UN CASO STUDIO SU UN PRE-CONTEST

Nel 2017, il ricercatore brasiliano Ricardo Viana ha pubblicato un caso studio in cui ha riportato i dati raccolti durante il periodo pre-contest di un anonimo Bodybuilder. Durante le 11 settimane di preparazione alla gara, Viana ha preso nota di ciò che l’atleta mangiava, come si allenava, quali farmaci assumeva e i cambiamenti della sua composizione corporea. (1)

L’atleta seguito da Viana era un Bodybuilder agonista di 28 anni. Non si trattava di un atleta “Natural” e il suo protocollo farmacologico Pre-Contest era il seguente:

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Inoltre, il soggetto assumeva Efedrina e Teofillina. Inizialmente assumeva 15mg di Efedrina Solfato e 120mg di Teofillina al giorno, ma nell’ultima settimana Pre-Contest la dose è aumentata a 35mg di Efedrina e 240mg di Teofillina al giorno. Il soggetto assumeva la dose di Efedrina e Teofillina insieme ad una tazza di caffè poco prima dell’allenamento.

Il Bodybuilder si è allenato 6 volte a settimana, seguendo una split routine ad alto volume:

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Ovviamente, il Bodybuilder ha seguito una dieta ipocalorica alla quale ha applicato un maggiore taglio calorico durante l’undicesima e ultima settimana di preparazione alla gara. Il soggetto ha ridotto le Kcal del 60% rispetto alla prima settimana Pre-Contest.

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Nonostante la supplementazione farmacologico, il Bodybuilder ha perso 3,7Kg di massa magra. Parallelamente, ha avuto un cale del grasso corporeo pari a 1,1Kg.

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A ragione, Viana afferma che il Bodybuilder ha commesso “errori nella preparazione”. Il suo volume allenante era fin troppo alto, e il suo apporto proteico e calorico troppo basso, specie nell’ultima settimana Pre-Contest: un comportamento effettivamente poco intelligente se si escludono i 2-3 giorni di ordinaria scarica glucidica.

Fino alla settimana 9 compresa, l’apporto proteico del soggetto era buono, come è possibile vedere nel grafico qui sotto riportato. In seguito, e senza logica, l’atleta ha deciso di ridurne l’apporto.

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Il protocollo farmacologico presenta grosse lacune di base, soprattutto per l’abbinamento delle molecole che per la gestione della componente aromatizzabile (Testosterone).

Questi casi, in special modo tra i Bodybuilder agonisti di basso/medio livello (non in riferimento alle loro capacità genetiche), non sono, purtroppo, una rarità. Infatti, molti atleti supplementati farmacologicamente dimenticano (o vengono spinti a dimenticare) che i fattori fondamentali per il raggiungimento di una condizione fisica ottimale rimangono la nutrizione e l’allenamento, sebbene l’uso di farmaci ponga l’atleta su un piano di “protezione maggiore” rispetto ai possibili, e frequenti, errori di gestione di questi due tasselli fondamentali nella preparazione.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.3390/jfmk2040037

EFFETTO SAZIANTE DEL TE’ VERDE

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Tra gli innumerevoli benefici attribuiti al consumo di tè verde, benefici legati soprattutto all’azione delle catechine ivi contenute, e che sono noti ai più, sembra esserci anche quello di avere un effetto saziante se consumato durante i pasti. Questa peculiarità è stata riportata dai ricercatori della Lund University (Svezia) sul Nutrition Journal.(1)

Da tempo si è al corrente del fatto che il tè verde presenti al suo interno sostanze che migliorano l’effetto dell’Insulina. Studi epidemiologici hanno mostrato che bere tè verde può ridurre la probabilità di sviluppare il diabete di tipo II. (2) L’estratto di tè verde ha il potenziale di aumentare la sensibilità all’Insulina nell’uomo.(3) Esistono anche molti studi in vitro i quali però lasciano spazio più che altro a speculazioni.(4)

Tornando allo studio citato all’inizio dell’articolo, i ricercatori della Lund University, curiosi di constatare se avessero potuto ottenere gli stessi effetti facendo bere alle persone una tazza di tè verde ai pasti, hanno reclutato per il loro esperimento 15 soggetti di età compresa tra i 22 e i 35 anni. I ricercatori speravano che l’assunzione di tè verde potesse causare un incremento ridotto dei livelli ematici di glucosio e Insulina dopo un pasto.

I ricercatori hanno dato ai soggetti presi in esame un pasto composto da pane bianco e tacchino in due occasioni. In un’occasione i soggetti hanno bevuto una tazza di acqua calda insieme al loro pasto, nell’altra hanno bevuto una tazza di tè verde da 300 ml. I ricercatori hanno usato il tè Sencha, una qualità di tè verde giapponese.

La preparazione dell’infuso è stata fatta con 9 g di foglie secche di sencha messe in infusione per tre minuti in 300 ml di acqua a 85 gradi. Il risultato è stato una soluzione contenente 80mg di Caffeina, 26mg di Epicatechina [EC], 90mg di Epicatechina Gallato [ECG] e 32mg di Epigallocatechina Gallato [EGCG].

L’effetto del consumo di tè verde non ha portato a variazioni statisticamente significative dei livelli ematici post prandiali di glucosio e Insulina.

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Ad essere statisticamente significativo è stato l’effetto saziante che i soggetti hanno sperimentato dopo il pasto nel quale veniva bevuto il tè verde. Questa sensazione era significativamente più alta novanta minuti dopo il pasto. Inoltre, i soggetti hanno riportato di sentirsi più “pieni” dopo aver bevuto tè verde con il pasto.

I ricercatori, nella loro esposizione, hanno concluso che è necessario un più ampio studio che utilizzi soggetti in sovrappeso per poter confermare i risultati ottenuti.

Il dubbio che i soggetti dell’esperimento fossero stati condizionati nella loro risposta psicofisica dalla consapevolezza di consumare tè verde, e dal riempimento gastrico accentuato dai 300ml di liquido ingerito, rimane.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21118565
  2. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16618952
  3. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18326618
  4. http://www.liebertonline.com/doi/abs/10.1089/jmf.2007.0107

ESTRATTO DI GINSENG ROSSO E BIOGENESI MITOCONDRIALE

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Da quanto emerso da uno studio sudcoreano pubblicato nel 2016, l’assunzione giornaliera di 3g di ginseng rosso porterebbe ad aumento del numero dei mitocondri cellulari.(1)

I ricercatori sudcoreani della Yonsei University College of Medicine hanno reclutando per l’esperimento una sessantina di uomini tra i 30 ed i 70 anni.

Gli uomini reclutati non erano in piena fisiologia dal momento che la loro condizione di salute presentava uno stato pre-diabetico. Buona parte di loro era in sovrappeso o obesa, con alti livelli di glucosio, ipertensione e dislipidemia. Non erano comunque sotto trattamento farmacologico.

I ricercatori hanno diviso i soggetti in due gruppi. Ad un primo gruppo sono state somministrate capsule contenenti un placebo mentre ad un secondo gruppo sono state somministrate capsule contenenti estratto di ginseng rosso. La durata della somministrazione in entrambi i gruppi è stata di quattro settimane.

Il ginseng rosso o ginseng coreano è diverso dal ginseng normale o bianco. Il Ginseng rosso contiene maggiori quantità di saponina (principio attivo ginsenosidi) rispetto al ginseng bianco. Il ginseng rosso di 6 anni contiene un totale di 34 specie di saponina (ginsenoside), il ginseng cinese 15 specie, il ginseng americano 14 specie, il ginseng giapponese ne contiene 8 specie.

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I ricercatori hanno somministrato ai soggetti del gruppo “ginseng” 3g di estratto di ginseng rosso al giorno divisi in due assunzioni.

Per lo svolgimento dello studio i ricercatori hanno utilizzato un prodotto della Korean Ginseng Corporation. Eh si, questa azienda ha sponsorizzato il presente studio.

La supplementazione con ginseng rosso ha portato ad un leggero aumento dei livelli di Testosterone e IGF-1 e ad una lieve diminuzione della Cortisolo:DHEA ratio.

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Inoltre, si è osservato un marcato aumento nel numero dei mitocondri cellulari nei soggetti trattati con ginseng rosso. Ciò, ovviamente, si traduce in una migliore capacità metabolica cellulare.

Questi dati fanno pensare ad una serie di benefici ottenibili con una supplementazione di ginseng rosso che vanno da un miglioramento generale della salute ad un maggiore dispendio energetico con consequenziale facilitazione nella perdita di massa grassa.

Eppure, nei soggetti trattati, la supplementazione di ginseng rosso non ha portato ad una diminuzione dei livelli di glucosio o ad una diminuzione della percentuale di grasso. E, forse, ciò è dovuto principalmente ad una attuale conoscenza limitata sulle sostanze contenute nel ginseng e al modo di trarne un reale beneficio terapeutico.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. http://dx.doi.org/10.1016/j.ctim.2015.12.001

 

PERICITI E RECUPERO/CRESCITA MUSCOLARE

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Pericita

Ricercatori americani stanno svolgendo esperimenti su una nuova tecnologia medica in grado di accelerare la crescita muscolare. Questi esperimenti iniziali svolti su animali non consistono nel trattamento di questi con agenti anabolizzanti ma nella somministrazione di particolari cellule. Non si tratta di cellule muscolari ma di cellule coinvolte nella costruzione di nuovi vasi sanguigni nel tessuto muscolare. La speranza dei ricercatori è quella di aver trovato un modo per aiutare le persone anziane che sono state costrette all’immobilità per un lungo periodo di tempo.(1)

Le cellule impiantate sono Periciti. Il Pericita (o Pericito) è un tipo di cellula mesenchimale indifferenziata con funzione contrattile che circonda parzialmente le cellule endoteliali dei capillari e delle venule. Queste cellule perivascolari sono circondate da una propria membrana basale che può aderire o fondersi con quella dei capillari. Esse sono in grado di formare delle gap junction con le cellule endoteliali di cui si compongono i piccoli vasi. Se circondano capillari arteriosi, queste cellule possiedono dei prolungamenti primari (paralleli all’asse del vaso), dai quali si originano dei prolungamenti citoplasmatici secondari (ortogonali all’asse del vaso); se invece circondano capillari venosi, i prolungamenti sono piuttosto disordinati, e quindi risulta impossibile distinguerli in primari e secondari. Le EPC (precursori delle cellule endoteliali) possono generare tutte le cellule dei vasi tra cui i Periciti. I Periciti possono inoltre differenziarsi ulteriormente in diversi tipi cellulari (es. macrofagi).(2)

I Periciti, quindi, assicurano che i vasi sanguigni con i quali legano possano funzionare correttamente e svolgono un ruolo chiave nella formazione di nuovi vasi sanguigni.

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I ricercatori, affiliati all’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, hanno reso impossibile l’utilizzo di un arto posteriore ai topi maschi (C57BL/6-mice) utilizzati per l’esperimento per due settimane. Di conseguenza, la massa muscolare dell’arto inattivo si è atrofizzata. Nelle due settimane successive, i topi hanno potuto riprendere il controllo dell’arto, cosa che ha ovviamente indotto il recupero della massa muscolare del medesimo.

I topi del gruppo sperimentale sono stati trattati con Periciti somministrati direttamente nella gamba sottoposta ad immobilità nelle due settimane precedenti. I topi del gruppo placebo hanno ricevuto iniezioni senza Periciti.

I topi del gruppo di controllo avevano una condizione trofica dei muscoli dell’arto immobilizzato peggiori al termine delle successive due settimane dell’esperimento. I topi trattati con i Periciti presentavano, al termine delle due settimane successive al periodo di inattività dell’arto, condizioni muscolari non solo ripristinate come da condizioni pre-studio ma mostravano anche un lieve incremento della condizione ipertrofica dei muscoli dell’arto trattato.

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Il trattamento con Periciti ha avuto principalmente un effetto positivo sulle fibre muscolari di tipo IIa. Le fibre muscolari di tipo IIa, dette anche intermedie, glicolitiche ossidative rapide, dall’inglese fast oxidative glycolitic (FOG), a contrazione rapida fatica-resistenti, dall’inglese fast twitch fatigue-resistant (FR), rappresentano una delle tre principali tipologie di fibre muscolari che compongono il muscolo scheletrico, detto anche striato o volontario, assieme alle fibre rosse (o di tipo I), e bianche (di tipo IIx). Le fibre di tipo IIa o intermedie, assumono delle caratteristiche intermedie tra le fibre di tipo I (rosse) e di tipo IIx (bianche). Sono caratterizzate, come le fibre I, da una colorazione rossa, riescono ad idrolizzare ATP rapidamente come le fibre IIx, tramite un’abbondante presenza dell’enzima miosina ATP-asi, e sono dotate di una capacità ossidativa maggiore rispetto alle IIx. Hanno quindi una buona capacità aerobica e anaerobica grazie all’alto contenuto sia di enzimi glicolitici che ossidativi.(3)(4)Le fibre di tipo IIa riescono ad adattarsi molto bene agli stimoli allenanti.

Esse sono in grado di eseguire rapide contrazioni, meno rapide delle bianche, ma che possono essere sostenute per un tempo maggiore prima di incontrare l’affaticamento ed hanno una maggiore capacità di recupero.(5)(6) Le fibre muscolari di tipo IIx (nell’uomo; IIb nei topi), dette anche bianche, pallide, rapide, fasiche, affaticabili, a contrazione rapida, o tradotto dall’inglese fast twitch (FT), glicolitiche rapide, dall’inglese, fast glycolitic (FG), a contrazione rapida affaticabili, dall’inglese fast twitch fatigable (FF), sono dotate di maggiore potenza, sono quindi adatte a sforzi intensi e di breve durata che richiedono un grande impegno neuromuscolare. Hanno una rapida risposta allo stimolo nervoso, e hanno una resistenza limitata, quindi accusano una grande affaticabilità.(7) Esse raggiungono un picco di tensione notevolmente più rapido, in 40 ms, contro gli 80-100 ms delle fibre IIa.

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E’ corretto precisare, a scanso di equivoci, che l’allenamento contro resistenza porta ad uno shift delle fibre muscolari IIx verso quelle IIa. Ma ciò non rappresenta affatto un limite. Come già accennato, la principale caratteristica che differenzia le fibre IIx da quelle IIa è la velocità di contrazione. Le prime sono sensibilmente più veloci, la differenza di forza è presente ma non in modo così evidente. Al contrario le fibre IIa hanno il vantaggio d’affaticarsi molto meno rispetto alle IIx. Come ben sappiamo, l’allenamento contro resistenza nel BodyBuilding non è fatto da soli scatti di 30″ alla massima velocità, ma da sedute allenanti di svariate decine di minuti per gruppo muscolare, con tempi sotto tensione (totale) di alcune decine di secondi. Date queste caratteristiche e richieste prestative risulta ovvio che le fibre più avvantaggiate siano proprio quelle IIa. Consequenzialmente le altre fibre, che siano più veloci (IIx) o più lente (IIc), tenderanno ad adattarsi alle necessità di lavoro al quale vengono sottoposte.

Tornando allo studio qui riportato, durante una conferenza stampa (8) il leader della ricerca Marni Boppart ha affermato che i risultati da loro ottenuti suggeriscono che le terapie a base di Periciti possono fornire un approccio efficace per la ricostruzione della massa muscolo-scheletrica e della sua funzionalità dopo periodi nei quali essa è andata persa. Il ricercatore ha proseguito dicendo che è loro speranza che questo studio fornisca il primo passo verso la prevenzione di gravi disabilità che possono verificarsi negli anziani in seguito a lunghi periodi di inattività.

E’ assai probabile che se la speranza di Boppart diventasse realtà, le applicazioni andranno ben oltre quella da lui riportata…

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.1096/fj.201802580R
  2. Hans-Georg Liebich, Istologia e anatomia microscopica dei mammiferi domestici e degli uccelli, PICCIN, 2012.
  3. Livio Luzi. Biologia cellulare nell’esercizio fisico. Springer, 2009. p. 86.
  4. Maurizio Marchetti, Paolo Pillastrini. Neurofisiologia del movimento: anatomia, biomeccanica, chinesiologia, clinica. PICCIN, 1998. p. 29-30.
  5. Giorgio Macchi. Malattie del sistema nervoso. PICCIN, 2005. p. 68.
  6. Paolo Cabras, Aldo Martelli.Chimica degli alimenti. PICCIN, 2004. p. 359.
  7. Robert G. Carroll. Fisiologia. Elsevier srl, 2008. p. 46.
  8. https://www.sciencedaily.com/releases/2019/04/190425143612.htm