FORMOTEROLO E SALMETEROLO A DOSI TERAPEUTICHE E MIGLIORAMENTO DELLE PRESTAZIONI NELLO SPRINT

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Se atleti non affetti da patologie asmatiche assumono per via inalatoria Formoterolo o Salmeterolo per 5 settimane le loro prestazioni nello sprint migliorano. A riportarlo sono gli scienziati dello sport affiliati all’Università del Kent in un loro studio che a breve verrà pubblicato sull’International Journal of Sports Physiology and Performance.(1)

I ricercatori hanno reclutato 38 atleti hai quali sono stati fatti svolgere allenamenti per la forza e per lo sprint 3 volte a settimana per 5 settimane. Ogni allenamento per la forza consisteva in una Full Body con esercizi come Affondi, Squat, Leg-Press, Leg-Curl, Chest e Shoulder Press, Shoulder Dumbbell Raise ed esercizi per bicipiti e tricipiti. L’allenamento per lo sprint, invece, consisteva nell’esecuzione di scatti 5 volte su una distanza di 5-10 metri.

I ricercatori hanno diviso i soggetti presi in esame in 3 gruppi. Il gruppo “placebo” ha inalato acqua nebulizzata due volte al giorno, mentre gli altri due gruppi sperimentali hanno inalato il Formoterolo o il Salmeterolo. Queste due molecole sono beta-2-agonisti a lunga durata d’azione. L’Agenzia mondiale antidoping (WADA) consente agli atleti asmatici di utilizzare quotidianamente 54mcg di Formoterolo o 200mcg di Salmeterolo.

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L’inalazione di Salmeterolo o Formoterolo a dosaggi terapeutici non ha avuto alcun effetto sulla forza dei soggetti presi in esame, come mostrato nella tabella di seguito riportata. Le molecole, con questa modalità di assunzione e dosaggio, non hanno avuto alcun effetto sulla composizione corporea.

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Tuttavia, le due molecole utilizzate con tale modalità d’assunzione e dosaggio hanno avuto un effetto positivo nei soggetti trattati nei tempi dello sprint sui 30m.

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Questo studio è stato il primo a dimostrare che dosi terapeutiche di Salmeterolo o Formoterolo, assunte per via inalatoria per cinque settimane e in combinazione con allenamenti per la forza e sprint, potrebbero migliorare le prestazioni negli sprint sui 30m.

I ricercatori affermano che, al momento, non sono in grado di concludere che effetti simili si verifichino con le medesime dosi anche in atleti altamente allenati. Pertanto, l’antidoping potrebbe commissionare ulteriori indagini al fine di verificare se atleti altamente allenati possano sperimentare una simile azione ergogenica in seguito a inalazione di Formoterolo o Salmeterolo a dosaggi terapeutici.

I ricercatori continuano dicendo che questi studi dovrebbero essere condotti prima di modificare le liste WADA. Tuttavia, i risultati ottenuti suggeriscono che si dovrebbe prendere in considerazione un monitoraggio più attento sull’uso dei beta-2 agonisti a lunga durata d’azione da parte degli atleti in e fuori gara.

Sono comunque necessarie ricerche future per analizzare il meccanismo alla base del potenziale miglioramento delle prestazioni dato dall’uso delle suddette molecole nello sprint, sia negli uomini che nelle donne.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.1123/ijspp.2018-0921

Eukarion-134 e catabolismo muscolare

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Gli scienziati che lavorano per la NASA stanno studiando, tra le altre cose, dei trattamenti per impedire, o quanto meno limitare marcatamente, il catabolismo muscolare degli astronauti durante le lunghe permanenze nello spazio. Un antiossidante sintetico denominato Eukarion-134 potrebbe essere un valido candidato per tale scopo.

 

Lo studio che qui vado a trattare nello specifico è stato pubblicato sul Experimental Physiology nel 2018.(1)

I ricercatori, per realizzare il loro studio, hanno utilizzato dei ratti alcuni dei quali sono stati impossibilitati ad usare le zampe posteriori al fine di determinare l’effetto di 7 giorni di inattività sul muscolo Soleo. Ad alcuni di questi ratti è stata somministrata una dose di Eukarion-134 [HU + EUK-134], mentre ad altri no [HU].

I ratti del gruppo di controllo sono stati in grado di usare le zampe posteriori durante lo studio [CON].

L’Eukarion-134 è una molecola sintetica che imita l’azione degli enzimi antiossidanti Superossido Dismutasi e Catalasi.

Al momento non si conoscono preparati destinati ad uso umano e, per quanto ne so, l’Eukarion-134 sotto forma di integratore o farmaco non è ancora stato testato sull’uomo. Tuttavia, ci sono alcuni cosmetici sul mercato contenenti piccole quantità di Eukarion-134 che dovrebbero ritardare l’invecchiamento della pelle.

Ritornando allo studio qui trattato, la somministrazione di Eukarion-134, durante il periodo di 7 giorni di inattività, non hanno portato alla degradazione del Soleo.

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L’inattività motoria ha inibito l’attività delle molecole di segnalazione anabolica, come mostrato nel grafico sopra riportato. Ciò non è accaduto, o è accaduto in misura minore, se gli animali venivano trattati con l’Eukarion-134.

L’inattività fisica ha aumentato l’attività dei radicali liberi, l’analisi del tessuto muscolare degli animali presi in esame lo ha mostrato chiaramente. Questi radicali liberi hanno causato una alterazione delle vie di segnalazione anabolica. L’Eukarion-134 ha ridotto l’attività dei radicali liberi, permettendo che nel miocita l’attività anabolica non venisse arrestata o ridotta significativamente.

Gli animali dello studio sono stati trattati con 3mg di Eukarion-134 per Kg al giorno. I ricercatori hanno iniettato la molecola direttamente nell’intestino tenue dei ratti. L’equivalente umano di questa dose ammonterebbe a circa 30-40mg al giorno. Una dose orale, facendo i dovuti rapporti di biodispnibilità, sarebbe di circa 60-80mg al giorno.

Ma, come già detto, la possibilità di reperire il composto per poter effettuare anche solo dei piccoli test è al quanto rara. I risultati riportati da questo studio rimarranno quindi delle semplici, seppur interessanti, constatazioni sull’effetto dell’Eukarion-134 sui ratti in attesa di studi sull’uomo.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.1113/EP086649

“LOW CARB”, PICCHI GLUCIDICI E LORO EFFETTI SULL’ENDOTELIO VASCOLARE

I regimi alimentari “low-carb”, nelle loro varianti, sono largamente utilizzati per la perdita di peso, nonostante non presentino veri e propri vantaggi, a parità di calorie, sulla perdita di massa grassa in rapporto a regimi ipocalorici “low-fat”. Infatti, i loro vantaggi si “limitano” all’impatto psicologico dovuto alla repentina perdita di peso (acqua e glicogeno) delle prime settimane e al senso di sazietà legato all’introito proteico e al livello dei chetoni (dipendente dal tipo di “low carb”). Le varianti di questa tipologia di regime alimentare più applicate sono quelle a schema ciclico, che consistono, come ben sappiamo, nell’alternanza di giorni a ridotta assunzione glucidica e medio/alta assunzione lipidica e proteica con giorni ad alta assunzione glucidica e ridotta/moderata assunzione lipidica e proteica. Questa tipologia di regime “low carb” risulta il più tollerabile sul lungo periodo. Secondo un recente studio di piccole dimensioni svolto da ricercatori canadesi della University of British Columbia un marcato aumento del consumo glucidico (e il creare repentini picchi glicemici) dopo un periodo a ridotto consumo (ma anche in condizioni generali) può causare danni ai vasi sanguinei.(1)

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I ricercatori hanno fatto seguire a 9 soggetti sani di sesso maschile una dieta a basso contenuto di carboidrati per 2 settimane. La composizione schematizzata del piano nutrizionale è mostrata qui di seguito.

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Precedentemente e immediatamente dopo l’applicazione del regime alimentare “low carb”, agli studenti è stato fatto assumere un quantitativo di 75g di glucosio disciolti in acqua. I ricercatori hanno quindi determinato l’effetto dell’assunzione del glucosio sulla flessibilità dei vasi sanguigni. Sono state determinate le concentrazione ematiche di specifici marker indicativi del danno ai vasi sanguigni.

Dopo l’assunzione del glucosio, la flessibilità dei vasi sanguigni era diminuita. Tale condizione risultò  in entrambe le assunzioni di glucosio. Il regime a basso contenuto di carboidrati ha incrementato la riduzione dell’elasticità dei vasi sanguigni dopo picco glicemico in misura similare a quanto riscontrato dopo la medesima procedura prima dell’inizio del regime “low carb”.

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Questo effetto non era però così allarmante. Nonostante ciò, l’effetto dell’assunzione di glucosio durante la dieta a basso contenuto di carboidrati sulla concentrazione delle microparticelle endoteliali CD31+ CD42b- e CD62E+ è stato comunque motivo di preoccupazione per i ricercatori.

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In un comunicato stampa dello scorso mese (2) Cody Durrer, uno dei principali autori dello studio qui in breve esposto, ha affermato che l’intento della ricerca era quello di osservare e valutare le risposte fisiologiche alla reintroduzione di carboidrati dopo un periodo di marcata restrizione di questi ultimi. Poiché la ridotta tolleranza al glucosio e i picchi della glicemia ematica (in cronico) sono noti per essere associati ad un aumentato rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, per i ricercatori aveva senso esaminare quello che succede nei vasi sanguigni in risposta ad un picco glicemico.

Cody Durrer continua dicendo che inizialmente lui ed i suoi colleghi cercavano variazioni nella risposta infiammatoria e nella tolleranza glucidica. Ma ciò che hanno scoperto è stato un aumento dei biomarker ematici indicativi di un danno endoteliale vascolare successivo al picco glicemico.

Jonathan Little, un altro dei ricercatori che hanno realizzato lo studio, ha affermato che nonostante la giovane età e il buono stato di salute dei soggetti osservati, quando si esaminava lo stato di salute dei loro vasi sanguigni dopo aver consumato i 75g di glucosio, i risultati sembravano provenire da qualcuno con una salute cardiovascolare compromessa.

La preoccupazione dei ricercatori riguarda il fatto che molte delle persone che seguono una dieta “Keto”, che sia per la perdita di peso, per trattare il diabete di tipo II o qualche altra ragione legata alla salute, potrebbero annullare alcuni degli effetti positivi sul sistema cardiovascolare se assumono improvvisamente (all’interno di un pasto) quantitativi glucidici elevati. Soprattutto se questi soggetti hanno un rischio più elevato per le malattie cardiovascolari.

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Il ricercatore conclude dicendo che i dati raccolti suggeriscono che una dieta chetogenica non è un regime da seguire per sei giorni alla settimana e da un giorno alimentarmente “fuori controllo”.

 

Nonostante lo studio abbia un design piuttosto limitante, i dati che fornisce possono risultare particolarmente interessanti anche in ambito culturistico, in specie nei periodi, come il pre-contest, dove il “carico/scarico” glucidico è un abitudine (o dove l’assunzione glucidica è particolarmente alta, come in “Off Season”) e negli utilizzatori di AAS. Dovrebbe essere infatti risaputo come questi ultimi subiscano un effetto negativo a livello dell’endotelio vascolare dato da livelli sovra fisiologici di AAS (grado dose e tempo dipendente). Una sconsiderata gestione del piano alimentare anche per ciò che concerne il carico glucidico  porterebbe con molta probabilità ad un ulteriore peggioramento delle condizioni cardiovascolari in tali soggetti.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. http://dx.doi.org/10.3390/nu11030489
  2. https://www.sciencedaily.com/releases/2019/03/190327112657.htm

Methoxyisoflavone e ricomposizione corporea.

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Recentemente ho pubblicato un articolo riguardante i risultati ottenuti dallo studio in vitro dei flavonoidi sintetici Methoxyisoflavone e Ipriflavone nel quale era emerso il loro potenziale sull’inibizione dell’Enzima Aromatasi. Esiste però un piccolo studio del 2001, svolto su esseri umani, nel quale il Methoxyisoflavone ha mostrato di possedere effetti sulla ricomposizione corporea.(1)

Per svolgere lo studio del quale si sta parlando nel presente articolo, i ricercatori hanno reclutato e diviso 14 soggetti di sesso maschile allenati (contro resistenza) e in giovane età in 2 gruppi. Ad un gruppo è stata somministrata una dose giornaliera di Methoxyisoflavone pari a 800mg per 8 settimane, mentre ad un altro è stato somministrato un placebo.

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Il supplemento utilizzato in questo studio erail Methoxy 7 della BioTest, un prodotto che non è più disponibile sul mercato. La BioTest ha sponsorizzato la ricerca.

I ricercatori hanno fatto in modo che i soggetti di entrambi i gruppi fossero in partenza al medesimo livello nella composizione corporea e nella forza.

I risultati dello studio hanno mostrato che il Methoxyisoflavone ha ridotto la massa grassa aumentando allo stesso tempo la massa magra. I ricercatori hanno anche esaminato l’effetto sulla forza, ma non sono stati in grado di rilevare alcun effetto.

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I ricercatori hanno affermato che, in base al loro campione limitato, l’ingestione di 800mg di Methoxyisoflavone ogni giorno per otto settimane può alterare favorevolmente la composizione corporea.

Lo studio, condotto da Thomas Incledon, Darin Van Gammeren e Jose Antonio, non è mai stato pubblicato integralmente. Lo studio è stato presentato una volta durante una conferenza. L’abstract è apparso nel 2001 in Medicine & Science in Sports & Exercise.

Uno studio che non si può certamente classificare come “affidabile”…

Per cinque anni, Richard Kreider ei suoi colleghi hanno fatto maggiori ricerche sul composto. (2) I risultati, però, sono stati deludenti.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. http://dx.doi.org/10.1097/00005768-200105001-01898
  2. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18500969