analisi di Trexler et al. ha analizzato 12 studi sullla CM per le prestazioni di forza e potenza [114]. Sebbene abbiano riscontrato solo una piccola dimensione dell’effetto (0,20), hanno concluso che questo potrebbe essere rilevante per gli atleti di alto livello in cui i risultati delle competizioni si decidono su margini ridotti, come i culturisti agonisti di alto livello. Si consiglia di assumere la Citrullina Malato circa 60 minuti prima dell’esercizio fisico per consentire un assorbimento sufficiente.

Sono necessarie ulteriori ricerche per determinare l’efficacia della Citrullina Malato nell’esercizio contro-resistenza. Allo stato attuale, i dati indicano un effetto benefico o neutro sulle prestazioni. Pertanto, sulla base delle prove attuali, 8g al giorno di Citrullina Malato consumati prima dell’esercizio potrebbero avere dei benefici interessanti per i bodybuilder.

  • Alfa-GPC:

L’Alfa-GPC (alfa-glicerofosfocolina o colina alfoscerato) è un fosfolipide contenente colina. Quando viene ingerita, l’Alfa-GPC viene metabolizzata in colina e glicerolo-1-fosfato. La colina è un precursore dell’acetilcolina, un neurotrasmettitore coinvolto nella memoria, nell’attenzione e nella contrazione dei muscoli scheletrici. Il glicerolo-1-fosfato serve a sostenere le membrane cellulari.[https://pubmed.ncbi.nlm.]

L’Alfa-GPC sembra attraversare facilmente la barriera emato-encefalica e viene assorbito rapidamente. Attualmente è il miglior colinergico per aumentare i livelli plasmatici e cerebrali di colina.[https://pubmed.ncbi.nlm.]

L’integrazione orale di Alfa-GPC è interessante soprattutto per scopi nootropici o di potenziamento cognitivo. Esistono numerosi studi sui roditori che supportano questo effetto, ma non è ancora stato dimostrato negli esseri umani altrimenti sani. Negli anziani affetti da demenza lieve o moderata – che comporta un’alterazione della neurotrasmissione colinergica – l’Alfa-GPC migliora i sintomi cognitivi (ad esempio, disturbi della memoria e dell’attenzione).[https://pubmed.ncbi.nlm] L’Alfa-GPC può anche migliorare l’efficacia degli inibitori dell’acetilcolinesterasi (cioè i farmaci che aumentano la disponibilità di acetilcolina rallentandone la degradazione), utilizzati per il trattamento della malattia di Alzheimer.[https://pubmed.ncbi.nlm.]

Gli atleti sono un’altra popolazione che può trarre beneficio dall’integrazione di Alfa-GPC. Prove preliminari suggeriscono che l’alfa-GPC aumenta la potenza del salto verticale.[https://jissn.biomedcentral.com][https://pubmed.ncbi.nlm.] Inoltre, uno studio pilota ha riportato che l’Alfa-GPC ha aumentato il picco di forza nella panca, ma non la potenza di picco o il tasso di sviluppo della forza.[Ziegenfuss T, Landis J, Hofheins JJ Int Soc Sports Nutr.] Attualmente non è chiaro se l’Alfa-GPC aumenti la forza isometrica, ma i dati empirici e aneddotici sono incoraggianti [https://pubmed.ncbi.nlm.]

L’integrazione di un dosaggio pari a 600mg di Alpha-GPC prima di un test di potenza (spinte su panca) ha riportato un miglioramento della potenza del 14% rispetto al placebo quando assunta 45 minuti prima dell’attività; si trattava di uno studio pilota.[http://www.jissn.com] In media si è notato che il dosaggio di Alfa-GPC efficacie per trarre miglioramenti nella forza è nel range dei 300-600mg 45-30 minuti prima della seduta allenante.

  • Multi Vitaminico-Multi Minerale:

Storicamente, i bodybuilder hanno utilizzato diete restrittive che eliminano alimenti o interi gruppi di alimenti. Di conseguenza, sono comuni numerose carenze di vitamine e minerali. Nei bodybuilder a dieta sono state osservate carenze di Calcio, vitamina D, Zinco, Ferro e altre ancora [115,116,117]. Tuttavia, la maggior parte della letteratura sulle pratiche alimentari dei bodybuilder risale agli anni ’80 e ’90; pertanto, sono necessari dati più recenti [2].

Più di recente, le pratiche alimentari dei bodybuilder che seguono una dieta tradizionale restrittiva sono state confrontate con quelle degli agonisti che utilizzano un approccio dietetico basato sui macronutrienti, in cui nessun alimento o gruppo alimentare è off limits [118]. Non sorprende che i concorrenti che utilizzano un approccio dietetico più flessibile presentino meno carenze di micronutrienti. In particolare, la vitamina E, la vitamina K e le proteine sono risultate significativamente inferiori nelle donne che utilizzavano approcci dietetici rigidi rispetto a quelle che utilizzavano approcci più flessibili. Nel presente articolo, specie se si parla di Off-Season, si raccomanda di utilizzare un approccio dietetico flessibile, in cui nessun alimento o gruppo viene eliminato dalla dieta.

In questo modo, è meno probabile che si verifichino carenze di micronutrienti, soprattutto se si considera che le atlete in Off-Season hanno a disposizione una maggiore quantità di calorie rispetto a quelle a dieta per un contest, il che dovrebbe consentire loro di incorporare una maggiore varietà di alimenti.

Ciononostante, può essere consigliabile raccomandare un integratore multivitaminico/minerale a basso dosaggio (≤100% RDA) come misura di sicurezza per prevenire eventuali carenze di micronutrienti, sottolineando al contempo il consumo di una buona varietà di alimenti al giorno per soddisfare il fabbisogno di micronutrienti.

  • Omega 3 (EPA-DHA):

Gli acidi grassi polinsaturi con un doppio legame a tre atomi di distanza dal gruppo metilico terminale sono noti come ω-3 o acidi grassi omega-3 (O3). Un basso apporto di O3 nelle diete occidentali rispetto ad altre fonti di grassi alimentari (come gli acidi grassi omega-6) è associato a un peggioramento della salute multispettrale negli studi epidemiologici [119]. Pertanto, è interessante concentrarsi specificamente sulle modifiche della dieta per fornire acidi eicosapentaenoici e docosaesaenoici (EPA e DHA) – la carenza alimentare più comune nel mondo occidentale; ma vale la pena notare che la misurazione, l’interazione e l’effetto di O3 e acidi grassi omega-6 in relazione alla salute non sono chiari e vanno oltre lo scopo di questo articolo. Per una rassegna si rimanda ad altra pubblicazione [120].

Oltre alla salute, c’è interesse per i potenziali effetti anabolici degli integratori di EPA e DHA [121], che di solito vengono forniti attraverso l’olio di pesce o, in alcuni casi, l’olio di alghe. Tuttavia, ci sono dati contrastanti sulla capacità dell’olio di pesce di aumentare la risposta della sintesi proteica muscolare all’ingestione di proteine. Mentre un articolo di revisione del 2014 ha evidenziato una serie di studi secondo cui l’olio di pesce può aumentare la risposta [122], uno studio recente non ha rilevato alcun effetto sulla risposta della MPS a una sessione di allenamento contro-resistenza e all’ingestione di proteine dopo l’allenamento [123]. Inoltre, i dati sull’ipertrofia longitudinale sono pochi [124] e gli studi sulle prestazioni dell’allenamento contro-resistenza sono contrastanti [125] e in gran parte non applicabili o difficili da valutare a causa dell’uso di partecipanti non allenati o di allenamenti non standardizzati ed ecologicamente non realistici rispetto al bodybuilding.

In una recente review che affronta specificamente la questione se gli integratori di O3 possano o meno aumentare l’ipertrofia [126], gli autori hanno concluso che attualmente non ci sono prove sufficienti per fare tale affermazione. Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche prima di poter raccomandare l’integrazione di O3 (o di alterazioni della dieta) a fini di costruzione muscolare, i benefici per la salute dell’integrazione di O3 sono degni di nota. Ad esempio, recenti meta-analisi hanno riportato che l’integrazione di olio di pesce riduce i sintomi della depressione [127], diminuisce il rischio di morte cardiaca [128], riduce la pressione sanguigna [129] e diminuisce la circonferenza vita [130]. Pertanto, gli atleti estetici possono prendere in considerazione l’integrazione giornaliera di olio di pesce (o di alghe) (1.5-2.5g di EPA/DHA) per la salute generale e multi spettro, ma sono necessari studi futuri per formulare raccomandazioni relative alle prestazioni nel bodybuilding.

  • Acido Arachidonico (AA):

L’Acido Arachidonico (AA) è l’acido grasso omega-6 più rilevante dal punto di vista biologico e, nella membrana lipidica di una cellula, è l’acido grasso che viene confrontato con i due acidi grassi dell’olio di pesce (EPA e DHA) nella costituzione di un rapporto omega-3:6. Dati recenti suggeriscono un’assunzione giornaliera di 50-250mg di Acido Arachidonico[https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.] con alcune fonti che stimano livelli fino a 500mg al giorno;[https://www.ncbi.nlm.] l’assunzione di Acido Arachidonico sembra essere inferiore nei vegetariani[https://www.ncbi.nlm.].

Si ritiene che l’Acido Arachidonico sia importante per il metabolismo del muscolo scheletrico, poiché si pensa che i fosfolipidi della membrana del sarcoplasma riflettano la dieta,[https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.] l’allenamento stesso sembra alterare il contenuto di fosfolipidi del muscolo (indipendentemente dalla composizione delle fibre muscolari[https://www.ncbi.nlm.] e associato a un rapporto omega 6:3 più basso[https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.]) e gli eicosanoidi dell’Acido Arachidonico interagiscono con la sintesi proteica muscolare attraverso i loro recettori.

L’Acido Arachidonico segnala la sintesi proteica muscolare attraverso una via dipendente dalla COX-2 (che suggerisce il coinvolgimento delle prostaglandine)[https://www.ncbi.nlm.] che è associata ad aumenti sia della prostaglandina E2 (PGE2) che del PGF(2α),[https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.] anche se l’incubazione con PGE2 o PGF(2α) isolati non sembra replicare pienamente gli effetti ipertrofici dell’Acido Arachidonico. [https://www.ncbi.nlm.] PGE2 e PGF(2α) sono indotti anche dall’esercizio fisico (nello specifico, dallo stiramento delle cellule muscolari in vitro[https://www.ncbi.nlm.]) ed è stato osservato sia nel siero[https://pubmed.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.] che a livello intramuscolare (quadruplicato, da 0,95+/-0,26ng/mL a 3,97+/-0. La capacità del riflesso da stiramento di aumentare le concentrazioni di PGE2 e PGF(2α)[https://www.ncbi.nlm.] potrebbe essere dovuta semplicemente al fatto che lo stiramento aumenta l’attività delle COX2.[https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.]

Va notato che l’integrazione di 1.500mg di Acido Arachidonico (rispetto a una dieta di controllo contenente 200mg dello stesso) per 49 giorni ha aumentato la secrezione di PGE2 da parte di cellule immunitarie stimolate (del 50-100%) in giovani uomini altrimenti sani,[https://www.ncbi.nlm.] ma la rilevanza di questo studio per il muscolo scheletrico non è nota. Questo studio ha anche osservato che, senza stimolazione, non c’erano differenze significative tra i gruppi.[https://www.ncbi.nlm.] Altrove, è stata osservata una tendenza all’aumento delle concentrazioni sieriche di PGE2 a riposo in uomini allenati a cui sono stati somministrati 1.000mg di Acido Arachidonico per 50 giorni.[https://www.ncbi.nlm.]

L’Acido Arachidonico, attraverso gli eicosanoidi noti come PGF(2α) e PGE2, stimola la sintesi proteica muscolare. Sono prodotti a partire dall’Acido Arachidonico, ma normalmente non formano i rispettivi eicosanoidi per la costruzione del muscolo finché la cellula non viene stimolata da un fattore di stress (come il riflesso di stiramento di una cellula muscolare) che ne induce la produzione.

Il recettore per il PGF(2α) (recettore FP) sembra essere sovraregolato dagli inibitori della COX1 (l’acetaminofene utilizzato in questo studio)[https://www.ncbi.nlm.] e si ritiene che una maggiore segnalazione del PGF(2α) sia alla base del miglioramento della sintesi proteica muscolare osservato nei soggetti anziani con farmaci antinfiammatori. La supplementazione di Acido Arachidonico non sembra influenzare la quantità di recettori FP nei giovani;[https://www.ncbi.nlm.] mentre l’esercizio fisico stesso può aumentare il contenuto di recettori EP3, né gli inibitori della COX1[https://www.ncbi.nlm.] né l’Acido Arachidonico[https://www.ncbi.nlm.] sembrano influenzarlo ulteriormente.

Tuttavia, è stato riscontrato che l’uso di inibitori della COX2 (nei giovani) sopprime l’aumento di PGF(2α) indotto dall’esercizio fisico (Ibuprofene e Acetaminofene)[https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.] e di PGE2,[https://www.ncbi.nlm.] il che si pensa sia dovuto al fatto che la conversione da PGH2 in questi metaboliti dipende dall’attività della COX2.

Poiché la produzione di questi eicosanoidi dipende dall’enzima COX2, si ritiene che l’inibizione di questo enzima riduca gli effetti anabolizzanti dell’esercizio fisico se assunto prima dello stesso.

L’acido arachidonico (così come l’EPA dall’olio di pesce) non ha compromesso l’assorbimento del glucosio nelle cellule muscolari isolate e 10μM di acido grasso sono in grado di attenuare la resistenza all’Insulina indotta dai grassi saturi; [https://pubmed.ncbi.nlm.] un fenomeno osservato con i grassi saturi a 18 o più catene di carbonio[https://www.ncbi.nlm.] che non sembra applicarsi agli acidi grassi polinsaturi di uguale lunghezza di catena[https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.] ed è probabilmente legato all’aumento delle ceramidi intracellulari[https://www.ncbi.nlm.] che compromettono la segnalazione di Akt[https://www.ncbi.nlm.][https://www.ncbi.nlm.] e riducono l’assorbimento di glucosio mediato da GLUT4 con l’Insulina.[https://www.ncbi.nlm.]

L’Acido Arachidonico e i grassi polinsaturi omega-3 sono entrambi associati a una migliore sensibilità all’Insulina delle cellule muscolari, che potrebbe essere secondaria alla riduzione dei livelli di grassi saturi nella membrana lipidica e quindi alla riduzione delle concentrazioni intracellulari di ceramidi. È possibile che ciò non sia correlato agli eicosanoidi o al rapporto omega-3:6.

In 31 uomini allenati, sottoposti a un programma di sollevamento pesi e a una dieta standardizzata (500kcal in eccesso con 2g/kg di proteine) con 1g di Acido Arachidonico al giorno o placebo, l’integrazione per 50 giorni è sembrata aumentare la potenza di picco (7,1%) e la potenza media (3,6%) al test di Wingate, ma non è riuscita a influenzare positivamente la massa muscolare o le misure di potenza del sollevamento pesi (bench press e leg press).[https://www.ncbi.nlm.]

Attualmente non ci sono prove sufficienti per raccomandare una dose ideale di integrazione di Acido Arachidonico, ma aneddoticamente si usa un dosaggio di circa 1.500 mg da assumere 45 minuti prima dell’allenamento per un periodo medio di 8 settimane. Non è certo che si tratti di una dose ottimale o che sia necessaria la tempistica.

Va inoltre notato che per le persone affette da patologie infiammatorie croniche, come l’artrite reumatoide o le malattie infiammatorie intestinali, la dose ideale di Acido Arachidonico può essere in realtà una sua restrizione dietetica. Nei casi di malattie infiammatorie, l’integrazione di Acido Arachidonico è probabilmente controindicata.

Raccomandazioni per gli integratori alimentari e il dosaggio per i bodybuilder in Off-Season:

  • Creatina Monoidrato= 3-5g/die;
  • Beta-Alanina= 3-5g/die;
  • Citrullina Malato= 8g/pre-workout;
  • Alfa-GPC= 300-600mg/pre-workout;
  • Caffeina= 5-6mg/Kg/pre-workout (media standard tra 200 e 600mg/die);
  • Multi Vitaminico – Multi Minerale= ≤100% RDA/die;
  • Omega 3 (EPA-DHA)= 1.5-2.5g/die;
  • Acido Arachidonico= 1.5g/pre-workout.

Supplementazione PEDs:

Una cosa occorre premettere prima di procedere con la descrizione delle molecole più utilizzate nel contesto della Off-Season: non esistono PEDs esclusivamente confinabili in uno dei contesti della programmazione di un bodybuilder. Esiste il grado di versatilità il quale sta ad indicare quanto una molecola possa essere gestita con facilità in situazioni preparatorie differenti. Esistono molecole che per caratteristiche possono dare vantaggi maggiori in Off-Season/Bulk per via di alcune loro caratteristiche che in altro contesto, per esempio il pre-contest, risulterebbero più complesse da gestire. Ma questo non significa che tali molecole siano generalemnte da considerarsi “off-limitz” in un altra fase della preparazione annuale.

Premesso ciò, l’attenzione in questo paragrafo si concentrerà sui principali PEDs usati in Off-Season.

Tra tutti gli AAS, il Testosterone è quello che non ha bisogno di particolari presentazioni. Si tratta dell’ormone sessuale maschile per antonomasia. Nell’uomo, il Testosterone svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo dei tessuti riproduttivi maschili, come i testicoli e la prostata, oltre a promuovere le caratteristiche sessuali secondarie, come l’aumento della massa muscolare e ossea e la crescita dei peli. Inoltre, in entrambi i sessi, il Testosterone è coinvolto nella salute e nel benessere, compresi gli stati d’animo, il comportamento e la prevenzione dell’osteoporosi in cooperazione con l’Estradiolo. Livelli insufficienti di Testosterone negli uomini possono portare ad anomalie, tra cui la fragilità e la perdita ossea.

In generale, il Testosterone promuove la sintesi proteica e quindi la crescita dei tessuti dotati di recettori per gli androgeni. Il Testosterone può essere descritto come avente effetti virilizzanti e anabolizzanti (anche se queste descrizioni categoriali sono in qualche modo arbitrarie, poiché vi è una grande sovrapposizione reciproca tra di essi).

  • Gli effetti anabolizzanti comprendono la crescita della massa e della forza muscolare, l’aumento della densità e della resistenza ossea e la stimolazione della crescita lineare e della maturazione ossea.
  • Gli effetti androgeni comprendono la maturazione degli organi sessuali, in particolare del pene, e la formazione dello scroto nel feto, e dopo la nascita (di solito nella pubertà) l’approfondimento della voce, la crescita dei peli del viso (come la barba) e dei peli ascellari. Molti di questi effetti rientrano nella categoria dei caratteri sessuali secondari maschili.

Al principio degli anni 30 del novecento avvenne la sintesi chimica del Testosterone, quando Butenandt e G. Hanisch pubblicarono un articolo che descriveva “Un metodo per preparare il Testosterone dal colesterolo”. Solo una settimana dopo, il terzo gruppo, Ruzicka e A. Wettstein, annunciò una domanda di brevetto in un documento “Sulla preparazione artificiale dell’ormone testicolare Testosterone (Androsten-3-one-17-ol).” Ruzicka e Butenandt ricevettero il premio Nobel per la chimica nel 1939 per il loro lavoro.

Gli studi clinici sull’uomo, che prevedevano dosi PO (per via orale) di Methyltestosterone o iniezioni di Testosterone Propionato, iniziarono già nel 1937. Il Testosterone Propionato è menzionato in una lettera all’editore della rivista Strength and Health nel 1938; questo è il primo riferimento noto a un AAS in una rivista statunitense di sollevamento pesi o Bodybuilding.

Lo sviluppo delle proprietà di costruzione muscolare del Testosterone proseguì negli anni ’40, in Unione Sovietica e nei paesi del blocco orientale come la Germania dell’Est, dove sono stati utilizzati programmi di AAS per migliorare le prestazioni dei sollevatori di pesi olimpici e di altri dilettanti già prima degli anni ’50. In risposta al successo dei sollevatori di pesi russi, il medico della squadra olimpica statunitense John Ziegler lavorò con un equipe di chimici per sviluppare un AAS con effetti androgeni ridotti. Ma questa è un altra storia.

L’uso del Testosterone nello sport si diffuse tra gli anni ’50 e gli anni ’60. Le forme utilizzate nei primi tempi erano il Testosterone in sospensione e il Testosterone Propionato, che rappresentano con il Methyltestosterone (Testosterone metilato in C-17) le forme più datate dell’ormone in questione (1935).

In ambito culturistico, il Testosterone rappresenta un AAS sufficientemente versatile in maniera dose-dipendente e sensibilità-dipendente dal momento che il dosaggio dovrebbe essere tarato in base alle risposte metaboliche soggettive alle quali è soggetto l’ormone (vedi, ad esempio, aromatizzazione in estrogeni). Questo ultimo punto è di estrema importanza al fine di evitare l’uso/abuso di AI (Inibitori dell’Aromatasi) e/o SERM (Modulatori Selettivi del Recettore degli Estrogeni). Oltre a peggiorare potenzialmente il quadro lipidico, sommandosi all’azione degli AAS utilizzati, essi riducono l’espressione epatica di IGF-1 cosa che può ridurre la risposta anabolizzante del protocollo PEDs. Nei soggetti caratterizzati da una elevata sensibilità all’attività estrogenica, le procedure applicate vedono: 1) l’uso di Raloxifene o Tamoxifene (SERM) a dosi sufficienti a impedire la comparsa o il peggioramento di una ginecomastia in stadio iniziale già presente e non ancora asportata chirurgicamente 2) l’uso di dosi fisiologiche di Testosterone come base onde evitare la comparsa di stati letargici, affaticabilità, disfunzioni sessuali ecc 3) l’uso di un “mix” composto da Testosterone e Boldenone (vedi in seguito) tale da poter usufruire della bassa e diversa sensibilità all’azione dell’Enzima Aromatasi su quest’ultimo riuscendo ad avere un controllo estrogenico teoricamente migliore (Testosterone e Boldenone mostrano qualità anabolizzanti intrinseche simili).

In un contesto Off-Season, quindi, vista l’importanza della presenza di un buon livello di Estradiolo sia sul complesso degli effetti anabolizzanti ricercati sia per la sua attività sessuale e cerebrale, il Testosterone andrebbe inizialmente calibrato sul soggetto e nel caso affiancato da dosi altrettanto ben tarate di SERM la dove ne risultasse un reale bisogno.

L’uso di un estere che garantisca un rilascio graduale della molecola (vedi Enantato o Cypionato) risulta la scelta migliore al fine di creare una soglia ematica stabile e esente da picchi e cali che possono risultare controproducenti a livello psicofisico. Tenere sempre in considerazione l’emivita di una molecola è uno dei punti fondamentali per sfruttarla al meglio. Nel caso degli esteri sopra citati, una divisione del dosaggio settimanale in due somministrazioni uguali distanziate da quattro-cinque giorni l’una dall’altra risulta una pratica ottimale allo scopo di creare una soglia ematica stabile.

I dosaggi comunemente utilizzati, parlando di molecole esterificate, vanno da 200mg ad 1g a settimana. Per quanto riguarda il Testosterone in sospensione, le dosi comunemente utilizzate vanno dai 175mg ai 700mg a settimana.

Il Boldenone [1,4-androstadiene-3-one,17b-ol], commercializzato con il nome di Equipoise, Ganabol, Equigan, Ultragan, e Boldane,  è uno steroide anabolizzante-androgeno spesso legato all’estere Undecylenato. Strutturalmente molto simile al Testosterone, il Boldenone differisce da questo per il doppio legame tra C1 e C2.

La Ciba brevettò il Boldenone nel 1949. Successivamente, negli anni ’50 e ’60, sviluppò diversi esteri sperimentali del farmaco. Uno di questi era il Boldenone Undecilenato, che fu introdotto per uso clinico con il marchio Parenabol e fu utilizzato alla fine degli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70. Tuttavia, fu sospeso prima della fine degli anni ’70. Ad oggi l’uso del Boldenone è legale in alcuni paesi in campo veterinario.

Essendo una molecola che ha mostrato una bassa tendenza alla conversione in Estradiolo, come accennato nella sezione dedicata al Testosterone, viene spesso utilizzata come agente “mix” da abbinare come base al Testosterone al fine di avere un maggiore controllo sui livelli estrogenici.

Se qualcuno volesse usare 500mg di Testosterone, ma non potrebbe usare un tale dosaggio dal momento che presenta particolare difficoltà nella gestione estrogenica in specie senza l’uso di AI come Exemestane o Anastrozolo, una conclusione a cui molti superficialmente sono giunti è che si potrebbe semplicemente usare il Boldenone al dosaggio sopra citato per ridurre della metà l’attività estrogenica, ma comunque supportare un’adeguata produzione di Estradiolo. Ma quando si approfondisci l’ipotesi e la si testa sul campo, è davvero così che stanno le cose? In realtà no, o, comunque, la media delle variabili di risposta spinge a confermare una maggiore validità nel “mixare” Testosterone e Boldenone coprendo la dose base calcolata in precedenza, e con variazione di percentuale T:B ratio da 1:1 a 2:1.

Comunque, oltre a rappresentare genericamente una discreta molecola sia in in preparazione alla gara che in Off-Season, I dosaggi utilizzati si settano nel range tra i 200mg ed i 500mg a settimana, spesso abbinato ad una dose variabile (vedi sopra) di Testosterone.

Il Nandrolone, noto anche come 19-nortestosterone, è uno Steroide Androgeno Anabolizzante (AAS) utilizzato sotto forma di molecola legata a esteri come quello Decanoato (nome commerciale Deca-Durabolin) e il Fenilpropionato (nome commerciale Durabolin). Gli esteri del Nandrolone sono utilizzati nel trattamento di anemie, cachessia (sindrome da deperimento), osteoporosi, cancro al seno e per altre indicazioni mediche.

Il Nandrolone è stato sintetizzato per la prima volta nel 1950. È stato introdotto per la prima volta nel mercato farmaceutico, come Nandrolone Fenilpropionato, nel 1959, e poi come Nandrolone Decanoato nel 1962, seguito da ulteriori esteri.

Il Nandrolone ha una bassa affinità di interazione con l’Enzima Aromatasi convertendo in Estrone, un estrogeno molto meno potente dell’Estradiolo, circa 10 volte meno attivo, e, come tale, è un estrogeno relativamente debole. In una condizione di somministrazione del Nandrolone senza una base di Testosterone, i livelli di Estradiolo calerebbero marcatamente a favore di un aumento del Estrone il quale non potrebbe però sostituire nelle diverse attività tissutali il prima citato E2. Le conseguenze negative si verificherebbero dall’attività sessuale all’attività neurosteroidea.

Infatti, un effetto da non sottovalutare con l’uso di Nandrolone è il suo impatto sul SNC. L’impatto del Nandrolone sul Sistema Nervoso Centrale è stato osservato scientificamente. Nello studio intitolato “The Impact of Nandrolone Decanoate on the Central Nervous System” vengono descritti chiaramente i numerosi effetti psicologici di questa molecola. Essi comprendono e influenzano:

1- Aggressività
2- Ansia, paura e stress
3- Ricompensa e dipendenza
4- Apprendimento, memoria e capacità di lavoro
5- Locomozione e attività fisica
6- Effetti sulla HPAA (Asse Ipotalamo-Pituitaria-Surrene)
7- Effetto sui neurotrasmettitori: Recettore Acido γ-Aminobutirrico Tipo A (GABAA); Recettori 5-idrossitriptamina (5-HT) e 5-HT; Recettori della Dopamina e Recettori Oppioidi.

Questo effetto, unito alla modesta potenzialità anabolizzante se confrontata con altre molecole anche della stessa famiglia, fa pendere l’ago della bilancia verso gli svantaggi d’uso piuttosto che i vantaggi. Sebbene vi sia un rapporto tra Testosterone e Nandrolone finalizzato a ridurre la comparsa di questi effetti avversi (ratio T:N = 2:1) su un buon numero di soggetti risulta dare comunque problemi rilevanti.

Il suo uso principale in Off-Season comprende dosaggi medi tra i 200mg ed i 400mg a settimana, con un adeguato rapporto con il Testosterone. Se utilizzato a fini di recupero articolare viene usato a dosaggi di 100mg a settimana, e con tali dosaggi difficilmente emergono i problemi sopra elencati a patto che ci sia una base di Testosterone.

Il Drostanolone, noto anche come 2α-metil-5α-diidrotestosterone (2α-metil-DHT) o come 2α-metil-5α-androstan-17β-ol-3-one, è uno steroide androstano sintetico e un derivato del DHT. Si tratta nello specifico di DHT con un gruppo metile in posizione C2α. La forma esterificata Drostanolone Propionato è stata usata in passato nel trattamento del cancro al seno nelle donne per via della sua attività antiestrogenica. Questa azione il Drostanolone la esplica sia agendo come antagonista del recettore degli estrogeni e sia come inibitore dell’Enzima Aromatasi. Ed è proprio per questo motivo che una molecola generalmente relegata all’uso in “Cut” o pre-gara trova un suo uso funzionale in Off-Season. La sua attività AI è comunque moderata ma sufficiente in un buon numero di soggetti per evitare l’aggiunta di SERM e/o AI di altro genere. L’attività AI moderata sembra non incidere negativamente in modo sensibile sull’Asse GH/IGF1.

L’effetto miotrofico risulta simile a quello osservato con il Methenolone, in generale moderatamente inferiore al Testosterone. I dosaggi utilizzati in Off-Season per il controllo estrogenico sono nel range dei 200-400mg a settimana (diviso in due iniezioni distanziate da 4-5 giorni) per l’estere Enantato, mentre per il Propionato 150-350mg a settimana (dosi a giorni alterni o giornaliere).

Il Trenbolone, noto anche come 19-nor-δ9,11-testosterone o come estra-4,9,11-trien-17β-ol-3-one, è uno steroide sintetico e un derivato del Nandrolone (19-nortestosterone) sintetizzato per la prima volta nel 1963. Si tratta nello specifico di Nandrolone con due doppi legami aggiuntivi nel nucleo steroideo. Gli esteri del Trenbolone, che hanno un estere in posizione C17β, includono il Trenbolone Acetato, il Trenbolone Enantato, Il Trenbolone Hexahydrobenzylcarbonato e il Trenbolone Undecanoato. Il Trenbolone Acetato (marchi Finajet, Finaplix, e altri) e il Trenbolone Hexahydrobenzylcarbonato (marchi Parabolan, Hexabolan), sono o sono stati commercializzati per uso veterinario e clinico nell’uomo. Il Trenbolone Acetato è utilizzato in medicina veterinaria nel bestiame per aumentare la crescita muscolare e l’appetito degli animali, mentre il Trenbolone Hexahydrobenzylcarbonato è stato utilizzato in passato a livello clinico nell’uomo, ma ora non è più commercializzato.

Si tratta di uno degli AAS più versatili in assoluto, con un ottima resa tanto in preparazione alla gara quanto in Off-Season. L’enorme potenziale anabolizzante del Trenbolone, così come dei suoi analoghi, è stato riportato fin dagli anni ’60. La sua diffusione nel Bodybuilding è iniziata circa negli anni ’80 del secolo scorso. La sua elevata potenzialità miotrofica, lipolitica e di spinta mentale lo resero in poco tempo estremamente popolare tra i culturisti.

In Off-Season viene utilizzato nelle sue forme eseterificate Enantato e Hexahydrobenzylcarbonato a dosaggi nell’ordine dei 100-400mg a settimana (divisa in due somministrazioni distanziate l’una dall’altra da 4-5 giorni), sebbene il trend d’oltre oceano è arrivato a dosaggi decisamente eccessivi e nell’ordine del grammo. Per l’esetere Acetato i dosaggi medi vanno da 150mg a 350mg a settimana con dosaggi a giorni alterni o giornalieri.

E’ necessario ricordare ai lettori che gli effetti collaterali a livello del SNC possono verificarsi in alcuni punti come nel caso del Nandrolone sebbene i vantaggi rendano il Trenbolone più bilanciato tra sides e vantaggi.

Il Trestolone, noto anche come 7α-metil-19-nortestosterone (MENT) o come 7α-metilestr-4-en-17β-ol-3-one, è uno steroide sintetico e un derivato del Nandrolone (19-nortestosterone). È una forma modificata del Nandrolone con un gruppo metile in posizione C7α. Tra gli AAS strettamente correlati vi sono il 7α-metil-19-norandrostenedione (MENT dione, trestione), un pro-ormone androgeno del Trestolone, e il Dimetandrolone (7α, 11β-dimetil-19-nortestosterone), il derivato metilato C11β del Trestolone, nonché il Mibolerone (7α,17α-dimetil-19-nortestosterone) e il Dimetiltrienolone (7α,17α-dimetil-δ9,11-19-nortestosterone). Anche il progestinico Tibolone (7α-metil-17α-etinil-δ5(10)-19-nortestosterone) è strettamente correlato al Trestolone.

Il Trestolone è stato descritto per la prima volta nel 1963. Tuttavia, non è stato successivamente studiato fino al 1990. Lo sviluppo del Trestolone per un potenziale uso nella contraccezione ormonale maschile e nella terapia sostitutiva degli androgeni è stato avviato nel 1993 ed è proseguito in seguito. Non sembra che siano stati condotti ulteriori sviluppi dal 2013. Il Trestolone è stato sviluppato dal Population Council, un’organizzazione non governativa senza scopo di lucro dedicata alla salute riproduttiva.

Come AAS, il Trestolone è un agonista del recettore degli androgeni (AR), analogamente agli androgeni come il Testosterone e il Diidrotestosterone (DHT). Questo AAS presenta spiccate proprietà anticortisolemiche sia attraverso l’inibizione enzimatica sia per attività antagonista recettoriale. Il Trestolone non è un substrato per la 5α-reduttasi e quindi non è potenziato o inattivato nei cosiddetti tessuti “androgeni” come la pelle, i follicoli piliferi e la ghiandola prostatica. Come tale, ha un elevato rapporto tra attività anabolica e androgena, analogamente ad altri derivati del Nandrolone. Il Trestolone è un substrato per l’Aromatasi e quindi produce come metabolita l’estrogeno 7α-metilestradiolo. Tuttavia, il Trestolone ha solo una debole attività estrogenica e una quantità che sembrerebbe essere insufficiente per scopi terapici sostitutivi, come evidenziato dalla diminuzione della densità minerale ossea negli uomini trattati con esso per l’ipogonadismo.

Il potenziale anabolizzante del Trestolone ha mostrato un grado di superiorità miotrofica rispetto al Trenbolone. Le sue caratteristiche ne fanno prediligere l’uso in Off-Season/Bulk. I dosaggi utilizzati con la forma Acetato sono nell’ordine dei 150-350mg a settimana con una cadenza nelle somministrazioni a giorni alterni. Sebbene sia più rara da reperire, la forma Enantato è utilizzato nel range dei 200-400mg a settimana divisi in somministrazioni ogni 4-5 giorni.

L’Oxymetholone, noto anche come 2-idrossimetilene-17α-metil-4,5α-diidrotestosterone (2-idrossimetilene-17α-metil-DHT) o come 2-idrossimetilene-17α-metil-5α-androstan-17β-olo-3-one, è uno steroide androstanico sintetico e un derivato 17α-alchilato del DHT.
L’Oxymetholone è stato descritto per la prima volta in un articolo del 1959 da scienziati della Syntex. È stato introdotto per uso medico dalla Syntex e dalla Imperial Chemical Industries nel Regno Unito con il marchio Anapolon nel 1961. L’Oxymetholone è stato introdotto anche con i marchi Adroyd (Parke-Davis) nel 1961 e Anadrol (Syntex) nel 1962. Il farmaco è stato commercializzato negli Stati Uniti nei primi anni ’60.

Come altri AAS, l’Oxymetholone è un agonista del recettore degli androgeni (AR). Non è un substrato per la 5α-reduttasi (dal momento che è già 5α-ridotto) ed è uno substrato scarso per il 3α-idrossisteroide deidrogenasi (3α-HSD), e quindi mostra un alto rapporto di attività anabolizzante rispetto all’effetto androgenico.

Data la sua derivanza dal DHT, l’Oxymetholone non è un substrato per l’Enzima Aromatasi e quindi non può essere aromatizzato in metaboliti estrogenici. Tuttavia, caratteristica unica tra i derivati del DHT, l’Oxymetholone è comunque associato a un’estrogenicità relativamente elevata ed è noto per avere il potenziale di produrre effetti collaterali estrogenici come ginecomastia (anche se non comune) e ritenzione idrica. È stato suggerito che questo può essere una conseguenza del legame diretto a l’attivazione del recettore degli estrogeni da parte dell’Oxymetholone (estrogenicità intrinseca). L’Oxymetholone non possiede alcuna attività progestinica significativa. Per via della caratteristica attività estrogenica intrinseca, con l’uso di Oxymetholone è spesso necessario l’uso di un SERM onde avere un controllo sulla aumentata attività estrogenica.

A causa della sua struttura 17α-alchilata, l’Oxymetholone è epatotossico. L’uso a lungo termine del farmaco può causare una varietà di disturbi gravi, tra cui l’epatite, il cancro al fegato e la cirrosi; pertanto si raccomandano test periodici di funzionalità epatica per coloro che assumono l’Oxymetholone a fini terapeutici. Questa molecola ha ottenuto, infatti, la nomea di essere uno tra gli AAS più epatotossici. Ciò deriva da i dosaggi comunemente, ed erroneamente, utilizzati in contesto culturistico. Si parla di dosaggi che facilmente sforano i 150mg/die. 

Osservazioni e esaminazione di diversi referti di esami ematici hanno evidenziato una soglia di “vantaggio/svantaggio” a favore del primo con un dosaggio calcolato con la formula 1mg/Kg. Genericamente, però, il dosaggio standard e conservativo si attesta nel range dei 50-100mg/die per non più di 28 giorni consecutivi, al fine di ridurre l’impatto negativo sul fegato e lipidemia.

Il Methandrostenolone, noto anche come 17α-metil-δ1-testosterone o come 17α-metilandrost-1,4-dien-17β-ol-3-one, è uno steroide androstanico sintetico e un derivato 17α-alchilato del Testosterone. È una modifica del Testosterone con un gruppo metile in posizione C17α e un doppio legame aggiuntivo tra le posizioni C1 e C2. Il farmaco è anche il derivato 17α-metilato del Boldenone (δ1-testosterone) e l’analogo δ1 del Methyltestosterone (17α-metiltestosterone).

Il Methandrostenolone è stato descritto per la prima volta nel 1955. È stato sintetizzato dai ricercatori dei laboratori CIBA di Basilea, in Svizzera. La CIBA depositò un brevetto statunitense nel 1957 e iniziò a commercializzare il farmaco sotto il nome di Dianabol nel 1958 negli Stati Uniti. Inizialmente veniva prescritto alle vittime di ustioni e agli anziani. Tra i primi utilizzatori vi furono i giocatori dell’Oklahoma University e l’allenatore dei San Diego Chargers Sid Gillman, che somministrò il Dianabol alla sua squadra a partire dal 1963.

Anche se il primo a somministrare il Methandrostenolone agli atleti fu il Dr. John Ziegler, personaggio che ebbe non poca importanza nella storia dell’uso degli AAS negli Stati Uniti. Ziegler contribuì a facilitare l’adozione degli AAS in generale, e del Dianabol in particolare, da parte degli atleti americani. Ziegler fu la prima persona a somministrare il Dianabol agli atleti competitivi poco dopo la sua introduzione da parte della CIBA nel 1958. Ebbe accesso al laboratorio CIBA a Summit (New Jersey) nel corso degli anni 50’ e somministrava già ai pesisti il Testosterone Propionato per “scopi di ricerca”. Da li il passo fu breve per la diffusione a macchia d’olio di questo AAS tra i culturisti.

Data la sua principale modifica strutturale, ossia la metilazione in C-17, il Methandrostenolone mostra un aumentata  stabilità del legame recettoriale aumentando così l’affinità sia al AR sia, successivamente all’aromatizzazione nel suo metabolita 17-Methylestradiolo, per i recettori estrogenici rendendo il composto molto più estrogenico del Testosterone. Tale caratteristiche migliora però il potenziale proliferativo dei AR e l’influenza positiva sulla sintesi di IGF-1. Da non dimenticare è il suo significativo impatto anticortisolemico.

Trattandosi di una molecola con una discreta tendenza all’aromatizzazione, il suo uso tipico la vede inserita nelle fasi Off-Season. Il calcolo del dosaggio, per via dati aneddotici e osservativi raccolti, lo si ottiene con la formula 5mg/12Kg di peso corporeo. Trattandosi di un composto orale metilato in C-17 se ne scoraggia l’utilizzo oltre i 28 giorni consecutivi onde ridurre l’impatto negativo su fegato e lipidemia. Data la sua emivita di circa 4h, il dosaggio giornaliero dovrebbe essere diviso in più assunzioni distribuite durante l’arco della giornata.

Struttura molecolare di hGH

L’Ormone della Crescita (GH) o Somatotropina, noto anche come Ormone della Crescita Umano (hGH o HGH), è un ormone peptidico che stimola la crescita, la riproduzione e la rigenerazione cellulare nell’uomo e in altri animali. È quindi importante per lo sviluppo umano. Il GH stimola anche la produzione di IGF-1 e aumenta la concentrazione di glucosio e acidi grassi liberi nel sangue. È un tipo di mitogeno specifico solo per i recettori di alcuni tipi di cellule. Il GH è un polipeptide a catena singola di 191 aminoacidi che viene sintetizzato, immagazzinato e secreto dalle cellule somatotrope nelle ali laterali dell’ipofisi anteriore.

Una forma ricombinante di hGH, chiamata Somatropina, viene utilizzata come farmaco da prescrizione per il trattamento dei disturbi della crescita nei bambini e della carenza di Ormone della Crescita negli adulti. Molte delle funzioni dell’hGH rimangono sconosciute.

Nel suo ruolo di agente anabolizzante, l’hGH è stato utilizzato dagli sportivi agonisti almeno dal 1982, quando la sola forma disponibile era quella derivata dall’Ipofisi dei cadaveri, ed è stato vietato dal CIO e dall’NCAA. L’analisi tradizionale delle urine non è in grado di rilevare il doping con HGH, pertanto il divieto è stato applicato solo all’inizio degli anni 2000, quando sono stati sviluppati test del sangue in grado di distinguere tra hGH naturale e artificiale.

In ambiente bodybuilding, l’hGH viene utilizzato in Off-Season (dai soggetti meglio informati) a dosaggi nel range delle 4-8UI al giorno o 8-16UI a giorni alterni. La somministrazione in concomitanza con l’uso di Insulina ha mostrato effetti sinergici molto evidenti che trovano la loro origine nel miglioramento della sintesi di IGF-1 e della sua frazione libera quindi attiva. Ricordo inoltre che l’uso di hGH può causare una sottoregolazione della funzionalità tiroidea per via del feedback negativo causato da un aumento della conversione del T4 in T3 per azione del GH. L’uso di T4, nel periodo d’uso in Off-Season, è in alcuni casi una necessità.

Struttura molecolare di IGF-1

Il Fattore di Crescita Insulino-Simile 1 (IGF-1), chiamato anche Somatomedina C, è un ormone dalla struttura molecolare simile a quella dell’insulina che svolge un ruolo importante nella crescita infantile e ha effetti anabolici negli adulti. L’IGF-1 è costituito da 70 aminoacidi in una singola catena con tre ponti disolfuro intramolecolari.

L’IGF-1 è prodotto principalmente dal fegato. La produzione è stimolata dall’Ormone della Crescita (GH). La maggior parte dell’IGF-1 è legata a una delle 6 proteine di legame (IGF-BP). L’IGFBP-1 è regolato dall’Insulina. L’IGF-1 viene prodotto durante tutta la vita; i tassi più alti di produzione di IGF-1 si verificano durante la crescita puberale. I livelli più bassi si verificano nell’infanzia e nella vecchiaia.

L’IGF-1 lega e attiva il proprio recettore, l’IGF-1R, attraverso l’espressione sulla superficie cellulare delle tirosin-chinasi recettoriali (RTK) e segnala ulteriormente attraverso molteplici cascate di trasduzione intracellulare. L’IGF-1R è l’induttore che svolge un ruolo critico nella modulazione degli effetti metabolici dell’IGF-1 per la senescenza e la sopravvivenza cellulare. L’IGF-1 è responsabile di stimolare la crescita di tutti i tipi di cellule e di provocare effetti metabolici significativi. Un importante effetto metabolico dell’IGF-1 è la sua capacità di segnalare alle cellule che sono disponibili nutrienti sufficienti per l’ipertrofia e la divisione cellulare. Questi segnali consentono inoltre all’IGF-1 di inibire l’apoptosi cellulare e di aumentare la produzione di proteine cellulari. I recettori dell’IGF-1 sono ubiquitari, il che consente che i cambiamenti metabolici causati dall’IGF-1 si verifichino in tutti i tipi di cellule. Gli effetti metabolici dell’IGF-1 sono di vasta portata e possono coordinare il metabolismo delle proteine, dei carboidrati e dei grassi in una varietà di tipi di cellule diverse. La regolazione degli effetti metabolici dell’IGF-1 sui tessuti bersaglio è coordinata anche con altri ormoni, come l’Ormone della Crescita e l’Insulina.

L’IGF-1 da DNA ricombinante è disponibile principalmente in due diversi formati/varianti, lr3 e DES. È importante ricordare che, a prescindere dalla variante, tutti funzionano a livello sistemico nell’organismo e che, nonostante la somministrazione dell’ormone per via intramuscolare direttamente in un muscolo specifico, non genererà una crescita localizzata misurabile.

Ovviamente tralascerò di descrivere l’IGF-1 bioidentico commercializzato come Mecasermina dal momento che la sua farmacocinetica è identica a quella del IGF-1 endogeno. Dirò soltanto che mediamente viene utilizzato in dosi giornaliere nel range tra 60-1.000mcg post-workout. L’emivita di questa forma di IGF-1 è di circa 5.8h.

IGF-1 LR3: Questa forma è la variante di IGF-1 più comune e molto popolare sul mercato e utilizzata da bodybuilder e atleti di altre discipline. Contiene IGF-1 bioidentico costituito dalla catena originale di 70 aminoacidi, ma con 13 aminoacidi in più all’estremità N, per un totale di 83 aminoacidi. Possiede anche una seconda modifica, in cui un’Arginina si trova in 3a posizione invece dell’Acido Glutammico originale. Il risultato di queste modifiche è che l’IGF-1 continua a svolgere la sua attività originaria sul recettore dell’IGF-1 nei tessuti corporei e ha un’affinità di legame molto bassa per le proteine leganti l’IGF menzionate in precedenza. Inoltre, presenta una vita attiva significativamente più lunga, di circa 20-30 ore, rispetto a quella dell’IGF-1 di 12-15 ore. L’insieme di questi fattori ha dimostrato che l’LR3 ha un’efficacia circa tre volte superiore a quella dell’IGF-1.

I dosaggi medi utilizzati per questa forma sono nel range dei 40-80mcg/die. A causa della sua lunga vita attiva nell’organismo, la variante LR3 non dovrebbe essere somministrata più di una volta al giorno per il semplice fatto che non risulta necessario. Nei giorni di allenamento, il dosaggio di IGF-1 è solitamente somministrato subito dopo l’allenamento. La scelta è a discrezione dell’utilizzatore, in quanto può essere benissimo somministrato sia prima che dopo (solo prima dell’allenamento o solo dopo l’allenamento). E’ possibile comunque dividere il dosaggio giornaliero in due somministrazioni nell’arco della giornata, il dosaggio giornaliero completo può essere diviso quindi a metà tra i due (ad esempio, 20mcg prima dell’allenamento e 20mcg dopo l’allenamento, per un totale di 40mcg al giorno). Nei giorni di non allenamento, può essere somministrato in qualsiasi momento della giornata.

IGF-1 DES: Conosciuto anche come DES(1-3)IGF-1, questa è la forma di IGF-1 comunemente conosciuta come ad azione molto rapida e di solito è la meno preferita tra le due. Le sue modifiche rispetto alla molecola originale di IGF-1 sono tali da farle mancare i primi 3 aminoacidi all’N terminale, il che conferisce all’IGF-1 DES un totale di 67 aminoacidi nella sua catena rispetto ai 70 originali. Questa modifica garantisce all’IGF-1 DES una ridotta affinità di legame per le proteine leganti l’IGF menzionate in precedenza, oltre a una maggiore forza di legame e potenziale miotrofico, circa dieci volte superiore a quella dell’IGF-1 originale e cinque volte superiore a quella dell’IGF-1 LR3. A differenza dell’IGF-1 LR3, l’IGF-1 DES ha un’emivita molto più breve, di circa 20-30 minuti. Grazie alla sua attività più rapida e alla maggiore forza/potenza, la variante DES dell’IGF-1 è comunemente ritenuta in grado di ottenere una crescita muscolare localizzata nel sito in cui viene iniettata. Sebbene ciò sia in parte vero, gli studi hanno dimostrato che, come l’IGF-1 in generale, agisce a livello sistemico una volta raggiunti i capillari e il flusso sanguigno. Quindi l’effetto localizzato è minimo e non significativamente differente dall’effetto sistemico.

Il dosaggio della variante DES è leggermente più variabile rispetto a quello del LR3. Per l’IGF-1 DES, il dosaggio varia da 50 a 150 mcg al giorno. A causa della sua emivita molto più breve rispetto alla variante LR3, è possibile utilizzare dosaggi più elevati con una ipotetica riduzione del rischio di effetti a lungo termine sull’organismo, anche se è necessario usare comunque cautela. Può essere utilizzato nello stesso modo dell’IGF-1 LR3 post-workout, ed è infatti comunemente usato in questo modo a causa della sua breve emivita.

Entrambe le forme di IGF-1 possono essere somministrate per via intramuscolare o sottocutanea. L’uso di una delle due forme non deve superare la durata di 30 giorni prima di una pausa di almeno 2 settimane, anche se fare pause più lunghe di 2 settimane tra un ciclo di IGF-1 e l’altro è l’opzione migliore. Questo non solo per ridurre il rischio di effetti sulla salute a lungo termine, ma anche per garantire che i recettori dell’IGF-1 tornino ad un grado di sensibilità ottimale e, quindi, a “rispondere” correttamente dopo un ciclo.

L’insulina è un ormone peptidico prodotto dalle cellule beta delle isole pancreatiche. Regola il metabolismo dei carboidrati, dei grassi e delle proteine promuovendo l’assorbimento del glucosio dal sangue nelle cellule del fegato, dei grassi e dei muscoli scheletrici. In questi tessuti il glucosio assorbito viene convertito in glicogeno attraverso la glicogenesi o in grassi (trigliceridi) attraverso la lipogenesi o, nel caso del fegato, in entrambi. La produzione e la secrezione di glucosio da parte del fegato sono fortemente inibite da alte concentrazioni di Insulina nel sangue. L’Insulina circolante influisce anche sulla sintesi di proteine in un’ampia varietà di tessuti. È quindi un ormone anabolico e anticatabolico, che promuove la conversione di piccole molecole nel sangue in grandi molecole all’interno delle cellule. Bassi livelli di Insulina nel sangue hanno l’effetto opposto, favorendo un diffuso catabolismo, soprattutto del grasso corporeo di riserva.

La maggior parte dei bodybuilder utilizza una sola forma di Insulina (ad azione rapida o ultra-rapida), anche se alcuni utilizzano anche un’Insulina a lunga durata d’azione o in monoterapia insulinica o in conbinazione con le forme ad azione rapida o ultra-rapida.

L’Humalog® (Insulina Lispro) è senza dubbio la forma di Insulina più diffusa tra i bodybuilder insieme all’Humulin-R. L’Humalog è un analogo a breve durata d’azione dell’Insulina umana, in particolare l’analogo Lys(B28) Pro(B29) dell’Insulina che si crea quando gli aminoacidi in posizione 28 e 29 sono invertiti. È considerata equipotente all’Insulina solubile normale su base unitaria, ma con un’attività più rapida. L’inizio dell’azione del farmaco in seguito alla somministrazione sottocutanea è di circa 10-15 minuti e il suo picco d’effetto viene raggiunto in 30-90 minuti.
La durata d’azione totale è compresa tra 3-5 ore. L’Insulina lispro viene solitamente utilizzata come supplemento a un prodotto a base di Insulina a più lunga durata d’azione, fornendo un farmaco ad azione rapida che può essere assunto prima o subito dopo i pasti per imitare la secrezione insulinica naturale dell’organismo. Molti atleti ritengono che la sua breve finestra d’effetto la renda un farmaco insulinico ideale per
scopi dopanti, in quanto la maggior parte dell’azione può essere concentrata nel periodo successivo all’allenamento sfruttando l’assimilazione dei nutrienti durante la così detta “finestra anabolica”. Proprio al fine di potenziare la “finestra anabolica”, l’Humalog viene usata in concomitanza del GH il quale viene somministrato in una tempistica tale che i due picchi di rilascio (curva ematica massima) si “incrocino” andando a creare un affetto additivo di potenziamento della sintesi epatica di IGF-1 e della sua attività per via della riduzione dei trasportatori IGFBP.

Tuttavia, l’uso di una base insulinica composta da Insuline Glargine (Lantus), con una vita attiva di 24-26.5h, la quale sembra avere effetti di maggiore affinità di legame per il recettore del IGF-1 rispetto all’Insulina umana regolare o uno dei qualsiasi altri analoghi, viene da alcuni inserita nei protocolli Off-Season. 

I dosaggi di Insulina non andrebbero calcolati in modo distaccato dal piano alimentare e dal suo contenuto glucidico. Se il margine di “sicurezza” indica un assunzione di 10-15g di Carboidrati per UI di Insulina, questi non dovrebbero essere addizionati al piano alimentare già tarata in surplus calorico. Il calcolo delle unità dovrebbe essere tarato sul quantitativo glucidico della dieta e sul rapporto con il peso corporeo dell’atleta. Facciamo un semplice esempio: Soggetto di 90Kg = formula 1UI ogni 10Kg di peso = 9UI massime somministrabili per pasto e in base alla vita attiva della forma utilizzata = assicurarsi che il pasto appena successivo alla somministrazione dell’Insulina a questo dosaggio sia pari o superiore ai 90g di Carboidrati.
Il monitoraggio della glicemia attraverso un glucometro è ovviamente d’obbligo in un protocollo di Insulina.

Nota: tali informazioni esposte non rappresentano in nessun modo un parere medico ne tanto meno una prescrizione e/o incentivo all’uso di sostanze dopanti e illegali. Le descrizioni presentate per i PEDs solitamente più utilizzati in Off-Season sono sintetiche sia per motivi di “Off Topic” sia per ragioni legate alla loro descrizione approfondita in altri articoli presenti nel database di questo sito. In queste pubblicazioni potrete trovare informazioni inerenti anche agli affetti collaterali connessi ad un uso/abuso “off-label” dei diversi PEDs.

Conclusioni:

Per concludere e fare una sintesi delle nozioni esposte in questo articolo, dobbiamo ricordarci che i bodybuilder in Off-Season dovrebbero concentrarsi sul consumo di una dieta leggermente ipercalorica (~10-20% sopra le calorie di mantenimento) con l’obiettivo di guadagnare ~0,25-0,5% del peso corporeo a settimana per un “Natural”, mentre nel caso di un “Doped” la soglia può spostarsi tra l’1-2% con variabili connesse a risposte genetiche differenziali e anzianità nella carriera culturistica (principiante, intermedio e avanzato). In ogni caso, in una fetta maggioritaria di praticanti, ai bodybuilder avanzati si consiglia di essere più prudenti con il surplus calorico e il tasso di aumento di peso settimanale. L’assunzione di proteine nella dieta è raccomandata a 1,6-2,2 g/kg/giorno, con particolare attenzione a una quantità sufficiente di proteine a ogni pasto (0,40-0,55 g/kg/pasto) e a una distribuzione uniforme nell’arco della giornata (3-6 pasti). Per i “Doped”, in alcuni casi, l’introito proteico può essere portato, con minimi vantaggi in contesto ipercalorico, a 2,5g/Kg con le medesime linee guida di suddivisione per numero di pasti. I grassi alimentari devono essere consumati a livelli moderati, né troppo bassi né troppo alti (0,5-1,5 g/kg/die), per evitare un rapporto fTC sfavorevole e per prevenire riduzioni dei livelli di testosterone. Nei “Doped” l’obbiettivo con i lipidi è principalmente quello di assumerne una dose necessaria, e altamente qualitativa, al fine di assimilare vitamine liposolubili, per substrato strutturale, per sintesi di eicosanoidi (vedi assunzione EPA, DHA e AA), protezioni epidermide e capelli; di conseguenza attenersi ad un dosaggio medio pari a 35-50g/die. Dopo che le calorie sono state distribuite tra Proteine e Grassi, le restanti calorie dovrebbero provenire dai Carboidrati, assicurandosi di consumarne una quantità sufficiente (≥3-5 g/kg/giorno). Si possono ottenere benefici maggiori consumando proteine (0,40-0,55 g/kg/pasto) in prossimità delle sessioni di allenamento (1-2 ore prima dell’esercizio ed entro 1-2 ore dopo l’esercizio). È opportuno prendere in considerazione la Creatina Monoidrato (3-5 g/giorno) e la Caffeina (5-6 mg/kg), in quanto possono produrre effetti ergogenici per i bodybuilder. Inoltre, Beta-Alanina (3-5 g/die) e Citrullina Malato (8 g/die) sono integratori alimentari che possono essere presi in considerazione in quanto potenzialmente utili per i bodybuilder, a seconda dei regimi di allenamento individuali. I bodybuilder che non sono in grado di assumere un apporto sufficiente di micronutrienti e acidi grassi essenziali nella loro dieta dovrebbero prendere in considerazione l’integrazione di questi nutrienti per evitare carenze. Il limite principale di questo articolo è la mancanza di studi su larga scala e a lungo termine sui bodybuilder durante la Off-Season. Sono necessarie ulteriori ricerche su questa popolazione per ottimizzare la nutrizione e le raccomandazioni sugli integratori alimentari.

Gabriel Bellizzi

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AAS, TRT e fertilità

Introduzione:

Non è per me raro discutere dell’argomento fertilità negli utilizzatori di AAS o nei soggetti in TRT. Complice una classe medica non sempre aggiornata, molti sono spinti a credere che una condizione di sterilità sia ineluttabile, tanto nei soggetti utilizzatori di dosi sovrafisiologiche di AAS quanto in quelli sottoposti a Terapia Sostitutiva del Testosterone [TRT].

A sottolineare questa eventualità ci ha pensato uno studio pubblicato nel 2019 nel quale veniva riportato che “la terapia con Testosterone è un contraccettivo, anche se di scarsa efficacia. Gli uomini in età riproduttiva con Testosterone basso devono essere informati degli effetti negativi della TRT sulla fertilità. Se la TRT viene prescritta a uomini interessati a preservare la fertilità, è opportuno proporre un’analisi del liquido seminale e l’eventuale crioconservazione dello sperma. Opzioni come il Clomifene Citrato e l’hCG, insieme al rinvio a un urologo della riproduzione, dovrebbero essere prese in considerazione per aumentare naturalmente i livelli di Testosterone negli uomini con testosterone basso che vogliono evitare la TRT.”

Immagine che spiega l’effetto contraccettivo del Testosterone esogeno. In sintesi, agisce attraverso due meccanismi: la diminuzione del Testosterone intratesticolare e l’inibizione della spermatogenesi. La maggior parte del Testosterone intra-testicolare è prodotto dalle cellule di Leydig nel testicolo. In presenza di Testosterone esogeno, esso inibisce la produzione di Ormone di Rilascio delle Gonadotropine (GnRH), che a sua volta inibisce la produzione di Ormone Luteinizzante (LH) e diminuisce la produzione endogena di Testosterone da parte delle cellule di Leydig, diminuendo la concentrazione di Testosterone intra-testicolare. L’inibizione della produzione di GnRH inibisce anche il rilascio dell’Ormone Follicolo-Stimolante (FSH), che compromette la spermatogenesi nelle cellule del Sertoli.

Quindi possiamo chiudere qui e liquidare la questione con un “si, anche in TRT si è destinati ad una condizione di sterilità”? Assolutamente no! Per quanto corretta nei punti espositivi, la conclusione di Amir Shahreza Patel et al. è incompleta. Per quale motivo? Ve lo spiegherò in questo articolo…

Breve panoramica sulla spermatogenesi:

Gli Steroidi Anabolizzanti Androgeni non influiscono solo sulla produzione endogena di Testosterone, ma anche sulla produzione di sperma, un processo chiamato spermatogenesi.

La spermatogenesi è strettamente regolata dalle cellule di Leydig e Sertoli del testicolo. Le cellule di Leydig producono Testosterone in risposta all’attivazione del recettore LHCG (LHCGR). Questo recettore è attivato dal legame con l’Ormone Luteinizzante (LH). Il Testosterone, a sua volta, agisce sulle cellule vicine, comprese le cellule del Sertoli, per controllare la spermatogenesi. L’attivazione del recettore dell’FSH (FSHR) sulle cellule del Sertoli controlla direttamente la spermatogenesi.

La produzione di spermatozoi avviene nei tubuli seminiferi e può essere suddivisa approssimativamente in tre fasi, come illustrato di seguito:

Le diverse fasi della spermatogenesi a partire da uno spermatogonio.

Tutte queste fasi si svolgono nei tubuli seminiferi. Durante la prima fase, gli spermatogoni migrano tra le cellule del Sertoli verso il lume dei tubuli. Mentre migrano lungo le cellule del Sertoli, questi spermatogoni si dividono lentamente e si differenziano in cellule spermatiche mature. In primo luogo, subiscono la mitosi, ossia la divisione in due cellule figlie identiche. Alcune di queste cellule figlie subiranno ulteriori modifiche e ingrandimenti, un processo noto come spermatocitogenesi, che darà origine agli spermatociti primari. Queste cellule, a loro volta, subiranno la meiosi. In questo caso, si verificano due divisioni cellulari consecutive, che danno origine a un totale di quattro cellule figlie. Ognuna di queste cellule avrà la metà del numero di cromosomi della cellula madre. Dopo la prima divisione cellulare chiamiamo queste cellule spermatociti secondari, mentre dopo la seconda divisione meiotica le chiamiamo spermatidi. Infine, gli spermatidi si differenziano in spermatozoi (spermatozoi maturi) durante la spermiogenesi.

L’intero processo di spermatogenesi richiede circa 74 giorni per essere completato [1]. Dopodiché, ci vorranno altri 1-21 giorni prima che gli spermatozoi finiscano nell’eiaculato [2]. Di conseguenza, quando la spermatogenesi si interrompe e riprende, ci vorrà un po’ di tempo prima che ciò si rifletta in un’analisi del liquido seminale.

La spermatogenesi dipende in larga misura dalla concentrazione di Testosterone intratesticolare (ITT). Poiché l’LH stimola i testicoli a produrre Testosterone e quindi è responsabile della concentrazione di ITT, l’LH è importante per la spermatogenesi. Normalmente, la concentrazione di ITT è circa 100 volte superiore a quella del sangue [3]. La somministrazione settimanale di 200mg di Testosterone Enantato la riduce notevolmente, fino a circa il 2% dei livelli basali. Sebbene non sia mai stato studiato nell’uomo, il limite inferiore della concentrazione di ITT necessaria per una spermatogenesi quantitativamente normale nei ratti è circa il 20% del livello basale [4]. Una volta scesi al di sotto di questo valore, esiste una chiara relazione tra il calo della concentrazione di ITT e la conta spermatica.

Breve parentesi su Estrogeni e fertilità:

Il Recettore α degli Estrogeni (ERα) è essenziale per la fertilità maschile. La sua attività è responsabile del mantenimento della citoarchitettura epiteliale nei dotti efferenti e del riassorbimento del liquido per la concentrazione degli spermatozoi nella testa dell’epididimo. Queste e altre scoperte hanno contribuito a stabilire il ruolo bisessuale degli estrogeni nell’importanza riproduttiva. È stato dimostrato che gli Estrogeni regolano l’espressione dello scambiatore Na+/H+-3 (NHE3) e la velocità di trasporto del 22Na+, sensibile a un inibitore di NHE3. Pertanto, nel maschio, gli estrogeni regolano uno dei più importanti trasportatori epiteliali di ioni e mantengono la differenziazione morfologica epiteliale nei dotti efferenti del maschio, indipendentemente dalla regolazione del trasporto di Na+.[https://www.pnas.org/]

17 β-estradiolo (E2) legato a ERα (giallo) e ERβ (blu). Solo due residui, cioè L384/M336 e M421/I373 (Erα/ERβ), differiscono nelle tasche di legame di ERα e ERβ. Non sorprende che l’E2 si leghi ai sottotipi in modo leggermente diverso.

Così come una concentrazione ottimale di E2 porta ad un miglioramento dei quadri della fertilità, livelli elevati di Estradiolo sono correlati all’infertilità maschile. Le cause dell’iperestrogenismo includono malattie della corteccia surrenale, del testicolo o uso di farmaci che influenzano l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi.[https://www.nature.com/]

Da notare che i dati raccolti hanno sollevato la possibilità di puntare sul ERα nello sviluppo di un contraccettivo per l’uomo.

AAS è soppressione della spermatogenesi:

E’ un dato di fatto che l’uso di AAS sopprime la produzione endogena di Testosterone. Lo fa attraverso un feedback negativo a livello dell’ipotalamo e dell’ipofisi. In breve, l’ipotalamo secerne un ormone chiamato Ormone di Rilascio delle Gonadotropine (GnRH) che viene rilasciato nel sistema portale ipofisario. Attraverso questo sistema, può raggiungere l’ipofisi anteriore. Qui, si legherà al suo recettore cognitivo che porterà alla secrezione di gonadotropine da parte dell’ipofisi anteriore. Queste gonadotropine, l’Ormone Luteinizzante (LH) e l’Ormone Follicolo-Stimolante (FSH), raggiungono la circolazione sistemica che le trasporta all’organo bersaglio: i testicoli. Il legame dell’LH al suo recettore specifico porta alla produzione di Testosterone. Il legame dell’FSH con il suo recettore specifico svolge un ruolo importante nella spermatogenesi. E, come descritto in precedenza, anche il Testosterone prodotto è fondamentale nella spermatogenesi.

Gli AAS inibiscono la secrezione di GnRH da parte dell’ipotalamo e la secrezione di gonadotropine da parte dell’ipofisi. Di conseguenza, sia la produzione di Testosterone che quella di spermatozoi vengono soppresse. Questo può portare a una condizione chiamata azoospermia, in cui non si trovano spermatozoi in un campione di sperma. Oppure può portare all’oligozoospermia, in cui la concentrazione di spermatozoi è molto bassa (inferiore a 15 milioni per mL o 39 milioni per eiaculato).[5]

Ad esempio, in uno studio, il 65% degli uomini è diventato azoospermico entro 6 mesi dalla somministrazione di Testosterone Enantato a 200mg settimanali [6]. Poiché l’LH e l’FSH non sono stati completamente soppressi (rispettivamente -66,7 e -62,5%), si può ipotizzare che un numero maggiore di uomini sarebbe diventato azoospermico con un dosaggio più elevato e più soppressivo. In effetti, in combinazione con un progestinico (che porterebbe a una più forte soppressione di LH e FSH), si registrano generalmente tassi di azoospermia di quasi il 90% [7]. Tuttavia, uno studio prospettico osservazionale (lo studio HAARLEM) che ha seguito 100 consumatori di AAS prima, durante e in due momenti successivi al ciclo di AAS, ha visto risultati simili a quelli dello studio in cui il 65% degli uomini è diventato azoospermico [8]. I dati relativi all’analisi dello sperma erano disponibili per 91 utilizzatori al termine del ciclo. Nonostante la soppressione praticamente totale di LH e FSH in quasi tutti gli utilizzatori, la concentrazione di spermatozoi era inferiore a 15 milioni per mL nel 68% degli utilizzatori (la conta totale degli spermatozoi era inferiore a 40 milioni nel 77%). Una differenza fondamentale in questo caso potrebbe essere il tempo di soppressione, in quanto l’altro studio ha mostrato il tasso cumulativo di azoospermia fino a 6 mesi, mentre gli utilizzatori di AAS si sono sottoposti a somministrazioni per periodi di tempo variabili, con una durata mediana di 13 settimane. Inoltre, alcuni dei consumatori di AAS hanno utilizzato l’hCG durante il ciclo, che potrebbe aver stimolato in qualche misura la spermatogenesi (tornerò su questo punto più avanti). Anche se gli autori scrivono: “(…) l’uso di hCG non ha avuto effetti rilevabili sulle dimensioni dei testicoli o sulla spermatogenesi”. Questo potrebbe essere attribuito a un sottodosaggio di hCG, a un uso non corretto o forse, in qualche misura, alla mancanza di potenza statistica. Infine, alti dosaggi di AAS – in modo del tutto casuale – potrebbero stimolare la spermatogenesi sostituendo una parte dell’attività androgena endogena mancante, come spiegato nella sezione precedente.

In ogni caso, è chiaro che l’uso di AAS di per se compromette in modo significativo la spermatogenesi.

Uso di AAS e atrofia testicolare:
I testicoli comprendono il compartimento interstiziale, che ospita le cellule di Leydig, e il compartimento dei tubuli seminiferi, che ospita la spermatogenesi. Quest’ultimo è responsabile della maggior parte del volume del testicolo, con valori che in letteratura variano dal 60 al 90% [9, 10]. Gran parte di questo volume è costituito da cellule spermatiche in via di sviluppo. Di conseguenza, quando la spermatogenesi è compromessa, i testicoli diminuiscono di dimensioni. Ad esempio, lo studio citato in precedenza, in cui il 65% degli uomini è diventato azoospermico entro 6 mesi dalla somministrazione di Testosterone, ha visto una diminuzione del volume testicolare del 16,5% [6]. Uno studio in cui il Testosterone è stato combinato con un dosaggio molto basso di un progestinico orale (Levonorgestrel) per ottenere una soppressione più forte ha registrato una riduzione maggiore del volume testicolare, pari a circa il 30% [11]. Lo studio HAARLEM, citato in precedenza, ha registrato una riduzione del 24%. È interessante notare che i consumatori di AAS hanno visto il loro volume testicolare tornare a quello che era 3 mesi dopo la cessazione dell’uso (c’era solo una differenza del -4% a quel punto).

La terapia con gonadotropine (hCG e hMG/FSH) può preservare la spermatogenesi:
L’effetto dell’hCG e dell’FSH o dell’hMG sulla spermatogenesi è forse dimostrato in modo più elegante da una serie di esperimenti di Matsumoto et al. [12]. In primo luogo, soggetti maschi sani hanno ricevuto 5000 UI di hCG due volte alla settimana per 7 mesi. Questo stimola fortemente la produzione di Testosterone da solo e di conseguenza l’FSH viene completamente soppresso. Ciononostante, è stata mantenuta una certa produzione di spermatozoi, la cui concentrazione è stata ridotta da 88 milioni/mL a 22 milioni/mL dopo 4 mesi. Dopo questi 7 mesi, il Testosterone Enantato (200mg settimanali) è stato aggiunto all’hCG per altri 6 mesi in questi uomini. Le concentrazioni di sperma sono rimaste praticamente inalterate (26 milioni/mL negli ultimi 3 mesi).

Dopo questo periodo, 4 soggetti hanno continuato l’hCG per altri 3 mesi senza Testosterone. Successivamente, in due dei soggetti è stato aggiunto l’FSH (100 UI al giorno) e negli altri due l’hMG (75 UI al giorno). L’aggiunta di FSH o hMG ha portato a un forte aumento della produzione di spermatozoi, raggiungendo una media di 103 milioni/mL negli ultimi 2 mesi:

Allo stesso modo, l’FSH da solo può preservare una parte della spermatogenesi durante la soppressione della terapia con testosterone, come illustrato nella figura seguente [13]:

Ciò che si può dedurre da questi risultati è che sia l’FSH che l’hCG possono preservare una certa spermatogenesi durante la soppressione delle gonadotropine da parte del Testosterone, ma che entrambi sono necessari per una spermatogenesi quantitativamente normale. Va notato, tuttavia, che ci sono state marcate differenze interindividuali. Nel precedente studio con hCG, un uomo è diventato azoospermico durante il trattamento con hCG.

Un piccolo studio retrospettivo suggerisce che l’hCG da solo, al dosaggio di 500 UI a giorni alterni, può preservare completamente la spermatogenesi in associazione alla Terapia Sostitutiva del Testosterone [14]. Forse in questi uomini c’era una secrezione residua di FSH sufficiente a consentire la piena conservazione della spermatogenesi. Inoltre, la natura retrospettiva dello studio potrebbe aver portato a una distorsione dei risultati.

Differenze tra hCG, LH e FSH.

Questo mi porta a un altro aspetto che vorrei discutere: il dosaggio. Uno studio ha rilevato che iniettando hCG al dosaggio di 250 UI a giorni alterni si ottiene una concentrazione di Testosterone intratesticolare praticamente uguale a quella del basale [15]. Dato il ruolo centrale del Testosterone intratesticolare nella spermatogenesi, si potrebbe sostenere che questo basso dosaggio dovrebbe essere sufficiente per preservare la spermatogenesi durante l’uso di AAS. Tuttavia, questo aspetto non è stato studiato direttamente in uno studio controllato.

L’hMG (chiamata anche Menotropina o Gonadotropina Umana della Menopausa – human Menopausal Gonadotropin), commercializzato in Italia sotto il nome di MENOGON ®, è un principio attivo per il trattamento dei disordini della fertilità. Si compone di gonadotropine che vengono estratte dalle urine di donne in post-menopausa, gonadotropine che sono solitamente l’Ormone Luteinizzante (LH) e l’Ormone Follicolo-Stimolante (FSH). Spesso, contiene anche Gonadotropina Corionica umana (hCG).

Un dosaggio più elevato, ma comunque inferiore a quello utilizzato negli studi di Matsumoto, ha dimostrato la conservazione di una certa spermatogenesi in pazienti con ipogonadismo secondario con hCG dosato a 500-2500 UI due volte alla settimana [16]. I dosaggi sono stati titolati in base ai livelli di Testosterone raggiunti. Per ottenere una spermatogenesi quantitativamente normale era necessaria l’aggiunta di FSH (3x 150 UI hMG settimanali). Anche in questo caso, però, si trattava di uno studio retrospettivo.

Infine, sono state sollevate alcune perplessità sull’effetto dell’hCG sulla morfologia degli spermatozoi. Uno studio finlandese suggerisce che l’uso concomitante di hCG e AAS ad alti dosaggi può avere un impatto negativo sulla morfologia dello sperma [17]. Lo studio ha seguito 18 atleti di forza amatoriali, 16 dei quali hanno utilizzato l’hCG insieme ad alti dosaggi di AAS. I campioni di sperma sono stati prelevati alla fine del ciclo di AAS, circa 1,5 mesi dopo il ciclo e circa 6 mesi dopo il ciclo. Naturalmente, la produzione di sperma era compromessa, con una conta media di 33 milioni di spermatozoi/mL alla fine del ciclo di AAS. Un soggetto è diventato azoospermico (e lo è rimasto per tutto il successivo periodo di sospensione). Ciò sembra dimostrare che l’uso di hCG può preservare una certa spermatogenesi durante l’uso di AAS. La morfologia dello sperma, tuttavia, era solo del 15% rispetto a una media del 40% di una coorte finlandese di donatori di banche del seme. Inoltre, hanno trovato una correlazione tra la dose totale di hCG utilizzata e gli spermatozoi morfologicamente anormali.

Quando hanno stratificato gli utilizzatori in due gruppi: un gruppo ad alta dose di hCG (>12.000 UI totali) e un gruppo a bassa dose (<12.000 UI totali), hanno notato che c’era una differenza significativa nella morfologia dello sperma tra i due. In media, il 22% era normale nel gruppo ad alto dosaggio e il 72% nel gruppo a basso dosaggio alla fine del ciclo di AAS. Ma come? Se la media del gruppo è del 15%, come può essere più alta sia nel gruppo ad alta dose che in quello a bassa dose? C’è qualcosa di sbagliato nei dati. Questo è un problema dello studio in questione. Da notare che, poiché il gruppo ad alta dose aveva una concentrazione di spermatozoi quasi cinque volte superiore, la quantità assoluta di spermatozoi morfologicamente normali era maggiore nel gruppo ad alta dose.

Si potrebbe obiettare che potrebbe essere l’assenza di FSH, piuttosto che l’hCG di per sé, ad avere un impatto sulla morfologia. Infatti, è stato riscontrato che dosi elevate di hCG migliorano la motilità degli spermatozoi e la morfologia normale in uomini subfertili con livelli normali di FSH [17]. Inoltre, si potrebbe sostenere che l’AAS stesso potrebbe avere un effetto negativo diretto sulla morfologia degli spermatozoi a dosi elevate [18]. Questo potrebbe non manifestarsi se vengono prodotte solo piccole quantità di spermatozoi, come nel caso del gruppo a basso dosaggio. Anche Matsumoto et al. hanno dimostrato che l’hCG (3x 5000 UI settimanali) non ha alcun effetto sulla morfologia degli spermatozoi in associazione al testosterone in un piccolo studio [19]. Infine, anche l’abuso di altre sostanze non dichiarate potrebbe aver avuto un impatto.

Conclusioni:

Ricapitolando, la spermatogenesi è strettamente regolata da LH e FSH. Quando si somministrano AAS, la secrezione di questi due ormoni viene fortemente ridotta. Di conseguenza, anche la spermatogenesi viene fortemente ridotta. Nella maggior parte degli uomini questo porta all’azoospermia. È stato riscontrato che l’uso di hCG mantiene una certa spermatogenesi, anche se a un livello inferiore al normale. L’aggiunta di FSH (direttamente o come parte di hMG) è necessaria per preservare completamente la spermatogenesi. Il dosaggio necessario per mantenere in modo ottimale la spermatogenesi con il solo hCG durante un ciclo AAS non è del tutto chiaro. Dato l’importante ruolo del Testosterone intratesticolare nel mantenimento della spermatogenesi, si potrebbe sostenere che un dosaggio che sostenga questo aspetto sostenga in modo ottimale anche la spermatogenesi. Si potrebbe quindi arrivare a un dosaggio di circa 250 UI a giorni alterni. Tuttavia, gli studi clinici (controllati) che hanno valutato direttamente l’impatto sulla spermatogenesi con la soppressione delle gonadotropine hanno tutti utilizzato dosaggi nettamente superiori. I dati di studi retrospettivi suggeriscono che potrebbero essere sufficienti da 500 a 2500 UI due volte alla settimana. L’ideale sarebbe testare il proprio sperma per capire quale sia il dosaggio più adatto. Si tenga presente che l’intero processo di spermatogenesi e la successiva comparsa di spermatozoi nell’eiaculato possono richiedere fino a circa 3 mesi. I cambiamenti nella terapia potrebbero quindi richiedere almeno 3 mesi prima che i loro effetti si riflettano nell’analisi dello sperma.

Dopo le informazioni fin qui riportate, non ci si stupisce del fatto che nello studio citato nell’introduzione la TRT fosse stata classificata come un “contraccettivo di bassa efficacia”. Se infatti togliamo dall’equazione la somministrazione esogena di hCG e/o FSH [o in alternativa hMG], la condizione di azoospermia è praticamente una certezza. Da considerarsi anche i dosaggi di questi ancillari della TRT. Dosaggi che devono tenere conto della risposta terapeutica soggettiva. Ciò significa che i dosaggi standard per l’hCG, per esempio, rappresentano per la maggior parte dei soggetti solo un punto di partenza che dovrà essere riconsiderato alla luce di esami specifici [vedi spermiogramma].

Un protocollo di fertilità nel quale mi sono imbattuto spesso parlando con atleti o preparatori d’oltre oceano è costituito da una hCG, hMG e Clomifene Citrato. L'”invenzione” di questo protocollo si attribuisce a Dave Palumbo. Non propriamente un luminare dell’endocrinologia ma sicuramente un vagliatore di tester non da poco.

Il protocollo è il seguente:

hCG – 2000 UI a giorni alterni
hMG – 75 UI a giorni alterni
Clomifene Citrato – 50mg al giorno

Clomifene Citrato

In alternativa all’uso di Clomifene Citrato si opta per Enclomifene Citrato, l’isomero trans del Clomifene Citrato. Ma di lui parlerò in un articolo apposito. Rimane comunque il dubbio di una loro sufficiente efficacia additiva.

Encolimfene Citrato

Ho avuto l’opportunità di raccogliere molte testimonianze di utilizzatori. Alcuni di loro hanno trascorso più di un decennio tra cicli, bridge e fasi in TRT. Anche nei casi più estremi, quando è arrivato il momento di avere un figlio, una parte consistente di quelli che hanno seguito questo semplice protocollo sono riusciti a ingravidare la propria moglie/fidanzata:

La sospensione temporanea della TRT per seguire un protocollo di ristabilizzazione dell’Asse HPT e aumentare il numero di spermatozoi con il protocollo di fertilità, non rappresentava una costante ma una eventualità che poteva interessare alcuni individui .

Ovviamente, quanto detto non rappresenta assolutamente una prescrizione medica o un consiglio terapeutico! Si tratta, come sempre, di pura divulgazione scientifica volta alla formazione di una cultura di base utile alla tutela della propria e altrui salute.

Gabriel Bellizzi [CEO BioGenTech]

Riferimenti:

  • “Book on Steroids” di Peter Bond [capitolo 6 – Side effects and managing them – sezione 6.12. – Low/undetectable sperm count (oligo-/azoospermia)].
  1. Amann, Rupert P. “The cycle of the seminiferous epithelium in humans: a need to revisit?.” Journal of andrology 29.5 (2008): 469-487.
  2. Rowley, Mavis J., Florence Teshima, and Carl G. Heller. “Duration of transit of spermatozoa through the human male ductular system.” Fertility and sterility 21.5 (1970): 390-396.
  3. McLachlan, Robert I., et al. “Effects of testosterone plus medroxyprogesterone acetate on semen quality, reproductive hormones, and germ cell populations in normal young men.” The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 87.2 (2002): 546-556.
  4. Zirkin, Barry R., et al. “Maintenance of advanced spermatogenic cells in the adult rat testis: quantitative relationship to testosterone concentration within the testis.” Endocrinology 124.6 (1989): 3043-3049.
  5. T. G. Cooper, E. Noonan, S. Von Eckardstein, J. Auger, H. Baker, H. M. Behre, T. B. Haugen, T. Kruger, C. Wang, M. T. Mbizvo, et al. World health organization reference values for human semen characteristics. Human reproduction update, 16(3):231–245, 2010.
  6. W. H. O. T. F. on Methods for the Regulation of Male Fertility. Contraceptive efficacy of testosterone-induced azoospermia in normal men. The Lancet, 336(8721):955–959, 1990.
  7. Page, Stephanie T., John K. Amory, and William J. Bremner. “Advances in male contraception.” Endocrine reviews 29.4 (2008): 465-493.
  8. Smit, D. L., et al. “Disruption and recovery of testicular function during and after androgen abuse: the HAARLEM study.” Human Reproduction 36.4 (2021): 880-890.
  9. S. Melmed. Williams textbook of endocrinology. 13th edition. Elsevier Health Sciences, 2016.
  10. M. Simoni and I. T. Huhtaniemi. Endocrinology of the Testis and Male Reproduction. Springer, 2017.
  11. Anawalt, Bradley D., et al. “Intramuscular testosterone enanthate plus very low dosage oral levonorgestrel suppresses spermatogenesis without causing weight gain in normal young men: a randomized clinical trial.” Journal of andrology 26.3 (2005): 405-413.
  12. Matsumoto, Alvin M., Anthony E. Karpas, and William J. Bremner. “Chronic human chorionic gonadotropin administration in normal men: evidence that follicle-stimulating hormone is necessary for the maintenance of quantitatively normal spermatogenesis in man.” The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 62.6 (1986): 1184-1192.
  13. Matsumoto, Alvin M., et al. “Reinitiation of sperm production in gonadotropin-suppressed normal men by administration of follicle-stimulating hormone.” The Journal of clinical investigation 72.3 (1983): 1005-1015.
  14. Hsieh, Tung-Chin, et al. “Concomitant intramuscular human chorionic gonadotropin preserves spermatogenesis in men undergoing testosterone replacement therapy.” The Journal of urology 189.2 (2013): 647-650.
  15. Coviello, Andrea D., et al. “Low-dose human chorionic gonadotropin maintains intratesticular testosterone in normal men with testosterone-induced gonadotropin suppression.” The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 90.5 (2005): 2595-2602.
  16. Depenbusch, Marion, et al. “Maintenance of spermatogenesis in hypogonadotropic hypogonadal men with human chorionic gonadotropin alone.” European journal of endocrinology 147.5 (2002): 617-624.
  17. Homonnai, Z. T., M. Peled, and G. F. Paz. “Changes in semen quality and fertility in response to endocrine treatment of subfertile men.” Gynecologic and obstetric investigation 9.5 (1978): 244-255.
  18. Torres-Calleja, J., et al. “Effect of androgenic anabolic steroids on sperm quality and serum hormone levels in adult male bodybuilders.” Life sciences 68.15 (2001): 1769-1774.
  19. Matsumoto, Alvin M., et al. “Human chorionic gonadotropin and testicular function: stimulation of testosterone, testosterone precursors, and sperm production despite high estradiol levels.” The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 56.4 (1983): 720-728.

L’efficacia della PCT [Post-Cycle Therapy]alla luce dello studio HAARLEM.

Introduzione:

Chiunque segua questo sito o si sia interessato minimamente alla questione “doping”, è a conoscenza del fatto che durante l’uso di AAS e/o SARM, la produzione endogena di Testosterone subisce un calo marcato in misura maggiormente dipendente dalla molecola/e utilizzata/e e in minor parte dal tempo di utilizzo. Una volta interrotta la somministrazione di AAS e/o SARM, la produzione di Testosterone rimane (a diverso grado ma, pur sempre, significativo) soppressa per un periodo di tempo transitorio. Durante questo periodo di tempo, il soggetto si trova in una condizione di ipogonadismo, cioè sarà carente di Testosterone con importanti alterazioni di Estradiolo, DHT e Prolattina. Sappiamo allo stesso modo che è usanza comune l’utilizzo di alcuni farmaci dopo il termine d’uso di AAS e/o SARM con il fine, sperato, di accelerare il processo di recupero dell’attività dell’Asse HPT e la stabilizzazione della normale produzione di Testosterone. Questa pratica è ovviamente la conosciutissima, almeno per nome, PCT (Post-Cycle Therapy).

Tre tipi di farmaci sono frequentemente utilizzati per la PCT, e questi sono:

  • Modulatori Selettivi del Recettore degli Estrogeni (SERM), cioè Tamoxifene e Clomifene Citrato;
  • Inibitori dell’Aromatasi (IA), come Letrozolo, Anastrozolo ed Exemestane;
  • Gonadotropina Corionica umana (hCG).

Il ragionamento dietro l’uso di questi farmaci è abbastanza semplice. I SERM agiscono a livello del recettore degli estrogeni bloccando l’attività, principalmente, dell’Estradiolo portando ad un feedback negativo a livello ipofisario il quale, a cascata, porta ad un aumento del rilascio di GnRH e di LH ed FSH i quali, rispettivamente, andranno a stimolare la sintesi di Testosterone e la spermatogenesi. Allo stesso modo, gli Inibitori dell’Aromatasi causano una riduzione dei livelli di Estradiolo e, quindi, della sua attività portando ad un medesimo ciclo di feedback negativo stimolante il rilascio di GnRH e, consequenzialmente, di LH ed FSH. In fine, l’hCG viene usato inizialmente al fine di compensare i livelli bassi di LH e FSH, prima del loro incremento legato all’uso di SERM e AI, incrementando l’attività delle cellule di Leydig e del Sertoli stimolando la sintesi di Testosterone e la spermatogenesi.

Asse Ipotalamo-Ipofisi-Gonadi (HPGA; conosciuta anche come HPTA, Asse Ipotalamo-Ipofisi-Testicoli)

Di questi farmaci, i SERM sono solitamente il pilastro portante della PCT. E, in effetti, i SERM hanno dimostrato di aumentare il Testosterone in vari stati di ipogonadismo. Tuttavia, nessuno studio fino ad oggi aveva effettivamente esaminato in modo prospettico la sua efficacia nell’ipogonadismo indotto da AAS. Nemmeno la tanto acclamata PCT di Scally riporta scientificamente buone certezze d’efficacia. Di recente è uscito uno studio che ci mostra quanta efficacia possa avere una PCT nella “corsa al recupero” post ciclo di AAS e/o SARM. Parlo dello studio HAARLEM.[1]

Lo studio HAARLEM

Lo studio HAARLEM è uno studio prospettico e osservazionale a cui hanno partecipato 100 utilizzatori di AAS. Si tratta di un’iniziativa dell’ambulatorio per i consumatori di steroidi anabolizzanti di Haarlem, nei Paesi Bassi. L’ambulatorio nasce nel 2010 ed è gestito dai due endocrinologi dott. de Ronde e il dott. Smit.

L’obiettivo dello studio HAARLEM era quello di ottenere informazioni preziose sui rischi per la salute coinvolti nell’uso di AAS. Le caratteristiche di base di questa coorte sono state pubblicate in precedenza.[2]

In breve: nello studio sono stati inclusi un totale di 100 soggetti (tutti uomini) che intendevano iniziare un ciclo di steroidi anabolizzanti entro 2 settimane. Diverse misurazioni dello stato di salute, tra cui gli esami del sangue, sono state eseguite su tutti i partecipanti prima del ciclo (T0), durante l’ultima settimana del ciclo (T1), 3 mesi dopo la fine del ciclo (T2), e 1 anno dopo l’inizio del ciclo (T3). Per essere chiari: i soggetti stavano usando AAS che essi stessi si erano procurati, gli endocrinologi non hanno prescritto nessun AAS.

Ciò che è di particolare rilevanza per questo articolo è che i ricercatori hanno anche misurato i livelli di Testosterone e, quindi, hanno potuto osservare come potesse avvenire la ripresa dell’attività dell’Asse HPT dopo un ciclo. Inoltre, 80 dei soggetti in osservazione hanno eseguito la PCT (mentre i restanti 20 non hanno svolto alcuna PCT). Quindi, detto ciò, questo sarebbe il primo studio prospettico in cui l’efficacia della PCT potrebbe diventare evidente. Alla fine, però, i dati erano disponibili per 79 soggetti che avevano svolto la PCT e 19 soggetti che non l’avevano svolta.

Anche i farmaci per la PCT non sono stati forniti dagli endocrinologi. I soggetti interessati si sono procurati autonomamente tali farmaci. I ricercatori hanno notato che la maggior parte dei regimi PCT consisteva nell’uso di Tamoxifene Citrato (70% delle volte) e/o Clomifene Citrato (55% delle volte) per 4 settimane dopo il ciclo. Il che, in effetti, rappresenta l’esempio stereotipato di una classica PCT.

I risultati dello studio

Sono sicuro che questo darà fastidio a qualche “relativista ad oltranza”, ma i dati sono questi:

I valori di Testosterone basale (T0) erano praticamente identici e, come prevedibile, sono risultati aumentati a livelli soprafisiologici durante l’ultima settimana del ciclo (T1). Quindi, 3 mesi dopo la fine del ciclo, i valori sono stati di nuovo praticamente normalizzati in entrambi i gruppi (sebbene leggermente, ma non in modo statisticamente significativo, più bassi nel gruppo PCT).

Questa ricerca ha sicuramente delle mancanze e non arriva ad essere una “pietra miliare” ella dimostrazione scientifica in questo specifico contesto. Non si è trattato di uno studio in doppio cieco controllato con placebo. Ma è molto improbabile che un tale studio venga mai eseguito. Questo è un buon lavoro di ricerca in un frangente ben poco analizzato. Quali altre deficienze presenta lo studio HAARLEM? Qualcuno potrebbe blaterare riguardo ad improbabili bias di selezione. Cioè, i soggetti che “sanno” di recuperare più facilmente, potrebbero aver optato per non utilizzare una PCT. Dubito fortemente che ciò porterebbe a differenze significative. Un’altra ragione potrebbe essere che il dosaggio di AAS medio era più alto nel gruppo PCT, che era 1,110 contro 839mg/settimana. Tuttavia, entrambi sono ben al di sopra dei dosaggi richiesti per la massima soppressione della produzione endogena di Testosterone (il dosaggio minimo richiesto come criterio di inclusione nello studio era anche di 200mg a settimana). Inoltre, il gruppo che non ha svolto la PCT in media ha avuto una durata del ciclo più lunga (20 settimane contro 18 settimane).

In linea di principio, forse il gruppo PCT si era ripreso un po’ prima, il che sarebbe stato visibile se avessero misurato i marker specifici 2 mesi dopo aver interrotto l’uso di steroidi anabolizzanti invece che 3 mesi dopo. In effetti i controlli avrebbero dovuto essere più assidui. Comunque sia, fatte le dovute eccezioni, non ci si aspetterebbe comunque molta differenza . Se non altro perché la maggior parte di questi soggetti avrebbe impiegato probabilmente circa un mese prima che iniziasse il recupero dell’Asse HPT. Dopotutto, con alti dosaggi e molecole legate ad esteri che ne conferiscono lunghe emivite ci vorrà semplicemente più tempo prima che la soglia ematica degli AAS scenda sotto la curva del basale.

Sicuramente una buona parte di chi leggerà questo articolo dirà che (la maggior parte di) questi soggetti hanno semplicemente sbagliato la loro PCT. Ma, nonostante molti di voi considerino la “PCT di Scally” il metro di misura per valutare una PCT corretta da ciò che non lo è, purtroppo, non ci sono prove disponibili che abbiano esaminato l’efficacia dei vari tipi di PCT. Naturalmente, esiste una logica di gestione del post ciclo che andrebbe calcolata sul soggetto interessato. Tuttavia, questo studio mostra che quando si osserva un gruppo di persone che eseguono PCT come fatto nella maggior parte della pratica (SERM per circa un mese) semplicemente non si dimostra una reale efficace al fine di un recupero rapido della sintesi endogena di Testosterone. E, come si vede dai dati riportati, c’è stato uno scarso effetto accelerante se il gruppo non PCT si riprende dall’alterazione ormonale comunque in 3 mesi.

Come nota finale, gli autori chiariscono un punto chiave nel ridurre e migliorare i tempi di recupero e cioè il mantenimento della funzione gonadica per via somministrazione di hCG anche durante il ciclo. Infatti i ricercatori hanno scoperto che quando la funzione gonadica era normale al basale, c’era una probabilità del 90% di avere una normale concentrazione di Testosterone totale dopo 3 mesi di recupero e una probabilità del 100% alla fine del follow -up (in media circa 8 mesi dopo l’interruzione del ciclo).

Ma allora perché una PCT non da i risultati sperati se i SERM mostrano risultati così buoni in vari tipi di ipogonadismo?

Sfortunatamente, attualmente non sono disponibili studi di buona qualità nei quali i SERM vengano valutati come trattamento per l’ipogonadismo indotto da AAS. Principalmente il loro uso è destinato, e risultato efficace, nell’ipogonadismo dovuto ad altre cause. Di conseguenza è ovvio che bisognerebbe quindi avere cautela prima di giungere ad affrettate conclusioni, poiché attualmente non è noto quanto bene questi risultati si traducano in coloro che soffrono di ipogonadismo AAS-indotto. La causa sottostante dell’ipogonadismo è molto diversa. In linea di principio, l’ipogonadismo indotto da AAS è uno stato transitorio post-ciclo in cui l’ipotalamo e l’ipofisi non rispondono adeguatamente alla diminuzione delle concentrazioni di androgeni ed estrogeni. Dopo tutto, le concentrazioni post-ciclo di Testosterone ed Estradiolo sono di molto alterate e quindi il feedback negativo che solitamente impone all’ipotalamo e all’ipofisi il rilascio di GnRH e di LH ed FSH è notevolmente diminuito. Quindi, mentre lo stimolo (alterazione di Estradiolo e Testosterone) per produrre LH e FSH è variabilmente presente, le cellule endocrine temporaneamente non riescono a rispondere in modo adeguato a questa condizione. Non è sicuro di come l’uso di SERM possa rendere questo stimolo più marcato e aiutare nel recupero dell’HPGA. A differenza dell’ipogonadismo indotto da AAS, le popolazioni di studio sull’ipogonadismo secondario sono in uno stato stazionario di carenza di Testosterone. Qui, in quel caso, per via delle condizioni di base, avrebbe di certo senso che un soggetto possa spostare lo stato stazionario aumentando lo stimolo con un SERM per aumentare a sua volta il livello di Testosterone, ed è dimostrato. Quindi, tanto per ribadire i concetti primari quando si parla di studi, bisognerebbe essere cauti quando si traducono questi studi alla luce di una situazione ben diversa seppur simile, ossia la situazione ormonale post-ciclo.

Conclusioni e riflessioni critiche

Ricapitolando, lo studio HAARLEM è uno studio prospettico in cui è stata seguita nel tempo un’ampia coorte di utilizzatori di AAS. Diverse misurazioni, inclusi i livelli di Testosterone, sono state eseguite prima, durante e in due punti temporali dopo la cessazione dell’uso di AAS. Confrontando quei soggetti che hanno svolto una PCT con quelli che non l’hanno svolta, sono finalmente emerse alcune buone prove iniziali sulla reale efficacia della PCT. Sfortunatamente, la pratica comunemente applicata sembra essere un po’ inutile, per usare un eufemismo.

Ma quali altre critiche possono essere mosse verso questo studio? Beh, qualcuno potrebbe obbiettare che “Olivier de Hon è uno degli autori. Ed è una autorità dell’antidoping olandese”. Sì, vero, ma in che modo questo invalida i risultati esattamente? basterebbe indicare solo quale parte potrebbe essere stata influenzata da lui. Inoltre, sono sicuro che l’autorità antidoping avrebbe voluto vedere gli utilizzatori di AAS NON recuperare affatto, anche dopo 3 mesi. Ma lo hanno fatto. Sono il primo a mettere in dubbio l’onesta o meglio la lucidità di certi enti, ma sono quasi certo che avrebbero apprezzato risultati diversi da questi.

Si potrebbe anche dire che “Non hanno istruito gli utilizzatori di AAS a fare A, B e C, il che avrebbe portato a risultati migliori”. Sì, infatti è uno studio OSSERVAZIONALE, non uno studio interventistico. Se avessero istruito gli utilizzatori di AAS ad applicare determinate pratiche con i composti che stavano usando, sarebbe stato piuttosto difficile far passare la cosa al comitato etico medico in primo luogo. L’unico modo per superare l’ottenimento di un intervento è se quest’ultimo incoraggia gli utilizzatori a prendere meno AAS, o a non utilizzarli del tutto. L’obiettivo di questo studio era valutare i rischi per la salute legati all’abuso di AAS nella pratica. Una configurazione osservazionale come questa è ESATTAMENTE ciò che si vorrebbe fare in quel caso.

Un altra obbiezione potrebbe riguardare il fatto che tutti i dosaggi di AAS utilizzati non siano stati equiparati su base milligrammo per milligrammo. Ovviamente non ci sono prove che sia stato fatto diversamente. Potresti assegnare arbitrariamente qualcosa come “2mg di Testosterone = 1mg di Trenbolone” o qualsiasi altra molecola, ma sarebbe ben poco valido viste le informazioni che si hanno in materia. Cosa starebbe a significherebbe quel numero? Il Trenbolone è due volte più potente nella stimolazione dell’ipertrofia muscolare? Due volte più potente nel sopprimere l’HPGA? Due volte più potente nel causare l’acne? Da dove basi questi numeri? Medie di dosaggi degli androgeni estremamente imprecise? E in che modo questo avrebbe comunque influenzato i risultati? TUTTI gli utilizzatori hanno riscontrato una soppressione marcata dei loro livelli endogeni di Testosterone durante i loro cicli.

I soggetti potrebbero aver sbagliato la modalità delle loro PCT? Bene, in primo luogo, tornando a quanto detto in precedenza, i ricercatori non potevano dire loro di fare diversamente da quanto essi avevano previsto. E secondo, quale ricerca può dirci cosa comporta una “buon PCT”? Non ne esiste nessuna! E, sebbene la “PCT di Scally” risulti quella con il desing più logico, le prove a suo favore rimangono limitate. È per lo più tutta una ipotesi e supposizioni basate su ricerche estrapolate da popolazioni di studio con diverse cause di ipogonadismo. I soggetti di questo studio hanno semplicemente svolto una PCT come fa la maggior parte degli utilizzatori: assumere SERM per circa un mese.

Forse avrebbero dovuto iniziare la PCT più tardi? Ok, quindi che differenza ci si aspetterebbe? Il gruppo senza PCT aveva comunque gli stessi livelli di Testosterone che avevano al basale 3 mesi dopo l’ultima iniezione. Dovremmo forse aspettare 3 mesi? Sembra funzionare abbastanza bene…

I ricercatori forse hanno sbagliato a non fare una sottoanalisi basata su chi ha usato un tipo di composto e chi ne ha usato un altro? Beh, sarebbe stato alquanto arduo poterlo fare. Il motivo di ciò è che solo nel 13% dei campioni la fiala conteneva esclusivamente l’AAS che era riportato sull’etichetta e nel 47% dei casi la fiala non conteneva nemmeno l’AAS dichiarato sull’etichetta ma ne conteneva un altro (o altri).[2]

Attenzione, non sto dicendo che la PCT sia stata o sia completamente una cattiva idea. Sto semplicemente sottolineando ciò che lo studio prospettico e anni di osservazione ci suggeriscono. Anche nei casi di uso corretto di hCG durante il ciclo, uso dei SERM e hCG post ciclo secondo logica di decadenza dei livelli ematici del/gli AAS usato/i e l’inserimento di un AI quando necessariamente richiesto dagli esami ematici di controllo, la risultante è sempre soggetta a fortissime variabili legate non solo alla lunghezza del ciclo e/o al tipo di molecole usate (vedi anche tipo/i di estere) ma anche dall’età del soggetto e dal numero di cicli svolti in precedenza. Alcuni utilizzatori si attestano a livelli discreti nella metà del range di riferimento, mentre una parte non indifferente soffre per anni di variazioni estrogeno-prolattiniche con livelli di Testosterone totale verso il limite basso e il Testosterone libero sotto il limite minimo.

Non è un caso se molti utilizzatori, specie dai 30 anni in su, optino per una TRT piuttosto di tentare un recupero travagliato.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. Smit, D. L., et al. “Disruption and recovery of testicular function during and after androgen abuse: the HAARLEM study.” Human Reproduction (2021).
  2. Smit, Diederik L., et al. “Baseline characteristics of the HAARLEM study: 100 male amateur athletes using anabolic androgenic steroids.” Scandinavian journal of medicine & science in sports 30.3 (2020): 531-539.

Pillola blu o pillola rossa? Realtà per aspiranti “doped” … ma non solo…

DISCLAIMER: Il presente articolo è a solo scopo educativo, di intrattenimento e informativo. Non rappresenta in alcun modo una forma di incitamento all’uso/abuso di sostanze dopanti. L’autore ed il sito, per tanto, è esentato da qualsiasi responsabilità dipendente dalla libera scelta individuale.

Introduzione ad un dilemma…

Chiunque frequenti l’ambiente del Bodybuilding e del Fitness avrà letto o sentito almeno una volta nella vita espressioni del genere “se mi dopassi sarei anche io così [indicando Flex Wheeler]” o “ho provato di tutto e senza farmaci non riuscirò ad ottenere risultati”. Andando poi ad approfondire la storia di ognuno di questi soggetti si scopre in percentuale quasi assoluta che si tratta di individui nella norma (o al di sotto) frustrati e/o con personalità deboli, speranzosi omini che attendono placidamente che accada una svolta miracolosa nella loro banale e piatta esistenza e, cosa molto importante, con il minimo dello sforzo (meglio se nessuno).

Nella mia esperienza come ricercatore e operatore nel campo della cultura fisica in qualità di Preparatore Atletico, ho assistito a innumerevoli casi in cui un soggetto aspirava al miglioramento della propria composizione corporea trascurando, consciamente o inconsciamente, le basi fondamentali rappresentate da Nutrizione e Allenamento baipassandole in vista della possibile prescrizione di una pillola miracolosa capace di renderlo/a possessore della forma fisica ambita.

Tralasciando l’ovvio ragionamento che spinge ogni essere umano dotato di un minimo d’intelletto verso la comprensione che la genetica è il blocco d’argilla sul quale si va ad operare, ma le sue qualità e difetti sono presenti in modo eterogeneo nella popolazione mondiale, e ciò non è modificabile nemmeno con la farmacologia più oculata, quando ci si trova davanti al bivio tra “pillola rossa” (PEDs) e “pillola blu” (drug free) bisogna essere pienamente consapevoli non solo del fattore illegalità ma del fattore conoscitivo. Purtroppo, la politica del terrore ha operato in modo fallimentare nel goffo intento di allontanare dalla scelta “rossa”, e ciò si è tradotto in un numero sensibile di soggetti abusatori con tutte le conseguenze cliniche derivanti.

Se un individuo non ha raggiunto un livello di maturità sportiva tale da conferirgli una gestione corretta della nutrizione e della periodizzazione allenante (gestione delle variabili volume, intensità, densità ecc…), è molto meglio per lui/lei rivedere i suoi programmi e scegliere ancora la “pillola blu”. Capita, a volte, di incontrare persone decise ad intraprendere la via del “lato oscuro” che, dopo una approfondita chiacchierata sulla gestione dei suddetti fattori, rivede le proprie posizioni.

Per tutti coloro i quali sono immersi nel dilemma della scelta, vi espongo alcuni punti per rendere l’eventuale decisione meno rischiosa anche se pur sempre illegale nel “bel paese”…

“Pillola blu o pillola rossa?” I punti da tenere in considerazione per una scelta consapevole:

#1 Raggiungere una adeguata maturità sportiva

Per “maturità sportiva”, in particolare riferimento al BodyBuilding, si intende la capacità del atleta di sapersi alimentare e allenare correttamente con piena gestione delle proprie potenzialità fisiologiche/genetiche. Questa è la base, se viene a mancare ciò non solo la vostra esperienza finirà per deludervi e rendervi ancora di più dei frustrati, ma potrebbe rovinosamente portarvi ad un abuso cronico a senso inesorabilmente negativo…

#2 I PEDs non faranno miracoli

Una cosa da tenere bene a mente, e questo non dovrebbe interessare solo gli aspiranti “doped”, è che l’uso di PEDs non renderà diversi da ciò che rientra nelle potenzialità espressive del proprio patrimonio genetico. Certamente le caratteristiche genetiche verranno “iperespresse”, nel bene e nel male, dall’uso di PEDs ma non vi sarà nessun miracolo! Migliorerete ma non sarete ne più ne meno di ciò che potete essere!

Un esempio per capire come la base genetica faccia la differenza anche con protocolli che, ad oggi, spesso non raggiungono nemmeno i livelli del “bridge” più soft..

#3 Ridurre la percentuale di grasso corporeo

Il tessuto adiposo rappresenta uno dei siti dove il Testosterone, ed altri AAS soggetti all’aromatizzazione, viene convertito in Estradiolo. Soggetti con percentuali di grasso corporeo elevate vedrebbero una alterazione marcata della Testosterone:Estradiolo ratio a favore della componente estrogenica, con conseguenze quali alterazione del comportamento sessuale (impotenza, difficoltà nel raggiungere e/o mantenere l’erezione), ritenzione idrica, accumulo di grasso con modello femminile e ginecomastia. E no, l’uso di DHT derivati o di SARM non steroidei senza una base di Testosterone non risolverebbe il problema o, per lo meno, porterebbe ad altre conseguenze negative, che pur non comprendendo, per esempio, ritenzione idrica e ginecomastia, interesserebbero l’attività sessuale e la condizione psichica del soggetto trattato. [1]

Schema esemplificato del processo di aromatizzazione degli androgeni aumentati in un soggetto con percentuale di grasso corporeo alta.

Allo stesso tempo, i rischi cardiovascolari della somministrazione di AAS- come il possibile aumento esponenziale del Ematocrito, l’aumento del LDL e Trigliceridi a discapito di una riduzione del HDL, e l’aumento della pressione sanguigna – sarebbero già presenti in certa misura quando la body fat è già alta e sarebbero quindi soggetti ad un repentino aggravamento.

Se la percentuale di grasso è relativamente alta, si dovrebbe prima di tutto considerare di migliorare la composizione corporea con una adeguata routine alimentare e allenante (senza farmaci) prima di iniziare solo a pensare all’uso di AAS. Sicuramente ciò renderà la scelta più efficace e meno rischiosa.

Nel caso fosse necessario sottolinearlo, no, non è saggio nemmeno utilizzare agenti PEDs a fini lipolitici e/o antiadipogenici e/o termogenici (compresi gli Ormoni Tiroidei). A meno che non siate affetti da ipotiroidismo, e in questo caso la terapia vi dovrebbe essere stilata dal vostro medico, per ridurre in modo sensibile la body fat non sono necessari i farmaci!

#4 Controllare se si ha una storia familiare di trombosi (o qualsiasi altra malattia cardiovascolare)

Molte malattie cardiovascolari hanno una componente di base genetica. Uno stile di vita sano può ridurne sensibilmente la loro insorgenza, ma l’uso di AAS può causare l’attivazione di specifici geni implicati nella comparsa di malattie cardio-circolatorie. Caratteristico dell’interazione tra AAS e geni specifici è un caso studio ben documentato che ricercatori americani hanno pubblicato sul “Blood Coagulation & Fibrinolysis”.[2]

Trombosi venosa

Oltre all’attivazione genica diretta dagli AAS, e nociva per il sistema cardio-circolatorio, vi sono altre condizioni negative innescate dall’uso/abuso di Steroidi Anabolizzanti, e di altri PEDs, come, per esempio, l’aumento del tasso di coagulazione, l’incremento eccessivo dell’Ematocrito con aumento pressorio, rigidità dell’endotelio vascolare con perdita di efficienza strutturale e aumento della pressione ematica con incremento delle possibilità di danno strutturale dei componenti del sistema interessato.

#5 Inserire delle sedute di allenamento cardio prima, durante e dopo l’uso di PEDs

Un moderato allenamento cardiovascolare è sicuramente una delle migliori strategie preventive contro la comparsa di malattie cardio-circolatorie. Tale tipologia di allenamento può portare un miglioramento e/o riduzione delle alterazioni lipidiche ematiche del praticante, fornendo un, seppur minimo, tampone all’azione negativa degli AAS e SARM non steroidei sui livelli di LDL (aumento), Trigliceridi (aumento) e HDL (diminuzione). Secondo quanto riportato da una interessante review del 2013, l’abbinamento di sedute cardio e in sala pesi possono avere una azione additiva benefica sui livelli di LDL, Trigliceridi e HDL.[3]

Risulta interessante anche quanto emerso da alcuni studi su animali a seguito dei quali si è osservato un significativo grado di protezione dato dall’allenamento cardio negli esemplari trattati con AAS.[4]

#6 Assicurarsi di rimanere ben idratati

Oltre ad agevolare il mantenimento di un Ematocrito migliore, una buona idratazione risulta positiva sulla pressione di lavoro renale nel filtraggio del sangue. Diversi AAS come il Trenbolone e i metilati in C-17 presentano una particolare resistenza metabolica che, oltre a causare un aumentato stress epatico, può portare ad una sofferenza renale sfociabile nel patologico. Si è osservato come una combinazione di AAS, dieta iperproteica e supplementazione di Creatina possa aumentare l’incidenza di problemi renali.[5] In un soggetto in fisiologia, la sola dieta ad altro contenuto proteico e la supplementazione di Creatina non hanno mostrato nessun grado di pericolosità, soprattutto sul breve/medio termine.

#7 Non usare “droghe ricreative”

A livello globale, il numero di decessi tra gli abusatori di AAS è in aumento. Alcuni, troppo superficialmente, dicono che questo sia dovuto al fatto che sempre più uomini e donne usano AAS, ma questa è solo una spiegazione dozzinale e limitata. Il sospetto ricade soprattutto sulle modalità di approccio dei consumatori di AAS: i dosaggi sono drammaticamente aumentati e un numero crescente di individui combina PEDs con “droghe ricreative”. Ed è su questi due ultimi punti che risiede la spiegazione principale dell’aumento statistico prima menzionato. Soprattutto la combinazione di PEDs e le così dette “droghe ricreative” risulta essere probabilmente un fattore significativo, come evidenziato alcuni anni fa da ricercatori australiani. Nel loro studio sono state analizzate tutte le morti documentate tra i consumatori di AAS a Sydney tra il 1997 e il 2012, scoprendo che le droghe ricreative come la cocaina avevano avuto un ruolo nella schiacciante molteplicità dei casi. Dagli studi sugli animali ora sappiamo della possibilità che la co-assunzione di un AAS come il Nandrolone con la cocaina vede moltiplicati gli effetti cardiotossici rispetto ai singoli composti.[6] E secondo studi in vitro la combinazione di Testosterone e cocaina aumenterebbe la possibilità di formazione di coaguli nel flusso ematico. [7]

#8 Corretta modalità di iniezione e herpes labiale

Gli utilizzatori di AAS a volte sviluppano ascessi, ma non sempre dovuti alla bassa qualità dei prodotti utilizzati.

Alcuni medici ritengono che gli utilizzatori di AAS dovrebbero effettivamente ricevere una formazione sulle tecniche di iniezione corrette, onde evitare embolie oleose o ascessi per cattiva gestione igienica della procedura. [8]

Molti utilizzatori ancora non sanno che disturbi come l’herpes labiale rendono le iniezioni ancora più rischiose. Perchè? Il virus che causa l’herpes labiale, come altri patogeni, riduce l’efficienza del sistema immunitario, fornendo così terreno fertile per infezioni batteriche i cui microorganismi scatenanti vengono inoculati nel corpo del soggetto attraverso l’iniezione in modo diretto o indiretto.

#9 Non fare affidamento sugli integratori

Secondo un buon numero di studi svolti su animali, alcuni integratori proteggono dagli effetti collaterali degli AAS. Secondo alcune ricerche, la Taurina, la Vitamina C ed E proteggono i testicoli durante un ciclo e la vitamina C e il cacao proteggono la prostata.

L’utilità dei risultati provenienti da questi studi è limitata per tre motivi:

A. gli animali da laboratorio non sono esseri umani, e

B. le dosi utilizzate e rapportate ad un essere umano sono quasi sempre molto inferiori rispetto a quelle utilizzate dai “doped”, e

C. la ricerca in campo psicologico mostra che l’uso di integratori stimola comportamenti rischiosi e malsani. I supplementi fanno pensare agli utilizzatori di essere invulnerabili e di non dover comportarsi in modo sano ed attento.[9]

Gli integratori possono aiutare a creare una mentalità che non si dovrebbe avere da utilizzatore consapevole di AAS.

Ovviamente, alcuni supplementi “protettivi” utilizzati dai soggetti meglio informati hanno un potenziale di “tamponare” in modo discreto alcune alterazioni legate all’uso di AAS e SARM come, ma non limitato a, Riso Rosso fermantato (controllo lipidico) [10], Silimarina (epatoprotezione), NAC (epatoprotezione) [11], Niacina (controllo lipidico) ecc…

#10 Ridurre al minimo (se non eliminare) il consumo di alcolici

Potrebbe sembrare un indicazione superflua ma non lo è.

L’abuso di alcol è indubbiamente uno dei problemi sociali più diffusi. Uno dei problemi correlati all’abuso di alcol e l’epatopatia alcolica. Questo stato patologico è derivante da un processo infiammatorio progressivo ai danni del fegato legato al consumo eccessivo di alcolici. È una malattia a più stadi. La steatosi provoca un ingrossamento del fegato causato da un accumulo di trigliceridi, spesso senza sintomi per molto tempo. I rischi correlati sono la steatosi (fegato grasso), l’epatite alcolica e la cirrosi epatica. Il rapporto con l’alcolismo è complesso. Non tutti i bevitori, infatti, hanno danni al fegato, anche se sono altamente probabili. La causa è da rinvenire in una trasformazione dell’alcol (etanolo) in sostanze tossiche che danneggiano il fegato in maniera irreversibile e cronica, con un rischio elevato di insufficienza epatica e di cancro, fino alla necessità di un trapianto di fegato.

In acuto, invece, l’alcol può essere una causa di alterazione delle transaminasi ma non si può sapere se e con quale modalità si potrebbero innalzare: dipende molto dalla risposta individuale dell’organismo. In caso di stress preesistente, di causa iatrogena e/o alimentare, si può presentare una alterazione significativa. [12]

Il primo caso è una consequenziale possibile se eventi stressori concomitanti si presentano in cronico. Ed è semplice giungere alla conclusione che l’uso di AAS, specie se metilati, possa comportare un aumentato stress epatico che potrebbe degenerare in peliosi epatica, cirrosi ecc…

Che siate “doped” o “natural”, per ragioni legate e non, dovreste evitare di consumare più di 25g per gli uomini, o 12,5g per le donne, di Etanolo al giorno.

#11 Sottoporsi a regolari controlli medici pre, intra e post utilizzo

Il monitoraggio della salute dovrebbe essere la base fondante del comportamento del utilizzatore consapevole e minimamente attento ai potenziali rischi nei quali potrebbe imbattersi.

Gli esami di controllo sono i seguenti:

  • Esami ematici e delle urine (comprendenti il quadro ormonale secondo necessità);
  • Elettrocardiogramma ogni 6 mesi circa;
  • Elettrocardiogramma sotto sforzo (prima di iniziare);
  • Ecocardiogramma ogni 6 mesi circa;
  • Coronarografia ogni 6 mesi circa;
  • Monitoraggio della pressione ematica;
  • TAC addome completa ogni 6 mesi circa.

Ovviamente, ogni accertamento , al di la degli esami ematici, deve essere gestito in base alle esigenze soggettive, caratteristiche e tipo di PEDs utilizzati.

#12 Essere seguiti da personale qualificato

Fin troppa gente è stata salutisticamente deturpata da gorilla di spogliatoio a mala pena consapevoli dell’esistenza dei macronutrienti e che, nonostante ciò, si sono improvvisati farmacisti. Donne divenuti uomini e uomini divenuti simili a cagne in calore per via di orrende ginecomastie.
Evitate il fai da te e l’affidarsi a semianalfabeti … la somaticità sopra la norma è cosa diversa dall’intelligenza e alla competenza in biologia, biochimica e farmacologia… senza offesa per tutti quelli che “io mi facevo e ho vinto! Senzia scienzia!” …

#13 Pensare seriamente al post ciclo prima del ciclo

Molti aspiranti “doped” non considerano il fattore post ciclo. La maggior parte di loro è convinta che la PCT sarà una facile soluzione alla sottoregolazione dell’Asse HPT, ma in realtà non è proprio così. Esistono diversi casi studio che mostrano come gli ex utilizzatori abbiano spesso livelli di Testosterone inferiori rispetto al pre-utilizzo anche a distanza di anni dal cessato uso di AAS. Sembra che i fattori che aumentano le possibilità e il grado di tale effetto sul lungo termine siano:

  • Tempo di somministrazione;
  • Età
  • Molecole utilizzate (con maggiore impatto negativo dato dai19-norsteroidi come il Nandrolone per via della lunga permanenza dei metaboliti nel sistema).

Tutto ciò è indipendente dalla qualità della PCT, anche se essa può avere dei riscontri positivi specie nel primo periodo di stacco dagli AAS. Le alterazioni ormonali legate ad una alterazione dell’Asse HPT comprendono depressione, ansia, bassa libido, difficoltà nel raggiungere e mantenere l’erezione, stanchezza cronica ecc…

Per questa ragione molti scelgono di entrare in TRT (Terapia Sostitutiva del Testosterone) dopo il primo ciclo.

Quale conclusione?…

Se mai non dovesse bastare il disclaimer, questo articolo non rappresenta in alcun modo un consiglio e, ne tanto meno, un incitamento all’uso di sostanze dopanti! E’ semplicemente a fine divulgativo con l’obbiettivo di far comprendere a più persone possibili che la scelta di intraprendere coscientemente certe pratiche (illegali) necessita di una sufficiente (e veritiera) conoscenza del argomento.

Quindi? Leggete e comprendete correttamente ciò che ho riportato in sintesi fruibile ad un largo pubblico… Pensate prima di tutto ad alimentarvi e allenarvi in modo ottimale!

La conoscenza della Verità rende liberi dalla cattiva informazione, dagli strumenti commerciali e dal relativismo… Negarla è semplice e pericolosa manifestazione di profonda ignoranza… di VERO NEGAZIONISMO!

Se avete una buona conoscenza della lingua inglese e volete approfondire l’argomento PEDs e Sport, potete leggere il libro ANABOLICS 11th Edition di William Llewellyn

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

1- Androgens and Adipose Tissue in Males: A Complex and Reciprocal Interplay (hindawi.com)

2- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26588446

3- Differential Effects of Aerobic Exercise, Resistance Training and Combined Exercise Modalities on Cholesterol and the Lipid Profile: Review, Synthesis and Recommendations (nih.gov)

4https://www.ingentaconnect.com/content/bsc/ijep/2008/00000089/00000005/art00007;jsessionid=31871vv9fkia1.alice

5- https://ckj.oxfordjournals.org/content/early/2015/05/26/ckj.sfv032.abstract

6- Eur J Pharmacol. 2000 Jun 16; 398 (2): 263-72.

7- Thromb Res. 15 febbraio 2003; 109 (4): 195-201.

8- Int J Sports Med. 1999 Nov; 20 (8): 563-6.

9- https://doi.org/10.1177/0956797611416253

10- [‘Red yeast rice’ as a cholesterol-lowering substance?Caution is warranted] – PubMed (nih.gov)

11- The effect of N-acetyl-l-cysteine (NAC) on liver toxicity and clinical outcome after hematopoietic stem cell transplantation (nih.gov)

12- Alcoholic Liver Disease: Pathogenesis and Current Management (nih.gov)

Antiandrogeni e PCT (Post Cycle Therapy)

Introduzione

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Chi si interessa in modo approfondito di supplementazione farmacologica nello sport, penserà di avere una conoscenza discretamente completa su una delle pratiche più conosciute nell’ambiente, vale a dire la PCT (Post Cycle Therapy). Questo tentativo di recupero della propria funzionalità dell’Asse HPT ha subito perfezionamenti nel corso degli ultimi decenni. Si è passati da una illogica accozzaglia di farmaci tra i quali spiccavano il Mesterolone e l’Oxandrolone insieme ai classici SERM e hCG, ad una logica sequenza di composti strutturata sugli andamenti della curva ematica delle molecole utilizzate durante il ciclo e all’azione sinergica e ordinata di hCG seguito da Tamoxifene Citrato e Clomifene Citrato, con la recente aggiunta di Inibitori dell’Aromatasi (AI). Vedi PCT Scally

Da qualche tempo, però, circola la voce secondo la quale il piano di recupero ormonale dell’HPTA può essere migliorato con l’inserimento di un altra classe di farmaci. Questa classe di farmaci è quella degli Antiandrogeni.

Prima di svelarvi il nesso che ha spinto qualche mente speculatrice a partorire tale idea, è corretto darvi una base di cultura generale sugli Antiandrogeni per concludere con la spiegazione del perchè un loro possibile inserimento in una PCT possa essere favorevole…forse…

Una panoramica sugli Antiandrogeni 

Gli Antiandrogeni, noti anche come antagonisti degli androgeni o bloccanti del Testosterone, sono una classe di farmaci che impediscono agli androgeni come il Testosterone e il Dihydrotestosterone (DHT) di mediare i loro effetti biologici nel corpo. Agiscono bloccando il Recettore degli Androgeni (AR) e/o inibendo o sopprimendo la produzione di androgeni.[1][2] Possono essere pensati come gli opposti funzionali degli agonisti AR, come ad esempio gli Steroidi Anabolizzanti Androgeni (AAS) e i Modulatori Selettivi del Recettore degli Androgeni (SARM). Gli antiandrogeni sono uno dei tre tipi di antagonisti degli ormoni sessuali, gli altri sono antiestrogeni e antiprogestinici.[3]

Gli Antiandrogeni sono usati per trattare una serie di condizioni androgeno-dipendenti. [4] Nei maschi, gli Antiandrogeni sono usati nel trattamento del cancro alla prostata, ipertrofia prostatica, perdita di capelli, desiderio sessuale eccessivamente elevato, impulsi sessuali insoliti e problematici e pubertà precoce.[4][5] Nelle donne, gli antiandrogeni sono usati per trattare l’acne, la seborrea, l’eccessiva crescita dei peli, la perdita dei capelli  e gli alti livelli di androgeni, come quelli che si verificano nella sindrome dell’ovaio policistico (PCOS).[4] Gli antiandrogeni sono anche usati come componente della terapia ormonale femminizzante per i transgender e come bloccanti della pubertà nelle ragazze transgender.[4]

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Ciproterone Acetato 

Le Antigonadotropine come gli Estrogeni e i progestinici furono entrambe introdotte per la prima volta negli anni ’30. [6] Gli effetti benefici della deprivazione di androgeni attraverso la castrazione chirurgica o la terapia con estrogeni ad alte dosi sul cancro alla prostata furono scoperti nel 1941. [7][8] antagonisti del AR furono scoperti per la prima volta nei primi anni ’60.[9] Il Ciproterone Acetato è un antiandrogeno steroideo scoperto nel 1961 e introdotto nel 1973 ed è spesso descritto come il primo antiandrogeno commercializzato. [10] [11] Tuttavia, lo Spironolattone fu introdotto nel 1959, [12] [13], sebbene i suoi effetti antiandrogeni non fossero stati riconosciuti o sfruttati fin da subito e fossero originariamente considerati un’azione indesiderata fuori bersaglio del farmaco.[14] Oltre allo Spironolattone, il Clormadinone Acetato e il Megestrolo Acetato sono antiandrogeni steroidei che sono più deboli del Ciproterone Acetato ma sono stati introdotti precedentemente, negli anni ’60. [15] [16] [17] Altri primi antiandrogeni steroidei che sono stati sviluppati in questo periodo ma che non sono mai stati commercializzati includono il Benorterone (SKF-7690; 17α-metil-B-Nortestosterone), BOMT (Ro 7-2340), il Ciproterone (SH-80881) e il Trimetiltrienolone (R- 2956).[18][19]

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Flutamide 

La Flutamide è un antiandrogena non steroideo descritto per la prima volta nel 1967. [20] Fu introdotto sul mercato nel 1983 ed è stato il primo antiandrogeno non steroideo commercializzato. [21] [22] Un altro antiandrogeno precoce non steroideo, [23] DIMP (Ro 7-8117), che è strutturalmente correlato alla Talidomide [24] ed è un antiandrogeno relativamente debole, [25] [26] fu descritto per la prima volta nel 1973 e non fu mai commercializzato. [27] La Flutamide è stata seguita dalla Nilutamide nel 1989 e dalla Bicalutamide nel 1995. [28] Oltre a questi tre farmaci, che sono stati considerati antiandrogeni non steroidei di prima generazione, gli antiandrogeni non steroidei di seconda generazione Enzalutamide e Apalutamide sono stati introdotti rispettivamente nel 2012 e nel 2018. [29] [30] [31] Differiscono dai precedenti antiandrogeni non steroidei, in particolar modo per il fatto che sono molto più efficaci.[30]

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Aminoglutetimide

Gli inibitori della sintesi androgena Aminoglutetimide e Ketoconazolo furono commercializzati per la prima volta rispettivamente nel 1960 e nel 1977 [32] [33] e il più recente farmaco Abiraterone Acetato è stato introdotto nel sul mercato nel 2011. [34] I modulatori del GnRH furono introdotti per la prima volta negli anni ’80. [35] Gli inibitori della 5α-reduttasi Finasteride e Dutasteride sono stati introdotti sul mercato rispettivamente nel 1992 e nel 2002.[36] [37] L’Elagolix, il primo modulatore GnRH attivo per via orale ad essere commercializzato, è stato introdotto sul mercato nel 2018. [38]

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Abiraterone Acetato

Quindi, gli antiandrogeni possono essere suddivisi in diversi tipi in base alla struttura chimica, inclusi antiandrogeni steroidei, antiandrogeni non steroidei e peptidi. Gli antiandrogeni steroidei comprendono composti come il Ciproterone Acetato, lo Spironolattone, l’Estradiolo, l’Abiraterone Acetato e la Finasteride; antiandrogeni non steroidei includono composti come il Bicalutamide, l’Elagolix, il Dietilstilbestrolo, l’Aminoglutetimide e Ketoconazolo; e i peptidi includono analoghi del GnRH come Leuprorelina e il Cetrorelix.

Gli Antiandrogeni si dividono in cinque gruppi principali: [39]

  • Antagonisti del recettore degli androgeni: farmaci che si legano direttamente al AR bloccando il legame con l’ormone bersaglio.[40][41] Questi farmaci comprendono gli antiandrogeni steroidei Ciproterone Acetato, Megestrolo Acetato, Clormadinone Acetato, Spironolattone, Oxendolone e Osaterone Acetato (veterinario) e gli antiandrogeni non steroidei Flutamide, Bicalutamide, Nilutamide, Topilutamide, Enzalutamide e Apalutamide. [41][40] ] [42] A parte il Ciproterone Acetato e il Clormadinone Acetato, alcuni altri progestinici usati nei contraccettivi orali e / o nella TOS in menopausa tra cui Dienogest, Drospirenone, Medrogestone, Nomegestrolo Acetato, Promegestone e Trimegestone hanno anche vari gradi di attività AR-antagonista. [43] [44] [45]
  • Inibitori della sintesi degli Androgeni: farmaci che inibiscono direttamente la biosintesi enzimatica di androgeni come Testosterone e/o DHT. [46] [47] Gli esempi includono gli inibitori del CYP17A1 Ketoconazolo, Abiraterone Acetato e Seviteronel, [46] l’inibitore del CYP11A1 (P450scc) Aminoglutetimidico , [46] e gli inibitori della 5α-reduttasi Finasteride, Dutasteride, Epristeride, Alfatradiolo e il blando Saw Palmetto (Palmetto Seghettato).[88] Numerosi altri antiandrogeni, tra cui Ciproterone Acetato, Spironolattone, Medrogestone, Flutamide, Nilutamide e Bifluranolo, sono anche noti per inibire debolmente la sintesi degli Androgeni.
  • Antigonadotropici: farmaci che sopprimono il rilascio di gonadotropine indotto dall’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH) e conseguente attivazione della produzione di androgeni gonadici. [2] [48] Gli esempi includono modulatori del GnRH come Leuprorelina (un agonista del GnRH) e Cetrorelix (un antagonista del GnRH), [90] progestinici come Allilestrenolo, Clormadinone Acetato, Ciproterone Acetato, Gestonorone Caproato, Idrossiprogesterone Caproato, Medroxyprogesterone Acetato, Megestrol Acetato, Osaterone Acetato (veterinario), e Oxendolone, [49] [50] ed estrogeni come Estradiolo, esteri dell’Estradiolo, Etinilestradiolo, Estrogeni coniugati e Dietilstilbestrolo. [2] [49] 
  • Miscellanei: farmaci che si oppongono agli effetti degli androgeni con mezzi diversi da quelli sopra indicati. Esempi includono Estrogeni, in particolare sintetici orali (ad esempio Etinilestradiolo, Dietilstilbestrolo), che stimolano la produzione di globulina legante gli ormoni sessuali (SHBG) nel fegato e quindi diminuiscono i livelli liberi e quindi bioattivi di Testosterone e DHT; anticorticotropine come i glucocorticoidi, che sopprimono la produzione indotta dall’ormone adrenocorticotropo (ACTH) di androgeni surrenali; e immunogeni e vaccini contro l’Androstenedione come l’albumina Ovandrotone e l’albumina Androstenedione, che riducono i livelli di androgeni attraverso la generazione di anticorpi contro il precursore androgeno  androstenedione (usato solo in medicina veterinaria).

Come si è potuto vedere, alcuni antiandrogeni combinano molti dei meccanismi di cui sopra. [39] [51] Un esempio è l’antiandrogeno steroideo Ciproterone Acetato, che è un potente antagonista AR, un potente progestinico e quindi antigonadotropico, un glucocorticoide debole e quindi anticorticotropo e un inibitore debole della sintesi degli androgeni. [39] [51] [52] [53]

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Per ovvie ragioni di sintesi, la lista  sopra include antagonisti AR, inibitori della sintesi degli androgeni e progestinici commercializzati per l’uso o ampiamente usati come antiandrogeni, ma non include specificatamente agonisti del GnRH, antagonisti del GnRH, inibitori della 5α-reduttasi o Estrogeni.

La classe degli Antagonisti del Recettore degli Androgeni è di nostro particolare interesse… 

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Gli antagonisti del AR agiscono legandosi direttamente e sostituendo in modo competitivo gli androgeni come il Testosterone e il DHT dal AR, impedendo così loro di attivare il recettore e mediare i loro effetti biologici. [40] [41] Gli antagonisti del AR, come abbiamo già visto,  sono classificati in due tipi, in base alla struttura chimica: steroidei e non steroidei. [54] [42] [40] [41] [55] Gli antagonisti di AR steroide sono strutturalmente correlati agli ormoni steroidei come Testosterone e Progesterone, mentre gli antagonisti del AR non steroidei non sono steroidi e sono strutturalmente distinti. Gli antagonisti del AR steroidei tendono ad avere azioni ormonali fuori bersaglio a causa della loro somiglianza strutturale con altri ormoni steroidei. [55] Al contrario, gli antagonisti del AR non steroidei sono selettivi per l’AR e non hanno attività ormonale fuori bersaglio. [55] Per questo motivo, a volte sono descritti come antiandrogeni “puri”. [55]

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Spironolattone 

Sebbene siano descritti come antiandrogeni e in effetti mostrano solo tali effetti in generale, la maggior parte o tutti gli antagonisti AR steroidei non sono in realtà antagonisti inattivi del AR ma piuttosto sono agonisti parziali deboli e sono in grado di attivare il recettore in assenza di agonisti AR più potenti come Testosterone e DHT. [40] [47] [55] [56] Ciò può avere implicazioni cliniche nel contesto specifico del trattamento del cancro alla prostata. [40] [55] Ad esempio, gli antagonisti del AR steroidei sono in grado di aumentare il peso della prostata e accelerare la crescita delle cellule tumorali della prostata in assenza di più potenti agonisti dell’AR, [40] [55] e lo Spironolattone ha dimostrato di accelerare la progressione del cancro alla prostata nei casi clinici [57] [58] Inoltre, mentre il Ciproterone Acetato produce genitali ambigui attraverso la femminilizzazione nei feti maschi quando somministrato ad animali in gravidanza, [59] è stato osservato  che causa  la mascolinizzazione dei genitali dei feti femminili di animali in gravidanza. [40] A differenza degli antagonisti AR steroidei, gli antagonisti AR non steroidei sono antagonisti inattivi del AR e, quindi,  non attivano il recettore. [60] [47] [61] [55] Questo potrebbe essere il motivo per cui hanno una maggiore efficacia rispetto agli antagonisti del AR  steroidei nel trattamento del cancro alla prostata ed è un motivo importante per cui li hanno ampiamente sostituiti per questa indicazione in medicina. [60] [47] [61] [55]

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Bicalutamide

Gli antiandrogeni non steroidei hanno un’affinità relativamente bassa per il AR rispetto ai ligandi AR steroidei. [47] [61] [62] Ad esempio, la Bicalutamide ha circa il 2% dell’affinità di DHT per  il AR e circa il 20% dell’affinità del CPA per il AR. [62] Nonostante la loro bassa affinità con il AR, tuttavia, la mancanza di un’attività agonista parziale debole degli NSAA sembra migliorare la loro potenza rispetto agli antiandrogeni steroidei. [62] [63] Ad esempio, sebbene la Flutamide abbia un’affinità circa 10 volte inferiore per il AR rispetto al CPA, mostra una potenza pari o leggermente maggiore al CPA come antiandrogeno nei biotest. [62] [63] Inoltre, le concentrazioni terapeutiche circolanti di antiandrogeni non steroidei sono molto elevate, nell’ordine di migliaia di volte superiori a quelle di Testosterone e DHT, e ciò consente loro di competere efficacemente e bloccare la segnalazione del AR. [64]

Gli antagonisti del AR non possono legarsi o bloccare i recettori degli androgeni di membrana (mARs), che sono distinti dal AR nucleare classico. [65] [66] [67] Tuttavia, le mARs non sembrano essere coinvolte nella mascolinizzazione. Ciò è evidenziato dal fenotipo perfettamente femminile di donne con sindrome da insensibilità agli androgeni completa. [68] [69] Queste donne hanno un cariotipo 46, XY (cioè geneticamente “maschio”) e alti livelli di androgeni ma possiedono un AR difettoso e per questo motivo non mascolinizzano mai. [68] [69] Sono descritti come altamente femminili, sia fisicamente che mentalmente e comportamentalmente. [70] [71] [72]

Perchè questo interesse per gli Antagonisti del Recettore degli Androgeni?

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Asse Ipotalamo-Ipofisi-Testicoli 

Piccolo ripasso sul controllo omeostatico ormonale riferito all’Asse HPT.

Con Asse Ipotalamo-Ipofisi-Testicoli (HPTA)  ci si riferisce alla connessione tra ipotalamo, ghiandola pituitaria e testicoli come se queste singole ghiandole endocrine fossero una singola entità. Poiché queste ghiandole spesso agiscono in concerto, i fisiologi e gli endocrinologi ritengono conveniente e descrittivo parlare di esse come di un unico sistema.

L’asse HPTA svolge una parte critica nello sviluppo e nella regolazione di un certo numero di sistemi del corpo, come i sistemi riproduttivi e immunitari. Le fluttuazioni di questo asse causano variazioni negli ormoni prodotti da ciascuna ghiandola e hanno diversi effetti locali e sistemici nel corpo.

In breve, l’asse HPTA rappresenta un sistema di stimolazione/inibizione degli ormoni prodotti dalle rispettiva strutture:

  1. Ipotalamo: GnRH (ormone di rilascio delle gonadotropine; in inglese Gonadotropin-releasing hormone).
  2. Ipofisi (o ghiandola Pituitaria):  dalle cellule beta e gamma rispettivamente l’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH).
  3. Testicoli: Testosterone, Androstenedione, DHEAS, Inibina.  

Come ben sappiamo, diversi AAS sono derivati sintetici del Testosterone, il principale androgeno nei maschi. Il Testosterone sopprime marcatamente l’HPTA, mentre altri derivati lo fanno in misura maggiore o minore. 

I fattori che contribuiscono alla soppressione dell’HPTA sono:

  1. L’origine del AAS
  2. Il tasso di conversione del  AAS ad estrogeno, attraverso l’Enzima Aromatasi in alcuni tessuti (adiposo, mammario)
  3. Dose e tempo d’uso/abuso del AAS
  4. Attività androgena del AAS

Bingo! Ci siete arrivati adesso? In ogni caso andiamo avanti…

Conosciamo tutti il feedback negativo indotto dagli estrogeni a livello ipotalamico.

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Estradiolo

Gli estrogeni (principalmente E2-beta Estradiolo) causano un feedback negativo sull’ipotalamo per la produzione di GnRH, che a sua volta stimola LH che stimola la sintesi di Testosterone nelle cellule Leydig nei testicoli. Pertanto, gli AAS fortemente soggetti all’aromatizzazione o che posseggono una attività estrogenica intrinseca (Oxymetholone, Methyltestosterone, Testosterone, Methandienone ecc…) influenzano marcatamente la funzione dell’HPTA.

Ed ecco perchè l’uso di SERM causa un incremento del GnRH, e consequenzialmente del LH e FSH, bloccando il legame recettoriale estrogenico ipotalamico inducendo un feedback positivo.

Gli AAS con alta affinità con il AR  si legano fortemente ad esso.  Gli AAS attraversano la barriera ematoencefalica e si legano ai recettori sull’ipotalamo.  Ciò comporterà una marcata soppressione dell’HPTA. L’attività androgena si traduce nelle caratteristiche sessuali secondarie (crescita dei peli e della barba, allargamento delle spalle e il rafforzarsi dei muscoli, l’ingrandimento del pene, dei testicoli e della prostata.)

E qui entrano in gioco gli Antagonisti del Recettore Androgeno che, agendo similmente ai SERM, causano un incremento della secrezione di LH. Tale incremento è stato osservato in diversi studi tra i quali uno  svolto su animali nel 1989, nel quale si era utilizzata la Flutamide.[73] L’effetto indotto è quindi progonadotropico.[74]

Ed è da ciò che è nata l’idea di inserire piccole quantità per un breve lasso di tempo di Antiandrogeni (nello specifico Antagonisti del Recettore degli Androgeni non steroidei) nel protocollo PCT al fine di potenziarne gli affetti.

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Nota: Gli effetti collaterali degli antiandrogeni variano a seconda del tipo di antiandrogeno – ovvero se si tratta di un antagonista AR selettivo o un inibitore della biosintesi androgena – nonché dalla presenza di attività fuori bersaglio terapico dell’antiandrogeno in questione. [74][75] Ad esempio, mentre gli antiandrogeni antigonadotropici come i modulatori del GnRH e il Ciproterone Acetato sono associati a disfunzione sessuale pronunciata e osteoporosi negli uomini, gli antagonisti selettivi del AR come la Bicalutamide non sono associati all’osteoporosi e sono stati correlati  solo a una disfunzione sessuale minima. [74] [76] [77] Queste differenze sono ritenute una conseguenza del fatto che le antigonadotropine sopprimono i livelli di androgeni e, per estensione, dei livelli dei metaboliti bioattivi degli androgeni come estrogeni e neurosteroidi, mentre gli antagonisti selettivi del AR neutralizzano  gli effetti degli androgeni ma lasciano intatti i livelli degli stessi (e di fatto i loro metaboliti) potendo persino aumentarli a causa dei loro effetti progonadotropici.[74] Come altro esempio, gli antiandrogeni steroidei Ciproterone Acetato e Spironolattone possiedono azioni off-target tra cui attività progestinica, antimineralocorticoide e / o glucocorticoide in aggiunta alla loro attività antiandrogena, e queste attività off-target possono provocare ulteriori effetti collaterali.[75]

Nei maschi, i principali effetti collaterali degli antiandrogeni sono la demasculinizzazione e la femminilizzazione.[78] Questi effetti collaterali includono dolore al seno / lipomastia e ginecomastia (sviluppo del seno / ingrossamento), riduzione della crescita / densità dei peli corporei, riduzione della massa e della forza muscolare, cambiamenti femminili nella massa e nella distribuzione del grasso e riduzione della lunghezza del pene e delle dimensioni dei testicoli. [78] I tassi di ginecomastia negli uomini con monoterapia antagonista selettiva del AR sono stati stimati tra il 30 e l’85%. [79] Inoltre, gli antiandrogeni possono causare infertilità, osteoporosi, vampate di calore, disfunzione sessuale (inclusa perdita di libido e disfunzione erettile), depressione, affaticamento, anemia e riduzione del volume spermatico / eiaculato nei maschi.[78] Al contrario, gli effetti collaterali degli antagonisti selettivi del AR nelle donne sono minimi. [80] [81] Tuttavia, gli antiandrogeni antigonadotropici come il Ciproterone Acetato possono produrre ipoestrogenismo, amenorrea e osteoporosi nelle donne in premenopausa, tra gli altri effetti collaterali. [82] [83] [84]

Numerosi antiandrogeni sono stati associati a epatotossicità. [85] Questi includono, in varia misura, Ciproterone Acetato, Flutamide, Nilutamide, Bicalutamide, Aminoglutetimide e Ketoconazolo. [85] Al contrario, Spironolattone, Enzalutamide, [86] e altri antiandrogeni non sono associati a epatotossicità. Tuttavia, sebbene non presentino un rischio di epatotossicità, lo Spironolattone ha un rischio di causare iperkaliemia e l’Enzalutamide ha un rischio di causare convulsioni.

Conclusioni 

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E’ ovvio che si sta parlando di pura teoria, lungi dall’essere dimostrata come terapeuticamente valida. Ma, per amor di conoscenza, ho ritenuto utile trattare l’argomento in modo tale che meno persone si facessero strane e confuse idee  a riguardo, magari dopo essersi imbattuti  nel “bongo” da spogliatoio che, con atteggiamento del primate dominante, dispensa consigli applicativi di un qualcosa per lui difficilmente comprensibile.

 

Gabriel Bellizzi

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AGEs E ATTIVITA’ ESTROGENICA.

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Sembra esistere un legame tra, da un lato, il consumo di alimenti trasformati e, dall’altro, l’azione estrogenica tissutale. Ricercatori della Medical University of South Carolina hanno parlato di ciò sul Breast Cancer Research and Treatment. Il loro studio è interessante per le donne con una forma di cancro al seno estradiolo-sensibile e per chiunque, per qualsiasi motivo, voglia ridurre l’azione tissutale estrogenica nel proprio corpo.(1) Gli AGE fanno parte dell’equazione per raggiungere lo scopo.

Gli AGE (Advanced Glycation End-product; in italiano prodotto finale della glicazione avanzata) sono il risultato di una catena di reazioni chimiche successive alla reazione di glicazione iniziale. In breve, si tratta di proteine o lipidi che diventano glicati a seguito dell’esposizione agli zuccheri.(2)

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Prodotti intermedi sono conosciuti come il riarrangiamento di Amadori, la base di Schiff e i prodotti di Maillard, chiamati così dai ricercatori che per primi li hanno descritti. La letteratura è ancora indecisa sull’applicare questa terminologia. Per esempio i prodotti della reazione di Maillard sono talvolta considerati prodotti intermedi talvolta prodotti finali. Gli effetti collaterali generati nei passaggi intermedi da agenti ossidanti (come il perossido di idrogeno), e non (come le proteine amiloidi beta).(3) Il termine glicosilazione è talvolta usato per glicazione in letteratura, di solito come glicosilazione non enzimatica.

Gli AGE si trovano sulle superfici dorate o abbrustolite di cibi fritti o grigliati, ed anche sulla crosta del pane. Oltre al colore, gli AGE conferiscono agli alimenti cotti anche il sapore caratteristico, tipico dei prodotti da forno.

Con la dieta moderna e l’utilizzo di prodotti industriali consumiamo più AGE di quanto accadeva anni fa, alcune aziende alimentari trasformano eccessivamente alcuni alimenti o aggiungono AGE artificiali per esaltare il sapore dei propri prodotti.

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Furosina  

Solo nel latte sono previsti dei limiti, la legge italiana fissa infatti in 8,6 mg/100 g di proteine il limite di Furosina presente nel latte crudo e pastorizzato, ed in 12 mg/100 g di proteine il limite per i formaggi freschi a pasta filata. Nella pasta alimentare secca sono presenti gli AGE (Furosina; ε-furoilmetil-lisina ) da quando è stato introdotto il metodo d’essiccazione ad alta temperatura (HT) ed l’essiccazione ad altissima temperatura (VHT). La legge non è ancora stata aggiornata come per il latte.

I prodotti finali di glicazione avanzata (AGE), noti anche come glicotossine, sono un gruppo eterogeneo di composti altamente ossidanti con un significato patogenetico nel diabete e in molte altre malattie croniche.(4)

La formazione di AGE è una parte del normale metabolismo, ma se si raggiungono livelli eccessivamente alti di AGE nella circolazione ematica e, quindi, nei tessuti possono diventare patogeni. Gli effetti patologici degli AGE sono legati alla loro capacità di promuovere lo stress ossidativo e l’infiammazione legandosi con i recettori della superficie cellulare o reticolazione con proteine del corpo, alterando la loro struttura e funzione.(5)(6) Gli AGE si formano anche endogenamente in condizioni, per esempio, di glicemia cronicamente alta.

I ricercatori della Medical University of South Carolina volevano scoprire se gli AGE potessero avere un ruolo nello sviluppo del cancro al seno, e per farlo hanno preso in esame un campioni di donne con tale patologia. I ricercatori hanno scoperto che c’erano più AGE nel sangue nelle donne con tumori più sviluppati e quindi più pericolosi rispetto alle donne con tumori meno sviluppati, e quindi meno pericolosi [in basso a sinistra].

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I ricercatori hanno anche rilevato livelli più alti di AGE nelle donne con una forma di carcinoma mammario Estradiolo-sensibile rispetto alle donne con un tumore al seno non sensibile all’Estradiolo [in alto a destra]. Questo suggerisce che possa esistere una correlazione tra AGE, cancro della mammella ed Estradiolo.

I ricercatori hanno quindi iniziato a svolgere esperimenti in vitro con cellule del cancro al seno estradiolo-sensibile. Se queste cellule venivano esposte agli AGE, il recettore dell’Estradiolo veniva attivato [in basso a destra]. L’Estradiolo attiva molecole di segnale come Akt ed Erk nelle cellule, e gli AGE sembrano fare la stessa cosa. Sembrerebbe quindi che gli AGE mimino l’effetto dell’Estradiolo.

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Come risaputo, gli oncologi utilizzano i SERM, che impediscono all’Estradiolo di legarsi ed attivare il recettore bersaglio, nel tentativo di bloccare o rallentare la crescita dei tumori al seno Estradiolo-sensibili. Più AGE circolano nel flusso ematico, e meno efficace risulta questo approccio terapeutico, almeno da quanto emerso dai dati raccolti dai ricercatori che hanno esposto le cellule tumorali in vitro al Tamoxifene e agli AGE.

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Quanto scoperto dai ricercatori è ovviamente molto interessante, anche perché le concentrazioni di AGE con le quali sono stati svolti gli esperimenti in vitro sono pressoché uguali alle concentrazioni riscontrabili nel corpo di un soggetto nella media. Appurato ciò, come ridurre i livelli di AGE?

Ridurre fortemente o eliminare gli alimenti processati e mantenere una glicemia basale entro gli 80-90mg/dL sono le pratiche primarie per causare una sensibile riduzione degli AGE. Nello specifico dello studio qui trattato, i ricercatori hanno sottoposto un gruppo di donne obese, trattate per la cura del cancro al seno, ad una alimentazione più salutare e a regolare esercizio fisico per 11 settimane. Il loro approccio – come camminare per 30 minuti al giorno – sebbene blando è risultato efficace come mostrato nella figura seguente.

Gabriel Bellizzi

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  6. Vlassara H. Il recettore AGE nella patogenesi delle complicanze diabetiche. Diabete Metab Rev. 2001; 17 : 436-443.

Antiestrogeni e “rebound estrogenico”

Introduzione

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Con il termine  Antiestrogeni ci si riferisce genericamente ad una classe di farmaci aventi azione diretta o indiretta sull’attività tissutale e/o concentrazione ematica degli estrogeni. Agiscono bloccando il recettore dell’estrogeno (ER) e/o riducendo o sopprimendo la sintesi estrogenica.(1)(2) Una recente categoria di agenti facenti parte di questa classe di farmaci, i SERD (Selective Estrogen Receptor Degrader), esplicano la loro azione antiestrogena degradando/sottoregolando il recettore dell’estrogeno. Gli Antiestrogeni sono una delle tre classi di farmaci antagonisti dell’ormone sessuale, insieme agli Antiandrogeni e agli Antiprogestinici.(3)

Largamente utilizzati in ambito sportivo, in special modo nell’ambiente culturistico, con il fine di controllare l’attività estrogenica durante l’uso di AAS aromatizzabili, o aventi attività estrogenica intrinseca, e durante la PCT con lo scopo aggiunto di stimolare la ripresa dell’HPTA, questi farmaci hanno un discreto carico di effetti collaterali tra i quali, quelli che destano maggior preoccupazione nell’atleta previdente, vi sono la dislipidemia (aumento dell’LDL, dei Trigliceridi, riduzione del HDL e alterazione delle loro ratio), l’atralgia (dolore articolare), il calo della libido/disfunzione erettile e l’affaticamento/letargia. Non sono di certo da meno le preoccupazioni legate all’alterazione dell’Asse GH/IGF-1 o la riduzione delle potenzialità di induzione ipertrofica di un ciclo in seguito ad una eccessiva soppressione dell’attività e/o delle concentrazioni estrogeniche.  Ma esiste un’altra preoccupazione legata all’uso di composti antiestrogeni, ed è la possibilità che si verifichi un rebound estrogenico in seguito al l’oro uso. Purtroppo, la letteratura a disposizione è al quanto scarsa e poco chiara nella specifica del problema. E’ possibile, però, fare maggiore chiarezza sulla questione analizzando le caratteristiche dei composti antiestrogeni e il loro impatto, passando in rassegna tutti i componenti dell’addizione (Recettori Estrogeni e enzima Aromatasi). In questo articolo cercherò di esporre un ragionamento logico grazie al quale, seppur non avendo una risposta definitiva, sarà possibile avere un idea, la più concreta possibile, sul binomio antiestrogeni/rebound estrogenico.

Una analisi della questione…

  • Recettori dell’Estrogeno, SERM e “rebound estrogenico”

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Un dimero della regione legame-ligando del ERa.

I Recettori degli Estrogeni (ER) sono un gruppo di proteine presenti all’interno delle cellule. Sono recettori attivati dall’ormone estrogeno (con maggiore attività del 17β-estradiolo).(4) Esistono due classi di ER: i Recettori degli Estrogeni nucleari (ERα e ERβ), che sono membri della famiglia dei recettori nucleari e  dei recettori intracellulari, ed i Recettori degli Estrogeni di Membrana (MR) (GPER (GPR30), ER-X e Gq-mER), che sono per lo più recettori accoppiati alla proteina G. In questa sede ci si riferirà ai primi (ER).

Una volta attivato dall’estrogeno, l’ER è in grado di traslocare nel nucleo e legarsi al DNA per regolare l’attività di diversi geni (ciò significa che è un fattore di trascrizione del DNA). Tuttavia, ha anche funzioni aggiuntive indipendenti dal legame con il DNA.(5)
Poiché l’estrogeno è un ormone steroideo, può passare attraverso le membrane fosfolipidiche della cellula, e pertanto i recettori non hanno bisogno di essere legati alla membrana per potersi legare a loro volta con l’estrogeno.

L’estrogeno esplica la sua attività cellulare attraverso un azione Genomica e Non-Genomica.

• Genomica

In assenza di ormoni, i ER si trovano in gran parte nel citosol. Il legame dell’ormone al recettore innesca un numero di eventi che iniziano con la migrazione del recettore dal citosol nel nucleo, la dimerizzazione del recettore e il successivo legame del dimero del recettore a specifiche sequenze di DNA conosciute come elementi di risposta ormonale. Il complesso DNA / recettore quindi recluta altre proteine che sono responsabili della trascrizione del DNA a valle in mRNA e, infine, in una  proteina la quale porta a dei cambiamenti nella funzione cellulare. I recettori degli estrogeni si trovano anche all’interno del nucleo della cellula, ed entrambi i sottotipi del recettore dell’estrogeno hanno un dominio di legame con il DNA e possono funzionare come fattori di trascrizione per regolare la produzione di proteine.
Il recettore interagisce anche con la proteina attivatore 1 e Sp-1 per promuovere la trascrizione, attraverso diversi coattivatori come il PELP-1.(6)

L’acetilazione diretta del recettore alfa dell’estrogeno ai residui della lisina nella regione cerniera mediante il p300 regola la transattivazione e la sensibilità ormonale.(7)

• Non-Genomica

Alcuni recettori per gli estrogeni sono presenti nelle membrana della superficie della cellula e possono essere rapidamente attivati dall’esposizione di questa agli estrogeni.(8)(9)
Inoltre, alcuni ER possono associarsi alle membrane cellulari legandole alla caveolina-1 e formarmando complessi con la proteine G, striatina, tirosina chinasi del recettore (es. EGFR e IGF-1) e tirosina chinasi non recettoriale (es. Src). (6)(8) Attraverso la striatina, alcuni di questi ER legati alla membrana possono portare a livelli aumentati di Ca2 + e ossido nitrico (NO).(10) Attraverso il recettore tirosin chinasi, i segnali vengono inviati al nucleo attraverso la via della proteina chinasi attivata dal mitogeno (MAPK / ERK) e la via del fosfoinositide 3-chinasi (Pl3K / AKT).(11) La glicogeno sintasi chinasi-3 (GSK) -3β inibisce la trascrizione dal ER nucleare inibendo la fosforilazione della serina 118 dell’ERa nucleare. La fosforilazione di GSK-3β rimuove il suo effetto inibitorio, e questo può essere ottenuto tramite il pathway PI3K / AKT e il pathway MAPK / ERK, tramite rsk.

Il 17β-estradiolo ha dimostrato di attivare il recettore GPR30 accoppiato alla proteina G.(12) Tuttavia, la localizzazione subcellulare e il ruolo di questo recettore sono ancora oggetto di controversie.(13)

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ERb.

 

 

Gli estrogeni e gli ER sono implicati nel cancro al seno, nel carcinoma ovarico, nel cancro del colon, nel cancro alla prostata e nel cancro dell’endometrio. Il carcinoma del colon avanzato è associato a una perdita di ERβ, l’ER predominante nel tessuto del colon, e il tumore del colon è trattato con agonisti specifici per ERβ.(14)

 

Sappiamo che i recettori degli estrogeni sono sovraespressi in circa il 70% dei casi di cancro al seno, indicati come “ER-positivi”, e possono essere dimostrati in tali tessuti mediante l’immunoistochimica.(15) E’ ipotizzabile ,quindi, che gli atleti più sensibili agli effetti estrogenici presentino un espressione dei ER più elevata del normale, cosa che li porta a sviluppare con maggiore facilità effetti avversi dati da un eccesso dei livelli estrogenici e/o da un aumento della loro attività dato dalla cosomministrazione con progestinici (es. Nandrolone e Trenbolone).

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I Modulatori Selettivi del Recettore dell’Estrogeno (SERM) sono composti antiestrogenici che agiscono a livello del ER. (16) Una caratteristica che distingue queste sostanze dagli agonisti e antagonisti ER puri (cioè agonisti completi e antagonisti silenti) è che la loro azione è diversa nei vari tessuti, garantendo in tal modo la possibilità di inibire selettivamente o stimolare l’azione estrogenica in diversi tessuti.

I SERM sono agonisti parziali competitivi del ER.(17) Tessuti diversi presentano differenti gradi di sensibilità all’attività degli estrogeni, pertanto i SERM esplicano effetti estrogenici o antiestrogeni a seconda del tessuto specifico con il quale interagiscono e della percentuale di attività intrinseca (IA) del composto in questione.(18) Un esempio di SERM con alta IA, e quindi di effetti prevalentemente estrogenici,  è rappresentato dal Clorotrianisene, mentre un esempio di SERM con bassa IA, e quindi avente per lo più attività antiestrogenica, è rappresentato dall’Ethamoxytrifetolo. SERM come il Clomifene e il Tamoxifene, largamente utilizzati in ambito sportivo, sono considerabili come composti con valore IA intermedio essendo molecole con una azione bilanciata tra effetti estrogenici e antiestrogenici. Il Raloxifene è un SERM che presenta una azione antiestrogenica maggiore del Tamoxifene; entrambi hanno una attività estrogenica (sebbene differente) a livello osseo, ma il Raloxifene presenta una attività antiestrogenica nell’utero mentre il Tamoxifene ha un azione estrogenica nel tessuto dell’utero.(18)

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Tamoxifene

Il Tamoxifene è un farmaco di prima linea per il trattamento del carcinoma mammario metastatico ER-positivo. È usato per la riduzione delle possibilità di sviluppo del cancro al seno nelle donne ad alto rischio,  come trattamento adiuvante del nodo ascellare negativo e positivo, e nel carcinoma duttale in situ.(19)(20)

 

Il Tamoxifene è classificabile come un profarmaco, dal momento che la sua affinità per la proteina bersaglio (ER) è limitata. Il Tamoxifene viene metabolizzato nel fegato dall’isoforma del citocromo CYP2D6 e CYP3A4 in metaboliti attivi come l’Afimoxifene (4-idrossitamoxifene; 4-OHT) e l’Endoxifene (N-desmetil-4-idrossitamoxifene) (21) che presentano una affinità da 30 a 100 volte maggiore per il ER rispetto al Tamoxifene. (22) Questi metaboliti attivi competono con gli estrogeni per il legame con il recettore. Nel tessuto mammario, il 4-OHT agisce come un antagonista del ER in modo da inibire la trascrizione dei geni che reagiscono agli estrogeni. (23) Il Tamoxifene ha rispettivamente il 7% e il 6% dell’affinità dell’Estradiolo per il ERα e il ERβ, mentre il 4-OHT ha il 178% e il 338% dell’affinità dell’Estradiolo per il ERα e il ERβ.(24)

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Afimoxifene (4-OHT)

Il 4-OHT si lega al ER, il complesso ER/Tamoxifene recluta altre proteine note come co-repressori e quindi si lega al DNA per modulare l’espressione genica. Alcune di queste proteine includono la NCoR e la SMRT. (25) La funzione del Tamoxifene può essere regolata da una serie di variabili diverse, compresi i fattori di crescita.(26) Il Tamoxifene deve bloccare le proteine del fattore di crescita come ErbB2/HER2 (27) perché è stato dimostrato che livelli elevati di ErbB2 si manifestano nei tumori resistenti al Tamoxifene.(28) Il Tamoxifene sembra richiedere una proteina PAX2 affinché possa esplicare il suo pieno effetto antitumorale. (27)(29) In presenza di un elevata espressione della PAX2, il complesso Tamoxifene/ER è in grado di sopprimere l’espressione della proteina pro-proliferativa del ERBB2. Al contrario, quando l’espressione del AIB-1 è superiore alla PAX2, il complesso di Tamoxifene/ER aumenta l’espressione del ERBB2 con conseguente stimolazione della crescita del cancro al seno. (27)(30)

Il 4-OHT si lega al ER in modo competitivo (rispetto all’estrogeno agonista) nelle cellule tumorali e in altri bersagli tissutali, producendo un complesso nucleare che riduce la sintesi del DNA e inibisce gli effetti degli estrogeni. È un agente non steroideo con potenti proprietà antiestrogeniche che competono con gli estrogeni per i siti di legame nel seno e in altri tessuti. Il Tamoxifene fa sì che le cellule rimangano nelle fasi G0 e G1 del ciclo cellulare. Poiché impedisce alle cellule (pre) cancerose di dividersi ma non provoca la morte cellulare, il Tamoxifene è citostatico piuttosto che citocida.

La letteratura scientifica riguardante l’attività del Tamoxifene è a dir poco complessa ed occorre prestare particolare attenzione ai dati disponibili per stabilire se il Tamoxifene, o il suo metabolita 4-idrossi, abbiano il maggiore impatto complessivo.

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Norendoxifene

 

Il Norendoxifene (N, N-didesmetil-4-idrossitamoxifene), un altro metabolita attivo del Tamoxifene,  è stato osservato agire come un potente inibitore dell’aromatasi competitivo (IC50 = 90 nM), cosa che a sua volta può amplificare l’attività antiestrogenica complessiva del Tamoxifene.(31)

 

Come già accennato in precedenza, e come molti sapranno,  il Tamoxifene è largamente utilizzato in ambito sportivo, sia da solo che in abbinamento con altri SERM come il Clomifene ( in PCT) o con AI (“on-cycle” e/o in PCT). La sua applicazione all’interno di una preparazione che contempla l’uso di AAS aromatizzabili, alla luce di quanto esposto pocanzi, lo vede come agente preventivo o di trattamento dell’attività estrogenica a livello tissutale, in specie per quanto concerne l’attività estrogenica nel tessuto mammario al fine di evitare (o “tamponare”) la comparsa della ginecomastia. In un contesto PCT tale composto, oltre ad esercitare la funzione di regolazione dell’attività estrogenica appena esposta, agendo a livello ipotalamico stimola il rilascio di GnRH e, consequenzialmente, di LH ed FSH dall’Ipofisi che a loro volta stimoleranno la sintesi di Testosterone e la spermatogenesi.

Il suo utilizzo massivo e cronico è stato spesso collegato aneddoticamente a rebound estrogenico. Ora, conoscendo la complessità d’azione che questo composto (ed i suoi metaboliti) ha sul controllo dell’attività estrogenica, si può facilmente ipotizzare che un suo uso protratto (legato anche alla dose e, quindi, al suo impatto sulla attività estrogenica sistemica) possa innescare degli adattamenti reattivi con conseguente aumento dell’attività estrogenica attraverso l’incremento dei livelli serici di Estradiolo e dell’attività non-genomica dello steroide (ipotizzabile anche un aumento del numero dei ER). Nel corso degli anni sono state esposte diverse ipotesi volte a spiegare i meccanismi attraverso i quali un abuso di Tamoxifene possa portare ad un rebound estrogenico. Una di queste ipotesi venne riportata all’inizio del secolo dal compianto  A.L. Rea il quale affermava che la causa andasse ricercata nell’aumento del rilascio di DHEA da parte delle ghiandole surrenali e dalla sua successiva (e aumentata) conversione in Androstenedione e, attraverso l’intervento dell’enzima aromatasi che lo converte in Estrone e la successiva azione del estradiolo 17beta-deidrogenasi, Estradiolo.(32) In breve, secondo questa teoria i processi innescati causerebbero l’instaurarsi di livelli di E2 cronicamente alti con conseguente impossibilità del SERM di esplicare la sua azione. Questa teoria seppur, in parte, possa dare una spiegazione logica dei possibili meccanismi implicati manca di alcuni tasselli. Il principale “tallone d’Achille” è rappresentato dai livelli di E2 che, una volta aumentati,  diventano dei competitor recettoriali più aggressivi rispetto al 4-OHT (che ricordiamo avere il 178% dell’affinità dell’Estradiolo per il ERα). Ciò potrebbe avvenire in situazioni di calo delle concentrazioni di 4-OHT seguenti alla riduzione del dosaggio del farmaco o alla sua cessazione, quindi, in questo ultimo caso, esplicabili in crescendo nei 7-14 giorni successivi all’interruzione della somministrazione e con una durata indeterminata. Di conseguenza, sembra più plausibile che l’aumento delle concentrazioni di E2, durante l’uso del Tamoxifene, si affianchi ad un consequenziale incremento dell’attività Non-Genomica dell’ormone e da un aumentato numero di ER. Seguendo questa logica, una volta interrotto l’uso del Tamoxifene, queste condizioni tenderanno ad aggravarsi come gli effetti avversi a loro legati.

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Consultando la bibliografia scientifica disponibile, non si trovano accenni su un possibile rebound estrogenico in seguito all’uso di Tamoxifene, ma si parla nello specifico di “resistenza al Tamoxifene” o “sottoregolazione degli ER”.(33)(34) Nel caso della “resistenza al Tamoxifene” sembra che l’aumento dell’espressione del gene MACROD2 porti ad una risposta negativa all’azione del SERM con conseguente proliferazione delle cellule cancerose estradiolo-dipendenti. La sovra espressione di tale gene sembra essere di base genetica anche se non si esclude una risposta di adattamento in seguito ad uso cronico del composto in questione.

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Raloxifene

Il Raloxifene, un altro SERM discretamente utilizzato nella pratica sportiva, è un agonista-antagonista misto del ER.(35)(36)(37) Ha effetti estrogenici a livello osseo ed epatico con effetti antiestrogenici nei seni e nell’utero. Le azioni biologiche del Raloxifene sono quindi ampiamente mediate dal legame con i ER. Questo legame determina l’attivazione di percorsi estrogenici in alcuni tessuti (agonismo) e il blocco di questi in altri (antagonismo). Le sue caratteristiche d’azione similari a quelle del Tamoxifene, sembrano poter far pensare ad un medesimo e ipotetico meccanismo che possa portare ad un rebound estrogenico. Questa volta la letteratura scientifica sembra dare alcune conferme. In un caso studio (38), una paziente di 66 anni si è presentata con recidiva metastatica acuta estrogeno-positiva e progesterone-positiva, carcinoma mammario Her-2 / neu-negativo, lesioni ossee (colonna lombare, bacino), noduli polmonari, metastasi epatiche, antigene tumorale elevato 15 e enzimi epatici, dispepsia e diarrea. La paziente aveva assunto Raloxifene per circa 8 anni. Dopo la sospensione del farmaco, parametri e sintomi clinici sono migliorati rapidamente senza terapia oncologica o altre forme di trattamento. Tre mesi dopo la sospensione del Raloxifene, l’oncologo ha prescritto alla paziente l’uso della Capecitabina dato che non riteneva plausibile un effetto di rebound estrogenico  (anti-estrogen withdrawal effect – AEWE). Tuttavia, la regressione duratura è stata più indicativa di un effetto  rebound dato dal Raloxifene rispetto alla chemioterapia o ad altri interventi. In seguito la paziente si è mostrata asintomatica con un buono stato di prestazione. La regressione metastatica epatica è stata confermata, senza alcun trattamento oncologico somministrato negli ultimi 16 mesi e circa 23 mesi dopo il termine d’uso del Raloxifene. Questo caso evidenzia la necessità di esaminare pazienti con carcinoma mammario per la possibilità di un AEWE con l’uso di Raloxifene o con altri SERM . Ovviamente, il caso presentato non è molto comparabile, soprattutto per quanto riguarda i tempi di somministrazione, ad un BodyBuilder supplementato chimicamente nella “media” ma, ciò nonostante, ci offre un indizio sulla probabilità che si possa manifestare un rebound estrogenico con l’uso di SERM.

  • Enzima Aromatasi, Inibitori della Aromatasi e “rebound estrogenico”

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Enzima Aromatasi

L’Enzima Aromatasi, chiamato anche estrogeno sintetasi o estrogeno sintasi, è un enzima responsabile del processo fondamentale della biosintesi degli Estrogeni. Denominato CYP19A1, questo enzima è un membro della superfamiglia del citocromo P450 (EC 1.14.14.1), che sono monoossigenasi che catalizzano molte reazioni coinvolte nella steroidogenesi. In particolare, l’Aromatasi è responsabile dell’aromatizzazione degli Androgeni in Estrogeni. L’enzima Aromatasi è sintetizzato in molti tessuti tra cui le gonadi (cellule della granulosa), cervello, tessuto adiposo, placenta, vasi sanguigni, pelle e ossa, nonché nei tessuti dell’endometriosi, dei fibromi uterini, del cancro al seno e del cancro dell’endometrio.

L’Aromatasi è localizzato nel reticolo endoplasmatico dove è regolato da promotori tissutali che sono a loro volta controllati da ormoni, citochine e altri fattori. Catalizza gli ultimi passaggi della biosintesi degli estrogeni dagli androgeni (in particolare, converte l’Androstenedione in Estrone e il  Testosterone in Estradiolo). Queste fasi comprendono tre idrossilazioni successive del gruppo 19-metilico degli androgeni, seguite dall’eliminazione simultanea del gruppo metilico come formiato e aromatizzazione dell’anello A.

Androstenedione + 3O2 + 3NADPH + 3H+ displaystyle rightleftharpoons } Estrone + Formiato + 4H2O + 3NADP+
Testosterone + 3O2 + 3NADPH + 3H+ displaystyle rightleftharpoons } 17β-estradiol + Formiato + 4H2O + 3NADP+

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Reazioni generali per la conversione del Testosterone in Estradiolo catalizzata dall’Aromatasi. Gli Steroidi sono formati da quattro anelli fusi (A-B-C-D). L’Enzima Aromatasi converte l’anello “A” in uno stato aromatico.

Il gene esprime due varianti di trascrizione. (39) Nell’uomo, il gene CYP19, situato sul cromosoma 15q21.1, codifica per l’Enzima Aromatasi. (40) Il gene ha nove esoni codificanti e un numero di primi esoni non codificanti alternativi che regolano l’espressione specifica del tessuto. (41)

Il CYP19 è presente in un cordato precoce divergente, l’anfiosso cefalocordato (il Florida lancelet, Branchiostoma floridae), ma non nel precedente tunicato divergente Ciona intestinalis. Pertanto, gli evoluzionisti ipotizzano che il gene Aromatasi si sia evoluto precocemente nell’evoluzione dei cordati e non sembra essere presente negli invertebrati non-cordati (ad esempio insetti, molluschi, echinodermi, spugne, coralli). Tuttavia, gli Estrogeni possono essere sintetizzati in alcuni di questi organismi, attraverso altri percorsi sconosciuti.

I fattori noti che aumentano l’attività dell’Aromatasi includono l’età, l’obesità, l’Insulina, le gonadotropine e l’alcol. L’attività dell’Aromatasi risulta diminuita dalla Prolattina, dall’ormone anti-Mülleriano e dal glifosato , un comune erbicida.(42)  L’attività dell’Aromatasi sembra essere migliorata in alcuni tessuti estrogeno-dipendenti  come il tessuto mammario, nel carcinoma dell’endometrio, nell’endometriosi e nei fibromi uterini.

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Gli Inibitori dell’Aromatasi (AI) sono una gruppo di farmaci usati nel trattamento del carcinoma mammario nelle donne in postmenopausa e nella ginecomastia negli uomini. Come i SERM, trovano un largo uso off-label in ambito sportivo durante la somministrazione di AAS aromatizzabili o durante la PCT. Possono anche essere utilizzati per la chemioprevenzione in donne ad alto rischio.

Esistono due tipi di Inibitori dell’Aromatasi approvati per il trattamento del carcinoma mammario e, quindi, diffusi anche per l’uso off-label: (43)

– Gli inibitori steroidei irreversibili, come l’Exemestano (nome commerciale Aromasin), formano un legame permanente e disattivante con l’Enzima Aromatasi.
– Gli inibitori non steroidei, come l’Anastrozolo (nome commerciale Arimidex) e il Letrozolo (nome commerciale Femara), inibiscono la sintesi degli Estrogeni attraverso la competizione reversibile per l’Enzima Aromatasi.

Gli inibitori dell’Aromatasi disponibili (AI) includono:

– Non selettivi:
• L’Aminoglutetimide, il quale però inibisce l’enzima P450scc agendo come inibitore della biosintesi di tutti gli ormoni steroidei (aprirò una nota a riguardo più avanti).
• Testolactone (nome commerciale Teslac)
– Selettivi:
• Anastrozolo (Arimidex)
• Letrozolo (Femara)
• Exemestano (Aromasin)
• Vorozolo (Rivizor)
• Formestano (Lentaron)
• Fadrozolo (Afema)

 Non classificati:
• 1,4,6-Androstatrien-3,17-dione (ATD)
• 4-Androstene-3,6,17-trione (“6-OXO”)

Oltre agli AI farmaceutici, alcuni composti naturali hanno mostrato effetti di inibizione dell’Aromatasi, come le foglie di damiana. Il loro impatto non è stato pienamente chiarito sull’uomo.

Gli Inibitori dell’Aromatasi agiscono, proprio come suggerisce il nome,  inibendo l’azione dell’enzima Aromatasi, che converte gli Androgeni in Estrogeni mediante un processo chiamato aromatizzazione. Poiché il tessuto mammario è stimolato dagli Estrogeni, diminuirne la produzione è un modo per sopprimere la recidiva del tessuto tumorale del seno. La principale fonte di Estrogeni è rappresentata dalle ovaie nelle donne in premenopausa, mentre nelle donne in post-menopausa la maggior parte degli Estrogeni del corpo viene prodotta nei tessuti periferici (al di fuori del SNC) e anche in alcuni siti del SNC in varie regioni del cervello. L’Estrogeno viene prodotto e agisce localmente in questi tessuti, ma qualsiasi estrogeno circolante, che esercita effetti estrogenici sistemici in uomini e donne, è il risultato dell’Estrogeno che sfugge al metabolismo locale e si diffonde nel sistema circolatorio.(44)

Come già accennato pocanzi, i composti AI sono anch’essi, al pari dei SERM, largamente utilizzati in ambito sportivo, sia come agenti di controllo dei livelli estrogenici durante l’uso di AAS aromatizzabili (uso preventivo della comparsa di effetti estrogenici), in caso di ginecomastia (spesso in combinazione con un SERM, specie se l’AI utilizzato è l’Exemestano) o in combinazione con i SERM in ambito PCT (specie nella fase preliminare dove viene utilizzata l’hCG).

Più che con i SERM, il rebound estrogenico è stato riportato, soprattutto aneddoticamente, con l’uso di AI, specialmente quelli reversibili (vedi Anastrozolo e Letrozolo).

L’Anastrozolo ed il Letrozolo agiscono legandosi in modo reversibile all’Enzima Aromatasi (unità eme del citocromo P450) e, attraverso l’inibizione competitiva, blocca la conversione degli Androgeni in Estrogeni nei tessuti periferici (extragonali).

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Il Letrozolo ha dimostrato, attraverso studi clinici, di poter abbassare rapidamente il livello degli estrogeni fino al 65%. Il motivo principale è probabilmente legato alla capacità che la molecola ha di abbassare drasticamente gli estrogeni attraverso un legame  competitivo reversibile al gruppo eme della relativa unità del citocromo P450. L’Anastrozolo, il quale agisce similmente al Letrozolo, ha mostrato una riduzione del livello estrogenico in soggetti di sesso maschile del 50%.(45) Il problema di un possibile rebound estrogenico con questi composti nasce proprio dalla loro natura “reversibile”.
Rebound estrogenici sono stati riportati sia con l’uso di Letrozolo che con l’uso di Anastrozolo, sebbene il Letrozolo, avendo un azione inibitoria più marcata, sembra causare rebound di intensità maggiore dopo la sua interruzione. La causa del rebound estrogenico indotto da cessazione d’uso di Letrozolo o di Anastrozolo è proprio legata al comportamento che queste due molecole esplicano nei confronti dell’Enzima aromatasi. Il legame tra la molecola di Letrozolo o di Anastrozolo con  l’Enzima Aromatasi è solo temporanea e non decreta la completa de-attivazione dell’enzima responsabile della conversione degli Androgeni in Estrogeni. Una volta interrotta l’assunzione del composto, i livelli di Aromatasi possono salire significativamente con la possibile comparsa di  un rebound estrogenico. Una pratica per evitare che ciò si verifichi consiste nell’uso limitato dei due composti e in una loro graduale sospensione.  Con questi farmaci, il rebound estrogenico può essere “multifattoriale” derivando non solo dalla cessazione del farmaco in questione ma anche da un incremento dell’espressione dell’Enzima Aromatasi come risposta adattativa all’uso (specie nel lungo termine).  Ciò significa che, anche durate un utilizzo cronico, i livelli di E2 possono mostrare degli aumenti, aumenti che diverranno maggiormente significativi una volta cessato l’uso del farmaco. Cessata l’azione del composto non solo viene a mancare un controllo dell’aromatizzazione ma questa risulta anche incrementata rispetto ai tassi pre-utilizzo (l’aumento dell’espressione dell’aromatasi è un comportamento adattativo che si può manifestare anche durante cicli particolarmente lunghi). Prendendo in considerazione la vita attiva del Letrozolo e dell’Anastrozolo, il possibile rebound estrogenico potrebbe manifestarsi in crescendo dopo 64-120h circa dall’ultima assunzione.

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Exemestano

L’Exemestano, invece, è un inibitore dell’Aromatasi steroideo irreversibile di tipo I, strutturalmente correlato al substrato naturale 4-androstenedione. Agisce come un falso substrato per l’Enzima Aromatasi e viene trasformato in un intermedio che si lega irreversibilmente al sito attivo dell’enzima causandone l’inattivazione, un effetto noto anche come “inibizione suicida”. Essendo strutturalmente simile agli obiettivi dell’enzima, l’Exemestano si lega in modo permanente a quest’ultimo, impedendo la sua azione di conversione degli Androgeni in Estrogeni. Il tasso di soppressione degli Estrogeni da parte dell’Exemestano varia dal 35% per l’Estradiolo (E2) al 70% per l’Estrone (E1).(46)

Grazie alla sua caratteristica di “inibitore selettivo”, l’Exemestano sembra non causare un rebound estrogenico dopo la sua cessazione. Nonostante ciò, un suo uso temporalmente protratto potrebbe (teoricamente) causare, similmente a quanto accade con l’uso di Letrozolo e Anastrozolo, un aumento dell’espressione dell’Enzima Aromatasi nonché un aumento del numero di ER come risposta adattativa.

Ovviamente, questa possibilità può interessare tutti gli AI con legame irreversibile (es. Formestano).

Queste sono semplici ipotesi nate da una riflessione sulle possibili cause e meccanismi che potrebbero (teoricamente) portare al manifestarsi di un rebound estrogenico con l’uso di tali composti.  La letteratura scientifica, purtroppo, non ci aiuta a fare molta chiarezza sulla connessione AI/rebound estrogenico, sebbene esistono alcuni studi nei quali la cosa viene accennata.(47)

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Aminoglutetimide

 

*Nota sull’Aminoglutetimide: inibendo l’enzima P450scc e agendo, di conseguenza, come inibitore della biosintesi di tutti gli ormoni steroidei, l’abuso di Aminoglutetimide può potenzialmente causare non solo un rebound estrogenico ma anche un rebound dei livelli di cortisolo. Lo stesso vale per il farmaco Trylostano.

 
Conclusioni

Basarsi per la maggior parte sui dati aneddotici è un azzardo, anche perché la maggior parte delle variabili soggettive in gioco rimangono celate. Banalmente, alcuni lamentano rebound estrogenici che alla fine non risultano legati all’uso del SERM o del AI ma alla loro (o del Preparatore) ignoranza, come quando cessano l’utilizzo di AAS, e di SERM e/o AI, senza preoccuparsi di svolgere un adeguata PCT convinti, magari, che un po’ di Mesterolone (Proviron) risolvi tutto. Infatti, la maggior parte dei casi di presunti rebound estrogenici SERM o AI dipendenti sono causati da una repentina cessazione d’uso di questi e di AAS, oppure da una PCT mal pianificata e/o che non ha dato i risultati sperati (vedi anche alterazione della Testosterone:Estradiolo ratio). Queste condizioni sono legate più che altro ad una alterazione del HPTA data dall’uso di AAS e non ad una presunta azione diretta del SERM e/o AI precedentemente utilizzati.

In conclusione, l’uso ponderato e consapevole è l’unica vera arma che l’atleta supplementato chimicamente (o il Preparatore che lo segue) ha per far si che ipotetici rebound non si manifestino.

Gabriel Bellizzi

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