L-NORVALINA E APOPTOSI NEURONALE

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L-Norvalina

In alcune formulazioni pre-workout o “NO booster” è presente un aminoacido poco conosciuto, la L-Norvalina. Sulla sicurezza d’uso di alte dosi di Norvalina si dibatte da diverso tempo, in alcuni studi si è affermato che l’assunzione di alte dosi di Norvalina causi un aumento considerevole dell’ammoniaca nel fegato.(1) Recentemente, alcuni ricercatori australiani hanno pubblicato sul Toxicology in Vitro un interessante studio riguardante la Norvalina. Sembra che a concentrazioni elevate questo amminoacido possa causare la morte dei neuroni.(2)

La L-Norvalina (abbreviato come Nva) è un amminoacido con formula bruta C5H11NO2 . Il composto è un isomero della Valina.(3) Come la maggior parte degli altri α-amminoacidi, la Norvalina è chirale. È un solido bianco solubile in acqua.

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L-Norleucina

La Norvalina è un amminoacido non proteogenico e, sebbene strutturalmente simile alla Valina, non a catena ramificata. In passato venne identificato come un componente naturale di un peptide antifungineo del Bacillus subtilis. La Norvalina e altri amminoacidi modificati hanno ottenuto una certa attenzione perché incorporati in alcune proteine ricombinanti trovate nel E. coli.(4) La sua biosintesi è stata esaminata. L’incorporazione della Nva nei peptidi riflette la selettività imperfetta dell’amminoacil-tRNA sintetasi associata. Negli esperimenti di Miller-Urey si sono testati metodi di sintesi prebiotica di Norvalina e Norleucina.(5)

È noto che la Norvalina promuova la rigenerazione dei tessuti e la crescita muscolare (6), e che sia un precursore nella via della biosintesi della penicillina.(7)(8)

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Arginasi

In breve, la Norvalina è un amminoacido per lo più ricavato in maniera artificiale, sebbene si trovi in piccole quantità in diversi alimenti (carni, latticini, cereali, legumi e noci), di struttura simile alla Valina, conosciuto per la potenziale capacità di rigenerare tessuti e accrescere la massa muscolare. E’ noto anche per essere un inibitore dell’enzima Arginasi, cosa che porta ad un aumento significativo della sintesi di Arginina nell’organismo e un consequenziale aumento dello stimolo della sproduzione di Ossido Nitrico (NO), molecola implicata nella regolazione della circolazione e pressione sanguigna, nella vasodilatazione, nell’apoptosi, nel funzionamento dei neuroni, nell’infiammazione, nelle funzioni immunitarie e sessuali. Questi suoi potenziali effetti hanno permesso una sua larga diffusione nel BodyBuilding.

Come spesso accade nel mondo della supplementazione OTC, il reale impatto sul miglioramento delle prestazioni in seguito ad assunzione di Norvalina non è (al momento) stato dimostrato.

I ricercatori australiani che hanno realizzato lo studio del quale si è accennato all’inizio di questo articolo, hanno esposto delle cellule cerebrali SH-SY5Y alla Norvalina in una Piastra di Petri.

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In concentrazioni fino a 2000 micromoli, la Norvalina ha causato la morte delle cellule cerebrali [in basso a sinistra]. Più a lungo è durata l’esposizione, più la Norvalina diventava letale per i neuroni [in basso a destra].

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La figura sopra riportata può rivelare il meccanismo attraverso il quale la Norvalina possa portare alla morte dei neuroni: la Norvalina altera il meccanismo di assorbimento dei substrati energetici da parte del neurone. L’amminoacido non ha ridotto il numero dei mitocondri [a sinistra], ma ne ha ridotto le dimensioni [a destra]. Come ben sappiamo, i mitocondri sono le centrali energetiche della cellula nelle quali i substrati energetici vengono convertiti in ATP per produrre energia ad uso della stessa.

Il principale autore dello studio, Kate Samardzic, ha affermato in un comunicato stampa che le scoperte fatte sono particolarmente interessanti per i BodyBuilder e altri atleti.(9) I ricercatori hanno affermato che alcuni amminoacidi non proteici sono tossici perché possono imitare gli aminoacidi proteici e ingannare il corpo causando la produzione di proteine difettose; una proprietà usata da alcune piante per uccidere parassiti e animali che si nutrono di esse. Alcune piante possono anche rilasciare amminoacidi non proteici nel terreno per uccidere altre piante in modo da poter avere maggiore accesso ai nutrienti. La “guerra chimica” tra le piante è un fenomeno ben noto.

Poiché è stato dimostrato che la L-Norvalina ha attività antimicrobica ed erbicida, i ricercatori australiani hanno avuto l’idea di esaminare la sua tossicità nelle cellule umane, in particolare nei neuroni.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. http://www.sanihelp.it/enciclopedia/scheda/9784.html
  2. https://doi.org/10.1016/j.tiv.2019.01.020
  3. Merriam-Webster Retrieved 4 September 2010
  4. Soini J, Falschlehner C, Liedert C, Bernhardt J, Vuoristo J, Neubauer P (2008). “Norvaline is accumulated after a down-shift of oxygen in Escherichia coli W3110”. Microbial Cell Factories. 7: 30. doi:10.1186/1475-2859-7-30. PMC 2579280. PMID 18940002
  5. Alvarez-Carreño C, Becerra A, Lazcano A (October 2013). “Norvaline and norleucine may have been more abundant protein components during early stages of cell evolution”. Origins of Life and Evolution of the Biosphere. 43 (4–5): 363–75. doi:10.1007/s11084-013-9344-3. PMID 24013929.
  6. Ming XF, Rajapakse AG, Carvas JM, Ruffieux J, Yang Z (2009). “Inhibition of S6K1 accounts partially for the anti-inflammatory effects of the arginase inhibitor L-norvaline”. BMC Cardiovascular Disorders. 9: 12. doi:10.1186/1471-2261-9-12. PMC 2664787. PMID 19284655.
  7. reference.md Retrieved 4 September 2010
  8. Kisumi M, Sugiura M, Chibata I (August 1976). “Biosynthesis of norvaline, norleucine, and homoisoleucine in Serratia marcescens”. Journal of Biochemistry. 80 (2): 333–9. PMID 794063.
  9. https://www.sciencedaily.com/releases/2019/02/190207102627.htm

ESTRATTO DI SEMI D’UVA E RIDUZIONE DELL’APPORTO CALORICO.

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Un soggetto iperfagico potrebbe utilizzare l’estratto di semi d’uva per facilitare il rispetto di un piano alimentare volto alla perdita di peso. Ricercatori olandesi presso l’Università di Maastricht hanno pubblicato nel 2004 un articolo sull’ nell’European Journal of Clinical Nutrition riguardante l’effetto dell’estratto di semi d’uva sull’assunzione calorica.(1)

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Procianidina C-1 (una Proantocianidina presente anche nei semi d’uva).

Dai risultati di diversi studi l’estratto di semi d’uva appare un supplemento interessante. Sembra poter migliorare la circolazione sanguigna (2); studi sugli animali hanno mostrato che potrebbe ridurre la possibilità di sviluppare il cancro alla prostata (3) e studi epidemiologici hanno mostrato una possibile correlazione tra il suo uso e la riduzione della possibilità di sviluppare cancro della pelle.(4) Studi in vitro hanno mostrato che le proantocianidine inibiscono il processo di aromatizzazione del Testosterone agendo sull’enzima aromatasi. (5)

In vitro, l’estratto di semi d’uva ha mostrato di poter stimolare la lipolisi: il rilascio di acidi grassi da parte delle cellule adipose nel flusso ematico.(6) I ricercatori olandesi, che hanno realizzato lo studio qui tratto nello specifico, partendo da questi risultati, con l’intento di verificare i potenziali effetti sulla perdita di grasso delle proantocianidine contenute nell’estratto di semi d’uva, hanno reclutato 51 soggetti di prova di età compresa tra 18 ed i 65 anni.

I ricercatori hanno permesso ai soggetti presi in esame di mangiare a libitum durante la loro permanenza di tre giorni in un ambiente controllato. Circa 30-60 minuti prima della colazione, del pranzo e della cena ai soggetti dello studio è stata somministrata una dose di 100mg di estratto di semi d’uva. Alcune settimane dopo i ricercatori hanno ripetuto l’esperimento, ma con somministrazione di un placebo.

L’effetto della supplementazione era correlato all’assunzione calorica del singolo soggetto. Se l’apporto calorico era inferiore alla media, non vi era alcun effetto sulla riduzione dell’assunzione energetica, come osservabile dalla seguente tabella. I soggetti con un consumo calorico di base contenuto assumevano in media 1500kcal al giorno.

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Nei soggetti con un assunzione calorica superiore alla media, l’estratto di semi d’uva ha indotto una riduzione dell’apporto energetico, come mostrato nella tabella seguente. L’apporto energetico medio del gruppo “responder” era di 2030kcal al giorno.

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Sebbene l’effetto sulla riduzione dell’assunzione di cibo sia parziale e dal potenziale d’applicazione ridotto, l’estratto di semi d’uva potrebbe risultare utile nel trattamento iniziale dei soggetti sovrappeso/obesi , individui nei quali il problema dell’iperfagia e del suo controllo rappresenta un importante fattore determinante il fallimento iniziale di un trattamento dietetico finalizzato alla perdita di peso.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15042136
  2. http://www.ergo-log.com/grape-seed-extract-swollen-legs.html
  3. http://www.ergo-log.com/gseagainstprostatecancer.html
  4. http://www.ergo-log.com/gseagainstprostatecancer.html
  5. http://www.ergo-log.com/aromatasegse.html
  6. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10757625

SARM S42 E SUOI EFFETTI POTENZIALE SULLA TERMOGENESI MITOCONDRIALE E L’IPERTROFIA MUSCOLARE

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Dei ricercatori giapponesi stanno lavorando su un nuovo SARM denominato S42. La sua formula strutturale è molto simile a quella dell’Estradiolo, tanto che può essere inserito benissimo tra i così detti SARM steroidei. Nonostante ciò, il suo potenziale, emerso attraverso studi in vitro e su topi, lo rende un composto senza dubbio interessante.(1)

I ricercatori hanno sintetizzato l’S42 durante la ricerca di molecole steroidee con spiccata azione sulla perdita di grasso. Durante questa ricerca sono stati analizzati 119 composti con proprietà interessanti sulla riduzione adiposa, ma il più promettente risultava essere l’S42 il quale mostrava di stimolare l’aumento della Termogenina (chiamata proteina disaccoppiante dai suoi scopritori e nota ora come proteina disaccoppiante 1, o UCP1)(2), una proteina disaccoppiante situata nei mitocondri del tessuto adiposo bruno (BAT), utilizzata per generare calore nella termogenesi non da brivido. Per conseguente ragionamento logico, l’S42 ha il potenziale di disperdere energia sotto forma di calore, almeno nel BAT (e sappiamo tutti quali sono i limiti di ciò).

In uno studio che i ricercatori, affiliati all’Università di Fukuoka, hanno pubblicato su Biochemistry and Biophysics Reports, sono state esposte cellule muscolari all’azione dell’S42.(3)

In questi test, l’S42 non ha portato ad un aumento dei AR, ma ha inibito le molecole di segnale catabolico e ha attivato le molecole di segnale anabolico. Ciò suggerisce che l’S42 non ha o ha pochi possibili effetti androgeni, ma può avere effetti anti-catabolici e anabolizzanti.

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Questi risultati diventano più interessanti se si prendono in considerazione i precedenti dati in vitro e sugli animali, che i ricercatori hanno pubblicato nel 2009.(4)

In vitro, l’S42 ha aumentato la produzione di UCP1. Come detto in precedenza, questo suggerisce che l’S42 ha il potenziale di aumentare la dispersione di energia sotto forma di calore. Allo stesso tempo, l’S42 ha mostrato di poter ridurre la produzione di PSA nelle cellule del cancro alla Prostata. Ciò potrebbe significare che l’S42 abbia una azione protettiva nei confronti del cancro alla Prostata.

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Tornando alla struttura della molecola, si potrebbe pensare che l’S42 sia non solo simile all’Estradiolo ma che abbia anche azione estrogenica. In realtà, la molecola ha mostrato di interagire con i AR. E quando i ricercatori hanno somministrato l’S42 per 3 settimane a topi castrati, la molecola ha causato un aumento delle dimensioni del muscolo levator ani. Un ulteriore prova del potenziale anabolizzante dell’S42.

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La dose più alta somministrata alle cavie rapportata ad un soggetto umano risulterebbe essere di circa 70-100mg/die.

Come si può vedere di seguito, l’S42 non ha avuto alcun effetto sulle dimensioni della Prostata.

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Sorprendentemente, l’S42 ha aumentato i livelli LH, forse a causa di una azione antagonista a livello ipotalamico, anche se non vi è, al momento, nulla risultante dagli altri studi che possa rendere questa ipotesi una certezza. La sostanza ha anche ridotto le concentrazioni di Trigliceridi nel sangue. L’S42 non ha avuto effetti avversi sui livelli di Colesterolo e di Insulina.

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I ricercatori, nella conclusione del loro recente lavoro, affermano di essere pronti alla sperimentazione umana.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.1016/j.bbrep.2019.01.006
  2. Entrez Gene: UCP1 uncoupling protein 1 (mitochondrial, proton carrier), su ncbi.nlm.nih.gov.
  3. https://doi.org/10.1016/j.bbrep.2019.01.006
  4. https://doi.org/10.1210/en.2009-0405

AAS E PROBLEMI MUSCOLO-TENDINEO-ARTICOLARI

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Come ben sappiamo, livelli bassi di Testosterone sono un fattore connesso alla riduzione della densità ossea e della sintesi di Collagene. Parimenti, siamo a conoscenza del fatto che dosi sovrafisiologiche di Testosterone possono causare un aumento della sistesi proteica di circa 50 volte, a seconda della dose e del tempo di esposizione, e della densità ossea. Ciò che spesso non si considera, sia per ignoranza che per via di una limitata comprensione del fattore in essere, è il fatto che dosaggi sovra fisiologici di Testosterone (>180mg/week) portano ad una riduzione della sintesi di Collagene ≥ 50% – percentuale variabile in relazione alla dose e alle risposte genotipiche e che può raggiungere l’80%, vale a dire un tasso di sintesi di Collagene di un soggetto anziano. Le fibre dei tendini sono composte per 3 parti da fibre di Collagene e da 1 parte di Elastina. Dato ciò, in condizione di esposizione a dosi sovrafisiologiche di Testosterone, le probabilità di comparsa di lesioni tendinee è maggiore dal momento che si viene a creare una condizione nella quale, facendo un esempio banale ma che rende perfettamente l’idea, l’atleta presenta considerevoli masse muscolari le cui estremità sono connesse a tendini di ridotte dimensioni e resistenza. Questo fattore, quindi, non è dovuto semplicemente ad una variazione del tasso ipertrofico dei due tessuti durante l’uso di AAS o alla marcata soppressione dei livelli estrogenici. Come spesso accade, anche in questo caso ci troviamo di fronte alla presenza di molteplici fattori.

Un AAS che può causare problemi connessi a quanto appena riportato, anche se con dinamica “paradossale”, è lo Stanozololo. Questo AAS aumenta la sintesi del Collagene ma non ne migliora la resistenza, rendendo i tendini soggetti comunque a possibili lesioni. In pratica, lo Stanozololo, aumenta marcatamente la sintesi di Collagene, ma ironicamente riduce l’integrità del cross-linking (formazione di legami incrociati) dello stesso, rendendo così il tendine molto più debole.

Nandrolone, Boldenone, Oxandrolone e Metenolone causano un aumento della sintesi di Collagene senza comprometterne la cross-linking diminuendo la possibilità di infortuni, la comparsa di infiammazioni tendinee e il dolore articolare:

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Nandrolone
  • Nandrolone (privo di esterificazione): la somministrazione di 1,25-2mg/kg a settimana (circa 100-160mg per un uomo di 80Kg) può portare ad un aumento dei livelli di Procollagene III del 270% in un lasso di tempo pari a 2-3 settimane. Il Procollagene III è un indicatore primario utilizzato per determinare il tasso di sintesi di Collagene.
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Boldenone
  • Boldenone (privo di esterificazione): la somministrazione di 2,25mg/Kg a settimana (circa 180mg per un uomo di 80Kg) può portare ad un aumento dei livelli di Procollagene III di circa il 340% in un lasso di tempo pari a 2-3 settimane.

 

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Metenolone
  • Metenolone (privo di esterificazione): la somministrazione di 3,6mg/kg a settimana (circa 288mg per un uomo di 80Kg) può aumentare la sintesi di Collagene di circa il 180% in un lasso di tempo pari a 2-3 settimane.

 

 

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Oxandrolone
  • Oxandrolone: la somministrazione di 0,5mg/Kg al giorno (circa 40mg per un uomo di 80Kg) può aumentare la sintesi di Collagene di circa il ≥50% in un lasso di tempo molto breve (1 settimana circa).

 

*Esistono oltre un centinaio di studi che documentano l’efficacia del Oxandrolone nel trattamento di pazienti che necessitano di rapidi aumenti nella sintesi di Collagene per migliorare i processi guaritivi.

Altri composti non-steroidei possono ovviamente essere aggiunti al fine di migliorare la risposta preventiva sugli infortuni muscolo-tendinei-articolari:

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hGH
  • hGH: la somministrazione di 6UI/die causa un aumento del tasso di deposizione di Collagene di circa il 250% in strutture di Collagene danneggiate. Questo effetto ha portato all’osservazione di un aumento della forza biomeccanica dei tendini danneggiati trattati con il peptide per via dell’aumento del deposito di Collagene nelle strutture tendinee. L’effetto del hGH sull’aumento della sintesi di Collagene è dose dipendente: ciò significa che la percentuale sopraesposta aumenta in relazione all’aumento della dose e che si può comunque ottenere un ottimo tasso di sintesi (media del +125%) con 3UI/die o 2UI/die (media del +83,3%) con una sensibile riduzione della comparsa di neuropatie (vedi sindrome del Tunnel Carpale).
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TB-500
  • TB-500: in seguito a stime di rapporto con il potenziale di deposito di Collagene dato dall’uso di hGH, la somministrazione di 4-5mg di Timosina beta4 a settimana (per sei settimane seguite da una dose di mantenimento pari a 2-2,5mg ogni quattro settimane) potrebbe causare un aumento del tasso di deposito di Collagene di circa il 350-400%.

In conclusione, da quanto riportato, si può ben capire come l’inserimento dei suddetti composti possa garantire una considerevole prevenzione di infortuni muscolo-tendinei-articolari. Ovviamente, la scelta del composto e dei suoi dosaggi non dovrebbe tenere consto solo del suo potenziale sulla sintesi/deposito di Collagene. L’uso dell’Oxandrolone, per ovvi motivi legati al suo impatto a livello epatico e sui lipidi ematici, è una molecola che dovrebbe comunque essere usata in un lasso di tempo limitato (con una indicazione di massimo 8 settimane). Il Nandrolone, soprattutto a causa dei suoi effetti a livello cerebrale/SNC, sebbene le dosi utili sono tutto sommato contenute, non è ben tollerato da tutti e, consequenzialmente, il suo uso è pienamente funzionale solo su un numero limitato di persone. Il Boldenone, invece, risulta essere superiore al Nandrolone sotto l’aspetto della tollerabilità alla molecola ma, per via della sua azione sulla eritropoiesi di grado maggiore (sebbene non del tutto chiarito nell’uomo) rispetto ad altri AAS, il suo uso potrebbe essere problematico per i soggetti ipersensibili a questo effetto. Il Metenolone, nonostante presenti un tasso d’efficacia inferiore rispetto al Nandrolone e al Boldenone, risulta generalmente il composto con il più alto tasso di tollerabilità rispetto alle precedenti molecole, tollerabilità che ne permette un uso di basse su tempi medio-lunghi. L’uso del hGH, come detto in precedenza, può essere gestito con buoni risultati sotto l’aspetto del deposito di Collagene anche con un dosaggio giornaliero di 2-3UI; i problemi principali con il suo uso sono di natura economica dal momento che il dosaggio contenuto garantisce una limitata possibilità di comparsa di effetti collaterali legati alla molecola. In fine, il TB-500 sembrerebbe avere il potenziale maggiore sul deposito di Collagene sebbene le percentuali esposte siano piuttosto teoriche e la reperibilità della molecola non sia così semplice.

PS: E’ ovvio che i fattori quali livelli di infiammazione sistemica/riduzione delle concentrazioni di Cortisolo e livelli estrogenici devono essere comunque monitorati per far si che la prevenzione di infortuni e/o stati infiammatori tendineo-articolari sia “completa”.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti correlati: