La variabile del volume nello stimolo ipertrofico – tra moda e realtà –

Introduzione

Lo so, è un argomento che avrete sicuramente sentito trattare e ritrattare un infinità di volte, molte delle quali si sono rivelate sterili esposizioni spesso e volentieri inducenti al solito marketing, ma volevo dare il mio contributo per mettere maggiormente in chiaro la questione “volume” nel miglioramento dei parametri prestazionali ed estetici in ambito BodyBuilding. Ovviamente, il mio unico fine a tal proposito è quello di svolgere una sana divulgazione scientifica. Per farlo citerò i lavori di Brad Schoenfeld et al. i quali, ad una analisi oggettiva, dimostrano di possedere i requisiti di design corretti per poter servire da punti di partenza per la gestione del volume all’interno di una programmazione nell’allenamento contro-resistenza.

HIT Vs. HVT – l’infinito scontro decontestualizzato tra due estremi –

Nessuno può negare il fatto che non vi è argomento nel campo dell’esercizio contro resistenza più dibattuto negli ultimi decenni della quantità di volume necessaria per massimizzare l’ipertrofia muscolare. Da un lato della controversia ci sono i partigiani dell’allenamento ad alta intensità (HIT), che generalmente predicano che una singola serie, o poche più, di un esercizio sia tutto ciò che è necessario per avere un ottimale miglioramento nello sviluppo del tessuto muscolare; essi affermano che il superamento di questa quantità di lavoro non solo non è benefico, ma che in realtà può causare una regressione a causa del sovrallenamento. Il creatore dei macchinari Nautilus Arthur Jones è spesso indicato come il capostipite di questo movimento che il Bodybuilder Mike Mentzer ha contribuito a rendere popolare alla fine degli anni ’80 e inizi ’90 con il suo famosissimo metodo “Heavy Duty”.

Dall’altra parte del fronte ci sono i sostenitori dell’alto volume (HVT) i quali affermano che l’esecuzione di più serie è il fattore essenziale per stimolare nel modo migliore lo sviluppo muscolare. La stragrande maggioranza dei Bodybuilder competitivi aderisce a quest’ultima filosofia, come mostrato in un sondaggio di qualche anno fa in cui il 95% degli intervistati ha riferito di allenarsi con protocolli in multi-frequenza.

Nel tentativo di ideare linee guida basate sull’evidenza, il team di ricerca del quale fa parte Brad Schoenfeld ha effettuato una meta-analisi sugli effetti del volume nella crescita muscolare e che è stata pubblicata nel 2017. [1] Nel caso in cui non ne siate a conoscenza, una meta-analisi riunisce i risultati di tutti gli studi su un determinato argomento al fine di confrontarne i dati come se fosse un unico grande studio invece di più piccoli studi. Ciò aiuta a estrapolare una maggiore precisione statistica e quindi a trarre conclusioni pratiche ed esaustive dalla ricerca corrente. I risultati dell’analisi di cui sopra hanno mostrato una relazione dose-risposta abbastanza chiara, con volumi più elevati che hanno portato a maggiori guadagni muscolari.

Sebbene i risultati della meta-analisi sembrano convincenti, sono presenti alcune lacune. Per esempio, la stragrande maggioranza degli studi presi in esame hanno coinvolto soggetti non allenati; solo un paio di studi hanno preso in esame persone con esperienza nell’allenamento contro-resistenza. Questo è importante perché la prima fase dell’allenamento di un principiante è associata a una diversa risposta adattativa rispetto alle ultime fasi precedenti alla maturità necessaria per essere considerati “intermedi”, per esempio; quindi, non è correttamente possibile generalizzare i risultati ottenuti con atleti ben allenati. Inoltre, i realizzatori della meta-analisi non sono stati in grado di determinare gli effetti oltre le 10 serie per muscolo a settimana; semplicemente non era sufficiente una ricerca che guardasse ai volumi di allenamento più elevati per trarre conclusioni rilevanti su quale potesse essere una quantità superiore di volume per l’ottenimento di guadagni più o meno regolari.

In quest’ottica, Schoenfeld et al. si sono proposti di colmare le lacune presenti in letteratura effettuando uno studio sull’argomento, pubblicato nel 2018 su Medicine and Science in Sports and Exercise.[2] Ecco i dettagli:

Studio, metodo e risultati ottenuti

45 giovani soggetti di sesso maschile allenati contro-resistenza sono stati assegnati in modo casuale ad allenarsi con 1, 3 o 5 serie per esercizio; Alla fine, 11 soggetti si sono ritirati per vari motivi, lasciando un totale di 34 partecipanti che hanno completato lo studio. In ogni sessione sono stati eseguiti un totale di 7 esercizi pianificati al fine di allenare tutti i principali gruppi muscolari (chest press, shoulder press, lat pulldown, seated row, squat, leg press e leg extension). I soggetti hanno eseguito 8-12 ripetizioni per serie, con tutte le serie eseguite fino al cedimento muscolare. L’allenamento è stato effettuato su 3 giorni non consecutivi a settimana per 8 settimane. Le routine sono state completamente supervisionate dal team di ricerca per garantire la piena conformità. Le misurazioni includevano: 1RM forza nello squat e nella panca; resistenza muscolare della parte superiore del corpo nella distensione su panca al 50% dell’1RM; e ipertrofia del bicipite, tricipite, metà coscia e coscia laterale mediante ultrasuoni.

Tutti i gruppi hanno ottenuto guadagni sostanziali nella forza massima sia nello squat che nella distensione su panca durante il periodo di studio di 8 settimane, ma l’entità dei guadagni era sorprendentemente simile tra i gruppi senza differenze statistiche rilevate. I risultati hanno leggermente favorito le condizioni di volume più elevato per la resistenza muscolare della parte superiore del corpo su base assoluta, ma le differenze non hanno raggiunto la significatività statistica e probabilmente non avevano rilevanza pratica.

In alternativa, c’era una chiara relazione dose-risposta per l’ipertrofia muscolare, con 5 serie che mostravano i maggiori guadagni, seguite da 3 serie e poi 1 serie. Questi risultati erano generalmente coerenti per tutti i muscoli studiati ed erano più pronunciati nella muscolatura inferiore del corpo. Il grafico seguente presenta una rappresentazione visiva dei risultati.

Fonte: http://www.lookgreatnaked.com/

I guadagni di forza nel gruppo da 1 set erano altrettanto buoni come per i gruppi a volume più alto (vedi Figura 1). Inoltre, questi risultati sono stati raggiunti in una frazione del tempo in rapporto alle routine con volume più elevato poiché il gruppo da 1 set si è allenato per circa 13 minuti a sessione mentre le sessioni del gruppo a 5 set sono durate circa 68 minuti! Quindi, una conclusione importante sarebbe che, se aumentare la forza è l’obiettivo principale, è possibile adottare vantaggiosamente un approccio di allenamento a basso volume e alta intensità raggiungendo il risultato prefissato in meno di 45 minuti a settimana. Ora questa osservazione necessita di una precisazione: l’allenamento è stato effettuato in un intervallo di ripetizioni moderato (8-12 RM). Direi che se usassimo un vero range da powerlifting (3-5 RM), probabilmente si dovrebbero aggiungere alcune serie addizionali poiché il basso numero di ripetizioni per serie limiterebbe la quantità di “stimolo” e quindi richiederebbe un volume più alto.

Fonte: http://www.lookgreatnaked.com/

D’altra parte, i risultati per l’ipertrofia erano coerenti con la meta-analisi argomentativa iniziale, dimostrando che sono necessari volumi più elevati per massimizzare la crescita muscolare. Questi risultati erano coerenti e ricorrenti in tutti i muscoli studiati (bicipiti, tricipiti e quadricipiti). Inoltre, è stata generalmente osservata una relazione dose-risposta, per cui 3 set hanno prodotto maggiori aumenti di dimensioni muscolari rispetto a 1 set e 5 set erano superiori a 3 set. Come mostrato nel grafico allegato (Figure 2), l’entità delle differenze era piuttosto netta. Ad esempio, la crescita del bicipite è stata dell’1,6%, 4,7% e 6,9% rispettivamente per i gruppi 1, 3 e 5. Il volume ha avuto un effetto ancora maggiore sulla crescita del quadricipite, con aumenti del 5,0%, 7,9 e 13,7% per la coscia laterale rispettivamente nei gruppi 1, 3 e 5 serie. Spread simili sono stati osservati in relazione alla crescita nella regione mediale della coscia.

Quantificando il volume in serie per muscolo a settimana, come spesso si fa nel Bodybuilding, la quantità di volume più alto del gruppo in questione ha eseguito 30 serie / muscolo / settimana per bicipiti e tricipiti e 45 serie / muscolo / settimana per le cosce. E’ stato notato che la maggior parte delle serie è stata eseguita con esercizi composti. Pertanto, i tricipiti sono stati stimolati con movimenti di spinta (chest press e shoulder press) mentre i bicipiti con movimenti di trazione (lat pulldown e rows). Sebbene tricipiti e bicipiti ricevano chiaramente molto lavoro con questi movimenti, non è chiara la misura in cui sono stimolati; Rimane discutibile se i risultati sarebbero cambiati se gli autori avessero incluso esercizi a mono-articolari come triceps pushdown e arm curls. Allo stesso modo, la parte inferiore del corpo coinvolge le prestazioni dello squat e del leg press, che non solo stimolano i quadricipiti femorali ma comportano anche una sostanziale attivazione degli estensori dell’anca. Ancora una volta, non è chiaro quanta stimolazione riceva il quadricipite femorale con questi movimenti rispetto agli altri muscoli che lavorano in sinergia. E’ stata inclusa la Leg-Estension per la parte inferiore del corpo, la quale fornisce un targeting più diretto nello stimolo dei quadricipiti femorali.

Ora, vanno considerati alcuni punti riguardo ai risultati che devono essere presi in esame al fine di tentare una estrapolazione di risultati applicabili nella pratica. Innanzi tutto , i soggetti esaminati erano giovani uomini allenati contro resistenza che apparentemente sarebbero stati in grado di riprendersi bene dagli effetti di grandi volumi allenanti. È ragionevole ipotizzare che gli individui di mezza età e gli anziani probabilmente non sarebbero stati in grado di riprendersi anche da volumi più elevati di allenamento, e quindi potrebbero non rispondere in modo favorevole o forse anche avere una risposta ridotta.

Inoltre, la durata dello studio è stata relativamente breve, comprendendo 8 settimane di allenamento pianificato. Il corpo umano è molto resistente e sopporta bene alti livelli di stress a breve termine. Quando questi fattori di stress sono adeguatamente gestiti, c’è una risposta adattativa positiva; nel caso di volumi di allenamento ad alta resistenza, il risultato è una maggiore crescita muscolare. Tuttavia, l’esposizione persistente a tali fattori di stress alla fine sovraccarica la capacità di risposta del corpo, portando a uno stato di sovrallenamento. Ciò solleva la possibilità che la periodizzazione di brevi periodi di volume maggiore con periodi di allenamento di volume da inferiore a moderato possa essere la migliore strategia per massimizzare i guadagni di massa muscolare.

In aggiunta, non sono stati effettuati test a metà dello studio. È possibile che la forza possa essere stata maggiore per il gruppo sottoposto a volume più alto dopo 4 settimane e che i soggetti si siano avvicinati (o abbiano addirittura raggiunto) ad una condizione di sovrallenamento in seguito, in modo tale da causare uno stallo o una regressione dei risultati. Di conseguenza è possibile che l’ipertrofia si sia stabilizzata in precedenza nello studio per via delle condizioni di volume più elevato e che continuare ad allenarsi con tale volume fosse superfluo o addirittura dannoso. Queste possibilità richiedono ulteriori studi. È interessante notare che le interviste di fine studio fatte ai soggetti non hanno indicato alcun segno percettivo di sovrallenamento anche nel gruppo con il volume più alto, sebbene ciò non precluda la prospettiva che possa essersi verificato.

È anche importante notare che è stata misurata solo l’ipertrofia delle braccia e delle cosce. Resta da determinare se diversi gruppi muscolari possono avere risposte diverse a quantità variabili di volume. Sembra probabile che questo possa essere il caso e che gli effetti differenziali sarebbero specifici in risposta alla genetica individuale, per cui alcuni muscoli rispondono meglio a volumi più elevati di allenamento mentre altri no. C’è ancora molto da ricercare e apprendere.

Conclusioni

Ricapitolando:

  1. I guadagni di forza sono simili tra il gruppo a 1 serie per esercizio che in quello con 5 serie per esercizio, indicando che se l’obiettivo è semplicemente quello di aumentare la forza, questo può essere ottenuto con una quantità minima di volume. Questi risultati sono specifici per allenamenti con una gamma moderata di ripetizioni (8-12 ripetizioni); sembra probabile che l’allenamento in più di un range di powerlifting (3-5 ripetizioni) richiederebbe l’esecuzione di più serie per massimizzare la forza.
  2. Il volume è il fattore principale della crescita muscolare in sala pesi, con più serie che si traducono in maggiori guadagni. L’ipertrofia della parte superiore del corpo ha continuato a mostrare effetti benefici con 30 serie per muscolo a settimana e sono stati osservati continui guadagni della parte inferiore del corpo con 45 serie per muscolo a settimana. Questi numeri non devono essere necessariamente considerati come raccomandazioni definitive, ma piuttosto come indicatori del fatto che volumi più elevati possono provocare guadagni muscolari superiori in tempi relativamente brevi. Inoltre, sembra probabile che l’allenamento ripetuto con volumi elevati porterà inevitabilmente a un superamento della soglia adattativa non funzionale e quindi a compromettere i risultati. Pertanto, il volume dovrebbe essere manipolato in maniera ondulatoria in modo che i periodi di volumi relativi più elevati vengano ciclati con periodi di volume inferiori; inoltre, dovrebbero essere impiegati scarichi regolari per promuovere un corretto recupero.
  3. È essenziale ricordare che gli studi si limitano a fornire le risposte medie su gruppi di persone. Pertanto, questi risultati possono solo fornire linee guida generali su quanto volume sia benefico per la forza e l’ipertrofia; la risposta per una determinata persona varierà in base alla genetica e ai fattori dello stile di vita e quindi la prescrizione deve essere calibrata individualmente. Una buona raccomandazione generale per il volume sarebbe quella di eseguire ~ 10-20 serie / muscolo / settimana; alcuni atleti si troveranno bene con volumi inferiori a questo intervallo, mentre altri progrediranno con volumi leggermente più alti. I risultati dello studio qui riportato suggeriscono che si possono impiegare cicli di allenamento ad alto volume nel breve termine per stimolare maggiormente lo sviluppo di gruppi muscolari carenti che rispondono male all’allenamento a volume più conservativo o hanno raggiunto un plateau nello sviluppo.

Come mi sono già ritrovato a sottolineare nel mio profilo Instagram, è essenziale che ogni atleta o professionista del settore Fitness o Bodybuilding sappia che la dimensione e la composizione del muscolo scheletrico è determinata dai cambiamenti nei tassi di sintesi proteica muscolare (MPS) rispetto a quelli della degradazione delle proteine muscolari. Nello stato di riposo, a digiuno, il tasso di MPS è inferiore a quello della degradazione delle proteine muscolari, determinando uno stato di equilibrio proteico negativo. L’ingestione di proteine di alta qualità, ricche di amminoacidi essenziali, stimola un aumento transitorio del tasso di MPS con conseguente stato di equilibrio proteico muscolare positivo. È anche noto che un singolo periodo di esercizio contro resistenza eseguito a digiuno indurrà un aumento sia della MPS che del catabolismo; tuttavia, il tasso di MPS è elevato 48h dopo l’esercizio, mentre il tasso di degradazione proteica ritorna al valore basale 48h dopo l’esercizio (curve incrociate e inversamente proporzionali). Fondamentalmente, l’assunzione di un adeguato apporto proteico e l’esercizio contro resistenza conferiscono effetti additivi sulla MPS e sul bilancio proteico netto. Quindi quando ripetuti esercizi contro resistenza sono abbinati con una adeguata quantità di proteine nella dieta si verifica uno stato prolungato di equilibrio proteico muscolare positivo il quale porta ad un aumento graduale nelle dimensioni del muscolo scheletrico.

Morale della “favola”? Multi-frequenza ondulatoria sui parametri di volume e intensità con periodi di scarico basati sui feedback di resa dell’atleta. E, ovviamente, il fattore alimentare dovrà essere correttamente gestito in funzione delle esigenze soggettive-preparatorie del soggetto interessato (adeguato apporto proteico, glucidico e lipidico su base calorica giornaliera/settimanale).

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

1- https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27433992/

2- https://www.researchgate.net

Sucralosio e Insulino-Resistenza

Sono ormai diversi anni che in nutrizione si discute della questione “dolcificanti artificiali” e se essi siano o meno deleteri nel contesto dell’alimentazione umana. Molti studi hanno “assolto” dalla loro presunta pericolosità dolcificati ipocalorici molto diffusi come l’Aspartame, con le corrette modalità d’uso ovviamente (vedi dosaggio totale giornaliero). Mentre altri dolcificanti artificiali sono decisamente posizionati nella “zona grigia”, come l’Acesulfame-K. Il peggiore, secondo quanto emerso dalle ultime ricerche, sembrerebbe essere il Sucralosio. Il Sucralosio, un dolcificante sintetico mille volte più dolce dello zucchero da cucina (Saccarosio), sembra che possa causare sintomi pre-diabetici nelle persone sane. I ricercatori dell’Università di Yale hanno riportato della comparsa di questi sintomi in un articolo comparso recentemente su “Cell Metabolism”.[1] Sebbene i soggetti dello studio non fossero effettivamente patologici, i risultati sono stati così preoccupanti che l’università ha consigliato ai ricercatori di interrompere lo studio.

Caratteristiche del Sucralosio:

La maggior parte del Sucralosio (E-955) ingerito non viene enzimaticamente scomposto, quindi non apporta calorie. [2] È prodotto dalla clorurazione del saccarosio. Il Sucralosio è da 320 a 1.000 volte più dolce del Saccarosio [3], tre volte più dolce dell’Aspartame e dell’Acesulfame-K, e due volte più dolce della Saccarina Sodica.

Sebbene il Sucralosio è ampiamente considerato stabile e sicuro per l’uso a temperature elevate (come nei prodotti da forno), ci sono alcune prove che mostrano un iniziale degradazione a temperature superiori a 119 gradi Celsius. [4][5] Il successo commerciale dei prodotti a base di Sucralosio deriva semplicemente dal confronto favorevole con altri dolcificanti ipocalorici in termini di gusto, stabilità e sicurezza nelle prima citate circostanze.[6]

Lo studio in questione e risultati emersi…

Per lo svolgimento dello studio che qui andiamo trattando, i ricercatori hanno diviso 45 soggetti sani in tre gruppi. Ogni gruppo si recava al laboratorio di controllo sette volte durante un periodo di due settimane. Li, ai soggetti veniva data una bevanda analcolica da 355ml.

Il contenuto della suddetta bevanda differiva nei tre gruppi esaminati come segue:

  • Contenuto 1° gruppo [LCS]: 60mg di Sucralosio;
  • Contenuto 2° gruppo [Sugar]: 30g di Saccarosio [normale zucchero da tavola];
  • Contenuto 3° gruppo [Combi]: 60mg di Sucralosio + 31g di Maltodestrine.

Come già accennato, la struttura chimica del Sucralosio è molto simile a quella del Saccarosio. In tre punti, tuttavia, il Sucralosio presenta gruppi cloro che mancano nel Saccarosio. A causa di questi gruppi cloro, secondo alcuni studi, il Sucralosio è mille volte più dolce del Saccarosio.

Le bevande analcoliche assunte dai partecipanti dei gruppi 1 e 2 non hanno avuto alcun effetto sulla farmacocinetica del glucosio negli individui esaminati. Quando i ricercatori hanno somministrato a questi soggetti un lotto di glucosio dopo 2 settimane, la glicemia ematica si è ridotta con la stessa velocità osservata prima del periodo di due settimane dello studio. A questo proposito, le bevande analcoliche erano sicure.

Il quadro è cambiato quando i ricercatori hanno esaminato la quantità di insulina che era presente nel sangue dei soggetti dopo la somministrazione del glucosio. Questa quantità era significativamente maggiore nei soggetti che avevano ricevuto bevande analcoliche contenenti Maltodestrine più Sucralosio.

Ciò implica che la combinazione di Sucralosio con un carboidrato ad assorbimento altera il metabolismo glucidico peggiorando, sebbene in acuto, la sensibilità all’Insulina.

I ricercatori hanno anche osservato che in un certo numero di soggetti, la combinazione di Sucralosio e un carboidrato a rapido assorbimento portava ad un aumento dell’Insulina basale, misurata al mattino prima che i soggetti consumassero il loro primo pasto della giornata. Ciò suggerisce anche una possibile ridotta sensibilità all’insulina in cronico.

In bocca, nell’intestino e in altri punti del corpo, i dolcificanti come il Sucralosio interagiscono con i recettori del dolce T1R2 / T1R3. Questi recettori sono in realtà destinati al glucosio e ad altri zuccheri naturali. Regolano l’assorbimento degli zuccheri da parte dell’intestino tenue.

I ricercatori ipotizzano che, tramite questi recettori, il Sucralosio possa indurre il corpo ad assorbire rapidamente i carboidrati assimilandoli ancora più velocemente, interrompendo l’equilibrio tra glucosio e insulina e riducendo la sensibilità all’insulina non solo in acuto ma anche, potenzialmente, in cronico.

I ricercatori hanno scritto che questi risultati suggeriscono che il consumo di Sucralosio altera il metabolismo del glucosio consumato simultaneamente producendo rapidamente effetti deleteri sulla salute metabolica.

Durate di esposizione simili quasi certamente si verificano negli esseri umani nella quotidianità, soprattutto se si considera il consumo di una bevanda dietetica insieme ad un pasto. Ciò solleva la possibilità che l’effetto combinato possa essere un importante contributo all’aumento dell’incidenza del diabete di tipo 2 e l’obesità, in senso indiretto o induttivo.

In tal caso, l’aggiunta di dolcificanti a basso contenuto calorico per aumentare la dolcezza di cibi e bevande già contenenti carboidrati dovrebbe essere scoraggiato e il consumo di bevande dietetiche durante i pasti dovrebbe essere sconsigliato.

Nota: Il Sucralosio risulta particolarmente deleterio anche sul microbiota intestinale. Il primo studio che ha valutato il Sucralosio sul microbiota intestinale è stato eseguito nel 2008 con l’uso di campioni fecali di ratti Sprague-Dawley che hanno ricevuto il dolcificante per 12 settimane. Il consumo di Sucralosio ha ridotto il numero totale di batteri anaerobici e aerobici, bifidobatteri, lattobacilli, Bacteroides e Clostridium.(7) La somministrazione di 15mg di Sucralosio/kg ha influenzato l’abbondanza relativa del Clostridium cluster XIVa nei topi.(8) Più recentemente, la somministrazione di Sucralosio nei topi ha prodotto modifiche nel microbiota intestinale a 14 diversi livelli tassonomici, tra cui Turicibacteraceae, Lachnospiraceae, Ruminococcaceae, Verrucomicrobiaceae, Staphylococcaceae, Streptococcaceae, Dehalobacteriaceae, Dehalobacterium, Lachnospiraceae, Lachnospiraceae ordine Bacillales e cambiamenti nella sintesi e regolazione degli amminoacidi. Queste variazioni erano correlate all’infiammazione nell’ospite.(9)

Nonostante lo studio sia di piccole dimensioni e non sia controllato (non vi è sicurezza nel comportamento alimentare seguito dai soggetti esaminati al di fuori di quanto emergesse durante i controlli), esso rappresenta un forte incentivo verso la ricerca sugli effettivi vantaggi e svantaggi del consumo di dolcificanti in soggetti sani e non.

Nota: Mancano ad oggi prove di un possibile beneficio per la perdita di peso a lungo termine con alcuni dati che supporto il rischio di un aumento di peso e di sviluppo di malattie cardiache con l’uso di questo dolcificante.[10]

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.1016/j.cmet.2020.01.014
  2. “Gestational Diabetes and Low-Calorie Sweeteners: Answers to Common Questions” (PDF). Food Insight. Retrieved 15 May 2015.
  3. Michael A. Friedman, Lead Deputy Commissioner for the FDA, Food Additives Permitted for Direct Addition to Food for Human Consumption; Sucralose Federal Register: 21 CFR Part 172, Docket No. 87F-0086, 3 April 1998
  4. “Thermal stability and thermal decomposition of sucralose”ResearchGate. Retrieved 11 August 2019.
  5. de Oliveira, Diogo N.; de Menezes, Maico; Catharino, Rodrigo R. (15 April 2015). “Thermal degradation of sucralose: a combination of analytical methods to determine stability and chlorinated byproducts”Scientific Reports5: 9598. doi:10.1038/srep09598ISSN 2045-2322PMC 4397539PMID 25873245.
  6. A Report on Sucralose from the Food Sanitation Council, The Japan Food Chemical Research Foundation.
  7. Splenda alters gut microflora and increases intestinal p-glycoprotein and cytochrome p-450 in male rats.Abou-Donia MB, El-Masry EM, Abdel-Rahman AA, McLendon RE, Schiffman SSJ Toxicol Environ Health A. 2008; 71(21):1415-29.
  8. Effects of Consuming Xylitol on Gut Microbiota and Lipid Metabolism in Mice.Uebanso T, Kano S, Yoshimoto A, Naito C, Shimohata T, Mawatari K, Takahashi ANutrients. 2017 Jul 14; 9(7):.
  9. Gut Microbiome Response to Sucralose and Its Potential Role in Inducing Liver Inflammation in Mice.Bian X, Chi L, Gao B, Tu P, Ru H, Lu KFront Physiol. 2017; 8():487.
  10. Azad, Meghan B.; Abou-Setta, Ahmed M.; Chauhan, Bhupendrasinh F.; Rabbani, Rasheda; Lys, Justin; Copstein, Leslie; Mann, Amrinder; Jeyaraman, Maya M.; Reid, Ashleigh E.; Fiander, Michelle; MacKay, Dylan S.; McGavock, Jon; Wicklow, Brandy; Zarychanski, Ryan (16 July 2017). “Nonnutritive sweeteners and cardiometabolic health: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials and prospective cohort studies”Canadian Medical Association Journal189 (28): E929–39.

Grado di efficacia degli Inibitori del Aromatasi negli individui di sesso maschile

Introduzione all’argomento:

Come ben sappiamo, gli Inibitori dell’Aromatasi (AI) sono farmaci che possono abbassare il livello degli estrogeni nel flusso ematico riducendone di conseguenza l’attività tissutale-metabolica. Ovviamente, la loro azione inibitoria è esplicata attraverso l’inattivazione di uno specifico enzima. Si tratta infatti dell’Enzima Aromatasi. Detto in modo semplicistico e riduttivo, l’Enzima Aromatasi converte gli Androgeni in Estrogeni. Ad esempio, converte il Testosterone in Estradiolo.

Ci sono attualmente in circolazione tre AI divenuti estremamente popolari in ambito sportivo, e soprattutto nel BodyBuilding. Questi sono: Exemestane (Aromasin), Anastrozolo (Arimidex) e Letrozolo (Femera). Sono comunemente usati nel trattamento del cancro al seno. Sono state quindi svolte molte ricerche sulle donne. Nelle donne, gli AI hanno mostrato un grado di soppressione estrogenica significativamente marcato. Ad esempio, l’Exemestane sopprime i livelli di Estradiolo del 92% nei pazienti con carcinoma mammario in postmenopausa.[1] Allo stesso modo, il Letrozolo e l’Anastrozolo riducono i livelli di Estradiolo di quasi il 90%, anche in questo caso nei pazienti con carcinoma mammario in postmenopausa.[2]

Per questo motivo, nel presente articolo non mi accingerò ad esporre una semplice disamina degli effetti generali o specifici degli inibitori del Aromatasi (cosa già fatta, e nemmeno molto semplicisticamente, qualche anno fa). E’ mia intenzione, invece, trattare con il supporto della letteratura scientifica ad oggi disponibile il reale impatto che questi farmaci hanno sugli individui di sesso maschile, sia in fisiologia che durante l’uso di AAS esogeni soggetti all’Enzima Aromatasi.

Effetto degli AI negli individui di sesso maschile in fisiologia:

Pochi studi hanno osservato l’efficacia degli Inibitori dell’Aromatasi per ridurre i livelli di estrogeni negli uomini. I loro risultati differiscono sensibilmente da quelli riscontrati negli studi sulle donne.

Uno studio condotto su giovani uomini ha rilevato che 25mg di Exemestane sopprimevano i livelli di Estradiolo del 62%, 12 ore dopo l’assunzione.[3] Dopo una somministrazione regolare protratta per dieci giorni, è stata riscontrata una soppressione di solo il 38% nelle 24 ore seguenti l’ultima dose somministrata. In particolare, raddoppiare il dosaggio a 50mg/die non ha portato a una maggiore diminuzione dei livelli di Estradiolo.

Risultati simili si osservano in giovani uomini trattati con Anastrozolo per 10 giorni.[4] La somministrazione giornaliera di Anastrozolo a 0,5 e 1 mg porta ad una diminuzione dei livelli di Estradiolo di circa il 50%. Sebbene di dubbia rilevanza, gli autori non hanno menzionato quante ore dopo l’ultima dose sono state effettuate le misurazioni.

Infine, il Letrozolo ha mostrato la stessa efficacia dell’Exemestane e dell’Anastrozolo. Dopo 28 giorni di trattamento con Letrozolo alla dose di 2,5mg/die, i livelli di Estradiolo hanno subito una riduzione del 46% negli uomini giovani e del 62% negli uomini anziani.[5] Non è chiaro se la differenza tra giovani uomini e uomini anziani sia una differenza reale. Gli autori non hanno eseguito alcun test statistico per valutare matematicamente ciò. In linea con questi risultati, un altro studio ha rilevato che i livelli di Estradiolo erano stati ridotti del 56% negli uomini trattati con 2,5mg di Letrozolo al giorno per 4 settimane.[6]

In sintesi, si potrebbe affermare che i tre popolari AI sono dotati di pari efficaci nel diminuire gli estrogeni negli individui di sesso maschile in fisiologia.

Effetto degli AI nei soggetti di sesso maschile sottoposti a somministrazioni sovrafisiologiche di AAS:

Gli studi di cui sopra sono stati condotti su uomini in fisiologia con i loro livelli endogeni di Testosterone nel range di normalità. Ma la situazione sembra essere diversa quando il Testosterone endogeno viene sostituito con il Testosterone esogeno. Finkelstein et al. ha esaminato gli effetti di quantità crescenti di Testosterone con e senza Inibitori dell’Aromatasi su diversi fattori.[7] Un totale di 198 uomini sani sono stati assegnati in modo casuale a ricevere un placebo, 1,25g, 2,5g, 5g o 10g/die di Testosterone in gel per 16 settimane, e altri 202 hanno ricevuto l’Anastrozolo in combinazione con la dose di Testosterone. La produzione endogena di Testosterone era stata soppressa da iniezioni di Goserelina Acetato.

Meccanismo d’azione schematizzato della Goserelina Acetato

L’immagine seguente mostra l’effetto sui livelli di Testosterone ed Estradiolo in riferimento alle diverse somministrazioni. Si noti che le barre blu si riferiscono agli uomini che ricevevano solo Testosterone mentre le barre rosse quelli che lo ricevevano in combinazione con Anastrozolo.

Tratto da Finkelstein et al. [7]

Come si può vedere, i livelli di Estradiolo sono maggiormente diminuiti rispetto ai numeri discussi in precedenza. Ciò suggerisce che la soppressione dell’Estradiolo da parte degli Inibitori dell’Aromatasi è più marcata negli uomini trattati con Testosterone esogeno in modo “dose dipendente”, e non solamente attribuibile ad una ratio derivante da livelli sovrafisiologici di AAS soggetti all’aromatizzazione.

Qual’è il nesso causale che determina la differenza di risposta tra soggetti in fisiologia e soggetti trattati con Testosterone esogeno?

Sfortunatamente, non esiste una ricerca diretta che risponda in modo chiaro e inequivocabile a questa domanda. Ma se si dovesse ipotizzare, per i dati emersi, sembrerebbe che, banalmente, l’efficacia degli AI negli uomini sia direttamente proporzionata al livello di AAS circolanti soggetti all’Aromatasi il quale causerebbe un incremento dell’espressione enzimatica a livello testicolare e adiposo. Una parte sostanziale dell’Estradiolo è prodotta dall’attività dell’Aromatasi nei testicoli. Nei testicoli, le concentrazioni di Testosterone arrivano a livelli circa 100 volte superiori a quelli presenti nel circolo ematico. Poiché gli AI devono inibire in modo competitivo l’Aromatasi, i dosaggi potrebbero dover essere molto più alti per portare a una significativa inibizione enzimatica nei testicoli. Ma, ovviamente, questa è un’ipotesi al momento non scientificamente dimostrata, sebbene rimanga una delle più plausibile.

Riferimenti:

1- J. Geisler, N. King, G. Anker, G. Ornati, E. Di Salle, P. Lønning, and M. Dowsett. In vivo inhibition of aromatization by exemestane, a novel irreversible aromatase inhibitor, in postmenopausal breast cancer patients. Clinical Cancer Research, 4(9):2089–2093, 1998.
2- J. Geisler, B. Haynes, G. Anker, M. Dowsett, and P. Lonning. Influence of letrozole and anastrozole on total body aromatization and plasma estrogen levels in postmenopausal breast cancer patients evaluated in a randomized, cross-over study. Journal of Clinical Oncology, 20(3):751–757, 2002.
3- N. Mauras, J. Lima, D. Patel, A. Rini, E. di Salle, A. Kwok, and B. Lippe. Pharmacokinetics and dose finding of a potent aromatase inhibitor, aromasin (exemestane), in young males. The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, 88(12):5951–5956, 2003.
4- N. Mauras, K. O. O’Brien, K. O. Klein, and V. Hayes. Estrogen suppression in males: metabolic effects. The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, 85(7):2370–2377, 2000.
5- G. G. T’sjoen, V. A. Giagulli, H. Delva, P. Crabbe, D. De Bacquer, and J.-M. Kaufman. Comparative assessment in young and elderly men of the gonadotropin response to aromatase inhibition. The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, 90(10):5717–5722, 2005.
6- G. Raven, F. H. de Jong, J.-M. Kaufman, and W. de Ronde. In men, peripheral estradiol levels directly reflect the action of estrogens at the hypothalamo-pituitary level to inhibit gonadotropin secretion. The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, 91(9):3324–3328, 2006.
7- J. S. Finkelstein, H. Lee, S.-A. M. Burnett-Bowie, J. C. Pallais, E. W. Yu, L. F. Borges, B. F. Jones, C. V. Barry, K. E. Wulczyn, B. J. Thomas, et al. Gonadal steroids and body composition, strength, and sexual function in men. New England Journal of Medicine, 369(11):1011–1022, 2013.

Caso studio: LGD-4033 e danno epatico in un Bodybuilder.

Al principio del mese di giugno di quest’anno ho riportato alcuni casi studio i quali facevano emergere il potenziale effetto epatotossico dato dall’uso dei SARM RAD-140 e LGD-4033. Il caso studio riguardante LGD-4033 non era di per sé convincente, poiché il Bodybuilder in questione era solito consumare discrete quantità di alcol. Di recente, i medici del Baylor College of Medicine negli Stati Uniti hanno segnalato un altro caso di danno epatico legato all’uso di LGD-4033.[1] E in questo nuovo caso studio, non ci sono altri fattori esplicativi del problema.

Il soggetto protagonista del caso studio è un Bodybuilder di 32 anni che ha riferito ai medici di aver usato 10mg/die di LGD-4033 in forma liquida per 15 giorni. Dopo di che aveva cominciato a lamentare malessere e interruppe il suo ciclo con il suddetto SARM. L’uomo aveva dolori di stomaco e nausea, oltre a prurito e ittero. Le sue feci erano grigie, e aveva perso l’appetito. Quando si è rivolto ai medici, l’uomo aveva già perso 18Kg.

Questi sono classici sintomi da danno epatico. Infatti, quando i medici hanno scansionato la cavità addominale del Bodybuilder, hanno notato che il fegato dell’uomo era più grande del normale. Una biopsia ha mostrato che il fegato del aveva cicatrici in alcuni punti. I dotti biliari, che trasportano i sali biliari all’intestino, erano ostruiti.

Nelle settimane successive, i medici hanno monitorato quattro marker del danno epatico nel sangue del Bodybuilder. La figura seguente mostra che le condizioni del fegato dell’uomo sono lentamente migliorate.

Come avevo già riportato nell’articolo di giugno, secondo uno studio del 2012 condotto dai produttori del LGD-4033, questo SARM non è significativamente dannoso per il fegato. Ma in questo studio, i soggetti non hanno ricevuto più di 1mg/die di LGD-4033.[2]

Le aziende che vendono SARM online e alcuni guru del bodybuilding raccomandano dosi significativamente più elevate di 1mg/die. Ad esempio, il paziente del quale si è parlato in questo articolo ha assunto dieci volte la dose più alta testata nello studio del 2012. Con tutta probabilità, un dosaggio di LGD-4033 di tale entità o superiore rappresenta uno stress epatico eccessivo, in specie se l’utilizzatore presenta una marcata sensibilità e manca di una efficace epatoprotezione (comunque non garante di immunità da effetti collaterali a livello epatico).

Alcuni utilizzatori di LGD-4033 hanno pubblicato il loro esame ematico sui forum presenti in rete. Sembra che non mostrino segni di danno epatico, ma l’affidabilità di certi dati è assai scarsa.

Forse il Bodybuilder in questione stava usando un prodotto contaminato o fake. Non tutti i SARM negli store online sono prodotti con le giuste misure di controllo, come riportato da una recente ricerca inglese e americana.[3]

E’ anche possibile che il Bodybuilder del caso studio stava usando altre sostanze oltre al solo LGD-4033 e non ne ha fatto menzione ai medici che lo hanno preso in cura. Le possibilità sono diverse ma ciò che è sufficientemente certo è che l’uso di LGD-4033 ad alte dosi, per vie metaboliche intrinseche, è un potenziale fattore causale per stress e danno epatico.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://dx.doi.org/10.14309/crj.0000000000000370
  2. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22459616/
  3. https://dx.doi.org/10.1001/jama.2017.17069