DIETA CHETOGENICA E ATLETI DI ENDURANCE

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Gli atleti di endurance che hanno in programma una gara, ma vorrebbero apparire più “asciutti”, potrebbero prendere in considerazione di intraprendere un regime alimentare a basso contenuto di carboidrati (regime chetogenico per essere precisi) per alcuni mesi. Una dieta di questo tipo, a differenza di quanto ci si potrebbe aspettare, non inficerà la prestazione e darà come potenziale risultato una riduzione della percentuale di massa grassa di 5 punti. Quanto appena detto è stato dimostrato in uno studio irlandese pubblicato su Metabolism.(1)

Gli scienziati dello sport del Waterford Institute of Technology hanno diviso 20 atleti di resistenza di sesso maschile in 2 gruppi. Il primo gruppo ha seguito una dieta standard [HC] per 12 settimane; Il 65% dell’introito calorico proveniva dai carboidrati, il 20% dai grassi ed il 15% dalle proteine. Il secondo gruppo ha seguito una dieta a basso contenuto di carboidrati [LCKD]; Il 6% dell’introito calorico proveniva dai carboidrati, il 77% dai grassi ed il 17% dalle proteine.

Prima e dopo le 12 settimane, gli atleti hanno dovuto percorrere una distanza di 100 chilometri.

Il rapporto di scambio respiratorio [RER] durante i 100Km era più basso dopo 12 settimane di dieta a basso contenuto di carboidrati. Ciò significa che i soggetti hanno bruciato più grasso.

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Dopo 12 settimane i soggetti del gruppo a basso contenuto di carboidrati avevano perso 5kg e la loro percentuale di grasso era diminuita di poco più di 5 punti. Questi effetti erano statisticamente significativi. La dieta a basso contenuto di carboidrati sembrava anche aver reso gli atleti leggermente più veloci, ma quest’effetto non è risultato statisticamente significativo.

Se si osservano gli effetti della dieta a basso contenuto di carboidrati in riferimento ai tempi dei singoli atleti, allora si potrà notare che vi sono stati alcuni “migliori risponditori”. In questi atleti, la dieta a basso contenuto di carboidrati sembra aver migliorato le prestazioni …

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In sintesi, una dieta chetogenica può giovare ad alcuni atleti, in particolare a coloro i quali trovano difficile mantenere il peso per la competizione. L’adattamento a una dieta chetogenica per 12 settimane non ha inficiato il livello prestativo degli atleti di resistenza e ha causato adattamenti maggiormente favorevoli in alcuni individui.

Pertanto, l’implementazione o l’evitamento di questo regime alimentare dovrebbe essere basato sulle preferenze alimentari di una persona e sulla risposta individuale ad esso.

I ricercatori aggiungono che, nonostante il concetto di keto-adaptation abbia più di 30 anni, siamo ancora nelle prime fasi della comprensione di questo paradigma alimentare. La scoperta che 12 settimane di cheto-adattamento hanno migliorato la capacità nel esercizio aerobico e anaerobico, così come la composizione corporea, negli atleti di resistenza implica certamente che è possibile utilizzare una dieta chetogenica per migliorare le prestazioni e il metabolismo.

Nella ricerca di un approccio più individualistico alla prescrizione dietetica, la keto-adaptation è un approccio che vale la pena di considerare.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.1016/j.metabol.2017.10.010

AAS E PRESSIONE SANGUIGNA

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Una realtà ben nota agli utilizzatori di AAS è che questi possono portare ad un aumento della pressione sanguigna. Gli studi svolti su Bodybuilder che assumono questa classe di farmaci a dosi sovraterapeutiche hanno mostrato aumenti nella misurazione della pressione arteriosa sistolica e diastolica.(1) In uno studio svolto su Powerlifter è stata misurata una media di 140/85 nella pressione arteriosa del gruppo di utilizzatori di AAS, la quale è stata confrontata con una media di 125/80 misurata nel gruppo di atleti che non assumevano AAS.(2) L’ipertensione, o una pressione del sangue costantemente alta pari o superiore a 140/90 per la misurazione sistolica o diastolica, è stata riportata negli utilizzatori di AAS, (3) sebbene nella maggior parte dei casi gli aumenti risultino più modesti. L’aumento della pressione sanguigna può essere causato da una serie di fattori, tra i quali vi sono l’aumento della ritenzione idrica, l’aumento della rigidità vascolare e l’aumento dell’ematocrito. Gli AAS soggetti all’aromatizzazione o aventi attività estrogenica tendono ad avere un impatto maggiore sulla pressione sanguigna, sebbene non sia possibile escludere aumenti pressori con l’uso di AAS non soggetti ad aromatizzazione e non aventi attività estrogenica. In conclusione, la pressione arteriosa tende a normalizzarsi una volta interrotto l’uso di AAS.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  • ANABOLICS 11th Edition [William Llewellyn]
  1. Blood pressure and rate pressure product response in males using high-dose anabolic androgenic steroids (AAS). Grace F, Sculthorpe N, Baker J, Davies B. J Sci Med Sport. 2003 Sep;6(3):307-12.
  2. Are the cardiac effects of anabolic steroid abuse in strength athletes reversible? A Urhausen et al. Heart 2004;90:496-501.
  3. Cardiovascular side effects of anabolic-androgenic steroids. Herz. 2006 Sep;31(6):566-73.

COENZIMA Q10 E INSULINO-SENSIBILITA’

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Coenzima Q10

 

Più le cellule sono sensibili all’insulina, più si è sani a livello metabolico e sistemico. Basta domandarlo ad un diabetico. O ai Bodybuilder supplementati chimicamente che hanno abusato dell’Insulina esogena a tal punto da aggravare marcatamente la loro insulino resistenza sfociando, a volte, nel diabete di tipo II. Scienziati molecolari australiani hanno scoperto che la sensibilità all’insulina subisce un miglioramento significativo in rapporto alle concentrazioni del coenzima Q10 nei mitocondri cellulari. (1)

Nell’esperimento svolto su esseri umani dove sono stati presi in esame soggetti sani [Ins.Sens] e soggetti con insulino-resistenza [Ins.Res], i ricercatori hanno somministrato ai partecipanti glucosio e insulina osservando successivamente la diminuzione della concentrazione di acidi grassi liberi [NEFA] nel sangue. Maggiore è la diminuzione, maggiore è la sensibilità all’insulina.

Ovviamente, la concentrazione di acidi grassi liberi è diminuita maggiormente nei soggetti sani [in basso a sinistra].

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I ricercatori hanno anche determinato la quantità di coenzima Q10 presente nei mitocondri dei soggetti dello studio. E sia nei soggetti sani che in quelli insulino-resistenti, la concentrazione di acidi grassi liberi è diminuita maggiormente quando i loro mitocondri contenevano più coenzima Q10 [in alto a destra].

Ma è possibile migliorare l’insulino sensibilità attraverso l’integrazione con il coenzima Q10? Con uno studio sugli animali, i ricercatori hanno cercato di rispondere a questa domanda. Hanno dato a un gruppo di topi cibo normale [Chow] e hanno fatto ingrassare un altro gruppo di topi dando loro del cibo con grasso e zucchero extra [HFHSD]. Quest’ultimo gruppo di animali ha sviluppato una forma di diabete.

I ricercatori hanno quindi somministrato a metà degli esemplari di entrambi i gruppi una dose di coenzima Q10 ogni due giorni per due settimane. I ricercatori hanno utilizzato il coenzima Q10 sotto forma di LiQsorb, un prodotto della Tishcon Corporation.(2) Ogni due giorni i ricercatori hanno iniettato il coenzima Q10 direttamente nell’intestino tenue degli animali del test.

Questa modalità di somministrazione è di circa due volte più efficace della somministrazione orale. Se invece dei topi fossero stati presi in esame degli esseri umani, la dose di coenzima Q10/LiQsorb alla quale sarebbero stati sottoposti sarebbe stata di circa 160mg/die.

Dopo il periodo di supplementazione, i topi hanno ricevuto una forma di glucosio [2DOG]. Nei topi diabetici-ingrassati la supplementazione con coenzima Q10 ha portato ad una più rapida diminuzione dei livelli ematici dell’analogo del glucosio [in basso a sinistra]. La supplementazione ha anche causato la diminuzione della concentrazione di acidi grassi liberi dopo la somministrazione della variante glucidica [in basso a destra]. Da quanto emerso, l’assunzione del coenzima Q10 ha parzialmente migliorato l’insulino-sensibilità.

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Il coenzima Q10 si trova nei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule del corpo, dove è richiesto per il flusso di elettricità al “motore” cellulare che è responsabile della produzione di energia, come affermato durante un comunicato stampa dal primo autore dello studio qui trattato Daniel Fazakerley della University of Sydney. (3)

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La produzione di energia può anche generare specie chimiche reattive – spesso indicate come” specie reattive dell’ossigeno” o ” ossidanti “- come sottoprodotto, le quali possono essere dannose per le cellule. Studi precedenti hanno dimostrato che questi ossidanti possono causare insulino-resistenza. Si è scoperto che una riduzione del coenzima Q10 mitocondriale provoca un aumento della formazione di ossidanti da parte dei mitocondri.

È importante sottolineare che reintegrando il coenzima Q10 nei mitocondri, sia nelle cellule in vitro che negli animali, i ricercatori sono stati in grado di ripristinare gli ossidanti mitocondriali portandoli a livelli “normali” migliorando di conseguenza la sensibilità all’insulina.

Il ricercatore capo dello studio qui esposto, David James, anch’esso affiliato alla University of Sydney, afferma che la supplementazione di coenzima Q10 potrebbe rivelarsi una misura preventiva inestimabile per le malattie legate all’insulino-resistenza o a malattie pre-diabetiche come il diabete di tipo II, le malattie cardiovascolari, il cancro e la demenza.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.7554/eLife.32111
  2. http://www.tishcon.com/
  3. https://www.sciencedaily.com/releases/2018/02/180207110109.htm

AAS E INSULINO RESISTENZA

 

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Gli AAS possono alterare la sensibilità all’insulina, un indicatore importante della salute metabolica. Tuttavia, l’effetto di questi farmaci può essere variabile. Ad esempio, la somministrazione di Testosterone può migliorare la sensibilità all’insulina in uomini ipogonadici.(1) L’Oxandrolone (a 20 mg al giorno) ha dimostrato di migliorare la sensibilità all’insulina in uomini anziani (dai 60 agli 87 anni).(2) Questi benefici effetti metabolici sono stati correlati con la riduzione del tessuto adiposo viscerale (VAT). Come ben sappiamo si tratta di uno strato di grasso profondo che circonda gli organi addominali e che è associato all’insulino resistenza.(3) Uno stato di insulino resistenza può portare al manifestarsi di altri problemi di salute come ipertensione, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia e l’aumento del rischio di sviluppare diabete e malattie cardiovascolari. Riducendo il VAT, il Testosterone e gli altri AAS possono migliorare la sensibilità all’insulina e potenzialmente la salute metabolica.

Al contrario, l’abuso di AAS è stato associato ad alterazione del metabolismo glucidico. (4) In uno studio, i Powerlifter che avevano abusato di AAS in dosi elevate per un massimo di sette anni hanno mostrato di avere una ridotta tolleranza al glucosio e un peggioramento dell’insulino resistenza.(5) Nonostante gli atleti presi in esame avessero una decennale esperienza nella pratica di allenamenti contro resistenza, essi mostrarono una secrezione insulinica maggiore in risposta all’ingestione di glucosio rispetto al gruppo di controllo composto da soggetti obesi sedentari. Ulteriori studi, nei quali è stato preso in esame il Methandrostenolone, hanno mostrato un aumento significativo della secrezione insulinica e una potenziale resistenza ad essa.(6) Ciò nonostante, non sono stati osservati risultati similari con tutti gli AAS. Ad esempio, la somministrazione di Testosterone Enantato a dosi fino a 600mg a settimana per 20 settimane non ha portato a cambiamenti nella sensibilità all’insulina in giovani uomini sani.(7) Anche il Nandrolone Decanoato (a 300 mg a settimana) non ha alterato la tolleranza al glucosio e ha migliorato la gestione di quest’ultimo in modo insulino-indipendente.(8) I dati relativi agli effetti degli AAS sulla sensibilità all’insulina sono difficili da interpretare. Sembra che quando questi farmaci vengono utilizzati, almeno inizialmente, la riduzione della percentuale del grasso corporeo è cosa comune, in particolare per quanto riguarda la riduzione del tessuto adiposo viscerale, come riportato in precedenza. Ciò può effettivamente migliorare la sensibilità all’insulina e lo stato metabolico generale e ridurre determinati fattori di rischio specifici per diabete e malattie cardiovascolari. Oltre a ciò, gli effetti degli AAS sul metabolismo glucidico non sono completamente compresi e, di conseguenza, sono difficili da prevedere. Gli studi nei quali sono state utilizzate dosi sovraterapeutiche di Testosterone e Nandrolone non hanno mostrato cambiamenti negativi del metabolismo glucidico, suggerendo che l’abuso moderato di AAS non è probabilmente associato ad alterazioni della sensibilità all’insulina. Allo stesso tempo, gli studi suggeriscono che potrebbero esserci problemi con l’abuso di AAS (dosi elevate per protratti periodi di tempo). Sono quindi necessarie ulteriori ricerche per valutare l’impatto dell’abuso di AAS sulla salute metabolica.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  • ANABOLICS 11th Edition [William Llewellyn]
  1. Androgen treatment of middle-aged, obese men: effects on metabolism, muscle and adipose tissues. Mårin P, Krotkiewski M, Björntorp P. Eur J Med. 1992 Oct;1(6):329-36.
  2. Effects of androgen therapy on adipose tissue and metabolism in older men. Schroeder ET, Zheng L, Ong MD, Martinez C, Flores C, Stewart Y, Azen C, Sattler FR. J Clin Endocrinol Metab. 2004 Oct;89(10):4863-72.
  3. Insulin sensitivity, insulin secretion, and abdominal fat: the insulin resistance atherosclerosis study (IRAS) family study. Wagenknecht LE, Langerfeld CD et al. Diabetes 52:2490-2494.
  4. Recent developments in the toxicology of anabolic steroids. Graham S, Kennedy M. Drug Saf. 1990 Nov-Dec;5(6):458-76.
  5. Insulin resistance and diminished glucose tolerance in powerlifters ingesting anabolic steroids. Cohen JC, Hickman R. J Clin Endocrinol Metab. 1987 May;64(5):960-3.
  6. Insulin action and dynamics modelled in patients taking the anabolic steroid methandienone (Dianabol). Godsland IF, Shennan NM, Wynn V. Clin Sci (Lond). 1986 Dec;71(6):665-73
  7. The effects of varying doses of T on insulin sensitivity, plasma lipids, apolipoproteins, and C-reactive protein in healthy young men. Singh AB, Hsia S. et al. J Clin Endocrinol Metab. 2002 Jan;87(1):136-43.
  8. Nandrolone, a 19-nortestosterone, enhances insulin-independent glucose uptake in normal men. Hobbs CJ, Jones RE, Plymate SR. et al. J Clin Endocrinol Metab. 1996 Apr;81(4):1582-5.

LOSARTAN E INIBIZIONE DELLA MIOSTATINA

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Pochi sono a conoscenza del fatto che, a volte, le persone che usano farmaci per il trattamento della pressione ematica subiscano un discreto miglioramento della forma e della forza. Alcuni – non tutti – i farmaci anti-ipertensivi sembrano inibire anche la degradazione del tessuto muscolare. Ricercatori danesi, che hanno studiato l’effetto del Losartan sulla massa muscolare in uomini sani, hanno scoperto il meccanismo alla base dell’effetto di potenziamento muscolare di questo farmaco: il Losartan è un inibitore della Miostatina. (1)

Il Losartan abbassa la pressione sanguigna bloccando il recettore dell’Angiotensina II tipo 1 [AT1R]. Questo recettore è, come suggerisce il nome, inteso per l’Angiotensina II, una proteina prodotta endogenamente con funzione di incremento della pressione ematica.

Nel 2002, ricercatori americani hanno pubblicato i risultati di uno studio svolto su esseri umano sul The Lancet . In questo studio si riportava che il Losartan aveva contrastato la perdita di massa muscolare in persone anziane debilitate. (2) I ricercatori in quell’occasione hanno monitorato un gruppo di donne anziane per tre anni. Durante questo periodo di tempo la forza muscolare massima esprimibile dalle donne alla Leg-Extension subiva una diminuzione pari a 4Kg. Se le donne assumevano il Losartan, questa diminuzione si riduceva a solo 1 kg. Altri farmaci anti-ipertensivi non hanno avuto alcun effetto sulla forza muscolare.

I ricercatori danesi, associati all’Istituto di Medicina dello Sport di Copenhagen, hanno voluto scoprire in che modo il Losartan protegge i muscoli dal deterioramento.

Per giungere a tale scopo, i ricercatori hanno diviso 28 uomini sani di età compresa tra i 64 ed i 90 anni in due gruppi. Ai partecipanti del primo gruppo sono stati somministrati 100mg di Losartan ogni giorno per tre settimane. Ai partecipanti del secondo gruppo è stato somministrato un placebo.

Poco prima dell’inizio del periodo di somministrazione del farmaco (o placebo) e a metà dello studio, gli uomini dovevano svolgere allenamenti specifici per i quadricipiti femorali sulla Leg-Extension. Prima e dopo la sessione allenante, i ricercatori hanno prelevato diverse volte piccoli campioni del tessuto muscolare dal quadricipite femorale dei soggetti dello studio – e li hanno esaminati.

Nei giorni successivi all’allenamento, le fibre muscolari dei soggetti hanno mostrato la presenza di nuove cellule. Ciò vale a dire che vi erano un numero maggiore di nuove cellule muscolari nel gruppo Losartan rispetto al gruppo placebo.

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Sono state principalmente le fibre muscolari di tipo 1 a rispondere positivamente al trattamento con il Losartan.

Nelle cellule muscolari degli uomini presi in esame, i ricercatori hanno esaminato l’attività di dozzine di geni che controllano i processi anabolici nei muscoli e nei tendini. Il Losartan non ha avuto alcun effetto su praticamente nessuno di questi geni. L’unica eccezione era il gene per la Miostatina. Questo è stato parzialmente disattivato dal Losartan.

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Dal momento che, come ben sappiamo, la Miostatina è una proteina che esercita un controllo sulla crescita muscolare, questo potrebbe benissimo spiegare l’effetto anabolico del Losartan.

Questo è il primo studio che analizza il potenziale del blocco del’AT1R nella modulazione della risposta del muscolo-scheletrico all’allenamento negli esseri umani. I ricercatori affermano che non è stata riscontrata alcuna influenza da parte del Losartan sulla risposta delle cellule satelliti o su un ampio spettro di geni relativi al tessuto connettivo e muscolare. Tuttavia, essi hanno osservato una maggiore soppressione della Miostatina con l’assunzione del Losartan, che, se confermata, potrebbe avere effetti benefici sull’invecchiamento dei muscoli sottoposti a ipertrofia in risposta ad intensi allenamenti di resistenza.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.1249/MSS.0000000000001438
  2. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11918911

IMPATTO DEL ALLENAMENTO CONTRO RESISTENZA ABBINATO A TRATTAMENTO TERMICO SULL’IPERTROFIA MUSCOLARE.

L’allenamento contro resistenza potrebbe comportare lo sviluppo di maggiore massa muscolare se gli atleti si sottoponessero a trattamento termico tre volte alla settimana al fine di aumentare la temperatura dei loro muscoli di 4 gradi Celsius. Gli scienziati dello sport della Korea University hanno esposto un argomento inerente a quanto detto sul Aging – Clinical and Experimental Research. (1) Una doverosa premessa da fare è che i ricercatori hanno condotto il loro studio su donne di età superiore ai 65 anni.

Ricercatori giapponesi e coreani hanno studiato l’effetto a livello muscolare di coperte termiche per diversi anni. Essi sospettavano che un aumento di alcuni gradi nella temperatura muscolare rafforzasse i processi anabolici nel tessuto muscolo-scheletrico.

I ricercatori dello studio che qui andiamo a trattare hanno diviso quasi due dozzine di donne di età compresa tra i 65 e i 75 anni in tre gruppi.

Al primo gruppo è stata fatta indossare una “coperta termica” – prodotta dalla Kao Corporation – sui loro arti superiori tre volte alla settimana per otto ore consecutive durante le 12 settimane dello studio [HEAT]. Ciò ha causato un aumento della temperatura dei muscoli della parte superiore da 35 a 39 gradi Celsius.

E’ corretto sottolineare il fatto che il presente studio non è stato finanziato dalla Kao, ma dal governo sudcoreano.

Al secondo gruppo è stato fatto allenare con una Leg-Extension tre volte alla settimana [RT], con un carico leggero: le donne in questione hanno eseguito 3 serie con il 40% del 1RM.

Il terzo gruppo, invece, è stato trattato combinando l’allenamento contro resistenza al trattamento termico [HRT].

I partecipanti di tutti e tre i gruppi hanno guadagnato forza.

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La concentrazione ematica di GH e IGF-1 era aumentata in modo significativo in tutti e tre i gruppi, ma solo i partecipanti del gruppo sottoposto ad entrambi i trattamenti (allenamento contro resistenza+trattamento termico) hanno aumentato significativamente la massa muscolare.

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I ricercatori concludono affermando che, l’esercizio fisico a bassa intensità con stress da calore può essere un metodo di resistenza efficace per il miglioramento della massa muscolare e della forza dei pazienti anziani.

Che ciò possa apportare dei reali e statisticamente significativi benefici anche agli atleti non è dato sapere con certezza…almeno per il momento…

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. http://dx.doi.org/10.1007/s40520-016-0685-4

VARIABILI NEGLI ACIDI GRASSI ASSUNTI CON LA DIETA E LORO IMPATTO SULLA QUALITA’ DEL PESO ACQUISITO.

Quando si aumenta di peso, la tipologia di grassi consumati nella dieta ha la capacità di determinare in parte la qualità dell’aumento di peso, ciò vale a dire che i grassi alimentari possono influenzare la percentuale di massa magra e massa grassa nell’insieme del peso acquisito. Gli acidi grassi insaturi nell’olio di girasole stimolano la crescita muscolare; gli acidi grassi saturi nell’olio di palma – presenti in molti alimenti trasformati – portano invece ad un aumento della percentuale di grasso corporeo. I ricercatori dell’Università di Uppsala in Svezia hanno riportano ciò sul Diabetes. (1)

Se si fanno ingrassare gli animali da laboratorio, il tipo di grasso che si usa tende a fare la differenza. Se si utilizza dell’olio vegetale, che contiene molti acidi grassi insaturi, gli animali accumulano massa muscolare in modo relativamente maggiore rispetto a quando si utilizzano prodotti che contengono grandi quantità di acidi grassi saturi. I ricercatori svedesi erano curiosi di constatare se questi risultati si sarebbero potuti applicare anche agli esseri umani, quindi, per fare ciò, hanno svolto un esperimento reclutando 39 soggetti sani di età compresa tra i 20 ei 38 anni.

I ricercatori hanno fornito ai loro soggetti di studio 3 muffin ogni giorno per 7 settimane al vertice del loro cibo ordinario. I muffin fornivano un totale di 750 kcal – di cui metà derivava dai grassi.

Metà dei soggetti dello studio hanno ricevuto muffin preparati con olio di girasole, una fonte dell’acido grasso polinsaturo Acido Linoleico. L’altra metà invece ha ricevuto muffin fatti con olio di palma, una fonte dell’acido grasso saturo Acido Palmitico.

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I soggetti dello studio non praticavano sport e non assumevano alcun supplemento.

Alla fine delle 7 settimane, i soggetti di entrambi i gruppi avevano guadagnato poco più di 1,5 kg di peso. Ma quelli che avevano ricevuto l’acido grasso insaturo [PUFA] avevano guadagnato tre volte più massa muscolare rispetto ai soggetti dell’altro gruppo [SFA].

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Il tipo di acido grasso consumato ha avuto anche un effetto sulla distribuzione dei depositi adiposi. I soggetti che avevano mangiato i muffin all’olio di palma hanno mostrato un maggiore accumulo di grasso nella zona addominale rispetto ai soggetti che avevano mangiato muffin all’olio di girasole. Come risaputo, il grasso addominale o viscerale è meno sano del grasso sottocutaneo e aumenta la possibilità di comparsa di un certo numero di malattie tra cui il diabete di tipo II e alcune forme di cancro.

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I ricercatori affermano che, nonostante l’aumento di peso comparabile dopo 49 giorni, questo studio in doppio cieco ha mostrato che un eccesso calorico proveniente da acidi grassi polinsaturi ha impedito il deposito di grasso viscerale e totale rispetto agli acidi grassi saturi.

Inoltre, l’effetto inibitorio degli acidi grassi polinsaturi sul grasso ectopico è stato accompagnato da un aumento del tessuto magro e da un minore aumento della massa grassa corporeo totale rispetto a quanto verificatosi con gli acidi grassi saturi. Pertanto, il tipo di grasso nella dieta sembra essere un nuovo fattore determinante per l’accumulo di grasso nel fegato, nella distribuzione del grasso e nella composizione corporea durante un moderato aumento di peso.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24550191

GSK2881078: UN NUOVO E PROMETTENTE SARM

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Alcuni affermano che i SARM siano il futuro e che finiranno per sostituire gli AAS…su questo ho forti dubbi. Innegabile è invece il fatto che alcuni SARM, come il RAD140 e LGD4033, si siano già affermati tra i Bodybuilder supplementati chimicamente. I ricercatori della GlaxoSmithKline (GSK) stanno svolgendo ricerche su un’altro SARM, del quale hanno rilasciato molte poche informazioni.(1) Ma da ciò che è possibile finora apprendere su questo nuovo SARM chiamato GSK2881078 si può ipotizzare che questo composto possa essere una molecola anabolizzante superiore alla media.

Ovviamente è lecito voler conoscere il reale effetto del GSK2881078 sul muscolo-scheletrico. Tuttavia, i ricercatori non ne parlano. La GSK non ha nemmeno pubblicato studi sugli animali che, per lo meno, possono dare qualche indicazione in merito al potenziale di un dato composto, trattanti nel dettaglio il reale effetto anabolizzante di questa molecola. Forse la GSK voleva depistare quei produttori di integratori del “mercato grigio” evitando così che questi commercializzassero il composto.

L’unica cosa che è possibile trovare in riferimento all’effetto anabolizzante del GSK2881078 è questa frase, nascosta in una pubblicazione del 2017 apparsa sul British Journal of Clinical Pharmacology:

“GSK2881078 a 0,3mg/kg/die somministrato per via orale una volta al giorno per 28 giorni ha riportato il peso del muscolo levator ani in ratti orchiectomizzati al pari di quello dei ratti non trattati ma ha prodotto solo un aumento minore del peso prostatico rispetto ai ratti orchiectomizzati trattati con veicolo. (dati non pubblicati su file, GlaxoSmithKline, 709 Swedeland Road, King of Prussia, Pennsylvania, USA 19406). ”

Lo studio svolto su esseri umani e pubblicato sul British Journal of Clinical Pharmacology è uno studio di fase 1. Gli studi di fase 1 hanno lo scopo di determinare come deve essere somministrato un nuovo farmaco, a quali dosaggi e quali effetti collaterali esso possa avere.

I ricercatori hanno somministrato il GSK2881078 in dosi di 0,05, 0,08, 0,24, 0,48 e 0,75 milligrammi al giorno a uomini adulti e in dosi di 0,24 e 0,35 milligrammi a donne in postmenopausa fino a 14 giorni. La modalità di somministrazione era, come nello studio sugli animali sopra menzionato, orale.

L’emivita del GSK2881078 è di 4-5 giorni. Ciò comporta una vita attiva decisamente lunga, specie per un composto orale. Di conseguenza, anche per questo fattore, il GSK2881078 potrebbe essere un composto anabolizzante piuttosto efficace.

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Il rilevamento del GSK2881078 attraverso i test antidoping non sarà cosa difficile. Cinquanta giorni dopo l’assunzione dell’ultima dose del farmaco, i ricercatori potevano ancora rilevare la presenza del composto nel sangue dei soggetti del test.

Le dosi testate hanno ridotto i livelli di Testosterone totale, ma questa diminuzione era principalmente dovuta al Testosterone legato alle SHBG e inattivo (GSK2881078 ha abbassato il livello di SHBG). Negli uomini, le concentrazioni di Testosterone libero non sono diminuite. Chiamiamolo un processo compensatorio nel quale un calo del Testosterone totale viene compensato dal mantenimento di buone concentrazioni della frazione libera.

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L’effetto negativo del GSK2881078 sul colesterolo è considerevole. In un periodo di 14 giorni la concentrazione di HDL (“colesterolo buono”) ha subito a volte riduzioni di qualche decina di punti percentuale. Alcune settimane dopo l’interruzione dell’uso del farmaco, i livelli di HDL sono stati ripristinati.

Nella stessa edizione del British Journal of Clinical Pharmacology, James Dalton, ed i ricercatori che hanno progettato i primi SARM – tra cui Enobosarm / Ostarina – hanno fatto alcuni commenti riguardo la ricerca della GlaxoSmithKline. (2)

Dalton ha affermato che Negro-Vilar (3) ha definito questo SARM come ideale per il trattamento dell’ipogonadismo maschile in quanto si tratta di un composto attivo oralmente, adatto per una somministrazione giornaliera, e in grado di aumentare la massa magra, la forza muscolare, la crescita ossea e la libido, con effetti minori ma stimolatori sulla prostata, vescicole seminali e altri tessuti sessuali accessori .

Come altri SARM in fase di sviluppo, il GSK2881078 sembra soddisfare la maggior parte di questi criteri.

Dalton conclude dicendo che, sebbene siano passati 2 decenni dalla scoperta iniziale del primo SARM, resta ancora molto lavoro da fare prima che possano essere utilizzati per il trattamento della degenerazione muscolare o di altre condizioni correlate. Il GSK2881078 ha intrapreso i primi passi lungo questa tortuosa strada.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.1111/bcp.13316
  2. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28621446
  3. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10522980