SARMs [Selective Androgen Receptor Modulators]: tra aspettative e realtà.

Introduzione all’argomento:

Verso la fine del primo decennio del presente secolo, una “presunta” nuova classe di farmaci con attività anabolizzante ha iniziato a diffondersi in diverse discipline sportive , dal ciclismo a, ovviamente, il Bodybuilding. Sto parlando ovviamente dei SARMs, acronimo di Selective Androgen Receptor Modulators (in italiano, Modulatori Selettivi del Recettore degli Androgeni, SARM).

Essendo molecole sperimentali e non ancora commercializzate come farmaci da prescrizione per uso umano, i SARM si sono diffusi rapidamente in tutto il mondo grazie anche alla vendita da parte degli store online UK e USA (dove la vendita di supplementi contenenti tali molecole è legale).

Non ci volle molto tempo prima che un “alone leggendario” avvolgesse i SARM ed i loro presunti o reali effetti. I SARM vennero in breve pubblicizzati come il “doping ideale” con tutti gli effetti positivi degli steroidi anabolizzanti, pur non avendo alcun svantaggio o effetto collaterale legato a questi ultimi.

In generale, gli effetti positivi principali degli AAS sono considerati essere l’effetto anabolizzante sulla massa muscolare e l’effetto stimolante sul miglioramento della densità minerale ossea. Tutti gli altri effetti cosi detti androgeni sono generalmente considerati indesiderati. Anche se, ovviamente, ciò dipende in gran parte dal grado con il quale essi si verificano (ma anche dal sesso e dalla disciplina praticata dall’utilizzatore).

Ad esempio, gli AAS inducono l’Eritropoiesi, il processo di biosintesi degli Eritrociti (globuli rossi). Questo porta ad un aumento dell’Ematocrito che, quando diventa troppo alto, ossia oltre la soglia del 53-54%, vede arrestati i suoi effetti benefici sulla resistenza vedendo aumentato sensibilmente il rischio di trombosi venosa. Tuttavia, se si eliminasse completamente qualsiasi effetto stimolante sull’eritropoiesi, l’ematocrito potrebbe diventare troppo basso, in specie se viene a mancare un fattore compensativo alla riduzione indotta. Di conseguenza, si finirebbe per essere anemici. Quindi anche alcuni di quegli effetti indesiderati degli AAS sono “voluti” in una certa misura. Ma i paradossi della selettività non terminano con questo, ovviamente. Per semplicità, tuttavia, tratterò il discorso più avanti nel presente articolo.

Il punto della questione è: i SARM danno veramente un vantaggio in quanto a rapporto tra effetti positivi e collaterali rispetto agli AAS? La risposta richiede una spiegazione dettagliata della storia, delle caratteristiche e degli effetti, constatati sia in ambito clinico che “off-label”, legati ai SARM.

Nozioni iniziali sui SARM.

Come la maggior parte di voi saprà, SARM sono una classe di ligandi selettivi del recettore degli androgeni (AR).[1]

Nonostante un certo numero di persone sia convinta che i SARM siano stati sintetizzati circa venti anni fa, e che non abbiano nulla a che vedere nel loro sviluppo con gli AAS, la realtà è che il termine si riferisce ad un macrogruppo di molecole affini al AR con un valore terapeutico (vedi potenziale androgeno e anabolizzante) superiore a 1, cioè al Testosterone. Per questa ragione esistono due gruppi di SARM: i SARM steroidei ed i SARM non-steroidei. Di conseguenza, tutti i derivati del Testosterone, del DHT, compresi i 19-Norsteroidi, che sono stati modificati strutturalmente al fine di accentuarne le caratteristiche anabolizzanti e ridurne quelle androgene sono considerabili quali SARM steroidei.

Due esempi tipici di SARM steroideo e non-steroideo

Gli sforzi iniziali per sviluppare SARM steroidei, basati su modifiche della molecola di Testosterone, risalgono agli anni ’40. L’era moderna dei SARM non steroidei è stata scatenata da un lavoro indipendente presso la Ligand Pharmaceuticals (2, 3) e l’Università del Tennessee.(4, 5) Gli scienziati della Ligand Pharmaceuticals sono stati i primi a sviluppare una serie di Chinolinoni ciclici con attività anabolica sul muscolo scheletrico e un certo grado di selettività tissutale.(2, 6, 7, 8) La scoperta di Dalton e Miller che le Aril Propionammidi con somiglianze strutturali con il Bicalutamide e l’Idrossiflutammide potrebbero innescare l’attività trascrizionale AR-dipendente ha fornito la prima guida per lo sviluppo della classe di SARM diaril propionammidi.(4, 5) Il decennio successivo a questi primi sforzi ha visto l’emergere di un gran numero di SARM non steroidei praticamente da tutte le principali aziende farmaceutiche.(9)

Fondamenti logici nella ricerca dei SARM non-steroidei

Il Testosterone, il principale ligando per il Recettore degli Androgeni, svolge una varietà di funzioni fisiologiche nell’uomo (10): è essenziale, anche per via della sua conversione in DHT, al fine di mantenere una corretta funzione sessuale, lo sviluppo delle cellule germinali e gli organi sessuali accessori. Il Testosterone interagisce ovviamente anche con il muscolo scheletrico, grasso, ossa, emopoiesi, coagulazione, metabolismo dei lipidi, proteine ​​e carboidrati e comportamenti psicosessuali e cognitivi. Sebbene la carenza di androgeni negli uomini adulti sia il disturbo più diffuso della alterazione nella segnalazione AR (11), il principale impulso per lo sviluppo dei SARM è legato allo sfruttamento dei potenziali effetti anabolici di questi composti sul muscolo scheletrico e sull’osso.

Come ben sappiamo, man mano che uomini e donne invecchiano, perdono massa muscolare scheletrica, forza, potenza (12, 13), principalmente a causa della perdita preferenziale delle fibre muscolari di tipo 2 (14), e la densità ossea. La perdita di massa muscolare e forza associata all’età aumenta il rischio di cadute, fratture, limitazione della mobilità, disabilità fisica e scarsa qualità della vita (15, 16). Il declino funzionale e la dipendenza negli anziani gravano pesantemente sui servizi e sui costi sanitari. Nonostante l’elevata prevalenza di limitazioni funzionali e disabilità tra gli individui più anziani, i geriatri praticanti hanno poche scelte terapeutiche per il trattamento degli individui più anziani con limitazioni funzionali e disabilità fisica. Allo stesso modo, il decorso di molte malattie croniche, come la malattia polmonare ostruttiva cronica, la malattia renale allo stadio terminale, l’insufficienza cardiaca congestizia e alcuni tipi di cancro, è punteggiato da perdita di massa muscolare e limitazioni funzionali fisiche, che contribuiscono indipendentemente a sintomi, limitazione della mobilità e disabilità. Pertanto, c’è un enorme bisogno insoddisfatto di funzioni che promuovano terapie anabolizzanti che possano migliorare la funzione fisica e ridurre il peso della disabilità.

Tra le varie terapie anabolizzanti candidate ad applicazione in fase di sviluppo, quella con SARM non steroidei è la più recente in corso di sviluppo. La somministrazione di Testosterone aumenta la massa muscolare scheletrica e la massima forza volontaria in uomini sani, con carenza di androgeni (17-18) ed eugonadici (19, 20) e anziani (21), e negli uomini con molti disturbi cronici (22, 23). Gli effetti anabolizzanti del Testosterone sulla massa e sulla forza dei muscoli scheletrici sono correlati alla dose di Testosterone e alle sue concentrazioni ematiche (20, 21, 24, 25). Pertanto, il potenziale per ottenere il rimodellamento del muscolo scheletrico e l’aumento della massa e della forza del muscolo scheletrico con la somministrazione di androgeni è notevole. Tuttavia, la somministrazione di dosi sovrafisiologiche di androgeni è associata ad un’elevata frequenza di effetti avversi dose-dipendenti, come eritrocitosi, edema delle gambe ed eventi prostatici (21, 26). Pertanto, agenti terapeutici come i SARM non steroidei con la cui somministrazione possono far ottenere effetti anabolizzanti sul muscolo scheletrico e sull’osso senza gli effetti avversi limitanti riscontrati con dosaggi di Testosterone aventi il medesimo effetto terapeutico sarebbero attraenti come terapie anabolizzanti d’elezione (27, 28, 29). Il riconoscimento di queste potenziali opportunità per lo sviluppo di nuove terapie per le limitazioni funzionali e disabilità associate a disturbi cronici, invecchiamento e osteoporosi ha guidato gli sforzi farmaceutici per sviluppare SARM non steroidei.

Il raggiungimento della selettività dei tessuti

Storicamente sono stati utilizzati due approcci generali per ottenere la selettività tissutale dell’azione degli Androgeni. Il primo approccio consiste nello sviluppare un SARM con un profilo di attività desiderato e la selettività tissutale. Il secondo approccio è quello di chiarire i meccanismi di azione degli androgeni sul muscolo scheletrico e sulla Prostata e di identificare le molecole di segnalazione che sono a valle del recettore degli androgeni e che attivano le vie coinvolte nell’ipertrofia del muscolo scheletrico, ma non della Prostata.

SARM steroidei: relazioni struttura-attività

Come accennato in precedenza, strutturalmente, i SARM possono essere classificati in SARM steroidei e non steroidei. I SARM steroidei si formano modificando la struttura chimica della molecola di Testosterone (vedi figura seguente).

Struttura: relazione di attività dei SARM steroidei
Adattato da Narayanan et al 2008 (https://www.ncbi.nlm.) e Bhasin et al 2006 (https://www.ncbi.nlm.nih.)

È stato riconosciuto negli anni ’40 che la sostituzione di un metile in posizione C-17 ritarda il metabolismo presistemico del Testosterone, estendendone l’emivita e rendendolo attivo per via orale. Pertanto, un certo numero di androgeni orali, come il Methylterstosterone, hanno una metilazione in C-17. Tuttavia, gli androgeni 17-alfa alchilati somministrati per via orale, sono potenzialmente epatotossici e abbassano notevolmente il colesterolo HDL plasmatico.

La rimozione del gruppo 19-metile aumenta l’attività anabolizzante del Testosterone (Figura sopra). Pertanto, il 19-nortestosterone ha costituito la base della serie di molecole derivate del Nandrolone. Il Nandrolone è ridotto dalla 5-α reduttasi nei tessuti bersaglio a un androgeno meno potente, il Diidronandrolone (DHN), ma è meno suscettibile all’aromatizzazione in estrogeni convertendo primariamente nel poco attivo Estrone.

Le sostituzioni alchiliche 7-alfa rendono il Testosterone meno suscettibile alla 5-α riduzione e ne aumentano la selettività tissutale rispetto alla Prostata. Pertanto, il 7-alfa metil, 19-nortestosterone ha attività anabolica teoricamente superiore all’attività androgena, sebbene i test fatti sono stati svolti su topi attraverso il ben poco affidabile se rapportato all’uomo “test di Hershberger” (per approfondimenti clicca qui). Comunque, altre molecole di questa serie con gruppi alchilici variabili sono state studiate per la loro attività anabolica.

Il Testosterone viene eliminato rapidamente dalla circolazione e ha una breve emivita. L’esterificazione del gruppo ossidrile 17-β rende la molecola più idrofoba; più lunga è la catena laterale dell’estere, maggiore è l’idrofobicità. Quando gli esteri idrossilici 17-β del Testosterone vengono somministrati attraverso un iniezione intramuscolare in una sospensione oleosa, vengono rilasciati lentamente dal deposito oleoso nella circolazione. Il lento rilascio di esteri idrossilici 17-β dal deposito oleoso estende la loro durata d’azione. Tuttavia, la de-esterificazione degli esteri di Testosterone non limita la velocità della metabolizzazione molecolare; in breve, l’emivita del Testosterone Enantato nel plasma non è significativamente diversa da quella del Testosterone non esterificato una volta scissa l’esterificazione. Allo stesso modo, l’esterificazione del Nandrolone per formare il Nandrolone Decanoato aumenta la sua emivita.

Molecola di Testosterone legata ad un estere Enantato.

L’Oxandrolone è un AAS orale derivato dal DHT che ha un sostituente metilico 17-alfa. La sostituzione del secondo carbonio con l’ossigeno aumenta la stabilità del 3-cheto gruppo e ne aumenta l’attività anabolizzante. Non aromatizza in estrogeno e ha mostrato una bassa attività androgena. Indi, esso è un altro esempio di SARM steroideo.

Struttura molecolare del Oxandrolone

SARM non-steroidei

Gli sforzi pionieristici degli scienziati della Ligand Pharmaceuticals e dell’Università del Tennessee hanno fornito le prime basi della scoperta dei SARM non-steroidei. Da allora, sono state esplorate una serie di categorie strutturali di SARM farmacofori: aril-propionamide (GTX, Inc.), idantoina biciclica (BMS), chinolinoni (Ligand Pharmaceuticals), analoghi della tetraidrochinolina (Kaken Pharmaceuticals, Inc.), benizimidazolo, imidazolopirazolo. , indolo e derivati pirazolina (Johnson e Johnson), derivati azasteroidali (Merck) e derivati anilina, diaril anilina e bezoxazepinoni (GSK) (vedi figura seguente). Poiché è stata pubblicata solo una parte della ricerca sulla scoperta, è probabile che esistano categorie strutturali aggiuntive. Una recente review di Narayanan et al fornisce un eccellente trattato delle strutture dei SARM (28).

Varie classi strutturali di SARM non-steroidei
Adattato da Narayanan et al 2008 (https://www.ncbi.nlm.nih.) e Bhasin et al 2006 (https://www.ncbi.nlm.nih.)

Le modifiche strutturali degli analoghi dell’aril propionammide bicalutamide e idrossiflutamide hanno portato alla scoperta della prima generazione di SARM. I composti S1 e S4 in questa serie si legano al AR con elevata affinità e dimostrano selettività tissutale nel impreciso test di Hershberger che utilizza un modello di ratto castrato (30, 31). In questo modello di ratto castrato, sia S1 che S4 hanno prevenuto l’atrofia indotta dalla castrazione del muscolo levat ani e hanno agito come deboli agonisti nella Prostata (30, 31, 32). Alla dose di 3 mg/kg/die, S4 ha parzialmente ripristinato il peso della prostata a < 20% di quello intatto, ma ha ripristinato completamente il peso del levator ani, la forza dei muscoli scheletrici, la densità minerale ossea, la forza ossea e la massa corporea magra e ha soppresso LH e FSH (33, 34). S4 ha anche prevenuto la perdita ossea indotta dall’ovariectomia nel modello di osteoporosi femminile di ratto (35). La capacità dei SARM di promuovere sia la forza muscolare che la forza meccanica ossea costituisce un vantaggio unico rispetto ad altre terapie per l’osteoporosi che aumentano solo la densità ossea.

S1 e S4 sono agonisti parziali; quindi, in ratti maschi intatti (31), S1 e S4 competono con gli androgeni endogeni (o esogeni) e agiscono come antagonisti nella Prostata, tali SARM con attività antagonista o bassa attività intrinseca nella Prostata potrebbero essere utili nel trattamento dell’IPB o del cancro alla Prostata. Gli effetti soppressivi di questa classe di SARM sulla secrezione di gonadotropine nei ratti suggeriscono una potenziale applicazione per la contraccezione maschile.(31)

SARM non-steroideo S4 (Andarina)

Il legame etereo e la sostituzione della posizione-para dell’anello B sono fondamentali per l’attività agonista dei SARM aril propionammidi (30). Sulla base delle strutture cristalline, i composti con legame etereo sembrano adattare una conformazione più compatta rispetto alla bicalutamide a causa della formazione di un legame H intramolecolare, consentendo all’anello B di evitare il conflitto sterico con la catena laterale di W741 nel AR e potenzialmente spiegando l’attività agonista.(36)

I derivati ​​dell’idantoina, sviluppati dal gruppo BMS (37), hanno una struttura ad anello A simile a quella della bicalutamide. Il gruppo ciano o nitro di queste molecole interagisce con Q711 e R752 (38, 39). L’anello benzenico o gruppo naftile, insieme all’anello idantoico, si sovrappone al piano steroideo, mentre l’azoto dell’anello idantoinico forma un legame H con N705. BMS-564929 lega al AR con alta affinità e alta specificità. BMS-564929 ha dimostrato attività anabolizzante nel muscolo levator ani e un alto grado di selettività tissutale, come indicato da una ED50 sostanzialmente più elevata per la Prostata. I derivati ​​dell’idantoina sono potenti soppressori dell’LH. BMS-564929 è disponibile per via orale nell’uomo, con un’emivita di 8-14 ore. L’emivita prolungata di questi ligandi nei ratti può spiegare la dose più bassa necessaria per ottenere effetti farmacologici; differenze nelle attività in vivo di SARM che condividono affinità di legame e attività in vitro simili possono essere correlate alle differenze nella farmacocinetica e nell’esposizione al farmaco.(40)

Hanada et al (41) della Kaken Pharmaceutical Co. hanno riportato una serie di derivati della tetraidrochinolina come agonisti dell’AR nell’osso. Sebbene questi composti mostrino un’elevata affinità per l’AR e una forte attività agonista nella Prostata e nel levator ani, hanno dimostrato una scarsa selettività tra i tessuti androgeni e anabolici (41). Una significativa attività farmacologica in vivo è stata osservata solo ad alte dosi sottocutanee.(28, 41)

I composti ligandi LGD2226 e LGD 2941 che sono derivati biciclici del 6-anilino chinolinone hanno mostrato attività anabolica sul muscolo levator ani, nonché sulla massa ossea e sulla forza, pur avendo scarso effetto sulla dimensione della Prostata in un modello preclinico di roditori (42, 43, 44). È stato anche dimostrato che LGD2226 mantiene il comportamento riproduttivo maschile nel modello di roditore castrato (42). Gli scienziati della Johnson e Johnson hanno sostituito il legante propionammidico con elementi ciclici come pirazoli, benzimidazoli, indoli e mimetici propionanilidi ciclici (45). Gli scienziati della Merck hanno sviluppato una serie di derivati 4-azasteroidali e butanammidi (28). Ulteriori composti sono stati sviluppati da altre aziende farmaceutiche, ma una discussione dettagliata di ciascun composto esula dallo scopo di questo articolo.

Meccanismi di selettività tissutale dei SARM

Narayanan et al hanno confrontato le vie attivate da un aril propionamide SARM, S-22, con quelle attivate dal DHT (46) e hanno scoperto che S-22 e DHT attivavano diverse vie di segnalazione distinte. S-22 e DHT differivano significativamente nel reclutamento del AR e dei suoi co-regolatori come potenziatore del PSA. L’S-22 differiva anche dal DHT nell’induzione della rapida fosforilazione di diverse chinasi (46). Tuttavia, i meccanismi che contribuiscono all’attivazione trascrizionale tessuto-specifica e alla selettività degli effetti biologici dei SARM rimangono poco compresi. Sono state proposte tre ipotesi generali, anche se queste ipotesi non si escludono a vicenda. L’ipotesi del co-attivatore presuppone che il repertorio di proteine ​​co-regolatrici che si associa al AR legato al SARM differisce da quello associato al AR legato al Testosterone che porta all’attivazione trascrizionale di un insieme di geni regolati in modo differenziale.

Antigene Prostatico Specifico (Prostate Specific Antigen, PSA) 

L’ipotesi conformazionale afferma che le differenze funzionali nelle classi di ligandi (agonisti, antagonisti e SARM) si riflettono in stati conformazionalmente distinti con partizionamento termodinamico distinto. Il legame con il ligando induce specifici cambiamenti conformazionali nel dominio di legame del ligando, che potrebbe modulare la topologia di superficie e le successive interazioni proteina-proteina tra AR e altri co-regolatori coinvolti nell’attivazione trascrizionale genomica o proteine ​​citosoliche coinvolte nella segnalazione non genomica. Le differenze nella conformazione del recettore ligando-specifico e le interazioni proteina-proteina potrebbero portare a una regolazione genica tessuto-specifica, a causa di potenziali cambiamenti nelle interazioni con ARE, co-regolatori o fattori di trascrizione. Le interazioni proteina-proteina indotte dal ligando contribuiscono alle interazioni tra le estremità amminiche e carbossiliche del AR (cioè l’interazione N/C) e il reclutamento di co-attivatori (47). Entrambe le interazioni sono mediate dall’interazione tra la regione AF2 del AR ed i motivi di legame FXXLF o LXXLL (48). Il solco idrofobo presente nella regione AF2 del AR LBD sembra essere più favorevole per il legame della fenilalanina, il che suggerisce che l’interazione N/C è preferita. Sebbene la conformazione AR-LBD legata al SARM non steroideo non sia stata ben caratterizzata, Sathya et al (49) hanno riportato che alcuni SARM steroidei che hanno attività agonista in vitro inducono un cambiamento conformazionale attivante senza facilitare le interazioni N/C. Questi dati suggeriscono che il cambiamento conformazionale specifico del ligando è ottenibile con ligandi sintetici.

(A) Il gene AR consiste di 8 esoni che codificano per il recettore degli androgeni con un prodotto genico della dimensione tipica di 919 amminoacidi. Il AR è composto da un dominio N-terminale (NTD), un dominio di legame al DNA centrale (DBD), una regione a cerniera corta e un LBD C-terminale. (B) LBD comprende una struttura elicoidale 12 che racchiude una tasca centrale di legame dell’ormone (HBP), un secondo dominio della funzione di attivazione (AF2) che si trova all’estremità carbossi-terminale dell’LBD e un sito di legame scoperto di recente, funzione di legame 3 (BF3). La conformazione adottata dell’H12 è inequivocabilmente associata al meccanismo d’azione molecolare dei ligandi legati all’HBP. (C) Come mostrato nella struttura complessa di Diidrotestosterone (DHT) e AR-LBD, l’AR HBP è composto principalmente da residui idrofobici (palla verde) che possono formare forti interazioni non polari con il DHT. L’ancoraggio proteina-ligando può essere ulteriormente stabilizzato da una rete di legami idrogeno (linea tratteggiata blu) che coinvolge i residui polari R752, Q711, N705 e T877.[fonte immagine https://www.researchgate.net/%5D

Bohl et al (36) hanno riportato che la bicalutamide adotta una conformazione molto piegata nel AR. Sebbene l’anello A e il legame ammidico della molecola di bicalutamide si sovrappongano al piano steroideo, l’anello B della bilcautammide si piega lontano dal piano, puntando verso la parte superiore della tasca di legame del ligando (LBP), che costituisce una caratteristica strutturale unica di questo classe di leganti (36). Il gruppo ciano dell’anello A forma legami H con Q711 e R752, simile al 3-cheto gruppo nel 5α-DHT (36). Il gruppo idrossile chirale forma legami H con L704 e N705, imitando l’anello C e il gruppo 17β-OH nel 5α-DHT (36). Queste interazioni di legame H sono fondamentali per un’elevata affinità di legame. Lievi modifiche strutturali possono cambiare il ligando da antagonista AR ad agonista. Il legame idrogeno favorevole tra il ligando e la catena laterale T877, le caratteristiche strutturali che imitano il 3-cheto gruppo del Testosterone e le interazioni idrofobiche sono fondamentali affinché il ligando si leghi con alta affinità e stimoli l’azione del AR. La struttura cristallina a raggi X del AR legato a S-1 ha rivelato che la catena laterale W741 è spostata dall’anello B per espandere la tasca di legame in modo che il composto si orienti verso la regione AF2 (50). Il ripiegamento proteico del AR legato al SARM è lo stesso che si tratti di un SARM steroideo e non steroideo (50). Non è chiaro come l’interazione ligando-recettore determini l’attività agonista o antagonista del ligando.

La selettività tissutale dei SARM potrebbe anche essere correlata a differenze nella loro distribuzione tissutale, potenziali interazioni con la 5α-reduttasi o l’aromatasi CYP19, o l’espressione tessuto-specifica di co-regolatori (51). Tuttavia, studi di autoradiografia con derivati di bicalutamide e idantoina (52) hanno mostrato che non si accumulano preferenzialmente nei tessuti “anabolizzanti”. L’azione del Testosterone in alcuni tessuti androgeni è amplificata dalla sua conversione in 5α-DHT (53); i SARM non steroidei non fungono da substrati per la 5α-reduttasi. La selettività tissutale dei SARM potrebbe essere correlata all’espressione tessuto-specifica delle proteine co-regolatorie. Allo stesso modo, alcune differenze delle azioni dei SARM rispetto al Testosterone potrebbero essere correlate all’incapacità dei SARM non steroidei di subire l’aromatizzazione.

Esperienza di studi preclinici e clinici con i SARM di prima generazione

Un gran numero di SARM candidati sono stati sottoposti a studi preclinici di verifica teorica e tossicologici e sono entrati in studi clinici di fase I e II (27, 28). Gli studi preclinici hanno rivelato una promettente selettività dei tessuti; tuttavia, poiché molti di questi dati generati dalle aziende farmaceutiche sono rimasti inediti, i confronti della potenza relativa e della selettività dei tessuti tra i diversi SARM sono difficili da convalidare.

Un certo numero di SARM di prima generazione sono stati testati in prove di fase I. Questi composti sono stati posizionati per studi di efficacia precoci per il trattamento dell’osteoporosi, la fragilità ossea, la cachessia del cancro e le limitazioni funzionali associate all’invecchiamento. Inoltre, i SARM che inibiscono potentemente le gonadotropine, ma risparmiano l’attività a livello della Prostata, hanno suscitato una certa attrattiva come candidati per la contraccezione maschile. È stato proposto l’uso di SARM per il trattamento delle sindromi da carenza di androgeni negli uomini; i vantaggi relativi ai SARM rispetto al Testosterone per questa indicazione non sono immediatamente evidenti e risultano limitati. Molte funzioni biologiche del Testosterone, in particolare i suoi effetti sulla libido e sul comportamento, sulle ossa e sui lipidi plasmatici, richiedono la sua aromatizzazione in estrogeni; poiché i SARM attualmente disponibili non sono né aromatizzabili né 5-alfa riducibili, questi composti risultano fortemente limitati come base terapica di sostituzione androgena in andropausa e dovrebbero affrontare una barra normativa in salita per l’approvazione in quanto sarebbero tenuti a dimostrare efficacia e sicurezza in molti più domini di azione degli androgeni rispetto a quanto richiesto dalle formulazioni di Testosterone la quale si conosce per effetti diretti ed indiretti in condizione terapeutica sostitutiva degli androgeni endogeni.

Alle dosi che sono state testate, i SARM di prima generazione inducono modesti guadagni di massa corporea magra in volontari sani, che non sono affatto vicini ai guadagni molto maggiori nella massa muscolare scheletrica riportati con dosi sovrafisiologiche di Testosterone. I modesti guadagni da 1,0 a 1,5 kg di massa magra con i SARM di prima generazione in 4-6 settimane dovrebbero essere confrontati con i guadagni di 5-7 kg di massa magra con dosi da 300 e 600mg di Testosterone Enantato (pari approssimativamente a 216mg e 432mg di Testosterone effettivo rispettivamente). Tuttavia, è possibile che la prossima generazione di molecole SARM avrà maggiore potenza e selettività rispetto ai SARM di prima generazione, ma ad oggi non sussiste ancora dimostrazione a riguardo.

Raggiungimento della selettività e spiegazione dei meccanismi d’azione

Un altro approccio per ottenere la selettività d’azione è chiarire i meccanismi dell’azione del Testosterone sulla Prostata e identificare le molecole a valle associate all’attivazione della segnalazione AR nel muscolo scheletrico, ma non nella Prostata. Attraverso la comprensione di questi meccanismi, potrebbe essere possibile identificare molecole candidate che prendono di mira aspetti specifici della cascata di segnalazione AR.

Le analisi delle biopsie muscolari di uomini trattati con dosi graduate di testosterone hanno rivelato che la somministrazione di testosterone induce ipertrofia delle fibre muscolari sia di tipo I che di tipo II (54, 55); I cambiamenti nelle aree trasversali di entrambe le fibre di tipo I e II sono correlati alla dose di Testosterone e alle concentrazioni di Testosterone totale e libero (54). Tuttavia, né il numero assoluto né la proporzione relativa delle fibre di tipo I e II cambiano durante la somministrazione di Testosterone.

Poiché le cellule satellite muscolari sono state implicate nell’ipertrofia del muscolo scheletrico e nell’aumento del numero mionucleare (56), sono state quantificate le cellule satellite e il numero mionucleare mediante microscopia elettronica, utilizzando metodi di conteggio diretto e orientamento spaziale nelle biopsie del vasto laterale ottenute al basale e dopo 20- settimane di trattamento con un agonista del GnRH e dosi graduate di Testosterone Enantato. Il numero assoluto e percentuale di cellule satellite a 20 settimane era significativamente maggiore del basale negli uomini che ricevevano dosi sovrafisiologiche di Testosterone (57). La variazione del numero di cellule satellite era correlata alle variazioni dei livelli di Testosterone totale e libero (57). Quindi, l’ipertrofia delle fibre muscolari indotta dal Testosterone è associata ad un aumento delle cellule satellite e del numero di mionuclei.

Il Testosterone e il DHT promuovono la differenziazione delle cellule staminali mesenchimali multipotenti in linea miogenica e inibiscono la loro differenziazione in linea adipogenica (58, 59). Il Testosterone inibisce anche la differenziazione dei pre-adipociti in adipociti (59, 60). Altri hanno suggerito che l’ipertrofia indotta dal Testosterone sia causata dalla stimolazione della sintesi proteica e dall’inibizione della degradazione proteica (61, 62). Testosterone e DHT promuovono l’associazione del ligando AR con il suo co-attivatore, β-catenina; questa interazione stabilizza la β-catenina, promuove la sua traslocazione nel nucleo e l’associazione con TCF-4, e l’attivazione trascrizionale di un certo numero di geni bersaglio Wnt (63). La β-catenina svolge un ruolo essenziale nel mediare gli effetti del Testosterone sulla differenziazione miogenica. Il Testosterone sovra-regola l’espressione della Follistatina in vivo e in vitro (63); l’infusione della proteina Follistatina ricombinante aumenta la massa muscolare e diminuisce la massa grassa nei topi castrati. Il Testosterone sovra-regola l’SMAD 7 e sotto-regola la segnalazione del SMAD mediata dal TGFβ e i geni bersaglio del TGFβ (63). La Follistatina inibisce l’azione di diversi membri della famiglia del TGFβ. Questi studi supportano l’ipotesi che gli effetti del Testosterone siano trasmessi in modo incrociato dalla via Wnt alla via TGFβ-SMAD attraverso la Follistatina. Pertanto, è possibile che molecole candidate come la Follistatina che sono a valle del AR e β-catenina e che mediano gli effetti del Testosterone sul muscolo possano fornire la selettività desiderata degli effetti anabolici. La via di segnalazione mediata dal AR a valle della β-catenina può essere un interessante serbatoio di bersagli candidati per lo sviluppo di farmaci anabolizzanti selettivi.

Molecola di Follistatina

Ostacoli normativi allo sviluppo dei SARM

Negli studi di fase I e II, i SARM di prima generazione hanno mostrato riduzioni significative delle concentrazioni di colesterolo HDL e SHBG e lievi aumenti transitori di AST e ALT. Non è chiaro se gli aumenti delle transaminasi riflettano la tossicità epatica di primo passaggio tipica degli androgeni somministrati per via orale o un effetto di classe sulla trascrizione del gene AST. Allo stesso modo, la soppressione del colesterolo HDL potrebbe riflettere gli effetti combinati della via di somministrazione orale e la mancanza di aromatizzazione. È possibile che una via di somministrazione sistemica – transdermica o intramuscolare – possa attenuare il potenziale di aumento delle transaminasi e riduzioni di HDL-C.

Globulina Legante gli Ormoni Sessuali (in inglese sex hormone-binding globulin o SHBG) 

Mentre il percorso normativo per l’approvazione dei farmaci per l’osteoporosi è stato ben delineato a causa della precedenza stabilita dai farmaci precedentemente approvati, il percorso per l’approvazione delle terapie anabolizzanti che promuovono la suddetta funzione non è stato chiaramente stabilito. Sono in corso sforzi considerevoli per generare un consenso su indicazioni, risultati di efficacia negli studi cardine e differenze clinicamente importanti minime nei risultati di efficacia chiave; questi sforzi dovrebbero facilitare le prove di efficacia delle molecole candidate. Ma il risultato, ad oggi, non è molto promettente.

Allora i SARM non-steroidei sono tessuto-selettivi?

Ammetto che quanto esposto fino ad ora non è propriamente “masticabile” da tutti, ed è per questo che vi renderò la comprensione più facile.

Allora, un modo per ottenere la selettività tissutale è tramite un fapping molecolare che implica l’attivazione del recettore degli androgeni (AR) specificamente nel tessuto muscolare. Mentre l’AR è lo stesso in tutti i tessuti, il contesto cellulare è diverso: puoi immaginare che il contenuto di una cellula muscolare sia abbastanza diverso da quello di una cellula della ghiandola sebacea. Quando l’AR viene attivato per indurre la trascrizione genica, che alla fine porterà ai guadagni muscolari, entrano in gioco molte altre proteine. Queste proteine ​​coinvolte nella trascrizione sono i cosiddetti coregolatori trascrizionali. Chiamiamoli cofattori in breve. Questi possono aiutare nella trascrizione (coattivatori) o reprimerla (corepressori). Quei cofattori, e le loro proporzioni, che vengono reclutati da un AR attivato, possono variare da un tessuto all’altro. Questo dipende, in parte, da quale molecola è legata all’AR. In quanto tale, un SARM potrebbe essere in grado di reclutare un gruppo di cofattori che porteranno a una trascrizione genica minima o nulla nel tessuto A (Prostata), mentre portano alla trascrizione genica completa nel tessuto B (Muscolo).

Quanto detto sopra sembra comunque piuttosto complesso, e lo è, ma non mi è possibile comunicare a gesti per spiegarvi una cosa che è di base complessa. Comunque sia, come si fa a sapere quale tipo di ligando per l’AR interagisce con quali cofattori e in che misura? Non lo fa, si dovrebbero eseguire test quasi infiniti sul composto in questione per determinarlo effettivamente. E questo processo sembra richiedere molto tempo. Tuttavia, questo è attualmente pubblicizzato come uno dei motivi per cui i SARM – in sostanza avendolo scoperto per “caso” – esercitano i loro effetti specifici sui tessuti. Ad esempio, è stato dimostrato che l’antiandrogeno steroideo TSAA-291 esercita un’attività tessuto-specifica che coincide con profili di reclutamento di coregolatori differenziali rispetto al Diidrotestosterone (DHT) [64]. Tuttavia, poiché non hanno confrontato altri AAS, potrebbe anche essere che avrebbero visto diversi profili di reclutamento di coregolatori con altri AAS. Pertanto, è difficile vedere quanto sia effettivamente rilevante per le proprietà specifiche dei SARM. Dopotutto, la correlazione non implica la causalità.

Oxendolone (TSAA-291)

Andando avanti con la semplificazione pratica del concetto di selettività specifica, un altro modo in cui un SARM potrebbe esercitare tale specificità tissutale è attraverso il la sua via di metabolizzazione. Una molecola viene metabolizzata dall’azione degli enzimi. E la presenza di tali enzimi metabolizzanti può differire da un tessuto all’altro. Ad esempio, questo è molto evidente con la metabolizzazione del Testosterone. Il Testosterone è suscettibile di metabolizzazione per riduzione sul suo quinto atomo di carbonio. Questa riduzione è catalizzata dall’enzima 5α-reduttasi. Il risultato di questa riduzione è il più potente androgeno Diidrotestosterone (DHT). Pertanto, l’effetto del testosterone viene amplificato nei tessuti che esprimono questo enzima. Sfortunatamente, il muscolo scheletrico non è uno di quei tessuti. E, in effetti, il DHT viene degradato nel molto debole androgeno 3α-Androstanediolo dall’enzima 3α-HSD nel muscolo [65], diminuendo così il suo effetto in loco.

3α-idrossisteroide deidrogenasi ( 3α-HSD o aldo-cheto reduttasi famiglia 1 membro C4)

Tuttavia, questo aspetto è leggermente diverso per i SARM. Gli enzimi steroidogeni, come la 5α-reduttasi e la 3α-HSD, non hanno effetto sui SARM non steroidei. Gli enzimi che metabolizzano i SARM variano da una classe di SARM all’altra. Come tale, deve essere studiato per ogni SARM, analizzandone il modo in cui viene metabolizzato e con quale velocità ciò si verifica nei vari tessuti. Questo risulta essere più banale per la maggior parte degli AAS sui quali possiamo ampiamente prevederlo. Contrariamente, risulta difficile per lo sviluppo dei SARM non steroidei.

3α-Androstanediolo

Infine, è noto che gli AAS possono esercitare anche effetti non genomici [66]. Come suggerisce il nome, questi sono effetti che non sono mediati dalla trascrizione genica. Pertanto, questi effetti si verificano molto rapidamente (entro secondi/minuti dopo l’esposizione di una cellula ad essa). Alcune ricerche indicano che il recettore degli androgeni localizzato nella membrana plasmatica, così come altri recettori legati alla membrana, mediano questi effetti. Ipoteticamente è possibile che AAS – e per estensione SARM – siano in grado di influenzare le vie di segnalazione a seconda del contesto cellulare, cioè gli effetti potrebbero differire da una cellula all’altra: specificità del tessuto.

Più di 20 anni di ricerca sui SARM ma nessuna approvazione clinica

Sapere queste cose è interessante e utile per comprendere l’attività di tali molecole, ma tali attività ci mostrano di essere ben lungi (ancora) dal possedere la chiave di volta nello sviluppo di SARM terapeuticamente e pienamente efficaci. Ma almeno abbiamo una base attraverso la quale i SARM potrebbero effettivamente funzionare. Tuttavia, dopo oltre 2 decenni di ricerca sui SARM [67], nessuno è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA). E no, non c’entra “bIg PhaRma”, complottaro da tastiera.

Parte del motivo per cui ciò avviene può essere ricondotto al modo in cui i ricercatori hanno esaminato i potenziali SARM. Come ho riportato in un mio precedente articolo, la anabolico:androgeno ratio, come valutato dal test di Hershberger, è pressoché inutile. Eppure questo test è stato utilizzato dalle aziende farmaceutiche per decidere se perseguire o meno la ricerca su determinati SARM di particolare interesse, queste aziende includono la GTx, Inc. con lo sviluppo del Enobosarm (GTx-024) [68], la GlaxoSmithKline con lo sviluppo del GSK2881078 [69 ], la Takeda Pharmaceutical Company con lo sviluppo del SARM-2f [70], la Aska Pharmaceuticals con lo sviluppo del S42 [71], e la Merck & Co, Inc con lo sviluppo del MK-4541 [72], ecc.

Non si sono forse già visti risultati ridicolmente buoni con AAS convenzionali in passato utilizzando questi test? Si, e non per una molecola. Ad esempio, si dice che lo Stanozololo abbia un rapporto anabolico/androgeno circa 10 volte superiore a quello del Testosterone, mentre il Methyldrostanolone ha circa un rapporto anabolico/androgeno 20 volte superiore [73]. Tuttavia, come sappiamo, queste molecole non sono considerate SARM sito-specifici e non sono scevre da eventuali effetti androgenizzanti. Perché? Perchè uno studio con molteplici variabili svolto su roditori non può essere rapportato correttamente all’uomo, come ho spiegato nell’articolo dedicato alla anabolico:androgeno ratio.

Un ulteriore problema con la ricerca sui SARM emerge quando si esaminano gli studi clinici. Poiché i SARM vengono sviluppati per superare gli AAS convenzionali, non ci si aspetterebbe forse che essi vengano confrontati con gli AAS convenzionali negli studi clinici? Per qualche ragione, in tutti gli studi clinici con i SARM, questi vengono confrontati con un placebo. Se si vuole valutare l’efficacia reale di una molecola rispetto ad un altra, non lo si fa confrontandola solo ad un placebo, o forse solo inizialmente lo si farebbe, come in una sperimentazione pilota per risparmiare sui costi, e per valutare se ne vale la pena o meno. Questi studi mostrano comunemente guadagni marginali (nell’ordine di 1kg) di LBM in un periodo di diverse settimane/mesi con una corrispondente buona tollerabilità. Anche gli AAS convenzionali sono generalmente ben tollerati e aumentano marginalmente l’LBM quando vengono somministrati a basso dosaggio, niente di sconvolgente in questo. La Ligand Pharmaceuticals ha persino trovato la necessità di menzionare quanto segue nella conclusione del loro abstract di studio che copre gli effetti del loro SARM LGD-4033: “LGD-4033 era sicuro, aveva un profilo farmacocinetico favorevole e un aumento della massa corporea magra anche durante questo breve periodo senza cambiamento nell’antigene prostatico specifico”. Cosa si aspettavano in poche settimane di trattamento con il loro SARM? Anche 600mg di Testosterone Enantato a settimana per 20 settimane non aumentano l’antigene prostatico specifico (PSA) negli uomini giovani [74, 75] o negli uomini più anziani [76].

LGD-4033

Se l’unico requisito ricercato è che un SARM non steroideo sia più efficace di un placebo pur essendo ben tollerato, ce l’hanno fatta. Ma praticamente tutti gli AAS convenzionali sono anche più efficaci di un placebo pur essendo ben tollerati. Superare il placebo non è mai stato l’obiettivo dello sviluppo dei SARM, quindi perché gli studi testa a testa sono ancora gravemente carenti? Forse perchè non vi è superiorità ne negli effetti benefici e nel rapporto tra benefici e rischi sistemici? …

Conclusioni:

I SARM si basano sulla selettività dei tessuti per esercitare i loro effetti anabolici (costruzione muscolare), mantenendo gli effetti collaterali al minimo assoluto. Dopotutto, gli effetti collaterali si riducono in gran parte, ma non totalmente, all’azione androgena nei tessuti diversi dai muscoli. I SARM possono esercitare questi effetti tessuto-specifici attraverso circa tre diversi meccanismi. Uno sfrutta le differenze nelle molecole tra i diversi tipi di cellule che “aiutano” un SARM ad avviare la trascrizione genica. Un altro si basa su enzimi di espressione tessuto-specifici che metabolizzano il SARM. Un terzo si basa sugli effetti non genomici che potrebbero essere mediati da un SARM che, ancora una volta, potrebbe variare da un tipo di cellula all’altro.

Poiché questi processi biochimici sono estremamente difficile da prevedere in anticipo, le aziende farmaceutiche devono esaminare molte molecole per vedere quale potrebbe essere la soluzione migliore. Nessun SARM è stato ancora approvato e credo che ciò sia in parte dovuto a questo processo di screening che si basa su metodi obsoleti e imperfetti come il test di Hershberger e all’incapacità di sopperire all’attività fisiologica del DHT e dell’Estradiolo, i quali subiscono una marcata soppressione consequenziale al abbassamento dei livelli di Testosterone endogeno. Questo punto deve essere sicuramente migliorato. Ed è quindi questa la strada che dovrebbe intraprendere la ricerca sui SARM.

Negli sport, ed in particolare nel Bodybuilding, l’uso dei SARM non steroidei, dopo l’iniziale eccitazione per le promesse commerciali affiancate al loro uso da parte dei rivenditori e brand, sono caduti in un uso più che altro amatoriale, da parte di persone poco informate in materia e dalla mente facilmente manipolabile dalla pubblicità e informazioni incomplete se non del tutto errate.

L’unico ambito in cui i SARM non steroidei hanno visto un certo potenziale è nel culturismo femminile. In questa circostanza, le molecole più testate, prima su tutte l’Ostarina, ha mostrato un certo vantaggio se l’obbiettivo era quello di aumenti contenuti del tessuto muscolare e la mancanza di possibili effetti mascolinizzanti alle dosi comprese tra 5 e 10mg/die.

Nell’uso maschile i SARM hanno lasciato una serie di delusioni e promesse non mantenute. In monoterapia il loro uso ha portato ad atleti con problemi non indifferenti nella sfera sessuale, con difficoltà di raggiungimento e mantenimento dell’erezione, letargia, stanchezza cronica, affaticabilità, depressione e stati ansiosi. Tutti sintomi legati ad un calo significativo del DHT e del Estradiolo, con conseguente riduzione o mancanza della loro, per esempio, attività a livello cerebrale (neurosteroideo).

Di conseguenza, utilizzare uno o più SARM senza una base esogena di Testosterone (o, per lo meno, di hCG) è una totale pazzia! E, comunque, l’uso dei SARM come aggiunte ad un ciclo di classici AAS iniettabili non risulta quasi mai all’altezza delle aspettative di risposta ipertrofica rispetto all’uso, per esempio, di AAS orali come starter e/o finisher. Ovviamente la valutazione si basa anche e soprattutto sul rapporto effetti collaterali:benefici in contesto preparatorio correttamente impostato.

Inoltre, gli effetti collaterali a livello epatico e della lipidemia ematica non sono estranei all’uso di SARM non steroidei, sebbene essi si mostrino a diverso grado di entità molecola-dipendente e dose-dipendente. La stessa Ostarina aveva mostrato lievi alterazioni di ALT e AST con riduzione del HDL al dosaggio di 3mg in studi clinici; la molecola in ambito “physique” viene assunta ad un dosaggio nel range di 10-20mg/die, e l’impatto sulle transaminasi, colesterolo totale, LDL e HDL osservato attraverso esami ematici mostrano variazioni significative e variabili in misura soggettiva.

Il SARM non steroideo con il più alto carico di effetti collaterali è risultato essere LGD4033, il quale, in diversi casi studio, ha mostrato di poter causare forte stress epatico oltre che alterare sensibilmente la lipidemia ematica. Nel caso di questa molecola, si è osservato anche una perdita della selettività con possibile comparsa di effetti androgenicizzanti. Complice di questi riscontri è soprattutto l’abuso che se ne fa della molecola, sforando i dosaggi efficaci e contenitivi (2-8mg/die) a favore di somministrazioni elevate (≥10mg/die).

Anche il RAD140 sembra non essere privo di effetti collaterali significativi a livello epatico, nonostante il suo potenziale effetto protettivo sulla Prostata che, a dosaggi minimi (5mg/die) potrebbe avere un riscontro terapeutico preventivo per l’ipertrofia prostatica.

SARM non-steroideo RAD140

Lascerei perdere discorsi ipotetici su altri SARM comunemente utilizzati dagli atleti (specialmente amatori) ma che alle spalle sono privi di studi clinici (vedi, per esempio, l’S23) e, quindi, di dati oggettivi sulle possibili attività nell’uomo. L’unica eccezione tra questi la fa, forse, il SARM steroideo YK11, il quale sembra essere gestibile a dosi di 5-10mg/die con un buon rapporto tra benefici ed alterazioni dei marker ematici.

SARM steroideo YK11

Per concludere, mi sembra di avervi dato sufficienti informazioni per valutare correttamente i SARM e deporli con cognizione logica dall'”altarino” di innocuità sul quale brand e venditori li hanno posti e dove una parte di voi continua a tenerli.

Gabriel Bellizzi

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“Bulk High Fat”: analisi ed ipotesi su un regime alimentare “alternativo”.

Introduzione

Se si domandasse al bodybuilder nella media quale sia l’oggetto di maggiore interesse nella sua programmazione per il “Bulk” quasi sicuramente, dopo aver detto “raggiungere la massima ipertrofia”, direbbe “ridurre al minimo l’aumento della massa grassa”. Ed è più che logico visto che l’atleta con un minimo di senso logico sa che un peggioramento marcato della “bf” in una fase ipercalorica si tradurrà mediamente in un tempo generalmente più lungo in ipocalorica con restrizioni caloriche (o output calorici) più elevate ed un rischio relativamente aumentato di veder persa più massa contrattile o, peggio ancora, il dover calcare con i PEDs per rientrare nei tempi della preparazione al contest (o a qualsiasi evento dove il soggetto vuole essere nella sua “Top Condition”).

Tralasciando la pratica della “Break Diet”, altamente funzionale se gestita correttamente, esiste una strategia alimentare piuttosto datata ma, complici anche “neo-trafilettari” impomatati, riemersa recentemente, ovvero seguire un regime alimentare “High Fat” nel periodo di “Bulk”.

Siamo soliti collegare le diete “Low Carbs” e “High Fat” nel periodo di restrizione calorica, sapendo benissimo che il vantaggio assoluto esiste solo e soltanto con pratiche supplementative mirate (PEDs), parlando sempre di atleti e non di soggetti in sovrappeso o obesi che inizialmente giovano nel seguire una dieta Chetogenica o iperproteica in quanto a compliance insulino-resistenza correlata. Ma in ipercalorica? Possiamo veramente aspettarci una qualità migliore in quanto aumento della massa muscolare ed il peso guadagnato rispetto ad una dieta con prevalenza glucidica?

Con questo articolo cercherò di dare una risposta la più oggettiva possibile avvalendomi della conoscenza scientifica in nostro possesso che riguarda il metabolismo lipidico, l’impatto dei lipidi sulla massa muscolo-scheletrica, sulle prestazioni e i raffronti con il metabolismo glucidico partendo però dalla storia pratica della metodica alimentare qui trattata…

Back to the Future: Mauro Di Pasquale e la sua “Soluzione Anabolica”

Chi è che non ricorda Mauro Di Pasquale e il suo (a detta dell’autore) “Santo Graal” delle diete, “La Dieta Metabolica”? E la sua versione per i Bodybuilder ” La Soluzione Anabolica”? Immagino che molti di voi conosceranno entrambi i libri e i concetti viziati da bias in essi contenuti.

Visto l’argomento partirò proprio da qui…

Per chi non lo sapesse, Mauro G. Di Pasquale è un Powerlifter campione del mondo, autore di articoli sul bodybuilding e opinionista. Di Pasquale è stato assistente professore all’Università di Toronto dal 1988 al 1998. Ha tenuto conferenze e fatto ricerche sulle prestazioni atletiche, sugli integratori alimentari e sull’uso di farmaci nello sport. Ha conseguito una laurea con lode in scienze biologiche, specializzandosi in biochimica molecolare (1968) e ha una laurea in medicina (1971) – entrambe presso l’Università di Toronto. Di Pasquale è certificato come Medical Review Officer (MRO) dal Medical Review Officer Certification Council (MROCC). Era il MRO per la National Association for Stock Car Auto Racing (NASCAR). Dal 1997 al 1999 Di Pasquale si è occupato di redazione, ricerca e sviluppo di prodotti per le Scienze Sperimentali e Applicate (EAS). Come autore di bodybuilding, Di Pasquale ha scritto migliaia di articoli per molte grandi riviste di bodybuilding e fitness come Muscle & Fitness e Iron Man;[1-4] I suoi articoli e libri sono stati tradotti in lingua italiana e pubblicati in Italia da Sandro Ciccarelli per la rivista Olympian’s News.

Di Pasquale divenne anche un oppositore all’uso del doping pubblicizzando i suoi regimi alimentari e integrativi come “sostitutivi salutari” dei farmaci per il miglioramento delle prestazioni.

Da destra: Mauro di Pasquale insieme al bodybuilder professionista Eddie Robinson.

Nonostante la titolatura sopra esposta, Di Pasquale divulgò alcune teorie decisamente opinabili abbracciando la filosofia delle diete “Low Carb” come soluzione universale per perdere grasso e aumentare la massa muscolare. Egli rappresenta una sorta di “paladino” per la fazione dei sostenitori della così detta “ipotesi dell’Insulina”, tra l’altro smentita scientificamente, la quale ipotizza che non sia l’eccesso energetico (calorie) a causare l’aumento di peso/grasso ma i Carboidrati ed il loro stimolo sull’Insulina. Peccato però che la termodinamica ci dimostri il contrario, ovvero che è l’eccesso energetico ha causare una conservazione dello stesso e non il semplice stimolo ormonale (sul quale, tra l’altro, ci sarebbe molto da dire). Oltretutto, alcune fonti proteiche (vedi prodotti lattiero caseari) hanno un impatto insulinico maggiore del pane bianco, sebbene questo venga regolato da una concomitante risposta del Glucagone. Comunque sia, di quest’ultimo punto, il Di Pasquale sembra non curarsene più di tanto, similmente a quanto fa della risposta insulinica data dalla coingestione di grassi e proteine preoccupandosi del carico glucidico da ciclicizzare (cosa, quest’ultima, condivisibile ma da contestualizzare).

Ma arriviamo al dunque sul suo approccio “High Fat” in Bulk…

Nel 1995 pubblica il libro “The Anabolic Diet“, pubblicato poi in Italia con il nome di “La Soluzione Anabolica”.

Il libro in questione espone le vedute dell’autore, accuratamente servite per vendere il prodotto e convincere il lettore, dividendo in sei fasi la preparazione:

  1. Fase di Inizio;
  2. Fase di Massa;
  3. Fase di Forza;
  4. Fase di Definizione;
  5. Fase Pregara;
  6. Fase di Recupero.  

Tralasciando le fasi 1, 3,4,5 e 6 che, per argomento trattato nel presente articolo, non ci interessano, concentriamoci sulla “Fase di Massa“.

Dopo aver trovato la quota calorica di “mantenimento”, procedendo con i primi 12 giorni sostituendo le kcal tipicamente consumate dai Carboidrati con Grassi e Proteine riducendo significativamente i primi (es. 1g/CHO-Pro = 4Kcal; 1g Fat = 9Kcal; 400g di CHO/120g di Pro/50g di Fat = circa 30g di CHO, 220g/die di Pro e 134g/die di Grassi), si dovrebbe passare alla prima “ricarica di Carboidrati” seguita a sua volta da 5-6 giorni “High Fat” e 1 o 2 giorni “High Carbs” per 3-4 settimane.

A questo punto l’autore consiglia di permettere al peso un aumento del 15% oltre il peso ideale (es. Peso ideale = 98Kg, peso da raggiungere = 113Kg [+15%]) premurandosi di avvisare il lettore che non deve commettere l’errore di mangiare eccessivamente e vanificare il potenziale della sua strategia di farvi aumentare di massa magra con poco incremento della massa grassa…

Quindi, il bodybuilder dovrebbe seguire lo schema “High Fat” nei giorni feriali ed effettuare le “ricariche” glucidiche nel fine settimana, con un monte calorico indicativo pari a 55Kcal per Kg di peso corporeo desiderato (es. 90Kg = 4950Kcal/die). E le differenze di risposta delle vie metaboliche? Capacità di gestione delle Kcal connesse alle richieste prestative e al livello dell’atleta?… Punti non pervenuti… Per lo meno, il Di Pasquale dice che se il soggetto presenta difficoltà nell’ingestione di grossi quantitativi calorici giornalieri può far diventare il totale calorico da raggiungere un obbiettivo settimanale, abbandonando saggiamente il concetto forviante di “evento in acuto”.

Nelle indicazioni viene riportata anche la soglia del grasso corporeo da non superare. La quota riportata è del 10%… Ora, fatta eccezione per soggetti con un set point adipocitario sensibilmente basso, arrivare a pesare il 15% in più del peso ideale mantenendo una “bf” del 10% è cosa non proprio semplice, leggermente di più se parliamo di atleti “Natural”. Molto più logico sarebbe stato indicare una soglia tra il 12 ed il 15%. Ma l’autore scrive che la Fase di Massa deve essere interrotta quando si raggiunge il peso desiderato o il 10% di “bf”… Se siete agonisti dovete interromperla se arrivate al limite delle 12 settimane dalla gara.

Per quanto concerne l’obbiettivo di incremento settimanale di peso, viene indicato come “ideale” 1Kg a settimana.

Ma quanti glucidi dovrebbero essere consumati durante il/i giorno/i di “ricarica”? Di Pasquale afferma che si possono raggiungere “quantità enormi” di CHO e Kcal nel week and, anche fino a 12.000Kcal tanto il sabato quanto la domenica. Inoltre sia la quota di CHO giornaliera che il numero di giorni con rialzo glucidico possono essere aumentati in base alle risposte. E già questo punto denota una mancanza di funzionalità di base del suo piano alimentare “High Fat” per una “massa pulita” che però va oltre il concetto di “pulito” arrivando al “nodo metabolico”: il vantaggio indiscutibile del substrato glucidico per sostenere l’attività fisica in uno sport contro-resistenza che sfrutta prevalentemente un metabolismo anaerobico glicolitico.

Percentuali di ripartizione dei macronutrienti durante i giorni “High Fat” e le “ricariche di Carboidrati”. (fonte immagine “THE ANABOLIC DIET”, pag. 30 Capitolo 3).

Lascerò da parte la sfilza di integratori marca “MetabolicDiet”, che per lo più altro non sono che Creatina e Proteine in polvere, e le riduttive, ridicole e confutate chiacchiere sulla manipolazione ormonale “simil-doped”, riflettendo direttamente su quanto detto fino a questo punto.

Ora, abbiamo una dieta per il “Bulk” a tutti gli effetti “High Fat” per 3-4/5 della settimana con delle “ricariche glucidiche” di base di 1 o 2 giorni ma incrementabili a bisogno. Ricordo che questa dieta ha la bellezza di 26 anni, ed il sottoscritto, ai tempi in cui ero fortemente tentato a prestar orecchio più alla “carne ed al sangue” piuttosto che alla logica e al buon senso, la conosce e osserva i suoi effetti sugli atleti che l’hanno voluta sperimentare da circa 15 anni. Beh, posso assicurarvi che i risultati con questo tipo di alimentazione in “Bulk” erano apprezzabili (questo non vuol dire che erano spettacolari o che riflettevano le promesse dell’autore) principalmente in due contesti:

  • Alteti “doped” con un set point adipocitario basso e una media di 3 copiose “ricariche” a settimana;
  • Atleti “natural” con un set point adipocitario basso e una media di 3 copiose “ricariche” a settimana e un minimo di CHO giornalieri pari a 2-3g/Kg.;
  • Atleti di sesso femminile con variabili sul numero di “ricariche” e tempi di svolgimento delle medesime.

Ed i casi osservati con risultanti apprezzabili, comunque, sono pochi rispetto ad una maggioranza di individui non significativamente avvantaggiati dal protocollo.

Come potete vedere, il concetto di base della dieta crolla inesorabilmente sotto il peso di dati empirici raccolti direttamente ed indirettamente nel corso degli anni.

“Mah Gabriel! Esistono altre metodologie “High Fat” per una “massa pulita” e funzionano!” Alt, non ti agitare piccolo “troll”, perchè con il termine “High Fat” mi stai dicendo “tutto e niente”, un pò come succede quando si parla di “dieta iperproteica”.

Si possono considerare “High Fat” tutte le diete che in ipercalorica superano il 20-25% delle calorie giornaliere dai grassi! E’ ovvio che possono esistere degli abissi programmatici tra uno schema alla Di Pasquale e un altro che presenta linee di percentuali macro-caloriche nei range sopra indicati.

Prima di proseguire con esempi di schemi alimentari “High Fat” ben più logici rispetto a quanto presentato ne “La Soluzione Anabolica”, e considerare le argomentazioni a favore di questo tipo di dieta ipercalorica, vediamo come i diversi acidi grassi influenzano la massa muscolare. Passiamo a un pò di teoria per tornare successivamente alla pratica con maggiori conoscenze…

La modulazione nella massa e funzione del muscolo-scheletrico dei lipidi

È importante iniziare il discorso sottolineando che vi sono prove crescenti che supportano un ruolo degli acidi grassi e dei loro intermedi lipidici derivati ​​nella regolazione della massa e della funzione del muscolo scheletrico. E’ mia intenzione quindi discutere le prove relative a quei percorsi che sono coinvolti nella riduzione, aumento e/o conservazione della massa muscolare scheletrica da parte dei lipidi.

L’evidenza di diversi studi suggerisce che gli acidi grassi saturi e insaturi possono agire per regolare in modo differenziale la massa e la funzione del muscolo scheletrico. Ad esempio, è stato dimostrato che l’esposizione dei miotubi C2C12 al palmitato (C16:0), l’acido grasso saturo circolante più abbondante, riduce il diametro del miotubo e sopprime la segnalazione dell’Insulina. [2] In accordo con questo, è stato riportato che la fornitura di palmitato nelle cellule muscolari induce l’espressione di geni pro-atrofici come atrogin-1/MAFbx, in concomitanza con una maggiore localizzazione nucleare del suo regolatore trascrizionale FoxO3. [3] Al contrario, l’applicazione di acido docosaesaenoico (DHA), un acido grasso polinsaturo omega-3 (PUFA), non ha alterato la morfologia dei miotubi quando applicato da solo ed è stato dimostrato che contromodula l’atrofia indotta dal palmitato nei miotubi C2C12. [2] Coerentemente con ciò, uno studio separato ha riportato il miglioramento della degradazione proteica indotta dal palmitato nei miotubi C2C12 dopo il co-trattamento con DHA. [3] In particolare, ciò ha coinciso con la capacità del DHA di mitigare la localizzazione nucleare potenziata di FoxO3 e l’espressione genica di atrogin-1/MAFbx in risposta alla fornitura di palmitato. [3]

In accordo con questi risultati nelle cellule muscolari di coltura, diversi studi in vivo hanno anche riportato la capacità degli acidi grassi insaturi di trasmettere risposte benefiche che agiscono per prevenire l’atrofia muscolare. Ad esempio, l’alimentazione di topi portatori dell’adenocarcinoma del colon-26, un modello animale di cachessia tumorale, con una dieta integrata con acido linoleico coniugato, ha dimostrato di preservare la massa muscolare del gastrocnemio. [4] In particolare, questo effetto protettivo ha coinciso con una riduzione dell’espressione del recettore TNF-α del muscolo scheletrico, suggerendo che i PUFA possono agire per prevenire l’atrofia muscolare, almeno in parte, riducendo le azioni cataboliche della citochina TNF-α. [4 , 5] In uno studio separato, l’integrazione alimentare con acido eicosapentaenoico (EPA; C20:5 (n-3)) ha attenuato la degradazione proteica nel muscolo gastrocnemio di topi portatori del tumore MAC16 che induce la cachessia. [6] Il trattamento con EPA è stato riportato anche per evitare riduzioni dell’artrite indotta e aumento del peso del muscolo gastrocnemio nei ratti dopo somministrazione di adiuvante di Freund, concomitante con la normalizzazione dell’espressione genica di atrogin-1 / MAFbx e MuRF1. [7] Inoltre, i criceti distrofici alimentati con una dieta arricchita in acido α-linolenico PUFA (ALA) (C18:3(n-6)) hanno mostrato miglioramenti nella morfologia e nella funzione muscolare, compreso l’ingrossamento delle miofibre . [8] In accordo con questi risultati, è stato anche dimostrato che i PUFA omega-3 e omega-6 aumentano la fosforilazione di p70S6K1 a Thr389, indicativo della sua maggiore attività, durante la differenziazione miogenica dei miociti L6. [9] Insieme, questi studi supportano l’idea che gli acidi grassi insaturi possono fornire protezione contro l’atrofia muscolare in risposta a varie condizioni patologiche e potenzialmente migliorare le condizione trofiche in soggetti sani. Inoltre, questi risultati evidenziano le risposte distinte che gli acidi grassi saturi e insaturi inducono rispettivamente per promuovere o contrastare l’atrofia muscolare e la degradazione proteica.

Un certo numero di differenti vie di segnalazione e/o intermedi sono stati implicati come potenziali mediatori della atrofia muscolare, che a loro volta possono essere regolati in risposta alla assunzione di acidi grassi (vedi Figura seguente). Ad esempio, è noto che il palmitato agisce come un potente repressore della segnalazione diretta di PKB/Akt nel muscolo scheletrico, almeno in parte attraverso la sua capacità di indurre l’accumulo di intermedi lipidici tossici come la Ceramide. [10 , 11] Infatti, tali sfingolipidi possono agire stimolando le isoforme della proteina fosfatasi 2A (PP2A) o della proteina chinasi C (PKC) atipica (PKCζ) per inibire PKB/Akt. [12] In accordo con ciò, è stato riportato che l’atrofia del miotubo C2C12 indotta da TNF-α coincide con livelli elevati di Ceramide intracellulare, [13] mentre è stato dimostrato che il blocco della sintesi di Ceramide attenua l’atrofia muscolare indotta dal TNF-α nei miotubi L6, oltre a proteggere i topi contro l’atrofia del muscolo scheletrico tumore indotto ( via impianto di carcinoma C26)  in vivo. [13] In particolare, queste risposte benefiche hanno contribuito a una maggiore sintesi proteica e a una diminuzione della proteolisi, in concomitanza con una ridotta espressione del gene atrogin-1/MAFbx tramite la funzione Foxo3 soppressa, nonché una maggiore abbondanza di mediatori chiave della sintesi proteica tra cui S6K1 e PKB/Akt. [13] Inoltre, è stato riportato che la fornitura esogena di Ceramide nelle cellule muscolari L6 riduce i livelli proteici del fattore di trascrizione miogenico miogenina attraverso l’ inibizione della fosfolipasi D, mentre l’inibizione della sintesi di Ceramide migliora l’espressione della miogenina e accelera la formazione di miotubi. [14]Uno studio di Turpin e colleghi ha anche dimostrato un aumento del contenuto di Ceramide muscolare dopo l’infusione acuta (5 h) di intralipid®, che ha coinciso con l’attivazione della segnalazione pro-apoptotica, come dimostrato dall’aumento dell’attività della caspasi-3 nel muscolo gastrocnemio. [15] Tuttavia, il ruolo della Ceramide nel promuovere questo aumento dell’apoptosi muscolare guidato dai lipidi non è stato studiato, ad esempio mediante la co-somministrazione di inibitori della sintesi della Ceramide. In alternativa, livelli elevati di Ceramide associati all’iperlipidemia possono anche agire per sopprimere la sintesi proteica inducendo l’espressione e/o l’attività di repressori chiave della segnalazione mTORC1-S6K come Regulated in Development e DNA Damage 1 (REDD1). [16 , 17]In particolare, va anche evidenziato che il ganglioside GM3 (trisialotetrahexosylganglioside), un glicosfingolipide contenente acido sialico derivato dalla Ceramide, è stato anche implicato come regolatore negativo della crescita e/o differenziazione del muscolo scheletrico, in concomitanza con la sua capacità segnalata di modificare l’azione dell’insulina alterando la funzione del recettore specifico (Recettore dell’Insulina). [18 , 19 , 20 , 21] Inoltre, è stato dimostrato che un altro lipide derivato dalla Ceramide, ceramide-1-fosfato, stimola la proliferazione dei mioblasti C2C12 attraverso un meccanismo che coinvolge l’attivazione di Akt, mTOR e ERK1/2. [22] In effetti, un ulteriore lavoro che utilizza topi carenti di GM3 sintasi, l’enzima responsabile della sintesi di GM3, potrebbe far luce sul ruolo di questo ganglioside nel controllo della massa muscolare scheletrica, ad esempio in risposta all’obesità e/o all’invecchiamento.

Riassunto delle vie che mediano l’atrofia muscolare da acidi grassi saturi. L’esposizione delle cellule muscolari ad acidi grassi saturi come il palmitato (C16:0) provoca l’accumulo intracellulare di intermedi lipidici tossici come Ceramide e Diacilglicerolo. (A) L’aumento dei livelli di Ceramide può portare all’inibizione della proteina chinasi B/Akt attraverso l’attivazione di isoforme atipiche della proteina chinasi C (ξ/λ) e/o della proteina fosfatasi 2A. Inoltre, la Ceramide agisce come precursore per la sintesi del glicosfingolipide GM3 che ha dimostrato di compromettere la funzione del recettore dell’Insulina. Inoltre, la Ceramide può anche agire per modulare l’assorbimento dei nutrienti, ad esempio reprimendo l’espressione del trasportatore amminoacidico neutro SNAT2, riducendo così l’apporto cellulare di amminoacidi. (B) È stato dimostrato che la stimolazione indotta da diacilglicerolo della protein chinasi Cθ promuove la fosforilazione della serina dell’IRS-1, con conseguente sua funzione compromessa. La risultante inibizione della protein chinasi B/Akt a sua volta può portare alla repressione della sintesi proteica attraverso la soppressione del segnale meccanicistico bersaglio della rapamicina (mTOR)/p70-S6 chinasi 1-dipendente (C), l’attivazione del forkhead box O (FoxO ) fattori di trascrizione e induzione dei loro geni atrofici bersaglio (D) e/o l’attivazione della proteolisi dipendente dalla caspasi (E). Inoltre, la stimolazione della segnalazione proinfiammatoria da parte degli acidi grassi saturi a catena lunga può portare alla sovraregolazione dei geni atrofici dipendente dal fattore nucleare kappa B (F).

Oltre agli sfingolipidi, i diacilgliceroli (DAG) sono una classe alternativa di lipidi che possono essere generati in risposta alla ingestione di acidi grassi. In particolare, l’aumento dei livelli di DAG è stato associato allo sviluppo dell’insulino-resistenza, fattore di per se limitante sul corretto ripartizionamento calorico a favore del miocita e, quindi, sulla sintesi proteica . [23] sono stati rilevati Inoltre, un aumento dei livelli di DAG muscolare dopo infusione di lipidi nei topi, con concomitante aumento della attività nel muscolo gastrocnemio della caspasi-3 .[15] Sebbene si sappia poco sul ruolo dei DAG nella regolazione della massa muscolare scheletrica, è stato riportato che l’attivazione meccanica ex-vivo della DAG chinasiζ (DGKζ), un enzima che catalizza la conversione di DAG in acido fosfatidico (PA), favorisce un aumento Segnalazione dipendente da mTOR e ipertrofia associata nel muscolo estensore lungo delle dita (EDL) di topo isolato, in concomitanza con la capacità riportata di PA di legare e attivare direttamente mTOR. [24 , 25] In accordo con ciò, è stato anche dimostrato che la sovraespressione cardiaca specifica di DGKζ migliora l’atrofia miocardica nei topi diabetici indotti da streptozotocina. [26] Pertanto, questi risultati suggeriscono che l’attivazione e/o la sovraespressione di DGKζ può fornire un mezzo per stimolare i tassi di sintesi proteica e le risposte ipertrofiche, e quindi migliorare le perdite di massa muscolare, sia riducendo i livelli cellulari di DAG e/o aumentando l’attivazione della segnalazione mTOR indotta dal PA. È importante sottolineare che il lavoro futuro potrebbe comportare lo studio dei potenziali effetti benefici della sovraespressione di DGKζ nel muscolo come mezzo per contrastare l’atrofia muscolare indotta dall’età e/o dalla dieta. Inoltre, modelli animali che mostrano livelli elevati di DAG nel muscolo scheletrico, compresi i topi che sono carenti di lipasi ormone-sensibile (HSL), [27] possono anche essere utili per chiarire il ruolo di DAG nell’atrofia del muscolo scheletrico.

Un’altra considerazione importante riguarda la possibilità che specie di DAG distinte possano avere un impatto diverso sulle vie coinvolte nella regolazione della massa muscolare, ad esempio come determinato dalla composizione dei gruppi acilici grassi che si esterificano a livello sn-1,2, sn‐ 1,3, o le posizioni sn-2,3 della base di glicerolo del DAG. [28 , 29] Infatti, è stato dimostrato che il trattamento dei miotubi L6 di ratto con palmitato porta ad aumenti significativi dei livelli cellulari di alcune specie di DAG, nonché del contenuto totale di DAG cellulare. [30] Inoltre, è stato dimostrato che il co-trattamento con l’acido grasso monoinsaturo (MUFA) palmitoleato (C16:1) sopprime selettivamente gli aumenti indotti dal palmitato nei livelli di specie DAG contenenti porzioni di acidi grassi saturi C18:0 e C20:0, in coincidenza con l’azione antinfiammatoria del MUFA. [30] Sebbene non determinati in questo studio, stereoisomeri distinti di DAG possono anche regolare in modo differenziale la segnalazione anabolica/catabolica muscolare. Per supportare questa nozione, è stato riportato che gli stereoisomeri sn-1,2 DAG (rispetto agli isomeri sn-1,3) sono più potenti nell’attivare le vie di segnalazione legate all’insulino-resistenza, inclusa l’attivazione della PKC. [31] Insieme, questi studi forniscono prove emergenti che alcune molecole/isomeri DAG possono svolgere un ruolo più importante nello sviluppo dell’atrofia muscolare, ad esempio promuovendo la resistenza all’insulina e/o aumentando la spinta proinfiammatoria. Tuttavia, sarà necessario un ulteriore lavoro per determinare quali di queste molecole di DAG, se presenti, sono responsabili delle azioni di atrofia muscolare. Nel tentativo di affrontare questo problema, studi futuri potrebbero comportare il trattamento di cellule muscolari in coltura con diverse molecole/stereoisomeri DAG al fine di determinare i loro effetti sulla miogenesi e/o sull’atrofia muscolare. In alternativa, un ulteriore lavoro può anche incorporare un’analisi lipidomica dettagliata di varie specie di DAG intramuscolari in tessuti isolati da modelli animali di atrofia muscolare, oltre a monitorare potenziali cambiamenti nella loro abbondanza a seguito di interventi noti per aumentare la massa muscolare (ad es. apporto dietetico di PUFA o aumento dell’attività fisica). Infatti, se tali studi dovessero rivelare un ruolo chiave per l’accumulo di DAG nello sviluppo dell’atrofia del muscolo scheletrico, il lavoro successivo potrebbe implicare la determinazione dell’origine di tali specie di DAG, ad esempio inibendo l’attività degli enzimi implicati nella formazione del triacilglicerolo dal DAG ( sintesi di TAG) (es. glicerolo fosfato transferasi (GPAT), acilglicerolfosfato aciltransferasi (AGPAT) e lipina), o alterando l’attività di enzimi implicati nell’idrolisi di TAG e/o DAG (es. lipasi dei trigliceridi adiposa (ATGL) o HSL). A questo fine, i lavori di Badin e collaboratori hanno riportato un’elevata abbondanza di proteine ​​ATGL nel muscolo scheletrico di individui diabetici di tipo 2 rispetto a soggetti di controllo magri, nonché una ridotta espressione di HSL muscolare in individui obesi.[32] Inoltre, gli autori dello stesso studio hanno ulteriormente dimostrato che la sovraespressione di ATGL o l’inibizione dell’attività dell’HSL nei miotubi primari umani determinava l’accumulo di DAG cellulare e una compromissione associata nella segnalazione dell’Insulina. Tuttavia, in questo studio non è stato determinato se questi cambiamenti nei livelli di DAG siano collegati all’atrofia muscolare.

Oltre a modulare la segnalazione diretta di PKB/Akt e/o mTORC1, gli acidi grassi e/oi loro lipidi derivati ​​possono ulteriormente contribuire alla perdita muscolare modulando il trasporto dei nutrienti (aminoacidi) e/o la segnalazione associata. Ad esempio, lavori svolti da diversi gruppi di ricerca hanno dimostrato la capacità della Ceramide di sottoregolare l’espressione e/o l’attività dei principali trasportatori di nutrienti, incluso il trasportatore di amminoacidi neutri SNAT2 (SLC38A2). [33 , 34] In tal modo, gli acidi grassi che agiscono attraverso tali intermedi lipidici possono agire per compromettere l’assorbimento degli aminoacidi, contribuendo così a una perdita di massa muscolare. È interessante notare che in uno studio separato, è stato dimostrato che l’incubazione di miotubi L6 di ratto con acido linoleico (C18:2) limita la sovraregolazione adattativa dell’espressione e dell’attività di SNAT2 in risposta alla carenza di aminoacidi. [35] In particolare, questa riduzione indotta da acidi grassi nell’attività di trasporto del Sistema A è stata mediata da una maggiore ubiquitinazione e degradazione proteasomica della proteina SNAT2. [35] Al contrario, in uno studio separato di Li e collaboratori, è stato riportato che l’espressione dell’mRNA dei transcettori di aminoacidi LAT1 (un trasportatore di aminoacidi di tipo L) e SNAT2 è sovra-regolata nel longissimus dorsi di suini alimentati con diete n. -6 e n-3 PUFA.[36] Quindi, è possibile che gli acidi grassi e/o i loro lipidi derivati ​​possano funzionare per modulare le strategie adattative che vengono utilizzate da tessuti come il muscolo scheletrico, al fine di massimizzare o minimizzare l’assorbimento di nutrienti durante condizioni di digiuno o privazione di nutrienti e, presumibilmente, tale meccanismo può subire alterazioni durante stati di sovra-alimentazione.

È importante sottolineare che la letteratura attuale descrive prove che suggeriscono che gli acidi grassi insaturi possono agire per contrastare i mediatori pro-atrofici, compresi quelli attivati ​​in seguito all’esposizione agli acidi grassi saturi. Ad esempio, è stato riportato che MUFA e PUFA prevengono le riduzioni indotte dal palmitato della sensibilità all’Insulina e veicolano effetti antinfiammatori nelle cellule del muscolo scheletrico. [30 , 37, 38] In effetti, la regolazione trascrizionale dipendente da NF-kB è stata implicata nel promuovere l’atrofia muscolare da disuso nel muscolo soleo di ratto aumentando l’attivazione mediata da FoxO del promotore MuRF1. [39] Inoltre, uno studio recente ha dimostrato che la diminuzione del segnale anabolico nel muscolo scheletrico di topi anziani coincideva con l’accumulo di Ceramide intramuscolare e DAG, nonché con una maggiore abbondanza di mRNA di TNF-α. [40] È interessante notare che la somministrazione di olio di pesce ai suinetti in fase di svezzamento, che ha portato all’arricchimento di EPA, DHA e contenuto totale di PUFA omega-3 all’interno del muscolo gastrocnemio, ha coinciso con una riduzione dei livelli di TNF-α muscolare e una ridotta espressione del recettore Toll-like 4 (TLR4), un recettore bersaglio per gli acidi grassi saturi che stimola la segnalazione proinfiammatoria in risposta alla sua attivazione. [41] In particolare, è stato riportato che la stimolazione del TLR4 da parte del suo ligando lipopolisaccaride induce il catabolismo muscolare nei miotubi C2C12 attraverso l’attivazione delle vie ubiquitina-proteasoma e autofagia-lisosoma. [42] Inoltre, è stato dimostrato che il trattamento con DHA in cellule muscolari umane co-coltivate con macrofagi attenua il contenuto proteico indotto dai macrofagi di Fn14, un modulatore positivo dell’espressione di MuRF-1. [43 , 44] Pertanto, sulla base di questi risultati, è concepibile che le azioni antinfiammatorie riportate degli acidi grassi insaturi nelle cellule muscolari scheletriche possano contribuire, almeno in parte, alla loro capacità di preservare la massa e/o la funzione muscolare.

In particolare, queste azioni protettive possono essere collegate a miglioramenti della funzione mitocondriale, la cui compromissione è stata suggerita dal tipo di dieta e/o all’atrofia muscolare indotta dall’età. [45 , 46] Ad esempio, un recente studio di Roseno e colleghi ha riportato che una dieta ricca di grassi a breve termine (3 settimane) ha aumentato l’atrofia muscolare da denervazione nei topi inducendo la degradazione proteica nel soleo ricco di mitocondri, ma non nel muscolo EDL glicolitico. In particolare, la denervazione di 14 giorni ha indotto una perdita del contenuto proteico mitocondriale nel soleo ma non nell’EDL, indipendentemente dalla dieta. Pertanto, questi risultati suggeriscono che la perdita di mitocondri indotta dalla denervazione e la compromissione della funzione mitocondriale indotta da una dieta ricca di grassi possono combinarsi per promuovere l’atrofia del muscolo scheletrico. Al contrario, uno studio indipendente di Tardif e collaboratori ha dimostrato che i ratti anziani alimentati con una dieta arricchita di oleati mostrano notevoli miglioramenti nella sensibilità all’insulina e un aumento della sintesi proteica muscolare, in concomitanza con una maggiore espressione di geni implicati nella stimolazione della ossidazione mitocondriale, compreso il recettore attivato dal proliferatore dei perossisomi PPARα e PPARβ, nonché CPT-1β. [47 , 48] Inoltre, è stato dimostrato che i miotubi C2C12 trattati con PUFA acido linolenico e ALA mostrano una maggiore attivazione del AMPK, un altro regolatore positivo chiave della -ossidazione mitocondriale. [49] Inoltre, è stato riportato che il DHA inibisce la degradazione proteica nei miotubi C2C12 attraverso una via PPARγ-dipendente. [50] Infatti, la capacità ossidativa mitocondriale potenziata e/o preservata, come precedentemente riportato in risposta alla sola o co-fornitura di acidi grassi insaturi, può anche aiutare a prevenire l’accumulo intramuscolare di intermedi lipotossici come la Ceramide che sono stati implicati nella promozione dell’atrofia muscolare. [51 , 52] Inoltre, è possibile che l’integrazione di PUFA possa agire per alterare le proprietà contrattili e metaboliche muscolari, ad esempio promuovendo un passaggio da fibre glicolitiche veloci a fibre lente (ossidative), cosa non propriamente positiva per un atleta di potenza. A sostegno di questa idea, lavori precedenti hanno dimostrato che l’alimentazione di ratti Wistar con una dieta arricchita in PUFA n-3 porta alla sovraregolazione delle proteine ​​​​implicate nell’attivazione del metabolismo ossidativo (ad es. nel muscolo EDL, un tessuto muscolare dominante di tipo veloce). [53] È interessante notare che questo cambiamento metabolico mediato da PUFA ha coinciso anche con livelli ridotti di proteine ​​dell’isoforma di tipo veloce MyHC-2b (catena pesante della miosina 2b) nel muscolo EDL. Pertanto, è concepibile che uno spostamento mediato dai PUFA verso un tipo di fibra muscolare a lenta ossidazione possa contribuire, almeno in parte, a guadagni benefici nella massa muscolare e/o nella funzione metabolica.

In alternativa, la regolazione della massa muscolare da parte dei lipidi può anche comportare la modulazione dell’autofagia, un meccanismo omeostatico che facilita la degradazione e il riciclaggio di proteine ​​e organelli attraverso il macchinario lisosomiale. [54] In particolare, è stato riportato che un aumento della degradazione autofagica coincide con l’atrofia muscolare in varie condizioni e/o patologie tra cui cancro, [55] denervazione, [56] e invecchiamento. [55 , 57] Inoltre, è stato dimostrato che un’alimentazione ricca di grassi a breve termine (3 settimane) aumenta l’abbondanza di marcatori autofagosomiali nel soleo denervato dei topi.  In accordo con ciò, Yuzefovych e collaboratori hanno dimostrato un aumento dell’autofagia nei miotubi L6 a seguito della somministrazione di palmitato. Pertanto, sebbene non sia ancora stato stabilito un collegamento diretto in vivo , è ipotizzabile che il turnover proteico alterato tramite l’ autofagia possa, almeno in parte, mediare le alterazioni indotte dai lipidi nella massa muscolare.

Va inoltre evidenziato che alcuni acidi grassi insaturi possono alterare il tasso di proliferazione delle cellule satelliti che funzionano come cellule progenitrici miogeniche necessarie per la crescita e la rigenerazione muscolare. Ad esempio, è stato dimostrato che DHA ed EPA inibiscono la proliferazione dei mioblasti C2C12 e delle cellule satelliti isolate dal muscolo di tacchino. [58 , 59] In particolare, queste azioni di soppressione della crescita sono state collegate a livelli ridotti di ciclina E e CDK2, proteine ​​che svolgono un ruolo critico nella progressione del ciclo cellulare, nonché all’attivazione soppressa di ERK1/2, una proteina chinasi attivata da mitogeni implicata nel promuovere la crescita e la divisione cellulare. [59 , 60] Al contrario, è stato dimostrato che l’alimentazione di criceti distrofici carenti di δ-sarcoglicano con una dieta arricchita in ALA (un PUFA omega-3) aumenta la proliferazione e la differenziazione delle cellule satellite nel muscolo EDL, in concomitanza con un miglioramento dell’istologia muscolare. In particolare, queste risposte benefiche hanno coinciso con la capacità dell’ALA di aumentare la proporzione di miofibre α-MHC positive nel muscolo scheletrico dei criceti distrofici, insieme a una riduzione dell’espressione di β-MHC, contribuendo così alla conservazione di un α/β più fisiologico. Rapporto MHC. Inoltre, nello stesso studio, è stato anche dimostrato che l’integrazione di ALA alimentare previene l’accumulo aberrante citoplasmatico di proteine ​​di membrana chiave nei muscoli adduttori dei criceti distrofici, inclusa la caveolina-3, una proteina coinvolta nella regolazione dell’adesione cellulare e della riparazione della membrana, nonché essendo implicato nel controllo della differenziazione muscolare e della segnalazione indotta dall’insulina. [61 , 62] Infatti, dato che le aberrazioni nella funzione e/o localizzazione della caveolina-3 sono state associate a vari fenotipi di malattie del muscolo scheletrico, [63 , 64 , 65 , 66 , 67] è plausibile che gli acidi grassi e/o i loro derivati ​​lipidici possano influenzare la proliferazione delle cellule satellite e/o la differenziazione muscolare, almeno in parte, alterando la funzione e/o la localizzazione subcellulare delle isoforme della caveolina, nonché di altri componenti chiave della membrana strutturale.

Gli effetti degli acidi grassi sulla massa muscolare e sulla differenziazione possono essere mediati anche da una serie di metaboliti lipidici derivati. Ad esempio, è stato dimostrato che la capacità dell’acido arachidonico PUFA (C20; 4n-6) di aumentare le dimensioni, il contenuto mionucleare e il contenuto proteico dei miotubi C2C12 è mediata dall’attività della cicloossigenasi-2 (COX-2), implicando dipendenza da sintesi delle prostaglandine a valle. [68] In accordo con ciò, è stato riportato che la crescita indotta dall’acido arachidonico dei miociti C2C12 coincide con l’aumento della secrezione degli eicosanoidi PGF2α e PGE. [68]È interessante notare che diversi studi hanno anche documentato il ruolo positivo che le prostaglandine svolgono nel promuovere eventi precoci sulla superficie cellulare, inclusa l’adesione cellula-cellula, che successivamente mediano la fusione dei mioblasti nei miotubi. [69 , 70] Infatti, importanti studi di follow-up possono comportare la determinazione dell’esatta identità dei bersagli molecolari attraverso i quali le prostaglandine mediano le loro azioni, ad esempio agendo sui recettori prostanoidi legati alla proteina G (es. EP1). [69 , 71] Al contrario, è stato recentemente riportato che un altro metabolita lipidico derivato dall’acido arachidonico noto come 2-arachidonoilglicerolo (2-AG), un ligando lipidico endogeno chiave del sistema endocannabinoide, inibisce la differenziazione delle cellule satellite primarie umane e dei mioblasti murini C2C12 prendendo di mira il recettore-G ‐ 1 dei cannabinoidi accoppiati a proteine ​​e sua successiva inibizione dei canali Kv7.4. [72] Pertanto, non si può escludere il possibile coinvolgimento di tali intermedi lipidici nella regolazione del catabolismo muscolare in risposta a determinate condizioni patologiche o alimentari.

L’aumento dell’adiposità osservato nell’invecchiamento umano è stato collegato a risposte sintetiche proteiche muscolari alterate negli individui anziani. [73] Pertanto, è ipotizzabile che i cambiamenti nei livelli e/o nella composizione dei lipidi possano contribuire all’atrofia muscolare in queste condizioni ma non limitatamente ad esse. A sostegno di questa idea, ci sono prove che suggeriscono che la modifica della composizione alimentare può avere un impatto sulla massa muscolare e/o sulla sua funzione negli esseri umani. Ad esempio, uno studio di McGlory e collaboratori ha riportato che il consumo di olio di pesce ha aumentato il contenuto di PUFA omega-3 del muscolo ( Vastus lateralis) in individui maschi sani, che ha coinciso con un’elevata espressione di proteine ​​di segnalazione anabolizzanti incluso mTOR. [74] Inoltre, è stato riportato che l’inclusione di MUFA e PUFA nella dieta riduce l’espressione di geni lipogenici nel muscolo scheletrico di soggetti insulino-resistenti, in concomitanza con ridotti tassi di sintesi frazionaria di DAG intramuscolare e triacilgliceroli. [75] In particolare, queste risposte benefiche possono essere collegate a miglioramenti nella sensibilità all’insulina veicolati dall’integrazione alimentare di PUFA omega-3 negli esseri umani. [76 , 77 , 78]

E’ stato riportato che l’integrazione alimentare con acidi grassi insaturi può anche agire per migliorare le prestazioni fisiche e/o aumentare gli effetti metabolici benefici associati all’esercizio, in particolare in individui sedentari o non allenati . [79] A sostegno di questa idea, è stato dimostrato che un basso apporto alimentare di olio di tonno promuove la resistenza all’affaticamento muscolare nei ratti, in concomitanza con un aumento selettivo del contenuto di fosfolipidi della membrana e DHA all’interno del muscolo gastrocnemio. [80 , 81] Pertanto, un approccio più integrato che coinvolga modifiche al consumo di grassi nella dieta e un aumento dell’esercizio fisico può fornire una strategia più efficace per alleviare gli effetti deleteri associati all’atrofia muscolare. Ma stiamo comunque parlando di effetti apprezzabili su soggetti sedentari e non allenati, non su culturisti intermedi o avanzati.

Tirando le somme di quanto fino qui esposto, c’è un certo interesse giustificato sul ruolo importante che gli acidi grassi e/oi loro derivati ​​lipidici possono svolgere nella modulazione della massa muscolare e della sua funzione. Nel complesso, le prove presentate indicano che gli acidi grassi saturi agiscono per trasmettere effetti dannosi sulla funzione muscolare, ad esempio alterando o riducendo la sintesi proteica e accentuando il catabolismo. Al contrario, è stato dimostrato che diversi acidi grassi insaturi contrastano molte delle azioni pro-cataboliche associate alla assunzione di acidi grassi saturi. Tuttavia, sarà necessari ulteriori studi per delineare le vie e i processi alla base dell’atrofia muscolare indotta da acidi grassi, nonché quelli che mediano miglioramenti nella funzione muscolare in risposta alla fornitura di acidi grassi insaturi (cioè aumento della sintesi proteica, ridotta atrofia, miglioramento della funzione metabolica). A tal fine, strategie volte ad alterare il contenuto e/o la composizione lipidica intramuscolare in quelle condizioni che possono favorire l’atrofia muscolare (es. aumento dell’obesità, invecchiamento, inattività fisica), ad esempio sopprimendo l’accumulo di mediatori lipidici come le Ceramidi (es. de novosintesi di ceramide) o prostaglandine (ad es. inibendo l’attività della COX-2), possono fornire informazioni utili sul ruolo che diverse classi di lipidi svolgono nella modulazione della massa e della funzione muscolare. È importante sottolineare che tale lavoro potrebbe implicare l’uso di modelli animali pertinenti o soggetti umani che richiederebbero di prendere in considerazione fattori come il background genetico, la composizione della dieta e l’apporto calorico. Inoltre, questi studi possono anche comportare la determinazione di potenziali alterazioni indotte dai lipidi dell’architettura muscolare e della composizione del tipo di fibra che possono influenzare la forza muscolare, nonché il monitoraggio dei cambiamenti nella segnalazione intramuscolare e nei metaboliti all’interno di specifici tipi di fibre muscolari. Insieme a questo, ulteriori lavori che esplorano il ruolo degli acidi grassi e degli intermedi lipidici nella regolazione della proliferazione, sarebbe necessario eseguire la differenziazione e/o la funzione delle cellule satellite derivate da muscoli umani e dei miotubi primari al fine di effettuare confronti appropriati con i dati ottenuti in altri modelli sperimentali (ad es. miotubi C2C12), che hanno dimostrato di mostrare differenze funzionali (ad es. grado di maturazione).[82] Nel complesso , i dati ottenuti da tali studi possono portare allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per contrastare l’atrofia muscolare e/o migliorare la capacità rigenerativa a seguito di lesioni o malattie.

Potenziali meccanismi attraverso i quali gli acidi grassi insaturi possono contrastare l’obesità e/o l’atrofia del muscolo scheletrico indotta da acidi grassi saturi. Livelli elevati di acidi grassi saturi e/o citochine proinfiammatorie, ad esempio durante l’obesità e ipoteticamente anche nel sovrappeso marcato, possono favorire lo sviluppo dell’atrofia del muscolo scheletrico attraverso varie vie e processi come indicato (A). È importante sottolineare che gli acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi hanno dimostrato di contrastare queste azioni pro-atrofiche, che possono essere mediate dalla loro capacità di aumentare la sensibilità all’insulina e la produzione di eicosanoidi protettivi, oltre a migliorare la capacità ossidativa mitocondriale e la sintesi proteica, mentre riducono contemporaneamente la spinta proinfiammatoria (B).

Torniamo alla pratica: tesi, antitesi e sintesi del “Bulk High Fat”.

Quindi, cosa concludere da tutto ciò che ho esposto proveniente dalla letteratura scientifica se parliamo di Bodybuilding e alimentazione “High Fat” in ipercalorica? Quanto segue:

  • La cosa certa, e risaputa in tutti i contesti dietetici, è quella di preoccuparsi di ridurre l’assunzione di acidi grassi saturi a circa e non oltre il 10% del totale calorico giornaliero (soprattutto l’Acido PalmiticoMiristico e Laurico);
  • Concentrare l’assunzione di acidi grassi utilizzando fonti principalmente di Omega-3 (con particolare attenzione ad assumere EPA e DHA in un range tra 1 e 5g/die)
  • Assumere una buona dose di GLA (Omega-6) la quale può portare ad una migliore risposta nella biosintesi di prostaglandine anti-infiammatorie;
  • Possibilità di assumere Acido Arachidonico (Omega-6) in un range di dosaggio tra i 100mg ed 1.5g/die (quest’ultimo dosaggio va calibrato con un apporto di EPA/DHA pari ad un minimo di 2,5g/die) che può portare ad un miglioramento della biosintesi di prostaglandine anti-infiammatorie e con attività anabolizzante (vedi, per esempio, la PGF2-α responsabile con la PGE2 della regolazione della proteolisi e della sintesi proteica; così come della proliferazione, differenziazione e fusione delle celle satellite);
  • Uno schema di ripartizionamento dei macronutrienti potrebbe essere il seguente: 30-40% di Grassi, 30-20% di Carboidrati e 40-30% di Proteine.
Metabolismo e vie di segnalazione dell’Acido Arachidonico. Sono riassunte 3 delle 4 principali vie metaboliche dell’Acido Arachidonico: il ciclo di Terra, la conversione in prostaglandine che richiede l’attività della cicloossigenasi e la conversione in leucotrieni e lipossine tramite l’attività della 5-lipossigenasi. Non è mostrato il metabolismo del citocromo P-450 dell’Acido Arachidonico. I processi enzimatici sono mostrati in rosso, i substrati ei prodotti sono mostrati in nero e i recettori di superficie della proteina G delle cellule sono mostrati in verde. Gli effetti noti dell’attivazione del recettore sull’adenosina monofosfato ciclico (cAMP) a valle o sui livelli di calcio intracellulare sono mostrati in basso. COX-1, cicloossigenasi-1; COX-2, cicloossigenasi-2; 5-LO, 5-lipossigenasi; FLAP, proteina attivante la 5-lipossigenasi; PGH2, PGD2, PGE2, PGF2a e PGI2, sono prostaglandine H2, D2, E2, F2a e I2, rispettivamente; TXA2: trombossano A2; acido 5-HpETE, 5S-idroperossi-6E,8Z,11Z,14Z-eicosatetraenoico; acido 5-HETE, 5S-idrossi6E,8Z,11Z,14Z-eicosatetraenoico; LTA4, LTB4, LTC4, LTD4 e LTE4 sono i leucotrieni A4, B4, C4, D4 ed E4, rispettivamente; LXA4 e LXB4, lipossine A4 e B4; DP1, EP1-EP4, FP e IP, recettori delle prostaglandine; TP, recettore del trombossano A2; BLT1 e BLT2, recettore dei leucotrieni B4; CysLT1 e CysLT2: recettori dei cisteinil leucotrieni; ALXR: recettore delle lipossine.

Partendo da questi punti si hanno delle “linee guida” finalizzate alla qualità degli acidi grassi e alla quantità media percentuale.

Ora, mettiamo il caso che un soggetto per caratteristiche genetiche non riesca a gestire grosse quantità di glucidi e abbia un buon metabolismo lipidico sul quale poter puntare per eventuali surplus calorici.

Il soggetto in questione si trova bene con un quantitativo di CHO pari a 3g/Kg, e pesando 80Kg la suo quota glucidica giornaliera ammonta a 240g. L’assunzione proteica giornaliera è pari a 2,5g/Kg, per un totale di 200g.

Il suo TDEE di mantenimento è di circa 2.500Kcal. Punta ad un surplus calorico giornaliero di 500Kcal (obbiettivo 3000Kcal/die). Dal momento che sa già quanti CHO e proteine dovrà assumere e a quante calorie ammontano (1760Kcal totali da CHO e Pro) il restante lo andrà ad assumere dai Grassi (1240Kcal = circa 138g di Fat).

Totale macronutrienti del soggetto:

  • Carboidrati: 240g
  • Proteine: 200g
  • Grassi: 138g (di cui il 10% di Saturi ed il restante 90% di insaturi, polinsaturi e monoinsaturi; presenza di 5g/die di EPA e DHA, 300mg/die di GLA e 1.5g/die di Acido Arachidonico per 8-12 settimane).

Il soggetto in questione seguirà questo schema per circa 4 settimana senza effettuare alcuna giornata con un aumento dei CHO e una riduzione della componente proteica e lipidica. In base alle risposte ottenute rimodulerà a bisogno il suo schema alimentare.

Ecco, questo è un banalissimo esempio di come una dieta “Bulk High Fat” possa essere per lo meno impostata in modo logico, anche per quanto riguarda il tipo ipotetico di soggetto menzionato. Nonostante ciò, e vi parlo da persona che ha analizzato i risultati di svariati schemi similari a questo, un vantaggio vero e proprio sulla qualità dell’aumento di peso non è praticamente mai emerso, o per lo meno mai in modo sufficientemente apprezzabile.

A questo punto ci sarebbe anche da riportare quanto affermato in uno studio dal Dr. Jose Antonio, PhD, ricercatore della ISSN, che ha affermato come non vi siano aumenti maggiori di grasso corporeo tra una dieta ipercalorica “High Fat” e una “High Carbs” dopo circa 14 giorni.[https://italia-podcast.it/] Questa affermazione va comunque presa come una ipotesi nata da osservazione di alcuni studi. Sebbene tra la teoria e la pratica spesso c’è differenza, quando si parla di surplus calorico e aumento del grasso corporeo sappiamo tutti quanto gli acidi grassi alimentari vengano facilmente stoccati negli adipociti sotto forma di trigliceridi di deposito quando in surplus calorico e ingeriti in quantità significative con carboidrati. Questi ultimi, o meglio il glucosio, in eccesso, in un soggetto in salute vengono in gran parte dissipati in calore e solo un 5-10% è coinvolto nei processi di De Novo Lipogenesi (DNL).

Alcuni sostenitori delle diete “High Fat” in “Bulk” affermano che tali strategie alimentari portino ad un miglioramento della “durezza muscolare”, anche grazie ad un basso stimolo insulinico e consequenziale riduzione della ritenzione idrica, e della pienezza dei ventri data dai Trigliceridi intra-muscolari. Peccato che, Insulina o meno, gli acidi grassi in eccesso vengono captati e depositati negli adipociti per intervento, tra l’altro, della Proteina Stimolante l’Acilazione (ASP), la quale ha azione insulino-indipendente. I Trigliceridi intra-muscolari (IMTG) danno si un effetto di pienezza muscolare dal momento che legano in piccola parte acqua, ma parliamo di un effetto additivo al ben maggiore volume dato dal glicogeno muscolare e apprezzabile a “bf” basse, da pre-contest per intenderci.

Come molti di voi già sapranno, la sintesi proteica aumenta principalmente:

  • In seguito ad adattamenti in risposta a sedute di allenamento contro-resistenza correttamente svolte generando tensione meccanica, stress metabolico e danno muscolare;
  • Mangiando sufficienti calorie;
  • Assumendo un quantitativo adeguato di proteine (media 1,5-2,5g/Kg).

Raggiungere il primo punto, però, diventa molto più difficile se si consuma una quota glucidica bassa. Le diete ricche di grassi possono fornire molte calorie e proteine, ma risultano per la stragrande maggioranza dei soggetti disfunzionali alle prestazioni in sala pesi. Ricordo, per l’ennesima volta, che un bodybuilder è un atleta che sfrutta primariamente il metabolismo glucidico al fine della massima prestazione essendo praticante di uno sport anaerobico alattacido e lattacido.

Durante l’esercizio intenso, i muscoli si basano principalmente sul metabolismo glucidico. E come certamente saprete, il glicogeno è un polimero di glucosio immagazzinato nel muscolo-scheletrico e nel fegato, ed è scomposto nelle sue unità di glucosio e utilizzato come substrato energetico durante l’esercizio nel distretto muscolare di deposito oppure venendo rilasciato nel flusso ematico dal deposito epatico.

Le richieste di carboidrati nella dieta variano da soggetto a soggetto, ma un culturista che si allena seriamente richiede in media una consistente quantità di glucidi per mantenere le sue riserve di glicogeno e sostenere una buona prestazione, motivo per cui le diete ricche di grassi e povere di carboidrati riducono significativamente i livelli di questo polimero. Ed i problemi annessi emergono soprattutto quando ci si allena con pesi consistenti.

Fare solo 6-9 serie può ridurre i livelli di glicogeno muscolare di circa il 40% [83] e, se ci si allena con livelli già bassi, è ragionevole presumere che si farà fatica a sollevare più peso.

Ma cosa mostrano gli studi sugli atleti? La maggior parte degli studi dimostrano che le diete ricche di grassi e povere di carboidrati riducono le prestazioni atletiche [84, 85, 86] mentre altri affermano che non vi è alcuna differenza [87]e persino alcuni che mostrano un aumento delle prestazioni.[88] Tuttavia, ci sono altri motivi per pensare che le diete ad alto contenuto di carboidrati potrebbero essere superiori per l’aumento della massa muscolare.

La ricerca mostra che la disponibilità di glicogeno influenza direttamente la sintesi proteica ei tassi di degradazione.[89] In poche parole: le diete ricche di grassi e povere di carboidrati comportano livelli inferiori di sintesi proteica rispetto a quelle ad alto contenuto di carboidrati.

Un altro modo in cui i carboidrati influenzano favorevolmente l’equilibrio proteico muscolare ha a che fare con la produzione di Insulina.

L’insulina è un ormone peptidico rilasciato dal pancreas che agevola l’assorbimento dei nutrienti dal sangue alle cellule. Possiede, in fisiologia, proprietà prettamente anticataboliche, il che significa che quando i livelli di Insulina sono elevati, viene soppressa la lisi delle proteine ​​muscolari.[90]

Ora, poiché la produzione di Insulina è stimolata ingerendo cibo, e mangiando carboidrati in particolare, ma anche proteine con stimoli differenti dati dalla composizione amminoacidica, non sorprende che le persone che seguono una dieta ricca di carboidrati abbiano generalmente livelli ottimali di Insulina rispetto alle persone che seguono una dieta povera di carboidrati e ricca di grassi.

La formazione del complesso Insulina (di colore rosso) – Recettore dell’Insulina (di colore blu) determina una cascata di segnali per l’esplicazione della funzione dell’ormone. Ispirato da discussioni e cifre in Siddle (2011). L’immagine del complesso Recettore Insulina-Insulina è adattata da Goodsell (2015).

I carboidrati sono principalmente energetici e se non si è molto attivi, non si necessita di loro quantità elevate. Tuttavia, livelli ottimali di insulina (e di sensibilità insulinica) sono altamente desiderabili se si sta cercando di costruire massa muscolare, semplicemente perché si viene a creare un ambiente più anabolico in cui i muscoli possono vedere agevolata la loro crescita. E questa non è solo teoria.

La ricerca condotta dagli scienziati della Ball State University ha scoperto che bassi livelli di glicogeno muscolare (che è inevitabile con una dieta povera di carboidrati e ricca di grassi) compromettono la segnalazione cellulare post-allenamento relativa alla crescita muscolare.[91]

Un altro studio condotto da ricercatori dell’Università della Carolina del Nord ha scoperto che, se combinata con l’esercizio quotidiano, una dieta povera di carboidrati e ricca di grassi aumenta i livelli di Cortisolo a riposo e diminuisce i livelli di Testosterone libero.[92] Sicuramente una situazione compromettente soprattutto per un “Natural”. Quando si tratta di costruire massa muscolare, ciò che si vuole sono bassi livelli di Cortisolo a riposo e alti livelli di Testosterone libero, l’esatto opposto di ciò che porta una dieta a basso contenuto di carboidrati.

Quanto detto aiuta a spiegare i risultati di altri studi sulla questione dei carboidrati e della composizione corporea e delle prestazioni.

Ad esempio, uno studio condotto da ricercatori dell’Università del Rhode Island ha esaminato come l’assunzione di carboidrati a basso e ad alto contenuto di carboidrati influenzasse il danno muscolare indotto dall’esercizio, il recupero della forza e il metabolismo proteico di tutto il corpo dopo un intenso allenamento. Quello che hanno scoperto è che i soggetti con una dieta a basso contenuto di carboidrati hanno perso più forza, si sono ripresi più lentamente e hanno mostrato livelli più bassi di sintesi proteica. Vale anche la pena notare che il gruppo “a basso contenuto di carboidrati” (e quindi ad alto contenuto di grassi) non era poi così “Low Carbs”. Stavano ingerendo circa 220g di carboidrati al giorno contro i 350g assunti dal gruppo con dieta ad alto contenuto di carboidrati.[93] E questi effetti diventano ancora più pronunciati man mano che l’assunzione di carboidrati diminuisce.

Ancora un altro studio degno di nota è stato condotto dai ricercatori della McMaster University, che ha confrontato la dieta ad alto e basso contenuto di carboidrati con soggetti che eseguono allenamenti quotidiani per le gambe. I soggetti che seguono una dieta a basso contenuto di carboidrati (30% delle calorie giornaliere) hanno mostrato tassi più elevati di degradazione proteica e tassi più bassi di sintesi proteica rispetto ai soggetti a dieta ricca di carboidrati (60% delle calorie giornaliere), con conseguente minore crescita muscolare complessiva.[94]

Conclusioni e ultime indicazioni:

La linea di fondo è questa: Alcuni studi dimostrano che le diete ricche di grassi possono funzionare per la costruzione muscolare, ma un approccio più ideale e redditizio sembra rimanere quello di seguire una dieta ricca di carboidrati secondo capacità individuali.

I dati empirici ci suggeriscono mediamente la stessa medesima cosa, senza però cadere nell’errore di valutare le innumerevoli variabili soggettive in un unico macro-gruppo di risposta positiva ai regimi prevalentemente glucidici.

Questo significa, in poche parole, che la soggettività genetica non va mai sottovalutata o peggio rinnegata per via di futili credenze pseudoscientifiche o convinzioni personali.

Ciò non toglie, però, che i regimi ipercalorici “High Fat” non portano a sostanziali benefici se non ad un ristretto numero di individui caratterizzati da ipotetiche alterazioni metaboliche rispetto alla media della popolazione. Ma anche in questi casi il “tetto favorevole” del “High Fat” si attesta mediamente al 40% delle calorie totali giornaliere con un totale glucidico del 30-25%.

Ciò che dobbiamo ricordare è che i test alimentari soggettivi con modulazioni macro-caloriche sono utili al fine di attestare una quota singolarmente funzionale per ogni macronutriente. Solo in questo modo, e con una valutazione oggettiva, possiamo capire fin dove possiamo spingerci in quanto a quantità di macronutrienti al fine di ottenerne il massimo dei vantaggi prestativi ed estetici. Questo può significare differenze non da poco in un piano ipercalorico tra Grassi e Carboidrati.

Altri tre esempi di variazione nella percentuale dei macronutrienti in funzione delle risposte soggettive.

Personalmente, ritengo che il range della quota lipidica dovrebbe coprire un arco di grammatura da 0,6 a 2g/Kg. Sempre su base soggettiva e rapporto funzionale tra carboidrati e grassi.

In regimi ipercalorici, con l’obbiettivo di non perdere la flessibilità metabolica, si possono utilizzare, oltre alla “C:G ratio” di Ludovico Lemme, uno schema d’esempio di rapporto come segue:

  • CHO 4-5g/Kg= Fat 0,6g/Kg
  • CHO 5-6g/Kg= Fat 0,8g/Kg
  • CHO 6-7g/Kg= Fat 1g/Kg
  • CHO 7-8g/Kg= Fat 1,5/Kg
  • CHO 8-10g/Kg= Fat 2g/Kg

E se volessi tarare il quantitativo lipidico per un regime “Bulk High Fat”? Le linee indicative sarebbero:

  • CHO 3-4g/Kg= Fat 1-1,2g/Kg
  • CHO 2.5-3g/Kg= Fat 1,5-1,6g/Kg
  • CHO 2-2.5g/Kg= Fat 1,8-2g/Kg
  • CHO 0,5-2g/Kg= Fat 2-2,5g/Kg

Queste sono semplici indicazioni generali estrapolate da dati raccolti empiricamente, nulla di scolpito nella roccia o inconfutabilmente dimostrato.

Prima di chiudere con il presente articolo, è logico che vi dica di fare attenzioni alle fonti lipidiche che assumete o che andrete ad assumere (cosa già detta in precedenza). Nessuno vi sta dicendo di evitare la carne rossa (tagli magri) ma di concentrarvi soprattutto su fonti lipidiche quali tuorlo d’uovo, Olio Extravergine di Oliva, EPA, DHA e MCT (controllandone la composizione ed evitando l’olio di Cocco ricco di Acido Laurico). Fonti proteiche quali salmone selvatico, sgombro, pesce spada e carni da allevamenti “Grass Feed” sono pienamente consigliate, se alla propria portata economica.

Gabriel Bellizzi

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Stress e aumento della Miostatina

Introduzione

Siamo pienamente a conoscenza dell’impatto che una condizione di stress cronicamente protratto, sia fisico che psichico, ha sulla attivazione dell’Asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene (nota anche nella denominazione inglese di Hypothalamic–Pituitary–Adrenal Axis; abbreviato in HPA Axis) e la sintesi di Cortisolo con conseguenze negative anche a livello fisico con un accentuato stato catabolico del tessuto proteico del muscolo-scheletrico. Ma lo stress cronico potrebbe compromettere maggiormente la capacità di sviluppo della massa contrattile rispetto a quanto normalmente potremmo essere indotti a pensare.

Asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene (HPA). Sperimentare un fattore di stress ambientale, come percepito dal cervello, provoca l’attivazione dell’Asse HPA. L’Ipotalamo secernerà quindi l’Ormone di Rilascio della Corticotropina (CRH). Nel lobo anteriore dell’Ipofisi, il CRH stimola la secrezione dell’Ormone Adrenocorticotropo (ACTH). La corteccia delle ghiandole surrenali produrrà quindi glucocorticoidi (Cortisolo nell’uomo) in risposta all’ACTH. Il Cortisolo genererà quindi una risposta allo stress.

In un piccolo studio svolto su topi presso la University of Colorado e pubblicato nel settembre 2010 sul American Journal of Physiology, è stato riportato che lo stress causa una iper-espressione del gene della Miostatina.[1]

Miostatina

Sappiamo benissimo che la Miostatina, espressa nell’uomo dal gene MSTN, è un peptide che nel muscolo maturo inibisce l’Akt, una chinasi sufficiente a causare l’ipertrofia muscolare, in parte attraverso l’attivazione della sintesi proteica mentre stimola la produzione di ubiquitina ligasi, proteine ​​che regolano la disgregazione proteica muscolare. Tuttavia, l’Akt non è responsabile di tutti gli effetti ipertrofici muscolari osservati che sono mediati dall’inibizione della miostatina[2] Pertanto la Miostatina agisce in due modi: inibendo la sintesi proteica indotta dal Akt e stimolando la degradazione proteica regolata dall’ubiquitina.

Caratteristiche dello studio

I ricercatori hanno fatto la loro scoperta quando hanno posto dei topi in una gabbia diversa ogni giorno per una settimana [CS], o li hanno messi per un breve periodo di tempo ogni giorno in una piccola “camera restrittiva” [RS]. Quest’ultimo trattamento risulta essere particolarmente doloroso per questi animali.

Dopo 7 giorni la massa muscolare di entrambi i gruppi era diminuita, ma in modo maggiore dei topi RS.

La sigla “TA” sta per muscolo del polpaccio tibiale anteriore, “SOL” per soleo. BC = massa muscolare all’inizio dell’esperimento, HC = massa muscolare in un gruppo di controllo di topi che sono stati pesati ogni giorno, ma non hanno ricevuto stimoli stressanti.

I ricercatori notarono che i muscoli dei topi sottoposti a stress iniziavano a produrre più Miostatina il giorno 1, in particolare i topi RS.

Poiché volevano sapere se la Miostatina svolgesse davvero un ruolo così importante nello stress psicologico, i ricercatori hanno ripetuto il loro esperimento con topi geneticamente modificati che non producevano Miostatina [MSTN KO]. Questi sono i topi massivamente ipertrofici le cui foto sono reperibili in rete. Essi provengono dal laboratorio dell’esperto di Miostatina Se-Jin Lee.

I topi non modificati sono topi WT.

Conclusioni

I ricercatori hanno concluso che lo stress psicologico può portare all’obesità e all’indebolimento muscolare.

Le diminuzioni della massa muscolare possono contribuire ovviamente a un cambiamento nella composizione corporea che può favorire l’obesità. Una perdita di massa muscolare magra riduce la quantità di tessuto metabolicamente attivo disponibile per la degradazione ossidativa dei substrati energetici.

Inoltre, una diminuzione della massa muscolo-scheletrica in risposta allo stress psicologico può anche predisporre il muscolo scheletrico a una maggiore probabilità o gravità di lesioni.

Ma nell’uomo le conseguenze dello stress psicofisico possono essere le medesime sui livelli aumentati di Miostatina osservati nei topi? Non possiamo ancora sapere con certezza quanto e come ciò possa influire sull’espressione genica MSTN nell’uomo, ma possiamo ipotizzare che ciò sia potenzialmente verificabile. Inoltre ciò non dovrebbe nemmeno stupire. Un organismo sottoposto a stress cronico tende a ricercare una omeostasi anche attraverso la riduzione del dispendio energetico tramite una riduzione del tessuto metabolicamente attivo. Gli esempi non mancano in letteratura. Pensate per esempio ai soggetti denutriti o stanziati in ambienti inospitali.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

1- https://doi.org/10.1152/ajpregu.00296.2010

2- Sartori R, Gregorevic P, Sandri M (September 2014). “TGFβ and BMP signaling in skeletal muscle: potential significance for muscle-related disease”. Trends in Endocrinology and Metabolism.