COMBINAZIONE CAFFEINA/SINEFRINA E SUO EFFETTO SULL’OSSIDAZIONE LIPIDICA

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La vendita di supplementi per la perdita di peso contenenti Sinefrina e Caffeina è significativamente aumentata negli ultimi anni, in specie dopo il ritiro dei prodotti contenenti Efedrina. La domanda che molti si pongono è se questi due composti abbiano un qualche reale grado di efficacia addizionale in combinazione. Un recente studio svolto su esseri umani, e pubblicato da scienziati dello sport spagnoli sul Medicine & Science in Sports & Exercise, sebbene non fornisca una risposta esaustiva e completa al dilemma sull’efficacia della combinazione di questi prodotti, ha dato dei risultati finali non proprio soddisfacenti. (1)

Come molti di voi sapranno, nel Citrus aurantium è contenuta la (-) – p-sinefrina. Diverse analisi di laboratorio su prodotti contenenti estratto di Citrus aurantium hanno permesso di isolare anche un altra forma di Sinefrina, la (+) – p-sinefrina. I ricercatori ritengono che questa variante sia probabilmente di origine sintetica – e occultamente aggiunta da società poco oneste.

I ricercatori spagnoli hanno probabilmente esaminato anche la p-sinefrina sintetica. E’ corretto riportare il fatto, però, che essi non hanno specificato se l’analisi da loro svolta fosse diretta nello specifico sulla (-) – p-sinefrina o la (+) – p-sinefrina o, più probabilmente, su una miscela racemica di queste due. Quest’ultima opzione sembra, infatti, la più probabile.

Oltre alla p-sinefrina, in natura esistono la m-sinefrina e la o-sinefrina, ed ognuna di queste altre due forme ha due isomeri. La Sinefrina contenuta nel Citrus aurantium è una miscela di diversi tipi di Sinefrina – e la composizione di questa miscela è variabile.

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In 4 diverse occasioni, i ricercatori hanno valutato la risposta di 13 ciclisti attivi. I soggetti presi in esame sono stati sottoposti ad una seduta su cicloergometro ad un’intensità del 30% del loro VO2max, intensità che subiva incrementi del 10% ogni 3 minuti – fino a raggiungere un’intensità del 90% del VO2max.

I soggetti sono stati sottoposti alla seduta su cicloergometro nel pomeriggio dopo aver consumato un pranzo identico. Un’ora prima dei 4 test ai quali sono stati sottoposti, i soggetti avevano assunto le capsule contenenti o un placebo, o Caffeina, o Sinefrina o un mix di Caffeina e Efedrina.

In una occasione i soggetti hanno assunto capsule prive di principio attivo [Placebo]. In un altra le capsule assunte contenevano 3mg di Caffeina per Kg di peso corporeo. In un’altra ancora, le capsule contenevano 3mg di p-sinefrina per Kg di peso corporeo. In una quarta ed ultima occasione, i soggetti hanno assunto attraverso le capsule sia p-sinefrina che caffeina nel dosaggio prima indicato (3mg per Kg di peso corporeo).

Quindi, un ipotetico individuo di 80Kg avrebbe assunto o 240mg di caffeina, o 240mg di p-sinefrina, o 240mg di p-sinefrina più 240mg di caffeina.

La dose di p-sinefrina utilizzata dai ricercatori è elevata. In Svezia, gli integratori non possono fornire una dose giornaliera maggiore di 160mg di p-sinefrina per assunzione consigliata in etichetta, in Canada non più di 40-50mg e in Francia e Italia non più di 20mg. In Germania, la dose giornaliera di un integratore può contenere al massimo 6,7mg di Sinefrina.

Tornando allo studio qui trattato, nessuna supplementazione ha aumentato il consumo totale di energia. Anche se, la Caffeina, la p-sinefrina e la combinazione di questi due composti hanno aumentato l’ossidazione lipidica e ridotto l’ossidazione glucidica. Quale tipo di stimolante venisse utilizzato dai soggetti del test non aveva differenza d’impatto.

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In conclusione, in base ai dati qui esposti e a quelli raccolti in precedenza sulla potenzialità della Sinefrina per coadiuvare la perdita di peso, la combinazione dei due composti (Caffeina+Sinefrina) non porta ad alcun vantaggio sull’ossidazione lipidica e glucidica rispetto all’uso singolo di uno dei due composti. Questo, però, non esclude l’utilità della Sinefrina in un contesto ipocalorico come agente anoressizzante, come già trattato in un mio vecchio articolo, sebbene anche questo effetto sia esplicato dalla Caffeina (dose dipendente).

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

http://dx.doi.org/10.1249/MSS.0000000000001653

Attività anabolizzante dell’INSL3 (Insulin-like Peptide-3)

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Le cellule di Leydig – presenti nei testicoli degli uomini e nelle ovaie delle donne – non si limitano a sintetizzare ormoni come i conosciuti Testosterone ed Estradiolo. In esse viene sintetizzato anche un ormone peptidico denominato INSL3 (Insulin-like Peptide-3). Endocrinologi italiani hanno descritto le sue proprietà anabolizzanti su Frontiers in Endocrinology.(1)

L’INSL3 è un ormone dalle azioni poco conosciute, sintetizzato, come detto pocanzi, dalle cellule di Leydig. Nei soggetti sani di sesso maschile le sue concentrazioni ematiche raggiungono mediamente i 600 picogrammi per millilitro, mentre nei soggetti di sesso femminile raggiungono concentrazioni di 100 picogrammi per millilitro. L’INSL3 interagisce con il recettore RXFP2.

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Attraverso l’attivazione del RXFP2, l’INSL3 svolge un ruolo importante nello sviluppo dei testicoli, un azione conosciuta dagli endocrinologi fin dal secolo scorso. Più recente è la scoperta che ha mostrato come attraverso l’attivazione del RXFP2 da parte l’INSL3 venga indotto un miglioramento delle condizioni del tessuto osseo. Al momento i farmacologi stanno ricercando sostanze aventi effetto anabolico sul tessuto osseo tramite l’attivazione del RXFP2. (2)

I ricercatori italiani hanno voluto scoprire, attraverso test in vitro e su animali, se questo tipo di farmaci – incluso l’INSL3 – possano avere un potenziale anabolizzante nei confronti del tessuto muscolare.

I ricercatori hanno scoperto che ad una concentrazione di 10 nanomoli, l’INSL3 ha attivato le più importanti molecole di segnale anabolico nelle cellule muscolari [INSL3]. Non hanno osservato questi effetti quando è stata inserita una molecola con attività bloccante il recettore RXFP2 [INSL3-beta-chain].

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La figura sopra esposta confronta l’effetto dell’INSL3 sulla produzione di proteine muscolari nei miociti con quella del metabolita del Testosterone DHT. L’effetto anabolico di entrambe le sostanze è simile. Cosa non molto promettente.

I ricercatori hanno poi esaminato l’effetto dell’inibizione del INSL3 a livello muscolare [KO] attraverso l’osservazione dei muscoli funzionanti [arti di controllo] e nei muscoli non funzionanti [arti denervati] [denervazione = inattivazione di un muscolo attraverso la recisione dei percorsi neurali]. Come si può vedere qui di seguito, la disattivazione del INSL3 nei muscoli non funzionanti ha causato una riduzione più rapida dei processi anabolici.

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I ricercatori hanno riportato che essi, attraverso questo studio, sono riusciti a fornire per la prima volta le prove dell’azione negativa sul muscolo scheletrico derivante dall’ablazione della segnalazione di legame INSL3 / RXFP2, mostrando che i topi privati dell’attività dei RXFP2 hanno peggiorato il tasso della perdita muscolare e la riduzione della forza contrattile dopo denervazione rispetto agli animali di controllo, in particolare nei muscoli con un elevato metabolismo beta-ossidativo. Meccanicamente, è suggerito un importante coinvolgimento nell’alterazione del sistema ubiquitina-proteasoma. Questo modello dovrebbe essere rafforzato negli esseri umani, in base alle peculiari caratteristiche metaboliche delle fibre muscolari e alla dinamica endocrina dell’INSL3. Ulteriori indagini sono necessarie per concretizzare queste ipotesi.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. http://doi.org/10.3389/fendo.2018.00562
  2. http://grantome.com/grant/NIH/R01-AR070093-01

RUSSELIOSIDE-B E GRASSO CORPOREO

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Caralluma Quadrangula

Recentemente il farmacologo egiziano Essam Abdel-Sattar ha identificato nella pianta Caralluma Quadrangula una sostanza steroidea la quale ha mostrato alcuni notevoli effetti sulla perdita di grasso negli studi svolti su animali. (1)

La Caralluma Quadrangula è una pianta grassa particolarmente diffusa nella penisola arabica. Da questa pianta, i ricercatori hanno estratto la sostanza steroide-simile Russelioside B che hanno somministrato ai ratti attraverso la loro alimentazione.

 

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Se ad essere presi in esame fossero stati degli esseri umani adulti, la dose di Russelioside B ad essi somministrata sarebbe stata di circa 200-300mg [nei topi 25 mg/kg] o 400-600mg [nei topi 50 mg/kg] al giorno.

Per 16 settimane il contenuto calorico della dieta degli animali presi in esame è stato aumentato attraverso un surplus lipidico.

Al primo gruppo di controllo sono stati somministrati mangimi ricchi di grassi senza l’aggiunta di alcuna sostanza bioattiva; agli animali del secondo gruppo di controllo è stata somministrata un’alimentazione standard, anch’essa senza l’aggiunta di sostanze bioattive.

Sia gli animali trattati con la dosa bassa [25 mg/kg] che quelli trattati con la dose alta [50 mg/kg]  di Russelioside-B, hanno mostrato che questa sostanza esercita un azione inibitoria considerevole sull’aumento dei depositi adiposi. Ciò nonostante, come c’era da aspettarselo, la dose alta ha esercitato una azione più marcata rispetto a quella bassa.

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Il Russelioside B ha anche inibito la crescita degli adipociti [vedi figura seguente]. Il glicoside gravidico ha salvaguardato l’efficacia dell’Insulina limitando l’aumento del HOMA-IR [unità di misura per calcolare il grado di insulino resistenza].

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I ricercatori sospettano che il Russelioside-B funzioni attraverso molteplici meccanismi. Uno di questi è rappresentato dall’attività inibitoria sui fattori infiammatori come l’interleuchina 1-beta, l’interleuchina-6 e il TNF-alfa.

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Un altro possibile meccanismo è legato alla capacità del Russelioside B sull’aumento del dispendio energetico cellulare. Il Russelioside-B ha inibito la riduzione di UCP-1 e UCP-2 causata da una dieta ipercalorica. Le UCP sono proteine disaccoppianti della membrana mitocondriale interna e sono in grado di dissipare il gradiente protonico generato dal NADH tra la matrice mitocondriale e lo spazio intermembrana mitocondriale. L’energia dissipata non viene utilizzata per lavoro biochimico e viene dispersa sotto forma di calore; difatti le UCP sono associate alla termogenesi.

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I ricercatori hanno concluso che, il Russelioside B ha esercitato un controllo sull’aumento di peso, ha migliorato il profilo lipidico e il deterioramento infiammatorio che accompagna l’obesità e l’insulino-resistenza indotte dalla dieta ipercalorica. Inoltre, il Russelioside B ha modulato l’espressione delle adipochine e ha aumentato l’espressione e il livello delle proteine legate al dispendio energetico. Pertanto, l’azione antiobesgena complessiva del Russelioside B può essere, almeno in parte, attribuita alle sue attività antinfiammatorie e sulla modulazione delle adipochine, oltre al suo effetto favorevole sul dispendio energetico. Studi futuri sono giustificati per indagare le azioni farmacologiche del Russelioside B su organi importanti come il fegato e per esplorare appieno i suoi meccanismi compensatori sugli effetti metabolici di una alimentazione ad alto contenuto lipidico nei ratti.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. http://doi.org/10.3389/fphar.2018.00990

GSK20881078: EFFETTI ANABOLIZZANTI E COLLATERALI NELL’UOMO.

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Nel febbraio di quest’anno ho scritto un articolo nel quale riportavo alcuni studi svolti sul SARM GSK20881078. Tra gli studi citati ve ne era uno svolto sull’uomo (studio di fase 1).(1) Attualmente i ricercatori della GlaxoSmithKline stanno proseguendo i test sugli esseri umani. Un recente studio che ha preso in esame gli effetti del GSK20881078 sugli esseri umani, il quale verrà a breve pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, ha mostrato, per la prima volta, il potenziale anabolizzante di questo SARM nell’uomo.(2) Tuttavia, lo studio suggerisce anche che il GSK20881078 potrebbe avere degli effetti collaterali non di entità non trascurabile.

I ricercatori hanno somministrato il GSK20881078 a 100 persone sane di età superiore ai 50 per 8 settimane. I soggetti presi in esame erano sia maschi che femmine e sono stati trattati con dosaggi differenti.

I soggetti di sesso maschile ai quali è stata somministrata una dose di 4mg/die di GSK20881078 hanno avuto un guadagno di 1,5Kg di massa magra in 8 settimane di trattamento. Le donne alle quali è stata somministrata una dose di 1,5mg/die di GSK2088078, hanno avuto un guadagnato 3Kg di massa magra.

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Ovviamente, come per altri SARM o PED in generale, l’uso del GSK20881078 può portare ad alcuni effetti collaterali. Il livello di Testosterone totale negli uomini si è ridotto di due terzi durante il trattamento con il SARM. Due settimane dopo la fine del trattamento, i livelli di Testosterone non erano ancora tornati in soglia basale (nei range della fascia d’età dei soggetti esaminati).

Anche gli effetti sui livelli di HDL non sono da sottovalutare. Infatti, si è verificato un calo del 30-45% delle lipoproteine ad alta densità.

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Gli effetti collaterali di cui sopra sono stati rilevati a metà del periodo di somministrazione. Quale entità abbiano gli effetti collaterali dopo 8 settimane di trattamento non è dato saperlo dal momento che i ricercatori, stranamente e con non pochi dubbi, non lo hanno verificato. Per risolvere questo “mistero d’omissione”, o ,per lo meno, per farsi un idea plausibile sulle reali cause di ciò, basta conoscere i finanziatori dello studio (GlaxoSmithKline). Un altro dato mancante è rappresentato dall’impatto della molecola a livello epatico.

I ricercatori concludono affermando che è il trattamento con GSK20881078 può portare ad aumenti potenzialmente significativi a livello clinico della massa magra con una risposta differenziale tra i sessi. I cambiamenti nella chimica clinica sono stati coerenti con quelli precedentemente segnalati per altri SARM ed erano relativamente miti, monitorabili e reversibili. Ulteriori ricerche sono ora in programma per analizzare gli effetti di aumento della massa magra osservati.

Sebbene le risposte nell’aumento della massa magra possano sembrare promettenti ai dosaggi indicati, specie negli individui di sesso femminile, l’entità dei possibili effetti collaterali rende questo composto decisamente meno interessante per gli atleti; specie se paragonato con altri PED attualmente in uso ed il loro rapporto tra possibili benefici ed effetti collaterali. Un calo del HDL del 35-40% con una dose di 4mg/die per 4 settimane non lascia spazio a rosee previsioni sull’effetto riscontrabile con l’uso di dosi più elevate per lo stesso lasso di tempo o per periodi più lunghi.

Una nota interessante, che va oltre lo studio che qui è stato trattato, è data dal fatto che l’antidoping ha già sviluppato un test per la rilevazione del GSK20881078.(3)

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.1111/bcp.13316
  2. https://doi.org/10.1210/jc.2017-02644
  3. https://doi.org/10.1177/1469066717731228