APPROFONDIMENTI SULL’ ABBINAMENTO CREATINA+CAFFEINA

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Dell’abbinamento “Creatina+Caffeina” ne avevo già parlato occupandomi però limitatamente della questione trattando l’aspetto dell’assorbimento. Purtroppo, i possibili “problemi” nei quali si può incappare con questo abbinamento integrativo non si limitano a questo. Infatti, esiste anche una possibile interazione negativa a livello dell’attività ergogenica di questi due composti.

In uno studio scientifico del 1996 [1], venne affermato che l’effetto ergogenico della creatina, e cioè la sua capacità nel migliorare le prestazioni, “è completamente eliminata dal consumo di caffeina”. In questo studio, un gruppo aveva assunto prima la creatina e un paio di settimane più tardi il placebo ; il secondo gruppo, prima il placebo e poi la creatina. Anche se questa procedura è quella che normalmente viene adottata in questo tipo di studi, sarebbe stato più corretto lasciar trascorrere un periodo più lungo tra i trattamenti per essere sicuri che gli atleti avrebbero avuto nei muscoli i loro livelli di creatina pre-studio. Altro dettaglio importante da considerare è la dieta; gli alimenti contenenti creatina possono, infatti, fornire abbastanza creatina da mantenere il carico iniziale. Considerando tutto questo, esistono fondati motivi per mettere in discussione i risultati riportati in questo studio.

In un altro studio del 2002 [2], l’assunzione di Creatina+Caffeina per tre giorni “neutralizza l’effetto benefico dell’integrazione a base di creatina sui muscoli in tempo di rilassamento”. È interessante notare che l’assunzione improvvisa e regolare di caffeina, invece, non avrebbe alcun impatto negativo.

L’assunzione improvvisa di caffeina dopo un periodo di carico di creatina sembrerebbe effettivamente avere un effetto ergogenico, come dimostrato da altri due studi [3, 4]. In entrambi gli studi, i ricercatori hanno osservato che l’ingestione elevata di caffeina (circa 5 mg / kg di peso corporeo) dopo un periodo di 5-6 giorni di integrazione a base di creatina e astinenza dalla caffeina migliorerebbe le prestazioni dell’esercizio ad alta intensità.
Allora che dire degli integratori pre-workout che contengono sia creatina che caffeina? Studi più recenti [5, 6] hanno testato integratori pre-workout che combinano ingredienti diversi, tra cui caffeina e creatina. I risultati hanno mostrato che l’ingestione di questi integratori prima dell’esercizio migliorerebbe le prestazioni nonostante la presenza di entrambe le sostanze: caffeina e creatina. Tuttavia, non è stato possibile individuare l’ingrediente che da solo potrebbe spiegare tale miglioramento, per cui il risultato è probabilmente dovuto alla combinazione di dosi relativamente basse di entrambe le sostanze.
Una buona strategia potrebbe essere quella di ridurre o addirittura interrompere l’assunzione di caffeina durante un periodo di carico di creatina per poi riprendere il suo normale utilizzo dopo tale periodo. O comunque, evitare di consumare grandi quantità di caffeina in combinazione con la creatina. Anche se un consumo moderato di caffeina non influenza l’equilibrio dei liquidi, dosi maggiori possono avere effetti diuretici. Poiché uno degli effetti positivi della creatina è la volumizzazione cellulare, vale a dire la presenza maggiore di liquidi nei muscoli, una corretta idratazione è fondamentale, pertanto l’eliminazione di acqua dal corpo causata dall’eccessiva assunzione di caffeina non è desiderabile. E per quelli preoccupati di non ottenere l’effetto ergogenico della caffeina con dosi moderate, sappiate che anche una dose bassa, pari a circa 200-300 mg, è sufficiente per migliorare la performance fisica [7].

Quindi, per concludere, secondo le mie osservazioni, un mix di“ Creatina+Caffeina” rimane un efficace pre-workout quando la dose di caffeina rimane nel range dei 200mg, anche se, nel complesso, risulta scientificamente più funzionale una loro suddivisione nella tempistica di assunzione.

Gabriel Bellizzi


Riferimenti:

[1] http://jap.physiology.org/content/80/2/452
[2] http://jap.physiology.org/content/92/2/513
[3] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21207054
[4] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12439084
[5] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22463603
[6] http://www.jissn.com/content/7/1/10
[7] http://www.gssiweb.org/en/ask-the-expert/all/dietary-supplements

Il “dilemma” dell’associazione Creatina e Caffeina

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Spesso si sente dire che l’abbinamento Creatina e Caffeina non sia una buona scelta come pre-workout. Ma è vero ciò che si dice? No, non lo è per le ragioni che andrò ad elencarvi.

Assumere Caffeina insieme alla Creatina non crea nessun problema! Ma c’è una importante considerazione da fare.

La Creatina per essere assimilata correttamente necessita anche di un PH gastrico alcalino e non acido, il quale la degraderebbe senza essere assimilata. Per questo motivo la Creatina monoidrata viene abbitualmente assunta con un tampone.

La Caffeina, intesa come integratore stimolante non altera il PH gastrico e di conseguenza la sua assunzione non è controindicata in concomitanza con la Creatina. Dopotutto moltissimi preworkout contengono la combinazione Creatina+Caffeina.

Ciò che veramente va evitato, e che ha dato origine al falso mito, è il caffè assunto in concomitanza con la Creatina. Spesso molti atleti prima del workout assumono una tazza di caffè come energizante. Purtroppo il Caffè altera il PH gastrico rendendo l’ambiente acido,e come precedentemente detto non è un ambiente ideale per la Creatina.

C’era uno studio di qualche anno fa che dimostrava quanto appena detto. Purtroppo non è stato correttamente compreso da molte persone le quali hanno confuso caffè con Caffeina creando la falsa credenza di incompatibilità tra Creatina e Caffeina.

Di conseguenza:

•Il caffè altera il PH gastrico rendendo l’ambiente acido causando di conseguenza la degradazione della Creatina. La Creatina và assunta a debita distanza dall’assunzione di caffè. E’ anche consigliato astenersi dal consumo di caffe o di altre sostanze acidificanti durante i periodi di assunzione di Creatina per non comprometterne la corretta assimilazione.

•La Caffeina Anidra, quella presente negli integrato alimentari, non causa alcun problema e, di conseguenza, può essere tranquillamente assunta insieme alla Creatina come ottimo pre-workout.

Gabriel Bellizzi

VITAMINA C E CORTISOLO

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Che la Vitamina C abbia la capacità di abbassare il Cortisolo è cosa che spesso si sente dire tra i frequentatori di palestre (almeno quelli più informati) e i sedicenti “Guru” del momento. Ma esistono evidenze scientifiche a proposito? Certo che si!
Secondo uno studio effettuato da ricercatori della University of Alabama a Huntsville la supplementazione di Vitamina C potrebbe effettivamente abbassare i livelli di Cortisolo. I ricercatori hanno messo dei topi sotto stress per un’ora al giorno per tre settimane e poi hanno dato loro 200 mg di vitamina C o un placebo. Secondo Science Daily, dove era riportato lo studio, i ratti trattati con la Vitamina C hanno sperimentato una diminuzione del Cortisolo e di altri ormoni dello stress rispetto a quelli trattati con un placebo. (1)
Secondo lo Psychology Today, uno studio sugli esseri umani ha mostrato risultati simili. Ricercatori tedeschi hanno studiato gli effetti della supplementazione di vitamina C su partecipanti i quali dovevano parlare in pubblico; che è considerato un fattore di stress. Ai soggetti sono stati dati 1.000 mg di vitamina C o un placebo prima di eseguire l’operazione. Gli scienziati hanno scoperto che quelli del gruppo ai quali era stata somministrata vitamina C avevano livelli più bassi di Cortisolo e la pressione sanguigna più bassa rispetto a quelli che non avevano ricevuto la supplementazione di vitamina C. Inoltre, i partecipanti del gruppo Vitamina C percepivano meno stress rispetto al gruppo non-vitamina. (2)
Ma c’è uno studio che ritengo essere molto interessante. Si tratta di uno studio volto a misurare gli effetti della supplementazione di Vitamina C sulle alterazioni delle concentrazioni circolanti di Cortisolo, Adrenalina, Interleuchina-10 (IL-10) e Interleuchina-1 antagonista del recettore (IL-1Ra), seguenti ad ultramaratona e misurati utilizzando immunochemiluminescenza, radioimmunologico e procedure ELISA . Quarantacinque partecipanti alla maratona di 90km al 1999 Comrades sono stati divisi in gruppi uguali (n = 15) trattati con 500 mg/die di Vitamina C (VC-500), 1500 mg / die di Vitamina C (VC-1500) o un placebo (P) per 7 giorni prima della gara, il giorno della gara, e per 2 giorni dopo la conclusione della gara. La dieta dei corridori venne monitorata prima, durante e dopo la gara e vennero prelevati campioni di sangue da 35 ml 15 – 18 ore prima della gara, immediatamente dopo la gara, 24 e 48 ore dopo la gara. Ventinove corridori (VC-1500, n = 12; VC-500, n = 10; p, n = 7) rispettarono tutti i requisiti dello studio. Tutte le concentrazioni post-gara sono state aggiustate per variazione di volume del plasma. L’analisi dell’assunzione dietetica, della glicemia nel sangue e lo stato antiossidante del giorno precedente la gara e del giorno della gara non ha rivelato che l’assunzione di carboidrati o delle vitamine E e A erano fattori confondenti significativi nello studio. Le concentrazioni seriche di Vitamina C pre-gara nei gruppi VC-500 e VC-1500 (128 +/- 31 e 153 +/- 34 micromol / l) erano significativamente più alti rispetto al gruppo P (83 +/- 39 micromol / l). Immediatamente dopo la gara le concentrazioni seriche di Cortisolo erano significativamente più basse nel gruppo VC-1500 (p <0.05) rispetto ai gruppi P e VC-500. Quando i dati provenienti dai gruppi VC-500 e P sono stati combinati (n = 17), i livelli di Adrenalina, le concentrazioni di IL-10 e IL-1Ra nel plasma erano risultati significativamente inferiori (p <0.05) nel gruppo VC-1500. Lo studio ha dimostrato una attenuazione, seppur transitoria, sia dell’ormone dello stress surrenale che della risposta dei polipeptidi anti-infiammatori in seguito ad esercizio prolungato in corridori integrati con 1500 mg di vitamina C al giorno rispetto a <o = 500 mg al giorno. (3)
Quindi è ovvio che, anche a livello scientifico, la supplementazione di Vitamina C dimostra una reale efficacia nell’attenuare i livelli di Cortisolo. Il dosaggio efficace per tale scopo sembra essere 1gm. Tenete a mente che l’aggiunta di grandi dosi di vitamina C troppo velocemente può portare a diarrea e mal di stomaco. Pertanto, aumentare gradualmente l’assunzione della vitamina C è la scelta migliore.
La supplementazione di vitamina C può interagire con alcuni farmaci, tra cui gli antiacidi contenenti alluminio, l’aspirina, e il Tylenol secondo quanto riportato dalla University of Maryland Medical Center.(4) Se si sta attualmente prendendo uno di questi farmaci o altri, si c
onsiglia di consultare il proprio medico prima di assumere integratori di vitamina C.

Gabriel Bellizzi


Note:

(1) Science Daily; Scientists Say Vitamin C May Alleviate the Body’s Response to Stress; August 1999
(2) Psychology Today; Vitamin C: Stress Buster; April 2003
(3) Vitamin C supplementation attenuates the increases in circulating cortisol, adrenaline and anti-inflammatory polypeptides following ultramarathon running.
(4) University of Maryland Medical Center; Vitamin C (Ascorbic Acid); 2011

VITAMINA C E RILASCIO DI NORADRENALINA

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La Noradrenalina o norepinefrina(DCI) (NE) è un neurotrasmettitore; differisce dall’adrenalina in quanto rispetto ad essa manca di un metile legato al gruppo aminico. Essa è una catecolamina (cioè un’amina la cui struttura ricorda quella del catecolo) ed una fenetilamina avente formula chimica C8H11NO3. Lo stereoisomero naturale è la L-(−)-(R)-norepinefrina.
Rilasciata dalle cellule cromaffini come ormone nel sangue, è anche un neurotrasmettitore nel sistema nervoso, dove è rilasciato dai neuroni noradrenergici durante la trasmissione sinaptica. In quanto ormone dello stress, coinvolge parti del cervello dove risiedono i controlli dell’attenzione e delle reazioni. Insieme all’epinefrina, provoca la risposta di ‘attacco o fuga’ (fight or flight), attivando il sistema nervoso simpatico per aumentare il battito cardiaco, rilasciare energia sotto forma di glucosio dal glicogeno e aumentare il tono muscolare.

La Noradrenalina possiede anche un altro effetto, quello di attivare i processi termogeni nel corpo. Come ben saprete, il termine “termogeno” si riferisce alla capacità di trasformazione dell’energia in calore, anche conosciuto come ciclo energetico inutile, dal momento che vengono bruciate calorie senza per altro fare un vero e proprio lavoro. Molti degli integratori con azione lipolitica presenti in commercio sfruttano questo tipo di termogenesi. Ad esempio, la comune Caffeina agisce aumentando il rilascio di Noradrenalina.
La Noradrenalina è sintetizzata dall’aminoacido Tirosina in una reazione che richiede Vitamina C (Acido Ascorbico). Scienziati dell’Università di Berlino si sono chiesti quale fosse l’effetto dell’integrazione di Vitamina C sulla sintesi di Noradrenalina , in modo particolare nella fase post-allenamento, dal momento che l’esercizio fisico favorisce la secrezione di Noradrenalina.
Lo studio prevedeva 8 soggetti sani, che effettuarono due prove dall’enamento su bicicletta al 72% del VO2max, con o senza l’integrazione di Vitamina C. Il giorno precedente le prove, i soggetti ricevettero due dosi di Vitamina C da 500mg ciascuna, poi nuovamente a 2 e ad 1 ora prima dell’inizio della sessione d’allenamento.
I risultati evidenziarono un significativo aumento dei livelli di Noradrenalina con l’assunzione di Vitamina C rispetto a chi riceveva solo il placebo (sostanza inattiva). Questo test mostra come l’integrazione di Vitamina C prima di una sessione di allenamento faccia effettivamente aumentare la concentrazione di Noradrenalina . Ne conseguirebbe quindi che l’aggiunta di Vitamina C ad un qualsiasi composto termogeno, come il classico Caffeina ed Efedrina, aumenterebbe l’ossidazione dei lipidi durante l’esercizio.

Gabriel Bellizzi

Fonte:

“Applied Metabolics 13”

 

ALTI LIVELLI DI VITAMINA C E TESTOSTERONE

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Studi recenti mostrano come la fase iniziale della cascata ormonale, il rilascio dell’LHRH, è promosso dall’Ossido Nitrico(NO), ricavato dall’aminoacido Arginina. L’ossido nitrico è un radicale libero ma, in questo caso, non è una cattiva cosa. I radicali liberi, come quelli prodotti tramite l’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi, sono degli elettroni non accoppiati, che causano spesso strage tra le cellule, proprio perché riducono l’integrità delle membrane cellulari. In ogni caso, alcuni radicali liberi controllati, sia quelli che partecipano alla produzione degli ormoni tiroidei che quelli coinvolti nella distruzione dei batteri ad opera dei leucociti, sono chiaramente benefici per la salute. L’ossido nitrico rientra in questa categoria. Dal momento che l’ossido nitrico è un radicale libero, necessario per il rilascio dell’LHRH, cosa accadrebbe se le persone prendessero delle alte dosi di una sostanza che sappiamo capace di annullare le reazioni dei radicali liberi, come la vitamina C?

Ricercatori della Louisiana hanno fatto esattamente questo. Avendo notato che l’acido ascorbico, ovvero la vitamina C, è naturalmente presente in grosse concentrazioni nell’ipotalamo, essi fornirono delle sostanze chimiche in grado di stimolare il fattore di rilascio dell’ormone luteinizzante (LHRH), aumentando anche i livelli di acido ascorbico. Come era prevedibile, l’ulteriore dose di vitamina C non influì sul normale rilascio dell’LHRH, ma ne bloccò la liberazione da parte di altre sostanze.

Questa ricerca mostra come l’organismo abbia bisogno di ossido nitrico per la stimolazione del testosterone – per lo meno a livello cerebrale – e che, mentre la vitamina C può eventualmente inibire il rilascio dell’LHRH da parte di altre sostanze, non ne influirà negativamente una sintesi normale. Una spiegazione a questo è che il cervello controlla strettamente i livelli di vitamina C. In teoria, se dei grossi quantitativi di vitamina C dovessero entrare nel cervello, questo determinerebbe l’inibizione del LHRH, tramite la neutralizzazione dell’ossido nitrico.

Gabriel Bellizzi

Fonte:

“Applied Metabolics Volume 1“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore.

CREATINA E AUMENTO DEL GRASSO CORPOREO

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Solitamente le persone che usano integratori di creatina notano un iniziale rapido aumento del peso. Questo aumento del peso può variare da 2 a 6 kg e solitamente si verifica seguendo il tipico modello del carico della creatina con l’assunzione di 20 g di creatina per 5-6 giorni seguiti da una dose di mantenimento. L’opinione prevalente sulla reale causa dell’aumento del peso è che esso consiste prevalentemente di acqua perché la creatina favorisce un incremento della ritenzione idrica intracellulare. Un’altra possibilità interpella sia l’incremento di acqua intracellulare sia l’aumento della massa muscolare seguente all’instaurarsi di un ambiente intra-cellulare favorevole all’anabolismo.

Un aspetto della composizione corporea mai preso in considerazione a proposito della creatina sono i suoi effetti sul grasso corporeo. La creatina in teoria non dovrebbe creare problemi per quelli che vogliono ridurre il grasso corporeo. Ma uno studio di recente pubblicazione ha indicato che la creatina può effettivamente favorire l’aumento del grasso corporeo. Lo studio ha coinvolto 10 uomini attivi, tutti si sono allenati almeno 3 volte la settimana. Nessuno di loro era vegetariano e nessuno ha usato altri aiuti ergogeni o aveva usato prima integratori di creatina. Nel corso dello studio i soggetti si sono allenati per 12 settimane e hanno assunto creatina o un placebo. La creatina è stata assunta in dosi di 20 g al giorno per 4 giorni e poi 2 g al giorno per 17 giorni. I risultati dello studio hanno mostrato che sia il gruppo creatina sia il gruppo placebo hanno guadagnato più o meno la stessa quantità di massa muscolare. Ma solo il gruppo placebo ha mostrato una riduzione significativa del grasso corporeo. Quelli che hanno assunto la creatina hanno mostrato un maggiore quoziente respiratorio (RER), indicando uno spostamento verso un maggiore uso dei carboidrati a riposo invece dei grassi.

La domanda è: perché la creatina ha ridotto l’uso dei grassi durante il riposo? Durante il riposo il corpo usa principalmente i grassi come carburante e la diminuzione dell’ossidazione dei grassi a riposo dopo l’uso della creatina potrebbe spiegare perché quelli del gruppo della creatina non hanno perso tanto grasso quanto quelli nel gruppo placebo, nonostante abbiano seguito una dieta simile e si siano allenati usando lo stesso programma.

Gli autori dello studio indicano che la creatina può smorzare l’uso dei grassi a riposo perché aumenta la sensibilità all’insulina e ciò può aumentare l’assorbimento del glucosio da parte dei muscoli a riposo. Se il muscolo ha più carburante prontamente disponibile, come il glucosio, l’uso dei grassi a riposo si riduce. Perciò, secondo questo studio, la creatina può favorire il passaggio da un uso normale dei grassi a riposo a un maggiore uso dei carboidrati. Gli autori concludono avvertendo gli atleti degli sport in cui il peso corporeo è importante che l’uso della creatina può ostacolare gli sforzi per perdere peso.
Questo studio però sembra essere un tipico studio teorico che non si applica alla vita reale. Ci sono in gioco molte variabili. Per esempio, i soggetti del gruppo creatina si allenavano duramente quanto quelli del gruppo placebo? Quanto erano simili le diete dei due gruppi controllati? La spiegazione suggerita del perché la creatina può far ingrassare non sembra realistica.
A proposito di questo nuovo studio sulla creatina e i grassi, se consumate troppi nutrienti e non li utilizzate attraverso una maggiore attività fisica, la creatina può effettivamente aumentare l’effetto di sintesi dei grassi. Ma la probabilità che ciò si verifichi per qualcuno impegnato in un programma di allenamento con i pesi anche scarso è remota. La creatina è in circolazione da abbastanza tempo per aver potuto produrre questi effetti e non mi sembra che molte persone siano ingrassate usando qualsiasi integratore di creatina. È vero il contrario: la maggior parte delle persone che usano la creatina nota un aumento della massa magra e una diminuzione dei livelli di grasso corporeo, se non altro perché la creatina permette di allenarsi con un maggiore livello di intensità.
Un altro aspetto controverso di questo studio coinvolge il presunto meccanismo di aumento del grasso indotto dalla creatina. L’aumento della sensibilità all’insulina e la facilitazione dell’ingresso del glucosio nel muscolo dovrebbero tradursi in una riduzione del grasso, non in un aumento. Infatti la maggior parte delle persone obese sono insulino-resistenti. Spesso l’aumento della sensibilità all’insulina è legato alla riduzione del grasso, non a un suo aumento.

Gabriel Bellizzi

Fonte:


“Applied Metabolics Volume 5“,pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore.

Fitoestrogeni e loro azioni

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I fitoestrogeni sono una classe di composti vegetali in grado di legarsi agli ER (Recettori Estrogeni), esercitando azione estrogenica o anti-estrogenica. L’azione anti-estrogenica si ha nel momento in cui il composto esogeno presenta una debole attività estrogenica ma una maggiore affinità di legame verso gli ER di determinati tessuti. Se quindi un fitoestrogeno con blanda attività estrogenica si lega agli ER di un tessuto, impedendo che lo faccia un estrogeno endogeno più potente (particolarmente l’Estradiolo), il risultato finale sarà un’azione anti-estrogenica del composto su quel tessuto. In questo caso, alcuni fitoestrogeni sono molto simili ai conosciutissimi SERM (“selective estrogen receptor modulators”).
Alcuni fitoestrogeni incrementano la produzione epatica di SHBG (globuline leganti gli ormoni sessuali), altri incrementano o riducono l’attività dell’enzima aromatasi, altri ancora sono in grado di favorire la formazione di metaboliti estrogenici 2-idrossilati (estrogeni “buoni”) a discapito dei metaboliti 16-alfa idrossilati (estrogeni “cattivi”).

Tra i fitoestrogeni, la classe di composti più importante dal punto di vista endocrino è rappresentata dagli isoflavoni. Gli isoflavoni sono una sottoclasse di composti fenolici appartenenti alla classe dei flavonoidi. Tra questi, degni di rilievo per la loro azione estrogenica, figurano:

– la Genisteina;
– la Daidzeina;
– il Cumestrolo;
– la Puerarina.

Questi composti si trovano in diversi prodotti di origine vegetale, quali leguminose e radice di liquirizia, ma soprattutto nella soia e nei prodotti che da essa derivano. Pur essendoci ancora controversie a riguardo, gran parte degli studi epidemiologici, molti dei quali condotti su popolazioni asiatiche (in cui vi è il più alto consumo di soia), ha evidenziato il ruolo protettivo degli isoflavoni della soia nei confronti del carcinoma mammario ormone-dipendente.

L’assunzione di isoflavoni della soia nelle donne, sia prima che dopo la menopausa, riduce i metaboliti con effetti genotossici degli estrogeni, ovvero i metaboliti 16-alfa e 4 idrossilati, aumentando il rapporto 2-OH/16-alfa-OH, ovvero favorendo la prevalenza degli estrogeni “buoni”. Inoltre, gli isoflavoni della soia incrementano la sintesi epatica di SHBG, riducendo la quota di estrogeni liberi e biologicamente attivi. Quest’ultima azione, unita alla blanda azione antiestrogenica su alcuni tessuti, consente di migliorare, in alcuni casi, i sintomi della sindrome pre-mestruale, condizione spesso caratterizzata da una situazione di “dominanza estrogenica”, ovvero di un alterato rapporto tra estrogeni e progesterone a favore dei primi.
Nell’uomo la situazione cambia , poichè l’assunzione di soia e derivati può compromettere la normale produzione di Testosterone e causare altri effetti collaterali sul sistema endocrino. In particolare, è da considerare l’azione estrogenica ed antiandrogena di un metabolita della daidzeina: l’Equolo. Questo composto, in alcuni studi condotti su modelli animali, ha dimostrato un’affinità per gli ER alla pari dell’Estradiolo. La sua azione antiandrogena è dovuta alla forte affinità per il Diidrotestosterone (DHT), ormone androgeno per eccellenza, responsabile dello sviluppo dei caratteri e degli organi sessuali maschili. L’Equolo è in grado di legare il DHT plasmatico, inibendone il legame con i recettori androgeni. Diversi altri studi hanno dimostrato come l’assunzione prolungata di soia e derivati possa ridurre i livelli di Testosterone, di Diidrotestosterone, il rapporto DHT/Testosterone e compromettere la fertilità nel maschio. Tra i potenziali effetti collaterali figurano anche calo della libido, impotenza e ginecomastia.

Altri fitoestrogeni degni di rilievo comprendono il resveratrolo, l’indolo-3-carbinolo ed i lignani. Il resveratrolo è un flavonoide molto abbondante nell’uva e nel vino rosso. Questo composto ha mostrato proprietà antiproliferative nei confronti di cellule cancerose, in particolare nei tumori mammari estrogeno dipendenti. Il resveratrolo è in grado di legare con pari affinità gli ER-α e ER-β, esercitando sia effetti estrogenici che antiestrogenici, oltre che antinfiammatori e cardioprotettivi. L’indolo-3-carbinolo è un composto molto abbondante nelle crucifere, quali i broccoli. Questo composto ed in particolare il suo metabolita diindolilmetano promuovono la produzione di metaboliti estrogenici 2-idrossilati (estrogeni “buoni”) a discapito dei metaboliti 16-alfa e 4-idrossilati (estrogeni “cattivi”), inducendo l’espressione di enzimi quali il citocromo CYP1A1. Inoltre, sono in grado di ridurre l’espressione genica di alcuni geni attivati dallo stimolo degli er-alfa, in particolare di geni coinvolti nella genesi del carcinoma mammario estrogeno-dipendente, di competere con gli estrogeni endogeni per il legame recettoriale e di favorire la detossificazione da composti xenoestrogeni. I lignani sono composti polifenolici che si ritrovano in diversi vegetali, leguminose, cereali integrali, ma soprattutto in alcuni olii di semi, in particolare l’olio di semi di lino. Alcuni di essi, come l’enterolattone, hanno mostrato proprietà inibenti l’enzima aromatasi, riducendo la conversione di testosterone in estradiolo ed androstenedione in estrone. Altri invece, sembrano incrementare la sintesi epatica di SHBG, riducendo la quota di estrogeni liberi plasmatici (ma anche di androgeni). In entrambi i casi, l’effetto sulle donne che presentano irregolarità del ciclo mestruale o sindrome premestruale sembra essere positivo.

Da tutto ciò si capisce come nell’uomo, il consumo di soia e derivati (comprese le proteine in polvere) dovrebbe essere eliminato. Questo vale anche tanto nell’atleta natural quanto in quello supplementato chimicamente.

Fonte:

http://www.vivereinforma.it/alimentazione/item/metabolismo-degli-estrogeni-e-nutrizione

Testosterone: caratteristiche, azioni e applicazioni

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Molecola di Testosterone

Il testosterone [ (8R,9S,10R,13S,14S,17S)- 17-hydroxy-10,13-dimethyl- 1,2,6,7,8,9,11,12,14,15,16,17- dodecahydrocyclopenta[a]phenanthren-3-one] è un ormone steroideo del gruppo androgeno prodotto principalmente dalle cellule di Leydig situate nei testicoli e, in minima parte, dalle ovaie e dalla corteccia surrenale. La sua produzione è influenzata molto dall’ormone luteinizzante LH. È presente anche nelle donne le quali, rispetto agli uomini, hanno una maggiore tendenza a convertire quest’ormone in estrogeni. La desinenza -one è dovuta alla presenza di un gruppo chetonico CO sull’atomo C3 del primo anello del carbonio [A] dello steroide.

Nell’uomo è deputato allo sviluppo degli organi sessuali (differenziazione del testicolo e di tutto l’apparato genitale) e dei caratteri sessuali secondari, come la barba, la distribuzione dei peli, il timbro della voce e la muscolatura. Il testosterone, nell’età puberale, interviene anche sullo sviluppo scheletrico, limitando l’allungamento delle ossa lunghe ed evitando, in questo modo, una crescita spropositata degli arti.

Nell’uomo adulto, i livelli di testosterone giocano un ruolo molto importante per quanto riguarda la sessualità, l’apparato muscolo scheletrico, la vitalità e la buona salute (intesa soprattutto come protezione da malattie metaboliche come ipertensione e diabete mellito e secondo recenti studi anche sulla depressione); contribuisce a garantire la fertilità, in quanto stimola la maturazione degli spermatozoi nei testicoli. Inoltre influenza qualità e quantità dello sperma prodotto, poiché opera sulle vie seminali e sulla prostata, deputate alla produzione di sperma. La produzione giornaliera di testosterone nell’uomo varia dai 5 ai 7 milligrammi ma, superati i 40 anni, tende a diminuire annualmente dell’1%.

Il testosterone regola anche il desiderio, l’erezione e la soddisfazione sessuale: ha, infatti, la funzione di “mettere in sincronia” il desiderio sessuale con l’atto sessuale vero e proprio, regolando l’inizio e la fine dell’erezione del pene. Un deficit di libido (desiderio sessuale) è spesso associato a una disfunzione del testosterone. Ciò è stato evidenziato anche per il desiderio sessuale femminile a seguito della sua diminuzione nel periodo post-menopausale. Il testosterone è utilizzato farmacologicamente sia in uomini che in donne, qualora vi siano alterazioni nei suoi livelli.

Il testosterone è presente in tutti i vertebrati con l’eccezione dei pesci (i quali sostituiscono quest’ormone con l’11-ketotestosterone).

Funzioni, variazioni, regolazione del testosterone

Il testosterone è il principale ormone maschile e viene:

  • sintetizzato maggiormente nelle cellule di Leydig interstiziali dei testicoli a partire da molecole di colesterolo.
  • poi trasformato nel fegato in altre sostanze ormonali o decomposto e smaltito tramite i reni.

La sua principale funzione è:

  • La sintesi testosteronica è notevolmente variabile con l’età:
    • dalla nascita fino all’età di dieci anni è a un livello basso,
    • nell’adolescenza maschile tra i dieci e vent’anni aumenta rapidamente,
    • mentre diminuisce lentamente tra i trent’anni e la fine della vita.
  • Inoltre, a causa di “sfasamenti” di processi metabolici di sintesi e di smaltimento, c’è una grande variazione giornaliera (circadiana)
    • con un marcato minimo verso le ore 1:00 e
    • un massimo tra le ore 6:00 e 13:00
  • Il testosterone ha delle funzioni fisiologiche (assieme ad altri ormoni e fattori) prevalentemente metaboliche e sessuali.

 

Funzioni fisiologiche del testosterone

abbondanza mancanza conseguenze della mancanza rischi di patologie
osteopoiesi osteoclasti
osteoblasti
la massa ossea diminuisce e aumentano i rischi di osteoporosi verso l’apparato locomotore
proteoneogenesi sintesi di tessuti ↓ la massa muscolare diminuisce verso l’apparato locomotore
lipolisi lipogenesi il grasso corporeo aumenta verso l’apparato locomotore
ematopoiesi eritrociti stanchezza, spossatezza verso l’apparato cardiovascolare
vasoprotezione depositi vasali rischi aterosclerotici verso l’apparato cardiovascolare
normotensione ipertensione rischi cardiaci verso l’apparato cardiovascolare
tolleranza al glucosio tolleranza al glucosio ↓ rischi di diabete II sindromi metaboliche
libidine libidine ↓ rischio di disfunzione erettile sessuali, psichiche, comportamentali
aggressività depressività rischio di malavoglia, depressività sessuali, psichiche, comportamentali

Testosterone e anabolismo

Il testosterone è uno dei principali ormoni anabolici, assieme all’asse GH/IGF-1 e all’insulina. Prodotto principalmente dal testicolo, e in minor parte dall´ovaia e dal surrene, favorisce il passaggio degli amminoacidi alle cellule muscolari, ma al contrario dell’asse GH/IGF-1, ha un’azione maggiormente ipertrofica (aumento del volume della cellula muscolare) mediante un aumento del citoplasma, piuttosto che un’azione iperplasica (aumento del numero delle cellule muscolari), questa favorita principalmente dal IGF-1. Ha un effetto minore sulla proliferazione della cellula ossea (favorita invece da GH/IGF-1), ma interviene soprattutto sullo stivaggio di amminoacidi nel muscolo scheletrico, ed essendo androgeno, particolarmente nel pene e clitoride[6]. Ha una forte azione di inibizione dell’insulinoresistenza, quindi aumenta la sensibilità del tessuto muscolare a captare i nutrienti, in particolare gli amminoacidi.

Variazione con l’età

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Variazioni nella sintesi di Testosterone con l’età.

Il testosterone viene sintetizzato già dal feto (a partire dalla sesta settimana di gestazione) in quantità intorno a 0,5 mg/die. In questo stadio promuove la crescita ossea e muscolare ed è responsabile della differenziazione sessuale.

  • Aumenta lentamente fino a circa 1 mg/die entro i dieci anni di età.
  • Entro i dieci e vent’anni di età (adolescenza maschile) la sintetizzazione aumenta rapidamente fino a raggiungere 5 ÷ 7 mg/die per rimanere a questo livello fino a circa trent’anni.
  • Dopo i trent’anni, la sintetizzazione diminuisce di circa 2% all’anno fino a raggiungere 3 ÷ 4 mg/die all’età di ottant’anni.

Si notano differenze individuali di ±15% tra individui poco o molto virili: un maschio poco virile raggiunge a vent’anni una produzione testosteronica → pari a quella di cui un maschio molto virile dispone ancora a sessant’anni.

Le sieroconcentrazioni non sono “parallele” alla sintesi, perché oltre alla quantità di testosterone sintetizzato subentrano altrettanto complessi meccanismi di trasformazione e di smaltimento metabolico sulla concentrazione ematica.

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Testosterone ed età

Variazione circadiana

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Testosterone circadiano

Il testosterone è sintetizzato dalle cellule di Leydig nell’interstizio testicolare a partire dal colesterolo. La maggior parte si lega poi all’albumina e al SHGB (sex hormone-binding globulin) ematica.

La metabolizzazione è caratterizzata da due meccanismi:

  • conversione periferica (negli organi di mira) in DHT (di-hydro-testosterone) ed estradiolo
  • decomposizione nel fegato in diversi metaboliti; congiunzione e smaltimento renale (p.es. come 17-keto-steroide).

Inoltre, a causa di “sfasamenti” di processi di sintesi e di conversione / smaltimento c’è una grande variazione giornaliera (circadiana):

la testosteronemia raggiunge un minimo verso la 1:00 di notte. Poco dopo, la regolazione causa un notevole aumento di sintetizzazione mentre la decomposizione diminuisce, il che fa rapidamente aumentare la testosteronemia fino alle 6:00 ÷ 12:00. Il pomeriggio prevalgono i processi metabolici decompositori e la testosteronemia si abbassa lentamente fino alla 1:00 di notte.

Regolazione della testosteronemia

Le cellule di Leydig, stimolate dall’ormone luteo LH proveniente dall’ipofisi, producono il testosterone a partire dal colesterolo nell’interstizio dei testicoli e lo forniscono ai tubuli seminiferi per la regolazione della spermatogenesi.

Una parte viene usata per la sintesi periferica di di-hydro-testosterone e estradiolo, un’altra viene metabolizzata per essere smaltita.

Il testosterone e l’estradiolo in circolazione “frenano” a monte la produzione di ormone luteo LH, ormone follicolostimolante FSH e l’ormone di rilascio di gonadotropine.

Tramite questo circuito regolativo si instaura un ritmo circadiano (giornaliero) di concentrazione di testosterone nel siero ematico.

Testosterone e protezione da malattie metaboliche

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Regolazione endogena del Testosterone

In passato si pensava che il testosterone avesse funzioni prettamente sessuali, recentemente si è scoperto che il suo ruolo va molto oltre la mera sessualità e coinvolge tutto il corpo. E´stato visto ad esempio che il testosterone contribuisce alla regolazione della crescita muscolare e ossea, di alcuni aspetti comportamentali e dell’umore, dell´insulinoresistenza, della sudorazione, del metabolismo del colesterolo etc.

La carenza di testosterone (ipogonadismo) è associata a molte malattie come disfunzione erettile, demenza, osteoporosi, diabete mellito di tipo 2, obesità, malattie cardiovascolari e sindrome metabolica.

La carenza di testosterone e IGF-I aumentano la mortalità e le possibilità di collasso cardiocircolatorio, in modo particolare più è basso il rapporto testosterone/cortisolo e IGF-I/cortisolo maggiori sono questi rischi[7][8]

L’ipogonadismo è una condizione che può portare a diabete mellito, inoltre è stato visto che in uomini ipogonadici l’assunzione di testosterone diminuisce l’insulinoresistenza e migliora il quadro glicemico[3][9][10].

Testosteronemia (metodi di determinazione e valori di riferimento)

Il testosterone legato ad SHBG non è biodisponibile. Il testosterone biodisponibile è dato dalla somma del testosterone libero (DHT) e del testosterone legato ad albumina.

Ci sono diversi test ematici per determinare il testosterone totale nel siero, ma i valori sono da usare con prudenza, perché non includono testosterone metabolicamente attivo.

Di contrasto, il testosterone libero è sintomaticamente e diagnosticamente più affidabile. La misurazione diretta è molto costosa e varia notevolmente tra laboratorio e laboratorio. Esiste però una determinazione indiretta tramite un calcolo tra testosterone totale, albumina e SHBG (sex hormone binding globuline).

C’è un piccolo calcolatore sul sito della ISSAM in merito che calcola il testosterone libero e biodisponibile dai valori per testosterone totale e SHBG:

testosterone libero, biodisponibile = f(testosterone totale, albumina, SHBG)

 

Non è stato stabilito un limite inferiore “normale”, bensì è stato raggiunto il seguente accordo tra specialisti:

Visto le forti variazioni circadiane, è preferibile che i campioni siano rilevati in mattinata (anche se non è definito nella letteratura a cui si è fatto riferimento).

Testosterone totale Testosterone libero
> 12 nmol/l (346 ng/dl) > 250 pmol/l (72 pg/ml) Abbondanza
< 8 nmol/l (231 ng/dl) < 180 pmol/l (52 pg/ml) Mancanza

 

Impiego clinico del testosterone

Il testosterone è indicato principalmente nella terapia dell’ipogonadismo.

A livello di ricerca scientifica sembra avere una promettente efficacia contro infarto, malattie cardiocircolatorie[12], anemia[13], diabete mellito[3][9][10], osteoporosi e altre malattie metaboliche[13], depressione[14].

Negli USA, in Canada e in Nuova Zelanda dopo il 2010 si è avuto un aumento esplosivo delle vendite di testosterone nell’invecchiamento e nei problemi età correlati. I farmaci a base di testosterone sono stati studiati e approvati nelle forme di ipogonadismo con bassi livelli di testosterone endogeno. Suggerendo, però, che bassi livelli di testosterone sono correlati con l’invecchiamento e con la bassa libido maschile si è fatta una “indebita” pressione sulla popolazione circa la possibilità di “risolvere” un problema tipico dell’età, secondo una tipica strategia di disease mongering. Inoltre, è stato tentato agendo sulle categorie di medici specialisti di spostare il valore patologico del livello serico del testosterone circolante.[15]

Nei soggetti ipogonadici di età inferiore ai 50 anni, l’assunzione di testosterone a fini clinici comporta una bassa frequenza di gravi effetti collaterali[16], tuttavia essa spesso causa ginecomastia (dovuta alla conversione di quest´ormone in estrogeni), ammorbidimento dei testicoli, e riduzione della sintesi di gonadotropine pituitarie ( LH e FSH) con conseguente inibizione della produzione endogena di testosterone[13].

In passato si credeva che il testosterone (quindi anche l’assunzione dello stesso) potesse aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, tuttavia è stato visto che quest´ipotesi non era soltanto falsa, ma addirittura era vero il contrario: l’uso di questa sostanza riduceva questi rischi[13].

Il testosterone può alzare il valore di ematocrito (il quale se in eccesso può causare trombosi), perciò i soggetti che ne fanno uso dovrebbero controllare regolarmente questo parametro[13].

La maggioranza degli studi non hanno trovato un aumento di rischio di cancro alla prostata tra i soggetti che assumono testosterone, tuttavia l’assunzione di questa sostanza dovrebbe essere attentamente valutata ed eventualmente monitorata in persone che hanno un cancro alla prostata o che per familiarità sono soggetti a questa malattia[13].

Nonostante i maschi abbiano più testosterone e siano più aggressivi delle femmine, sembra che i criminali in genere non abbiano maggiori livelli di testosterone rispetto alle persone dello stesso sesso che non delinquono, perciò negli esseri umani non esiste un’associazione statistica tra i livelli di testosterone e l’aggressività[17]. In generale è stato visto che in alcuni casi, se l’assunzione eleva eccessivamente i livelli testosteronici (come avviene in alcuni atleti) è possibile un aumento di aggressività, che invece non avviene se l’assunzione è finalizzata alla cura dell’ipogonadismo e se le concentrazioni ormonali rimangono normali, in questi casi si può avere soltanto un miglioramento dell’umore e una maggiore grinta nell’affrontare la vita quotidiana[18].

Applicazione sportiva

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Nella supplementazione farmacologica sportiva il Testosterone è senza dubbio il Re degli AAS. Parte integrante di innumerevoli preparazioni in diverse discipline sportive, dal Power Lifting al BodyBuilding, il Testosterone è una molecola estremamente versatile utilizzabile sia in una fase “Bulk” che in una fase “Cut” o “Pre-contest”; tutto sta nel controllo della sua aromatizzazione e, quindi, degli estrogeni.

I motivi per i quali il Testosterone viene utilizzato in ambito sportivo sono ricollegabili a quanto già precedentemente detto, e cioè:

  • Eccellenti qualità anabolizzanti e il susseguente aumento del tessuto magro dovuto all’incremento della sintesi proteica.
  • Incremento rapido della massa e della forza.
  • Aumento della sintesi di glicogeno muscolare .
  • Aumento della sensibilità muscolare (del miocita) all’Insulina.
  • Maggiore mobilitazione dei grassi a scopo energetico e riduzione della liposintesi.
  • Aumento del numero dei globuli rossi con conseguente miglioramento del trasporto di ossigeno e nutrimento ai tessuti.
  • Aumento della formazione e della densità ossea e dell’uso dei minerali.
  • Incremento della sintesi e del deposito di Fosfocreatine(CP).
  • Miglioramento del recupero e della rigenerazione muscolare.
  • Controllo moderato del Cortisolo e di salvaguardia delle proteine.
  • Intensità della funziona cerebrale e della spinta psico-fisica durante gli allenamenti.
  • Aumento della funzione immunitaria e della protezione contro il danno immune.
  • Aumento del ritmo metabolico .
  • Aumento dell’HDL e riduzione dell’LDL e del Colesterolo totale (dose dipendente).
  • Aumento significativo della libido.
  • Aumento della fiducia e del senso di benessere.

Con la pubblicazione negli anni trenta da parte di vari gruppi di ricerca che si impegnarono nella scoperta dei fattori androgenici presenti nei testicoli, tra i quali spiccano nel 1935 l’équipe di Ernst Laqueur che pubblicò Sull’ormone maschile cristallino dei testicoli,  quella di Leopold Ruzicka (Nobel) con l’articolo Sulla preparazione artificiale dell’ormone testicolare testosterone, e quella di Adolf Butenandt (Nobel) con il resoconto Un metodo per preparare il testosterone dal colesterolo[18] , iniziò l’era dell’utilizzo del Testosterone sintetico sia in ambito medico e sia per il miglioramento delle prestazioni. Il primo Testosterone farmaceutico commercializzato era quello in sospensione acquosa dopodiché vennero commercializzate varianti dell’androgeno legate ad un estere  in soluzione oleosa (con una vita attiva decisamente maggiore).

Il Testosterone viene largamente utilizzato nelle sue varie forme a dosaggi medi variabili:

  • Testosterone in sospensione: vita attiva di circa 24h è utilizzato alla dose di 25-100mg/die.
  • Testosterone Propionato: vita attiva di circa 2-3 giorni è utilizzato alla dose di 50-100mg/die o ogni 2 giorni.
  • Testosterone Enantato : vita attiva di circa 15 giorni (con un apice nei primi 8 giorni dall’iniezione) è utilizzato alla dose media di 250mg-2g/settimana.
  • Testosterone Cipionato:  vita attiva di circa 15-16 giorni (con un apice nei primi 8 giorni dall’iniezione) è utilizzato alla dose media di 250mg-2g/settimana.
  • Testosterone Undecanoato (orale): vita attiva di circa 6-8h è utilizzato alla dose media di 240-400mg/die.

Ne esistono altri ovviamente, ma quelli riportati sono le forme maggiormente utilizzate.

Come ben sappiamo, il Testosterone rientra fra le sostanze proibite durante l’attività sportiva agonistica sia in allenamento sia in gara (The 2007 Prohibited List World Anti-Doping Code), il suo uso a fini sportivi viene considerato doping.

 

Gabriel Bellizzi

 

Riferimenti:

Wikipedia

  1. ^ Sigma Aldrich; rev. del 24.10.2012
  2. ^ a b c d e The many faces of testosterone. [Clin Interv Aging. 2007] – PubMed – NCBI
  3. ^ a b c The dark side of testosterone deficiency: I… [J Androl. 2009 Jan-Feb] – PubMed – NCBI
  4. ^ The dark side of testosterone deficiency: I… [J Androl. 2009 Sep-Oct] – PubMed – NCBI
  5. ^ The dark side of testosterone deficiency: I… [J Androl. 2009 Jan-Feb] – PubMed – NCBI
  6. ^ Frank H. Netter. Apparato endocrino. Elsevier srl, 2002. p. 225. ISBN 88-214-2657-2.
  7. ^ Improved prediction of all-cause mortality by a com… [Steroids. 2012] – PubMed – NCBI
  8. ^ Anabolic deficiency in men with chronic heart fa… [Circulation. 2006] – PubMed – NCBI
  9. ^ a b http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19859074?itool=EntrezSystem2.PEntrez.Pubmed.Pubmed_ResultsPanel.Pubmed_RVDocSum&ordinalpos=10
  10. ^ a b http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16728551
  11. ^ http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22511747
  12. ^ a b c d e f Hypogonadism in the Aging Male Diagnosis, Potential Benefits, and Risks of Testosterone Replacement Therapy
  13. ^ http://www.abcsalute.it/notizie-salute/news/in-arrivo-nuove-cure-contro-la-depressione.html
  14. ^ Perls T, Handelsman DJ, Disease mongering of age-associated declines in testosterone and growth hormone levels, in J Am Geriatr Soc, vol. 63, nº 4, 2015, pp. 809–11, DOI:10.1111/jgs.13391, PMID 25809947.
  15. ^ Risks and benefits of testosterone therap… [Nat Rev Endocrinol. 2013] – PubMed – NCBI
  16. ^ name=”isbn0-12-373612-9″> Wright J, Ellis L, Beaver K, Handbook of crime correlates, San Diego, Academic Press, 2009, pp. 208–210, ISBN 0-12-373612-9.
  17. ^ http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17178554
  18. ^ a b c d “La storia del testosterone”, di John M.Hobermann e Charles E.Yesalis”, pubbl. su “Le Scienze (Scientific American)”, num.320, aprile 1995, pag.72-79

 

Trasporto della creatina: glucosio o sodio?

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Il fattore limitante del potenziale ergogeno della Creatina è l’attività di una particolare proteina di trasporto muscolare, chiamata appunto proteina di trasporto della creatina. Dopo l’introduzione della creatina sul mercato degli integratori per lo sport, vari studi hanno rivelato che l’insulina favoriva l’assorbimento della creatina nei muscoli. In particolare, questo ormone stimolava l’attività di un meccanismo cellulare chiamato pompa del sodio che, a sua volta, attivava le proteine di trasporto della creatina. Così, basandosi su questa scoperta, i nuovi integratori di creatina hanno iniziato a contenere una dose molto elevata di zuccheri semplici.
Tuttavia, alcuni studi hanno mostrato che la pompa del sodio può essere influenzata favorevolmente solo da un aumento significativo dell’insulina, tanto che servirebbero ben 95 g di zuccheri semplici per ogni 5 g di creatina.
Alcuni scienziati hanno affermato che, assumendo dosi inferiori di zuccheri, i livelli di insulina non sarebbero aumentati abbastanza da stimolare la pompa del sodio e, quindi, le proteine di trasporto della creatina. Fortunatamente però, si è spostata l’attenzione dagli zuccheri al sodio: così, vari studi hanno iniziato a sostenere che il fattore limitante per l’assorbimento della creatina nei muscoli era il sodio, e non gli zuccheri semplici.
Sul mercato sono disponibili numerose forme di creatina, alcune delle quali contengono zuccheri semplici ed altre che si affidano al sodio per attivare la pompa. Uno studio del 2008(1) ha confrontato direttamente queste due formule: 19 uomini con in media 29 anni che praticavano allenamento con i pesi hanno ricevuto un integratore privo di zuccheri contenente 5 g di creatina citrato e 250 mg di sodio, oppure un integratore contenente 5 g di creatina monoidrato e 36 g di destrosio (che è uno zucchero semplice).

Gli integratori sono stati disciolti in mezzo litro d’acqua e, poi, somministrati ai soggetti 4 volte al giorno per 5 giorni consecutivi, come nelle normali fasi di carico della creatina. Sia prima, che 5 giorni dopo la somministrazione della creatina, i soggetti sono stati sottoposti a test per la forza e per la potenza, oltre che per il volume del carico (cioè quante ripetizioni riuscivano a portare a termine, dopo varie serie di distensioni su panca e di leg press con carichi pari al 70-80% del loro massimale per una ripetizione).
I soggetti che avevano assunto gli zuccheri avevano guadagnato più forza nel leg press di quelli che avevano ricevuto il sodio. Il peso corporeo era aumentato approssimativamente allo stesso modo in entrambi i gruppi, ma il massimale per una ripetizione nelle distensioni su panca dei soggetti del gruppo destrosio era leggermente superiore a quello dell’altro gruppo. Per il resto, i test non hanno rilevato alcuna differenza significativa fra i due gruppi, quindi, a parte il miglioramento della forza nel leg press sperimentato da chi aveva assunto gli zuccheri, i guadagni sono stati simili.

I soggetti del gruppo zuccheri avevano assunto ogni giorno 576 calorie addizionali rispetto a chi aveva ricevuto il sodio. Quindi, tenendo conto del maggior apporto calorico e del rilascio significativo di insulina, è probabile che gli integratori di creatina contenenti sodio siano i migliori per chi desidera perdere grasso corporeo o per i soggetti con caratteristiche di insulino-resistenza.

Gabriel Bellizzi

 

Riferimenti

Healy, M., et al. (2008). The effect of two different creatine formulations on strength and power in resistance-trained men. J Str Cond Res. 22:41.

PROTEINE E LIPOGENESI

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Normalmente, e a ragione, quando si parla di lipogenesi/liposintesi ci si sofferma su i due macronutrienti grassi e carboidrati, e quasi mai sulle proteine.
Quando mangiamo ed assumiamo macronutrienti questi per venire metabolizzati ed ossidati devono superare due membrane, una cellulare ed una mitocondriale. Trasportatori specifici permettono il passaggio dei macronutrienti (glucosio, aminoacidi, acidi grassi).
Alcuni aminoacidi (quelli ramificati, BCAA) stimolano i recettori Glut-4 a portarsi sulla superficie di membrana senza la presenza del gluciosio e questo migliora la sensibilità insulinica. Tuttavia un eccesso ematico d’aminoacidi abbinato ad un surplus calorico in un contesto dietetico mal calibrato sul soggetto ostacola l’ingresso del glucosio nella cellula portando all’opposto all’insulino resistenza (fondamentalmente è una situazione multifattoriale).
L’insulino-resistenza non ha effetto solo sulla membrana cellulare ma anche a livello mitocondriale. In questa situazione l’eccesso energetico non verrà più dissipato in calore o utilizzato maggiormente per l’anabolismo muscolare, ma darà il via a processi di liposintesi.
Come risaputo le proteine hanno un’azione anabolica (combinata all’insulina) sulle cellule . L’anabolismo , non porta soltanto il muscolo ad aumentare la sintesi proteica, ma aumenta anche la sintesi di glicogeno del fegato e la formazione d’acidi grassi nell’adipocita.
Considerando il fatto che molto spesso la qualità delle fonti proteiche normalmente assunte presenta un alto tasso di grassi Omega-6 rispetto ai benefici Omega-3, insieme ad i fattori prima citati le proteine, in specie in un contesto di sedentarietà e di ipernutrizione mal gestita (come in una fase “Bulk”), possono contribuire in modo costituente nel peggiorare la qualità della composizione corporea di un soggetto.
Ma, quando un atleta segue una dieta correttamente settata sulle sue caratteristiche usando come “pilastri portanti” le risposte biologiche conseguenti ad una dieta ipercalorica, le proteine assunte non portano ad aumentare i processi di liposintesi diminuendoli drasticamente a favore dell’anabolismo proteico. Ricordiamo che le ragioni del “vantaggio proteico” quando quest’ultimo è ben tarato sono principalmente 4:

1- La spesa energetica (ADS) del corpo per digerire ed assimilare le proteine è la più elevata tra i macronutrienti, tra il 10 e 35% (con una media del 22,5%). Ciò vuol dire che un quinto delle calorie introdotte con le proteine viene speso per digerirle. Per questa ragione viene detto che i protidi “alzano” il metabolismo, perchè metabolicamente lo fanno lavorare aumentando la termogenesi.
2- La conversione, dell’eccesso proteico, in glucosio e successivamente in trigliceridi è un passaggio estremamente dispendioso e solo teorico, in specie quando l’apporto glucidico è stato tarato correttamente secondo le esigenze. Comunque, il corpo solitamente preferisce ossidare il surplus proteico, disperdendolo in calore, piuttosto che convertirlo in grasso.
3- Il potere saziante delle proteine è il più elevato, molto di più degli zuccheri (che danno un senso di sazietà a breve termine) e dei grassi (senso di sazietà a lungo termine). Comunque, in una fase Bulk correttamente pianificata, la dieta (fatte alcune eccezioni) dovrebbe contare una percentuale proteica non superiore al 30%, così da evitare un assunzione limitata di glucidi molto importanti in questa fase.
4- Le proteine stimolano maggiormente il Glucagone rispetto all’Insulina, e ciò è esteremamente favorevole quando quest’ultima è adeguatamente stimolata dal contenuto glucidico (e non solo): effetto sinergico. Il Glucagone è un ormone peptidico secreto dal pancreas, per la precisione dalle cellule α delle isole di Langerhans, che ha come bersaglio principale alcune cellule del fegato. Regolando la glicemia, esso permette un controllo migliore sui livelli serici di glucosio evitando sfavorevoli crolli glicemici che andrebbero ad impattare negativamente sulla prestazione sportiva.

Ovviamente la questione deve essere sempre contestualizzata, calcolando tutti i fattori che possono incidere (genetica, abitudini lavorative, abitudini alimentari, contesto ambientale ecc…).
Il fatto è che è vero che mediamente chi ha un assunzione proteica elevata in un contesto ipercalorico tende ad ingrassare maggiormente, ma ciò avviene per una pessima stesura del piano alimentare. Quando si sta seguendo una dieta Bulk, con un quantitativo glucidico e lipidico ben calcolato , non conviene e nemmeno serve esagerare con l’assunzione proteica. Personalmente la quota proteica ideale in questo contesto è nel range delle 1,5-1,8g/Kg di massa magra, con un contenuto glucidico pari a 3-4gm/Kg di massa magra e lipidico di 0,5-1gm/Kg di massa magra (di cui 2,5-5gm/die di EPA e DHA). Sto parlando di media, ovviamente, quindi nulla di scolpito nella roccia. Così facendo si diventa molto più grossi e molto meno grassi (mediamente) .
Ovviamente, quando si parla di fase Cut, dove si sta seguendo un regime ipocalorico, le proteine andrebbero aumentate tra i 2-3gm/Kg di massa magra (calcolati sempre in base al contenuto complessivo di glucidi e lipidi). Ciò aiuterà a proteggere la massa magra e ad una maggior sopportazione della fame, oltre che ad “aumentare” il metabolismo.

Gabriel Bellizzi

Per approfondire la questione:

Biochimica medica. Strutturale, metabolica e funzionale (di Noris Siliprandi, Guido Tettamanti)
Project Nutrition – Per essere padroni dei concetti e non schiavi delle diete. Capitolo III, “I nutrienti”, pag. 75-76.