DS20060511: oltre il limite delle Biguanidi [et simili].

Introduzione:

Chi non conosce, nel 2021, dopo quasi un secolo di ricerca, la Metformina ed i suoi effetti sul miglioramento della sensibilità all’Insulina, con conseguente miglioramento del uptake cellulare di glucosio ? E dei vantaggi che esso può apportare ai Bodybuilder in fase di “Refeed”, magari dopo periodi medio-lunghi a bassi CHO e con una capacità di gestirli non proprio ottimale?

La stessa cosa interessa anche la Berberina, la quale possiede vie farmacodinamiche molto simili alla Metformina. Entrambe le molecole, però, hanno un limite, e questo limite è comune a tutte le Biguanidi oggi in uso clinico o quelle appartenenti ai GDA (come la Berberina): la mancanza di selettività tissutale. Esse, infatti, migliorano sia l’IS del miocita che dell’adipocita, oltre ad attivare l’AMPK con alterazione del mTOR.

Nota: per chi non lo sapesse, le Biguanidi sono una categoria di farmaci ipoglicemizzanti orali di indicazione specifica contro il diabete di tipo II. A differenza di altri farmaci antidiabetici, come ad esempio le sulfaniluree, non determinano un aumento di rilascio di Insulina per cui non causano generalmente ipoglicemia. In questa sede mi riferirò con il termine “Biguanidi” a quelle molecole con tali caratteristiche, sia farmaceutiche (vedi Metformina) che appartenenti al panorama da banco denominato GDA (vedi Berberina).

Ora, potremmo anche dire che in un soggetto con una buona massa contrattile e una massa grassa tendenzialmente bassa questo “difetto” non causa particolari problemi nel complesso della preparazione. Ma c’è da considerare che una selettività miocitaria garantirebbe una ripartizione calorica ottimale in un contesto, per esempio, ipercalorico riducendo gli “approvvigionamenti” degli adipociti e prolungando sensibilmente la soglia temporale durante la quale l’atleta in questione potrebbe crescere in modo qualitativamente soddisfacente. Un pò come quando si ipotizzava sulla applicazione di molecole con teorica attività di riduzione dello stoccaggio degli Acidi Grassi. Discorsi ed effetti diversi, ma il fine è uno: aumentare il tempo di durata della “soglia di crescita qualitativa”.

Per “soglia di crescita qualitativa” intendo la possibilità di proseguire con la programmazione in ipercalorica ottenendo maggiori aumenti ipertrofici del muscolo-scheletrico piuttosto che del tessuto adiposo.

“Ma Gabriel! E l’interferenza con l’mTOR osservata con la Metformina ed altre molecole che stimolano l’attività del AMPK non è forse una limitazione ben più importante???!!!” Calma, piccola zecca interattiva, ne parlerò a tempo debito, come parlerò del fatto che è la dose a determinare se l’alterazione risulterà significativa o meno…. Proseguiamo…

In questo articolo tratterò della nuova molecola sperimentale denominata DS20060511, riporterò quanto è a nostra conoscenza ad oggi e quali sono le sue caratteristiche e possibili applicazioni che, tra l’altro, ho già accennato in questa introduzione…

Il principio della scoperta:

La riduzione dell’assorbimento del glucosio nel muscolo scheletrico è un’importante anomalia fisiopatologica nel diabete di tipo II ed è causata dalla alterazione della funzionalità di traslocazione dei GLUT4 sulla superfice cellulare del miocita nel tessuto muscolo-scheletrico.

Il trasportatore del glucosio di tipo 4 (GLUT-4), noto anche come famiglia di trasportatori di soluti 2, membro 4 del trasportatore di glucosio facilitato, è una proteina codificata, nell’uomo, dal gene SLC2A4. Il GLUT4 è il trasportatore del glucosio regolato dall’insulina, ma non solo, che si trova principalmente nei tessuti adiposo e nel muscolo striato (scheletrico e cardiaco). La prima prova di questa distinta proteina di trasporto del glucosio è stata fornita da David James nel 1988. Il gene che codifica per il GLUT4 è stato clonato e mappato nel 1989.

Struttura molecolare del GLUT-4

Il GLUT4 è il trasportatore che limita la velocità di assorbimento del glucosio e svolge un ruolo cruciale nel mantenimento dell’omeostasi del glucosio [1, 2]. I soggetti con diabete di tipo II mostrano un ridotto assorbimento di glucosio da parte del muscolo scheletrico a causa della ridotta traslocazione di GLUT4 nella superficie delle cellule del muscolo scheletrico[3]. È stato riportato che i topi diabetici con sovraespressione di GLUT4 mostrano livelli di glucosio plasmatico marcatamente ridotti sia a digiuno che in condizioni postprandiali [4,5,6].

Sebbene il GLUT4 sia immagazzinato in vescicole di stoccaggio intracellulari in condizioni basali, l’Insulina, e l’attività di contrazione del muscolo, induce la traslocazione di GLUT4 sulla superficie cellulare, facilitando l’assorbimento del glucosio [7,8]. L’Insulina attiva Akt tramite il substrato del recettore dell’Insulina (IRS)s-fosfoinositide 3-chinasi (PI3K) [9,10] e l’Akt attivato fosforila e di conseguenza inibisce le proteine ​​Akt substrato di 160 kDa (AS160) e membro della famiglia del dominio TBC1 1 (TBC1D1) , entrambi sono proteine ​​attivanti Rab GTPasi (GAP); ciò si traduce nell’attivazione delle proteine ​​Rab e nella traslocazione di GLUT4 sulla superficie della membrana cellulare [11]. È stato riportato che il substrato 1 (Rac1) della tossina botulinica C3 correlato a RAS, un’altra molecola a valle di PI3K, promuove la traslocazione di GLUT4 indipendentemente dalla via Akt-AS160/TBC1D1-Rab. Rac1 stimola la riorganizzazione della polimerizzazione dell’actina corticale, che consente l’inserimento delle vescicole contenenti GLUT4 nella membrana cellulare[12,13]. È noto che lInsulina regola la traslocazione di GLUT4 sia attraverso la via di Akt-AS160-Rab che attraverso la via di polimerizzazione di Rac1-actina[14,15]. Nei soggetti con diabete di tipo II, entrambe le vie di segnalazione dell’Insulina sono compromesse nel muscolo scheletrico, con conseguente riduzione dell’assorbimento del glucosio indotto dall’Insulina in questo tessuto.

Schema della traslocazione indotta dall’Insulina del GLUT4 dal citosol alla membrana cellulare. Il legame dell’Insulina ai suoi recettori avvia una cascata di trasduzione del segnale, che si traduce nell’attivazione di Akt. Akt agisce sul GLUT4 contenuto nelle vescicole nel citosol per facilitarne la fusione con la membrana cellulare. Quando più molecole GLUT4 sono presenti nella membrana, più la velocità di assorbimento del glucosio è elevata.

Come già accennato, la contrazione durante l’esercizio è un altro importante potenziatore della traslocazione di GLUT4 nel muscolo scheletrico[16]. All’aumentata richiesta di glucosio durante l’esercizio nel muscolo scheletrico, il GLUT4 si trasloca sulla superficie cellulare per promuovere l’apporto di glucosio al muscolo scheletrico[17,18]. L’esercizio aumenta il rapporto AMP/ATP causato dal consumo di ATP, portando all’attivazione della chinasi attivata dall’AMP (AMPK). Nonostante l’evidenza riportata di una contrazione che induce la fosforilazione di TBC1D1 mediante l’attivazione di AMPK[19] o di un aumento dell’assorbimento del glucosio nel muscolo scheletrico mediante attivazione farmacologica di AMPK da parte di AICAR[20], il significato dell’AMPK nell’assorbimento del glucosio stimolato dall’esercizio in vivo rimane controverso [21,22]. Recentemente, l’induzione da parte di Rac1 della produzione NADPH ossidasi 2-dipendente di specie reattive dell’ossigeno è stata implicata nell’assorbimento del glucosio durante l’esercizio, attraverso la regolazione della traslocazione di GLUT4 [23,24]. La contrazione del muscolo scheletrico non ha indotto la fosforilazione di IRS1 o PI3K[25]. La captazione del glucosio indotta dalla contrazione o la traslocazione di GLUT4 nel muscolo scheletrico non è stata inibita dalla Wortmannina, un inibitore di PI3K [26,27]. Inoltre, la combinazione di Insulina e contrazione del muscolo scheletrico ha causato un ulteriore aumento della traslocazione di GLUT4 e dell’assorbimento di glucosio rispetto alla sola Insulina [27]. Questi dati suggeriscono che la contrazione del muscolo scheletrico stimola la traslocazione di GLUT4 indipendentemente dall’Insulina.

Wortmannina

Nei soggetti con diabete di tipo II, i campioni bioptici del muscolo scheletrico ottenuti durante un clamp insulinico euglicemico hanno mostrato un’alterata segnalazione dell’Insulina, osservata come riduzione della fosforilazione di IRS1 e dell’attività di PI3K, nel muscolo scheletrico[28], mentre non è stato osservato alcun effetto sulla fosforilazione/attività di Akt [29]. Altri studi hanno dimostrato una riduzione della traslocazione di GLUT4 e dell’assorbimento di glucosio in soggetti con diabete di tipo II [23,28]. Inoltre, è stato riportato che la ridotta traslocazione di GLUT4 nei soggetti con diabete di tipo II è stata migliorata dall’esercizio fisico [30,31]. Questi risultati suggeriscono che l’induzione della traslocazione di GLUT4 nel muscolo scheletrico potrebbe essere un potenziale bersaglio terapeutico nei pazienti con diabete di tipo II.

Recentemente, i ricercatori dell’azienda farmaceutica giapponese Daiichi Sankyo hanno dimostrato che il derivato xantenico DS20060511 induce la traslocazione di GLUT4 specifica del muscolo scheletrico, indipendentemente dall’azioni dell’Insulina. Hanno utilizzato miotubi L6 che esprimono GLUT4 marcato con myc (L6-GLUT4myc) per esaminare la libreria di composti chimici in loro possesso e misurare la traslocazione di GLUT4 sulla superficie cellulare mediante dosaggio immunologico anti-myc quantitativo. Gli effetti del composto sull’assorbimento del glucosio e sul metabolismo del glucosio in tutto il corpo sono stati esaminati in una serie di esperimenti in vitro e in vivo. Il meccanismo d’azione del composto è stato esplorato studiando le vie di segnalazione note coinvolte nella traslocazione di GLUT4 indotta dall’Insulina e dall’esercizio fisico. Infine, abbiamo valutato il potenziale terapeutico del composto in un modello murino obeso e insulino-resistente con diabete di tipo II.

Molecola di Xantene, base strutturale dei derivati xantenici.

Nota: I derivati xantenici sono modificazioni molecolari dello Xantene (9H-xantene, 10H-9-ossaantracene), un composto organico con la formula CH2[C6H4]2O. È un solido giallo solubile nei comuni solventi organici. Lo stesso xantene è un composto oscuro, ma molti dei suoi derivati sono coloranti utili.

Il DS20060511, è un induttore specifico per la traslocazione di GLUT4 nelle cellule muscolo-scheletriche:

I ricercatori, come detto pocanzi, hanno esaminato la loro libreria chimica, composta da oltre 100.000 composti, utilizzando miotubi L6-GLUT4myc, per identificare i composti che avrebbero indotto la traslocazione di GLUT4 sulla superficie cellulare. Sono stati identificati due composti completamente diversi ed entrambi hanno superato il test per escludere composti che avrebbero esercitato effetti tossici, come l’inibizione della catena respiratoria. Ulteriori test in vitro hanno rivelato che uno dei due composti ha influenzato la via Akt, così che alla fine hanno selezionato l’altro, un composto xantenico originale, come composto con il potenziale effetto di indurre la traslocazione di GLUT4. L’ottimizzazione della struttura molecolare ha infine prodotto il composto xantenico più potente, DS20060511 (vedi immagine seguente). Il trattamento con DS20060511 ha aumentato la traslocazione di GLUT4 nei miotubi differenziati L6-GLUT4myc in modo concentrazione-dipendente, come nel caso del trattamento con Insulina. Tuttavia, mentre il trattamento con Insulina ha anche aumentato la traslocazione di GLUT4 negli adipociti differenziati 3T3-L1-GLUT4myc, il trattamento con DS20060511 non ha avuto quasi alcun effetto sulla traslocazione di GLUT4 in questi adipociti, suggerendo che l’induzione della traslocazione di GLUT4 da parte di DS20060511 è specifica per le cellule del tessuto muscolo-scheletrico. Coerentemente con questi dati, il trattamento con DS20060511 ha aumentato significativamente l’assorbimento di 2-DG in modo concentrazione-dipendente nei miotubi L6-GLUT4myc, come nel caso del trattamento con Insulina. Ancora una volta, mentre è stato dimostrato che l’Insulina aumenta l’assorbimento di 2-DG negli adipociti differenziati 3T3-L1-GLUT4myc, DS20060511 non ha mostrato tale effetto negli adipociti. Questi dati suggeriscono che il composto xantenico DS20060511 promuove l’assorbimento del glucosio mediante l’attivazione specifica della traslocazione di GLUT4 nelle cellule muscolo-scheletriche.

a Struttura chimica del DS20060511. b, c Induzione concentrazione-dipendente della traslocazione di GLUT4 da parte del DS20060511 e Insulina nei miotubi L6-GLUT4myc (b) e negli adipociti 3T3-L1-GLUT4myc (c). d, e Captazione di 2-DG valutata nei miotubi L6-GLUT4myc (d) e negli adipociti 3T3-L1-GLUT4myc (e). I valori mostrati sono mezzi  ± SEM, n = 3. **P < 0,01, ***P < 0,001 rispetto al controllo mediante ANOVA unidirezionale seguito dal test di Dunnett.

Il trattamento con DS20060511, riduzione dei livelli di glucosio ematico e aumento potenziato dell’assorbimento di glucosio per via della traslocazione di GLUT4 nel muscolo scheletrico in vivo:

Per studiare gli effetti del DS20060511 sulla dinamica del glucosio in vivo, il composto è stato somministrato a topi normali. Nei topi che avevano continuato ad accedere al cibo, la sola somministrazione orale di DS20060511 in modo modesto, ma statisticamente significativo, ha ridotto i livelli di glucosio nel sangue, mentre nei topi che avevano negato l’accesso al cibo durante la notte, il composto non ha esercitato alcun effetto sui livelli di glucosio nel sangue. Quando è stato somministrato prima del carico orale di glucosio nel test di tolleranza al glucosio orale (GTT), il DS20060511 ha prodotto una soppressione dose-dipendente dell’aumento dei livelli di glucosio nel sangue dopo un carico orale di glucosio. La secrezione di Insulina durante il GTT orale è stata ridotta in modo piuttosto significativo in tutti i gruppi trattati con DS20060511, suggerendo che il trattamento con DS20060511 riduce i livelli di glucosio nel sangue indipendentemente dalla secrezione di Insulina. Il trattamento con DS20060511 ha prodotto un aumento significativo dell’assorbimento di [3H]-2-DG nei muscoli soleo e gastrocnemio, ma non nel cuore o nel tessuto adiposo bianco (WAT) durante il GTT intraperitoneale. L’analisi Western blot ha rivelato un aumento dei livelli di espressione della proteina GLUT4 nella frazione della membrana plasmatica dei muscoli scheletrici nel gruppo trattato con DS2006511 come osservato in un gruppo trattato con Insulina. Questi dati suggeriscono che il trattamento con DS20060511 riduce i livelli di glucosio nel sangue aumentando l’assorbimento del glucosio nel muscolo scheletrico inducendo la traslocazione di GLUT4 in vivo.

a, b Livelli di glucosio nel sangue dopo il trattamento con DS20060511 (30 mg kg-1) in topi C57BL/6 che avevano ricevuto un accesso continuo al cibo (a) e topi a cui era stato negato l’accesso al cibo durante la notte (b) (n = 8) . I valori mostrati sono mezzi ± SEM. **P < 0.01 vs. 0 min di ANOVA unidirezionale seguito dal test di Dunnett. c Livelli di glicemia e Insulina plasmatica durante GTT orale nei topi C57BL/6 (n = 5–6). I topi hanno ricevuto la somministrazione orale di veicolo o DS20060511 alla dose indicata, 15 min prima della somministrazione di glucosio (1,5 g kg-1). I valori mostrati sono mezzi ± SEM. *P < 0.05, **P < 0.01 rispetto al veicolo per ANOVA unidirezionale seguito dal test di Williams. d Captazione di [3H]-2-DG nel muscolo soleo, nel muscolo gastrocnemio (Gastro.), nel cuore e nel tessuto adiposo bianco (WAT) a 60 min durante il GTT intraperitoneale nei topi C57BL/6 (n = 3). I topi hanno ricevuto la somministrazione orale del veicolo o DS20060511 (30 mg kg-1), 15 min prima della somministrazione di glucosio (1 g kg-1 glucosio contenente [3H]-2-DG). I valori mostrati sono mezzi ± SEM. *P < 0.05, **P < 0.01 rispetto al veicolo in base al t-test. e Livelli proteici di GLUT4 e Na,K-ATPaseα nella frazione di membrana plasmatica del muscolo tricipite surale asportato dai topi C57BL/6 (n = 2) trattati con DS20060511 (10 mg kg-1), Insulina (5 U kg− 1), o salina come veicolo, attraverso la vena cava inferiore 10 min dopo il trattamento.

Valutazione farmacocinetica del DS20060511 nei topi:

In topi normali sono state esaminate le variazioni della concentrazione plasmatica e della distribuzione del DS20060511 in possibili organi/tessuti bersaglio. I livelli di esposizione sistemica al DS20060511 dopo sua somministrazione orale erano dose dipendenti e le concentrazioni massime a 30 min dopo la somministrazione di 1, 10 e 30 mg kg-1 erano rispettivamente di 0,6, 16,5 e 71,4 μM. La misurazione delle concentrazioni di DS20060511 nei tessuti a 75 min dopo la somministrazione orale (30 mg kg-1) ha rivelato concentrazioni quasi comparabili tra il muscolo scheletrico, il WAT e il cuore. Coerentemente con il suo profilo farmacocinetico stabile, la stabilità metabolica del composto nella frazione microsomiale del fegato era elevata (89% e 79% del composto rimanente dopo 1 h di incubazione con la frazione microsomiale del fegato umano e di topo, rispettivamente).

L’effetto ipoglicemizzante del DS20060511 dipende dal GLUT4:

Per confermare che l’effetto ipoglicemizzante del DS20060511 è mediato dal GLUT4, la molecola è stata somministrata a topi GLUT4KO. L’espressione della proteina GLUT4 non era rilevabile nel muscolo scheletrico, nel cuore e nel WAT dei topi GLUT4KO. Mentre il trattamento con DS20060511 ha causato una significativa diminuzione dei livelli di glucosio nel sangue e di Insulina plasmatica nei topi wild-type (WT) durante GTT orale, questi effetti sono stati completamente aboliti nei topi GLUT4KO. Il trattamento con DS20060511 ha aumentato significativamente l’assorbimento di 2-DG da parte dei muscoli soleo ed estensore lungo delle dita (EDL) dei topi WT, mentre non è stato osservato un tale aumento dell’assorbimento muscolare nei muscoli isolati dei topi GLUT4KO trattati con DS20060511 . Questi dati confermano che l’effetto ipoglicemizzante del DS20060511 è mediato da GLUT4 nel muscolo scheletrico.

a Livelli di glicemia e insulina plasmatica durante GTT orale in topi wild-type (WT, n = 5) e GLUT4 knockout (KO, n = 6). I topi hanno ricevuto la somministrazione orale del veicolo o DS20060511 (30 mg kg-1), 15 min prima della somministrazione di glucosio (1,5 g kg-1). I valori mostrati sono mezzi ± SEM. *P < 0.05, **P < 0.01 rispetto al veicolo in base al t-test. b Captazione di [3H]-2-DG stimolata da DS20060511 nei muscoli soleo e EDL isolati asportati da topi WT (n = 6) e KO (n = 6). I valori mostrati sono mezzi ± SEM. **P < 0,01 rispetto al veicolo secondo il t-test.

Il trattamento con DS20060511 induce la traslocazione di GLUT4 senza attivazione delle vie IR-IRS1-PI3K-Akt-AS160 e -PI3K-Rac1:

La traslocazione di GLUT4 indotta dall’Insulina è attivata da (1) la via IR-IRS1-PI3K-Akt-AS16032 e (2) la via IR-IRS1-PI3K-Rac115 nel muscolo scheletrico. L’Insulina lega l’IR, che si traduce nell’attivazione di IRS1, PI3K e Akt. Akt attivato inibisce la proteina di attivazione della Rab GTPasi (GAP) AS160, che si traduce nell’attivazione delle proteine ​​Rab e nella traslocazione di GLUT4 alla membrana plasmatica[33]. D’altra parte, Rac1 è attivato da PI3K e promuove il rimodellamento dell’actina, con conseguente traslocazione di GLUT4[12]. E’ stato esaminato se il trattamento con DS20060511 aumenta la traslocazione di GLUT4 nel muscolo scheletrico attraverso questi percorsi. Sebbene la subunità IRβ e IRS1 siano state fosforilate nei muscoli scheletrici dei topi trattati con Insulina, non è stata osservata tale fosforilazione di queste proteine ​​dopo il trattamento con DS20060511. Allo stesso modo, mentre il trattamento con Insulina ha indotto la fosforilazione di Akt e AS160, il trattamento con DS20060511 non ha avuto tale effetto. Successivamente è stata eseguita la microscopia di immunofluorescenza per indagare se il DS20060511 potesse promuovere la polimerizzazione dell’actina. Sebbene sia stata osservata una forte colorazione di GLUT4 sulla superficie cellulare dopo il trattamento sia con Insulina che con DS20060511, la polimerizzazione dell’actina è stata osservata solo dopo il trattamento con Insulina nei miotubi differenziati L6-GLUT4myc. Inoltre, sebbene la traslocazione di GLUT4 sia stata indotta sia dall’Insulina che dal trattamento con DS20060511, la latrunculina B, un inibitore della polimerizzazione dell’actina, ha soppresso solo la traslocazione di GLUT4 indotta dall’Insulina, ma non quella indotta dal trattamento con DS20060511. Il co-trattamento di DS20060511 e Insulina ha comportato un aumento additivo della traslocazione di GLUT4 nei miotubi L6-GLUT4myc, anche alla concentrazione di Insulina alla quale la traslocazione di GLUT4 da parte della sola Insulina era saturata. Coerentemente con questi dati, anche l’assorbimento di 2-DG indotto dall’Insulina è stato ulteriormente aumentato dal trattamento concomitante con DS20060511 nei muscoli scheletrici isolati. In effetti, i livelli di glucosio nel sangue sono stati ridotti in misura maggiore dopo il trattamento combinato con DS20060511 più Insulina rispetto a quello dopo il solo trattamento con Insulina nei topi trattati con streptozotocina (STZ). Questi dati suggeriscono che l’attivazione né della via IR-IRS1-PI3K-Akt-AS160 né della via IR-IRS1-PI3K-Rac1 è coinvolta nella traslocazione di GLUT 4 indotta dal trattamento con DS20060511.

a, b Fosforilazione di IRβ, IRS1, Akt (Ser473) e AS160 del muscolo tricipite surale asportato da topi C57BL/6 (n = 2) trattati con DS20060511 (10 mg kg-1), Insulina (5 U kg-1 ), o soluzione salina come veicolo, attraverso la vena cava inferiore 10 min dopo il trattamento. c Immunocolorazione in fluorescenza della superficie cellulare GLUT4 e delle fibre intracellulari di actina in miotubi L6-GLUT4myc trattati con 30μM di DS20060511 o 100μnM di Insulina. Le frecce indicano la caratteristica struttura arruffata dell’actina polimerizzata e della superficie associata all’actina GLUT4. d Attività di traslocazione GLUT4 dell’Insulina 30μM DS20060511 o 100μnM in presenza dell’inibitore della polimerizzazione dell’actina, Latrunculin B, alle concentrazioni indicate. I valori mostrati sono mezzi  ± SEM, n = 3. e Traslocazione GLUT4 stimolata dall’Insulina concentrazione-dipendente in miotubi L6-GLUT4myc con o senza 30 μM DS20060511 (n = 3). f Captazione di 2-DG stimolata da DS20060511 concentrazione-dipendente con Insulina 100 nM in muscoli isolati da topi C57BL/6 (n = 3). I valori mostrati sono mezzi ± SEM. ***P < 0,001 di ANOVA unidirezionale seguito dal test di Tukey. g Livelli di glucosio nel sangue durante ITT in topi C57BL/6 trattati con STZ (n = 6–7). Il veicolo o la dose indicata di DS20060511 è stata somministrata per via orale contemporaneamente all’iniezione intraperitoneale di Insulina 0,1 U kg-1. I valori mostrati sono mezzi ± SEM. *P < 0.05 vs. veicolo per ANOVA unidirezionale seguito dal test di Dunnett. c Barra della scala in tutti i pannelli, 5 μm. Le macchie non ritagliate per a e b possono essere trovate nella figura seguente.

Il trattamento con DS20060511 aumenta l’ossidazione del glucosio durante l’esercizio fisico:

Poiché l’esercizio fisico, come l’Insulina, è ben noto per migliorare la traslocazione di GLUT4 e aumentare l’assorbimento di glucosio nel muscolo scheletrico[34], i ricercatori hanno successivamente studiato l’effetto del trattamento con DS20060511 sulla capacità di resistenza all’esercizio fisico e l’ossidazione del substrato energetico durante l’esercizio mediante calorimetria. Durante l’esercizio graduale sul tapis roulant, il VO2 è aumentato gradualmente in entrambi i gruppi trattati con il veicolo e DS20060511 e anche la capacità di resistenza all’esercizio era paragonabile tra i due gruppi. Dopo un po’ di tempo dall’inizio della corsa, il gruppo trattato con DS20060511 ha iniziato a mostrare un rapporto di scambio respiratorio (RER) relativamente più elevato rispetto al gruppo trattato con veicolo; inoltre, l’ossidazione stimata del glucosio durante il test era significativamente più alta nei topi trattati con DS20060511 rispetto ai topi trattati con veicolo, mentre l’ossidazione dei grassi era significativamente inferiore. Pertanto, il DS20060511 ha aumentato l’ossidazione del glucosio durante l’esercizio. I livelli di glucosio nel sangue sono diminuiti significativamente dopo l’esercizio nei topi trattati con DS20060511, ma non sono scesi al range di ipoglicemia. I livelli di lattato nel sangue erano comparabili tra i due gruppi.

a–c Rapporto di scambio respiratorio (RER), ossidazione stimata del glucosio e ossidazione dei grassi durante la corsa su tapis roulant graduale nei topi C57BL/6 (n = 7). Il veicolo o DS20060511 (30 mg kg−1) è stato somministrato per via orale 15 min prima di iniziare a correre. Il tapis roulant è partito dalla velocità di 10 m min−1 e aumentato di 2 m min−1 ogni 3 min. I valori mostrati sono mezzi ± SEM. *P < 0.05 vs. veicolo dal t-test.

Mancanza di effetto sulla fosforilazione dell’AMPK con Il trattamento di DS20060511:

Sulla base della scoperta che il DS20060511 ha aumentato l’utilizzo del glucosio nel muscolo scheletrico durante l’esercizio, i suoi effetti combinati con quelli della contrazione muscolare sono stati ulteriormente valutati utilizzando campioni di muscolo scheletrico isolati. L’assorbimento di 2-DG è stato aumentato in misura maggiore dopo l’elettrostimolazione muscolare combinata con il trattamento DS20060511 rispetto a quello dopo l’elettrostimolazione muscolare senza il trattamento DS20060511. Sebbene recenti scoperte suggeriscano che l’AMPK non svolga alcun ruolo nella traslocazione di GLUT4 e nell’assorbimento di glucosio nel muscolo osservato durante l’esercizio[16,22], l’attivazione di AMPK mediante stimolazione elettrica[21], nonché da AICAR[20], potrebbe aumentare l’assorbimento di glucosio nel muscolo scheletrico isolato. E’ stata esaminata la fosforilazione di AMPK dopo il trattamento con DS20060511 mediante western blotting nel muscolo scheletrico isolato. Sebbene il livello di fosforilazione dell’AMPK sia stato elevato dalla stimolazione muscolare elettrica, non è stato osservato alcun cambiamento di questo tipo dopo il trattamento con DS20060511. Il livello di fosforilazione dell’AMPK nel muscolo scheletrico è rimasto invariato dopo il trattamento con DS20060511 rispetto a quello prima del trattamento in vivo, anche in condizioni di non esercizio. Questi dati suggeriscono che l’aumento dell’assorbimento di glucosio indotto da DS20060511 è indipendente dall’attivazione dell’AMPK.

a Captazione di 2-DG stimolata da DS20060511 dipendente dalla concentrazione con contrazione muscolare (stimolazione elettrica 5 Hz) in muscoli isolati da topi C57BL/6 (n = 3). ***P < 0,001 di ANOVA unidirezionale seguito dal test di Tukey. b La contrazione muscolare (stimolazione elettrica 5 Hz) ha indotto la fosforilazione di AMPK (Thr172) con o senza 10 μM DS20060511 in muscoli isolati da topi C57BL/6. c Livelli di fosforilazione di AMPKα dei muscoli Triceps surae asportati da topi C57BL/6 (n = 2) trattati con DS20060511 (10 mg kg-1) o soluzione salina come veicolo attraverso la vena cava inferiore 10 min dopo il trattamento.

Il trattamento con DS20060511 diminuisce la glicemia in maniera eNOS-indipendente:

È stato dimostrato che il Nitroprussiato di sodio (SNP), un donatore di Ossido Nitrico (NO), aumenta l’assorbimento di glucosio nel muscolo scheletrico e che questo aumento non è inibito dall’inibitore PI3K, Wortmannin[35]. Inoltre, l’assorbimento del glucosio indotto dall’esercizio da parte del muscolo scheletrico non è stato soppresso dall’inibitore di NO NG-monometil-L-arginina (L-NMMA)[35]. Questi dati suggeriscono che il NO induce l’assorbimento del glucosio da parte del muscolo scheletrico attraverso un meccanismo che è distinto sia dall’Insulina che dalle vie di segnalazione dell’esercizio. L’Ossido Nitrico sintasi endoteliale, che è un importante enzima che genera NO, è espresso nel muscolo scheletrico. È stato riportato che l’assorbimento del glucosio è compromesso nei muscoli scheletrici isolati di topi eNOSKO[36]. Per studiare il meccanismo alla base dell’aumento dell’assorbimento di glucosio da parte del muscolo scheletrico indotto da DS20060511, è stato somministrato DS20060511 a topi eNOSKO. Il trattamento con DS20060511 ha ridotto significativamente i livelli di glucosio nel sangue sia nei topi WT che eNOSKO durante GTT orale. Sebbene i livelli di glucosio nel sangue siano stati ridotti dal trattamento con Insulina, i livelli di glucosio nel sangue sono stati ridotti ulteriormente dopo il trattamento con DS20060511, sia nei topi WT che eNOSKO, allo stesso modo. Questi dati suggeriscono che l’effetto ipoglicemizzante di DS20060511 è esercitato in modo eNOS-indipendente.

a, b Livelli di glucosio nel sangue durante GTT orale in topi wild-type (WT, n = 5) ed eNOS-knockout (KO, n = 5–6). I topi hanno ricevuto il veicolo o DS20060511 (10 mg kg-1) per via orale 15 min prima della somministrazione di glucosio (3,0 g kg-1). c, d Livelli di glucosio nel sangue durante ITT nei topi WT (n = 4) e KO (n = 5). Veicolo o DS20060511 (30 mg kg-1) è stato somministrato per via orale contemporaneamente all’iniezione intraperitoneale di insulina 0,5 U kg-1. I valori mostrati sono mezzi ± SEM. *P < 0.05, **P < 0.01, ***P < 0.001 rispetto al veicolo in base al t-test.

Il trattamento acuto e cronico con DS20060511 migliora l’intolleranza al glucosio nei topi diabetici obesi:

Per indagare se il trattamento con DS20060511 può attenuare l’intolleranza al glucosio nei topi con obesità indotta dalla dieta e resistenza all’Insulina, i ricercatori hanno condotto GTT orale in topi alimentati con dieta ricca di grassi (HFD) dopo il trattamento con DS20060511. Il trattamento con DS20060511 ha ridotto significativamente i livelli di glucosio nel sangue nei topi nutriti con HFD agli stessi livelli di quelli osservati nei topi alimentati con dieta normale durante il GTT orale. I livelli plasmatici di Insulina erano piuttosto diminuiti nei topi nutriti con HFD trattati con DS20060511. La soppressione dell’assorbimento di 2-DG indotto dall’Insulina nel muscolo scheletrico isolato da topi alimentati con HFD è stata completamente ripristinata dal trattamento con DS20060511. Questi dati suggeriscono che il trattamento acuto con DS20060511 migliora l’intolleranza al glucosio nei topi con obesità indotta dalla dieta e resistenza all’Insulina. Successivamente, è stato studiato l’effetto del trattamento cronico con DS20060511 in topi diabetici geneticamente obesi (db/db). I livelli di glucosio nel sangue sono diminuiti significativamente dal primo al 28° giorno di trattamento con DS20060511 nei topi db/db. Coerentemente con questi dati, anche il valore dell’emoglobina glicata (HbA1c) è stato significativamente ridotto dopo il trattamento cronico con DS20060511. Non ci sono state differenze statisticamente significative nel peso corporeo, nell’assunzione di cibo, nel livello di glucosio nel sangue a digiuno o nei livelli di Insulina plasmatica a digiuno tra i topi db/db trattati con DS20060511 e quelli trattati con il veicolo. Non sono stati inoltre rilevati cambiamenti significativi nei pesi dei tessuti di muscolo, cuore, WAT e fegato, o nel contenuto di glicogeno del muscolo, del cuore e del fegato. Questi dati suggeriscono che il trattamento con DS20060511 sia acuto che cronico migliora il diabete ripristinando l’assorbimento alterato del glucosio da parte del muscolo scheletrico.

a Livelli di glucosio nel sangue e di Insulina plasmatica durante un GTT orale in topi alimentati con dieta normale (NC) e ad alto contenuto di grassi (HFD) (n = 5). Veicolo o DS20060511 (30 mg kg-1) è stato somministrato per via orale 15 min prima della somministrazione orale di glucosio (1,5 g kg-1). I valori mostrati sono mezzi ± SEM. *P < 0.05, **P < 0.01, ***P < 0.001 rispetto al veicolo HFD secondo il t-test. b Effetti dell’Insulina 10 μM DS20060511 e 100 nM sull’assorbimento di 2-DG nei muscoli isolati da topi alimentati con NC (n = 6) e con HFD (n = 5). I valori mostrati sono mezzi ± SEM. **P < 0.01 per ANOVA unidirezionale seguito dal test di Tukey. c, d Cambiamenti nei livelli di glucosio nel sangue e AUC il giorno 1 e il giorno 28 durante la rialimentazione (n = 6) in topi db/db trattati cronicamente con DS20060511 (10 mg kg-1 giorno-1). I valori mostrati sono mezzi ± SEM. *P < 0.05, **P < 0.01, ***P < 0.001 rispetto al veicolo in base al t-test. e Modifica dei livelli di HbA1c nei topi db/db (n = 6) a 4 settimane. I valori mostrati sono mezzi ± SEM. *P < 0.05 vs. veicolo dal t-test.

Discussioni conclusive:

Come abbiamo visto, è stata passata al vaglio la libreria chimica in possesso dei ricercatori i quali hanno utilizzato miotubi L6-GLUT4myc per lo studio di un nuovo farmaco per il trattamento del diabete di tipo II scoprendo il composto xantenico DS20060511. Il DS20060511 ha aumentato la traslocazione di GLUT4 nei miotubi differenziati L6-GLUT4myc, ma non negli adipociti differenziati 3T3-L1-GLUT4myc, suggerendo che agisca principalmente nei muscoli scheletrici. Coerentemente, in vivo, il DS20060511 ha indotto l’assorbimento di 2-DG nei muscoli soleo e gastrocnemio, ma non nel cuore o nel tessuto adiposo. L’Insulina favorisce l’assorbimento del glucosio nel tessuto adiposo e nel muscolo scheletrico, che inevitabilmente, in condizioni metabolicamente alterate e ipercaloriche, porta all’obesità. Tuttavia, il DS20060511 migliora l’assorbimento del glucosio solo nel muscolo scheletrico e riduce la secrezione di Insulina sopprimendo l’aumento dei livelli di glucosio nel sangue dopo il carico di glucosio, sopprimendo così lo sviluppo dell’obesità; quindi, il composto sembra anche offrire una promessa come farmaco per la prevenzione dell’obesità. Il DS20060511 ha ridotto i livelli di glucosio nel sangue nei topi diabetici obesi, senza causare iperfagia, aumento di peso corporeo o ipoglicemia e senza aumentare la secrezione di Insulina. Inoltre, il DS20060511 non sembra abbassare il livello di glucosio nel sangue a digiuno, indicando il rischio relativamente basso di ipoglicemia associato all’uso di questo composto. Queste caratteristiche potrebbero essere preferibili a un farmaco sicuro ed efficace per il trattamento del diabete di tipo II.

Voglio ricordare che con la sigla “2-DG” ci si riferisce ad un analogo del glucosio tracciabile (vedi immagine a sinistra).

L’effetto ipoglicemizzante del DS20060511 è stato completamente abolito nei topi GLUT4KO, indicando che il DS20060511 aumenta l’assorbimento del glucosio in modo GLUT4-dipendente. È interessante notare che il DS20060511 non è riuscito ad attivare la segnalazione dell’Insulina a monte, inclusa la fosforilazione di AS160 e il rimodellamento dell’actina o il percorso AMPK, che sono anche noti per aumentare la traslocazione di GLUT4 nel muscolo scheletrico. Inoltre, quando somministrato in combinazione con Insulina, il DS20060511 ha ulteriormente migliorato l’assorbimento del glucosio nel muscolo scheletrico sia nei topi normali che in quelli resistenti all’Insulina e ha ulteriormente ridotto i livelli di glucosio nel sangue in un modello murino di diabete di tipo I indotto da STZ. Il DS20060511 ha anche potenziato l’ossidazione del glucosio in tutto il corpo durante l’esercizio fisico, associata a un aumento dell’assorbimento e dell’utilizzo del glucosio nel muscolo scheletrico[16]. Pertanto, il DS20060511 può agire come un agente antidiabetico con un meccanismo d’azione completamente nuovo in pazienti con azioni alterate dell’Insulina nel muscolo scheletrico e in quelli con diabete di tipo I o II che ricevono Insulina e/o terapia fisica.

Alcuni composti sono stati anche segnalati in precedenza per indurre la traslocazione di GLUT4. È stato riportato che nuovi composti della Piridazina inducono fortemente la traslocazione di GLUT4 nei miotubi L6 e mostrano un significativo effetto ipoglicemizzante in un modello murino di diabete grave[37]. È noto che i disaccoppianti protonici, come il 2,4-dinitrofenolo, inducono la traslocazione di GLUT4 in accordo con un rapido calo dei livelli intracellulari di ATP[38]. Tuttavia, a differenza del DS20060511, questi composti promuovono la traslocazione di GLUT4 attraverso la via PI3K o AMPK. È stato riportato che la piccola molecola donatrice di NO NCX 4016 induce la traslocazione di GLUT4 negli adipociti 3T3-L1, ma non nelle cellule del muscolo scheletrico[39]. Questi risultati suggeriscono che un potenziatore della traslocazione di GLUT4 specifico del muscolo scheletrico come il DS20060511 non è mai stato segnalato in precedenza.

Il movimento del GLUT4 negli adipociti. Il tessuto adiposo è costituito da adipociti. Negli adipociti, il GLUT4 si trova nella membrana cellulare e nel citosol. La traslocazione di GLUT4 dalle vescicole citosoliche alla membrana cellulare porta ad un elevato assorbimento di glucosio, mentre l’endocitosi riporta il GLUT4 al citosol. (1): Nelle cellule non stimolate, le porzioni di membrana contenenti GLUT4 sono internalizzate in modo endocitosi per generare vescicole contenenti GLUT4. Le vescicole GLUT4 sono internalizzate negli endosomi precoci (o ordinati). Possono entrare nel corpo endoplasmatico di recupero e seguire la via retrograda verso la rete trans-Golgi e il compartimento intermedio del reticolo endoplasmatico-Golgi o altri compartimenti della membrana donatrice. (2): Le vescicole GLUT4 derivate dalle strutture della membrana del donatore sono fissate da un laccio contenente un dominio UBX per la proteina GLUT4 (TUG). (3): Durante la stimolazione del segnale dell’Insulina, le vescicole GLUT4 vengono rilasciate e caricate sul motore dei microtubuli per essere trasferite alla membrana plasmatica. La continua presenza di Insulina porta al movimento diretto di queste vescicole verso la membrana plasmatica. (4): Le vescicole GLUT4 sono legate alla proteina motoria chinesina e ad altre proteine. Quando ciò si verifica, si forma un complesso SNARE ternario stabile. (5): Il complesso SNARE ternario stabile è ancorato alla membrana bersaglio. (6): Le vescicole ancorate si affidano a SNARE per spostarsi e fondersi con la membrana bersaglio. Fonte immagine: Wang T, Wang J, Hu X, Huang XJ, Chen GX. Current understanding of glucose transporter 4 expression and functional mechanisms. World J Biol Chem 2020; 11(3): 76-98 [PMID: 33274014 DOI: 10.4331/wjbc.v11.i3.76]

Perché il DS2006051 agisce selettivamente sul muscolo scheletrico? La molecola bersaglio del DS2006051 può essere espressa selettivamente nel muscolo scheletrico. La quantità di GLUT4 sulla superficie cellulare è determinata dall’equilibrio tra esocitosi dalle vescicole di stoccaggio intracellulare ed endocitosi dalla membrana cellulare. Il DS2006051 può promuovere l’esocitosi o sopprimere l’endocitosi di GLUT4 tramite l’attivazione della molecola bersaglio. Per studiare il bersaglio selettivo di DS20060511 nel muscolo scheletrico e nei miotubi L6, sono stati adottati tre diversi approcci: legame del composto radiomarcato, purificazione di perline immobilizzate con composto e fotoreticolazione UV di un composto al bersaglio. I composti radiomarcati o modificati chimicamente avevano la capacità di reagire con campioni preparati da tessuto muscolare scheletrico o miotubi L6-GLUT4myc, come lisati, microsomi o cellule viventi. Dopo l’arricchimento e la purificazione abbinati per ciascun approccio, i campioni sono stati analizzati mediante LC-MS/MS. Sfortunatamente, i ricercatori non sono riusciti a identificare nessuna molecola bersaglio specifica che si legasse al DS20060511 con un’alta affinità. Sono necessarie ulteriori indagini per identificare il bersaglio molecolare del DS20060511 e anche la via di segnalazione coinvolta, come la produzione di specie reattive dell’ossigeno associate a Rac1 o NADPH ossidasi 2.

In conclusione, è stato identificato un nuovo composto xantenico, il DS20060511, ed è stato dimostrato che il trattamento con DS20060511 induceva la traslocazione di GLUT4 indipendentemente dalla segnalazione canonica dell’Insulina e dall’attività dell’AMPK, per migliorare l’assorbimento del glucosio da parte del muscolo scheletrico. Inoltre, il trattamento con DS20060511 ha anche migliorato l’intolleranza al glucosio nei topi diabetici obesi. Sebbene non siano stati in grado di identificare la specifica molecola bersaglio del DS20060511 sulla cellula muscolare scheletrica, ulteriori studi con il composto aiuterebbero a sviluppare un nuovo farmaco per il diabete di tipo II.

Le caratteristiche del DS20060511 lo rendono una molecola di particolare interesse per i bodybuilder. La sua selettività per il tessuto muscolo scheletrico e la mancata attivazione dell’AMPK offrono due significativi vantaggi che le molecole con attività di miglioramento del insulino-resistenza (Biguanidi et simili) oggi disponibili non danno:

  • Punto 1: la selettività della molecola per il tessuto muscolo-scheletrico e il miglioramento in tale sede dell’uptake del Glucosio da parte del miocita garantisce una ripartizione calorica a sensibile svantaggio del tessuto adiposo (quindi dell’adipocita) in un contesto ipercalorico, prolungando in modo indeterminato (almeno secondo i dati attuali) il periodo di vantaggio che l’atleta può sperimentare in un regime di questo tipo, prima che il peggioramento dei parametri del IR portino ad un aumento significativo della massa grassa e una riduzione dei guadagni muscolari sia in rapporto alla precedente che in termini assoluti;
  • Punto 2: la capacità del DS20060511 di bypassare l’attivazione/stimolo del AMPK permette di non sottoregolare/bloccare l’attività del mTOR e della sua attività sull’ipertrofia muscolare. Questo vantaggio è unico nel suo genere dal momento che, per esempio, sia la Metformina che la Berberina, due molecole largamente utilizzate per il miglioramento del IR, interagiscono per via delle PPAR-α nello stimolo dell’attività del AMPK la quale sottoregola/blocca mTOR.

Riguardo all’ultimo punto, c’è da dire che, da quanto osservato empiricamente ed emerso clinicamente, l’interazione negativa di Metformina e Berberina sul mTOR risulta significativa in modo dosaggio-dipendente. Si ipotizza, ma questa è una semplice ipotesi osservazionale, che l’uso di dosaggi non superiori a 500-750mg/die totali di entrambe le molecole non alteri crescita e/o recupero muscolare. Ricordiamoci inoltre che sia la Metformina che la Berberina (compreso anche l’ALA) sembrano avere potenziali inibitori sugli enzimi implicati nella lipogenesi ed esterificazione degli acidi grassi liberi negli adipociti, ma questa è un altra storia.

È interessante notare che alcuni studi dell’ultimo decennio suggeriscono che la Metformina può inibire direttamente l’azione della Leucina sul mTOR. Non solo questo sarebbe, ovviamente, un fattore negativo per la crescita muscolare, ma ipoteticamente l’effetto inibitorio della Metformina sul mTOR potrebbe avere un effetto maggiore in quanto è correlato alla riduzione del rischio di tumori mortali nei diabetici.

E’ a proposito molto interessante quanto postulato dal Dr. Melnik dell’Università di Osnabrück in Germania: “la Metformina può essere un diretto concorrente della Leucina per il legame e l’attività del mTORC1”.

Il medico ha notato nel suo articolo che la dose giornaliera abituale nei diabetici di Metformina (2g) è nell’ordine dei 2g di Leucina derivati dal consumo giornaliero di 100g di carne o formaggio. Poiché le due molecole sono simili per struttura e dimensioni, possono competere per gli stessi siti nell’attivazione del mTOR. Di conseguenza, possiamo affermare, con un buon margine di ragione, che è una questione “dose-risposta dipendente”, come accennato in precedenza, in rapporto all’attività potenziale di alterazione del mTOR sia diretta (legame attivazione leucina-simile) che indiretta (via AMPK).

Per quanto riguarda la questione della potenziale sotto-regolazione sui AR da parte della Metformina, i dati attuali provengono principalmente da studi di linee cellulari in vitro, in donne con PCOS, e da studi sui pazienti con cancro alla Prostata che però non danno comunque dati chiari sul grado di riduzione dei AR a livello del muscolo-scheletrico, di conseguenza si può speculare ancora ampiamente su quali possano essere gli effetti in vivo nell’uomo sulla crescita del tessuto muscolo-scheletrico durante il trattamento con Metformina. Rimango, al momento, dell’idea che sia fondamentalmente una questione di “soglia di efficacia” in rapporto agli “effetti indesiderati”, e la cosa, però, non è così semplice da calibrare come sembra viste le diversità nelle risposte individuali.

Ma, tornando a parlare del DS20060511, potrebbe avere un potenziale anche in un regime ipocalorico? Si, ovviamente, anche se presumibilmente il calo della Leptina sarà più rapido per via della “carestia glucidica adipocitaria indotta”. Sicuramente risulterebbe un vantaggio nei refeed sia pre-contest che quelli di “routine” settimanale. La superiorità rispetto a quanto oggi utilizzato con tali finalità rimane.

Per il momento, non ci resta che attendere nuovi studi sul DS20060511, possibilmente sull’uomo.

Gabriel Bellizzi

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SARMs [Selective Androgen Receptor Modulators]: tra aspettative e realtà.

Introduzione all’argomento:

Verso la fine del primo decennio del presente secolo, una “presunta” nuova classe di farmaci con attività anabolizzante ha iniziato a diffondersi in diverse discipline sportive , dal ciclismo a, ovviamente, il Bodybuilding. Sto parlando ovviamente dei SARMs, acronimo di Selective Androgen Receptor Modulators (in italiano, Modulatori Selettivi del Recettore degli Androgeni, SARM).

Essendo molecole sperimentali e non ancora commercializzate come farmaci da prescrizione per uso umano, i SARM si sono diffusi rapidamente in tutto il mondo grazie anche alla vendita da parte degli store online UK e USA (dove la vendita di supplementi contenenti tali molecole è legale).

Non ci volle molto tempo prima che un “alone leggendario” avvolgesse i SARM ed i loro presunti o reali effetti. I SARM vennero in breve pubblicizzati come il “doping ideale” con tutti gli effetti positivi degli steroidi anabolizzanti, pur non avendo alcun svantaggio o effetto collaterale legato a questi ultimi.

In generale, gli effetti positivi principali degli AAS sono considerati essere l’effetto anabolizzante sulla massa muscolare e l’effetto stimolante sul miglioramento della densità minerale ossea. Tutti gli altri effetti cosi detti androgeni sono generalmente considerati indesiderati. Anche se, ovviamente, ciò dipende in gran parte dal grado con il quale essi si verificano (ma anche dal sesso e dalla disciplina praticata dall’utilizzatore).

Ad esempio, gli AAS inducono l’Eritropoiesi, il processo di biosintesi degli Eritrociti (globuli rossi). Questo porta ad un aumento dell’Ematocrito che, quando diventa troppo alto, ossia oltre la soglia del 53-54%, vede arrestati i suoi effetti benefici sulla resistenza vedendo aumentato sensibilmente il rischio di trombosi venosa. Tuttavia, se si eliminasse completamente qualsiasi effetto stimolante sull’eritropoiesi, l’ematocrito potrebbe diventare troppo basso, in specie se viene a mancare un fattore compensativo alla riduzione indotta. Di conseguenza, si finirebbe per essere anemici. Quindi anche alcuni di quegli effetti indesiderati degli AAS sono “voluti” in una certa misura. Ma i paradossi della selettività non terminano con questo, ovviamente. Per semplicità, tuttavia, tratterò il discorso più avanti nel presente articolo.

Il punto della questione è: i SARM danno veramente un vantaggio in quanto a rapporto tra effetti positivi e collaterali rispetto agli AAS? La risposta richiede una spiegazione dettagliata della storia, delle caratteristiche e degli effetti, constatati sia in ambito clinico che “off-label”, legati ai SARM.

Nozioni iniziali sui SARM.

Come la maggior parte di voi saprà, SARM sono una classe di ligandi selettivi del recettore degli androgeni (AR).[1]

Nonostante un certo numero di persone sia convinta che i SARM siano stati sintetizzati circa venti anni fa, e che non abbiano nulla a che vedere nel loro sviluppo con gli AAS, la realtà è che il termine si riferisce ad un macrogruppo di molecole affini al AR con un valore terapeutico (vedi potenziale androgeno e anabolizzante) superiore a 1, cioè al Testosterone. Per questa ragione esistono due gruppi di SARM: i SARM steroidei ed i SARM non-steroidei. Di conseguenza, tutti i derivati del Testosterone, del DHT, compresi i 19-Norsteroidi, che sono stati modificati strutturalmente al fine di accentuarne le caratteristiche anabolizzanti e ridurne quelle androgene sono considerabili quali SARM steroidei.

Due esempi tipici di SARM steroideo e non-steroideo

Gli sforzi iniziali per sviluppare SARM steroidei, basati su modifiche della molecola di Testosterone, risalgono agli anni ’40. L’era moderna dei SARM non steroidei è stata scatenata da un lavoro indipendente presso la Ligand Pharmaceuticals (2, 3) e l’Università del Tennessee.(4, 5) Gli scienziati della Ligand Pharmaceuticals sono stati i primi a sviluppare una serie di Chinolinoni ciclici con attività anabolica sul muscolo scheletrico e un certo grado di selettività tissutale.(2, 6, 7, 8) La scoperta di Dalton e Miller che le Aril Propionammidi con somiglianze strutturali con il Bicalutamide e l’Idrossiflutammide potrebbero innescare l’attività trascrizionale AR-dipendente ha fornito la prima guida per lo sviluppo della classe di SARM diaril propionammidi.(4, 5) Il decennio successivo a questi primi sforzi ha visto l’emergere di un gran numero di SARM non steroidei praticamente da tutte le principali aziende farmaceutiche.(9)

Fondamenti logici nella ricerca dei SARM non-steroidei

Il Testosterone, il principale ligando per il Recettore degli Androgeni, svolge una varietà di funzioni fisiologiche nell’uomo (10): è essenziale, anche per via della sua conversione in DHT, al fine di mantenere una corretta funzione sessuale, lo sviluppo delle cellule germinali e gli organi sessuali accessori. Il Testosterone interagisce ovviamente anche con il muscolo scheletrico, grasso, ossa, emopoiesi, coagulazione, metabolismo dei lipidi, proteine ​​e carboidrati e comportamenti psicosessuali e cognitivi. Sebbene la carenza di androgeni negli uomini adulti sia il disturbo più diffuso della alterazione nella segnalazione AR (11), il principale impulso per lo sviluppo dei SARM è legato allo sfruttamento dei potenziali effetti anabolici di questi composti sul muscolo scheletrico e sull’osso.

Come ben sappiamo, man mano che uomini e donne invecchiano, perdono massa muscolare scheletrica, forza, potenza (12, 13), principalmente a causa della perdita preferenziale delle fibre muscolari di tipo 2 (14), e la densità ossea. La perdita di massa muscolare e forza associata all’età aumenta il rischio di cadute, fratture, limitazione della mobilità, disabilità fisica e scarsa qualità della vita (15, 16). Il declino funzionale e la dipendenza negli anziani gravano pesantemente sui servizi e sui costi sanitari. Nonostante l’elevata prevalenza di limitazioni funzionali e disabilità tra gli individui più anziani, i geriatri praticanti hanno poche scelte terapeutiche per il trattamento degli individui più anziani con limitazioni funzionali e disabilità fisica. Allo stesso modo, il decorso di molte malattie croniche, come la malattia polmonare ostruttiva cronica, la malattia renale allo stadio terminale, l’insufficienza cardiaca congestizia e alcuni tipi di cancro, è punteggiato da perdita di massa muscolare e limitazioni funzionali fisiche, che contribuiscono indipendentemente a sintomi, limitazione della mobilità e disabilità. Pertanto, c’è un enorme bisogno insoddisfatto di funzioni che promuovano terapie anabolizzanti che possano migliorare la funzione fisica e ridurre il peso della disabilità.

Tra le varie terapie anabolizzanti candidate ad applicazione in fase di sviluppo, quella con SARM non steroidei è la più recente in corso di sviluppo. La somministrazione di Testosterone aumenta la massa muscolare scheletrica e la massima forza volontaria in uomini sani, con carenza di androgeni (17-18) ed eugonadici (19, 20) e anziani (21), e negli uomini con molti disturbi cronici (22, 23). Gli effetti anabolizzanti del Testosterone sulla massa e sulla forza dei muscoli scheletrici sono correlati alla dose di Testosterone e alle sue concentrazioni ematiche (20, 21, 24, 25). Pertanto, il potenziale per ottenere il rimodellamento del muscolo scheletrico e l’aumento della massa e della forza del muscolo scheletrico con la somministrazione di androgeni è notevole. Tuttavia, la somministrazione di dosi sovrafisiologiche di androgeni è associata ad un’elevata frequenza di effetti avversi dose-dipendenti, come eritrocitosi, edema delle gambe ed eventi prostatici (21, 26). Pertanto, agenti terapeutici come i SARM non steroidei con la cui somministrazione possono far ottenere effetti anabolizzanti sul muscolo scheletrico e sull’osso senza gli effetti avversi limitanti riscontrati con dosaggi di Testosterone aventi il medesimo effetto terapeutico sarebbero attraenti come terapie anabolizzanti d’elezione (27, 28, 29). Il riconoscimento di queste potenziali opportunità per lo sviluppo di nuove terapie per le limitazioni funzionali e disabilità associate a disturbi cronici, invecchiamento e osteoporosi ha guidato gli sforzi farmaceutici per sviluppare SARM non steroidei.

Il raggiungimento della selettività dei tessuti

Storicamente sono stati utilizzati due approcci generali per ottenere la selettività tissutale dell’azione degli Androgeni. Il primo approccio consiste nello sviluppare un SARM con un profilo di attività desiderato e la selettività tissutale. Il secondo approccio è quello di chiarire i meccanismi di azione degli androgeni sul muscolo scheletrico e sulla Prostata e di identificare le molecole di segnalazione che sono a valle del recettore degli androgeni e che attivano le vie coinvolte nell’ipertrofia del muscolo scheletrico, ma non della Prostata.

SARM steroidei: relazioni struttura-attività

Come accennato in precedenza, strutturalmente, i SARM possono essere classificati in SARM steroidei e non steroidei. I SARM steroidei si formano modificando la struttura chimica della molecola di Testosterone (vedi figura seguente).

Struttura: relazione di attività dei SARM steroidei
Adattato da Narayanan et al 2008 (https://www.ncbi.nlm.) e Bhasin et al 2006 (https://www.ncbi.nlm.nih.)

È stato riconosciuto negli anni ’40 che la sostituzione di un metile in posizione C-17 ritarda il metabolismo presistemico del Testosterone, estendendone l’emivita e rendendolo attivo per via orale. Pertanto, un certo numero di androgeni orali, come il Methylterstosterone, hanno una metilazione in C-17. Tuttavia, gli androgeni 17-alfa alchilati somministrati per via orale, sono potenzialmente epatotossici e abbassano notevolmente il colesterolo HDL plasmatico.

La rimozione del gruppo 19-metile aumenta l’attività anabolizzante del Testosterone (Figura sopra). Pertanto, il 19-nortestosterone ha costituito la base della serie di molecole derivate del Nandrolone. Il Nandrolone è ridotto dalla 5-α reduttasi nei tessuti bersaglio a un androgeno meno potente, il Diidronandrolone (DHN), ma è meno suscettibile all’aromatizzazione in estrogeni convertendo primariamente nel poco attivo Estrone.

Le sostituzioni alchiliche 7-alfa rendono il Testosterone meno suscettibile alla 5-α riduzione e ne aumentano la selettività tissutale rispetto alla Prostata. Pertanto, il 7-alfa metil, 19-nortestosterone ha attività anabolica teoricamente superiore all’attività androgena, sebbene i test fatti sono stati svolti su topi attraverso il ben poco affidabile se rapportato all’uomo “test di Hershberger” (per approfondimenti clicca qui). Comunque, altre molecole di questa serie con gruppi alchilici variabili sono state studiate per la loro attività anabolica.

Il Testosterone viene eliminato rapidamente dalla circolazione e ha una breve emivita. L’esterificazione del gruppo ossidrile 17-β rende la molecola più idrofoba; più lunga è la catena laterale dell’estere, maggiore è l’idrofobicità. Quando gli esteri idrossilici 17-β del Testosterone vengono somministrati attraverso un iniezione intramuscolare in una sospensione oleosa, vengono rilasciati lentamente dal deposito oleoso nella circolazione. Il lento rilascio di esteri idrossilici 17-β dal deposito oleoso estende la loro durata d’azione. Tuttavia, la de-esterificazione degli esteri di Testosterone non limita la velocità della metabolizzazione molecolare; in breve, l’emivita del Testosterone Enantato nel plasma non è significativamente diversa da quella del Testosterone non esterificato una volta scissa l’esterificazione. Allo stesso modo, l’esterificazione del Nandrolone per formare il Nandrolone Decanoato aumenta la sua emivita.

Molecola di Testosterone legata ad un estere Enantato.

L’Oxandrolone è un AAS orale derivato dal DHT che ha un sostituente metilico 17-alfa. La sostituzione del secondo carbonio con l’ossigeno aumenta la stabilità del 3-cheto gruppo e ne aumenta l’attività anabolizzante. Non aromatizza in estrogeno e ha mostrato una bassa attività androgena. Indi, esso è un altro esempio di SARM steroideo.

Struttura molecolare del Oxandrolone

SARM non-steroidei

Gli sforzi pionieristici degli scienziati della Ligand Pharmaceuticals e dell’Università del Tennessee hanno fornito le prime basi della scoperta dei SARM non-steroidei. Da allora, sono state esplorate una serie di categorie strutturali di SARM farmacofori: aril-propionamide (GTX, Inc.), idantoina biciclica (BMS), chinolinoni (Ligand Pharmaceuticals), analoghi della tetraidrochinolina (Kaken Pharmaceuticals, Inc.), benizimidazolo, imidazolopirazolo. , indolo e derivati pirazolina (Johnson e Johnson), derivati azasteroidali (Merck) e derivati anilina, diaril anilina e bezoxazepinoni (GSK) (vedi figura seguente). Poiché è stata pubblicata solo una parte della ricerca sulla scoperta, è probabile che esistano categorie strutturali aggiuntive. Una recente review di Narayanan et al fornisce un eccellente trattato delle strutture dei SARM (28).

Varie classi strutturali di SARM non-steroidei
Adattato da Narayanan et al 2008 (https://www.ncbi.nlm.nih.) e Bhasin et al 2006 (https://www.ncbi.nlm.nih.)

Le modifiche strutturali degli analoghi dell’aril propionammide bicalutamide e idrossiflutamide hanno portato alla scoperta della prima generazione di SARM. I composti S1 e S4 in questa serie si legano al AR con elevata affinità e dimostrano selettività tissutale nel impreciso test di Hershberger che utilizza un modello di ratto castrato (30, 31). In questo modello di ratto castrato, sia S1 che S4 hanno prevenuto l’atrofia indotta dalla castrazione del muscolo levat ani e hanno agito come deboli agonisti nella Prostata (30, 31, 32). Alla dose di 3 mg/kg/die, S4 ha parzialmente ripristinato il peso della prostata a < 20% di quello intatto, ma ha ripristinato completamente il peso del levator ani, la forza dei muscoli scheletrici, la densità minerale ossea, la forza ossea e la massa corporea magra e ha soppresso LH e FSH (33, 34). S4 ha anche prevenuto la perdita ossea indotta dall’ovariectomia nel modello di osteoporosi femminile di ratto (35). La capacità dei SARM di promuovere sia la forza muscolare che la forza meccanica ossea costituisce un vantaggio unico rispetto ad altre terapie per l’osteoporosi che aumentano solo la densità ossea.

S1 e S4 sono agonisti parziali; quindi, in ratti maschi intatti (31), S1 e S4 competono con gli androgeni endogeni (o esogeni) e agiscono come antagonisti nella Prostata, tali SARM con attività antagonista o bassa attività intrinseca nella Prostata potrebbero essere utili nel trattamento dell’IPB o del cancro alla Prostata. Gli effetti soppressivi di questa classe di SARM sulla secrezione di gonadotropine nei ratti suggeriscono una potenziale applicazione per la contraccezione maschile.(31)

SARM non-steroideo S4 (Andarina)

Il legame etereo e la sostituzione della posizione-para dell’anello B sono fondamentali per l’attività agonista dei SARM aril propionammidi (30). Sulla base delle strutture cristalline, i composti con legame etereo sembrano adattare una conformazione più compatta rispetto alla bicalutamide a causa della formazione di un legame H intramolecolare, consentendo all’anello B di evitare il conflitto sterico con la catena laterale di W741 nel AR e potenzialmente spiegando l’attività agonista.(36)

I derivati ​​dell’idantoina, sviluppati dal gruppo BMS (37), hanno una struttura ad anello A simile a quella della bicalutamide. Il gruppo ciano o nitro di queste molecole interagisce con Q711 e R752 (38, 39). L’anello benzenico o gruppo naftile, insieme all’anello idantoico, si sovrappone al piano steroideo, mentre l’azoto dell’anello idantoinico forma un legame H con N705. BMS-564929 lega al AR con alta affinità e alta specificità. BMS-564929 ha dimostrato attività anabolizzante nel muscolo levator ani e un alto grado di selettività tissutale, come indicato da una ED50 sostanzialmente più elevata per la Prostata. I derivati ​​dell’idantoina sono potenti soppressori dell’LH. BMS-564929 è disponibile per via orale nell’uomo, con un’emivita di 8-14 ore. L’emivita prolungata di questi ligandi nei ratti può spiegare la dose più bassa necessaria per ottenere effetti farmacologici; differenze nelle attività in vivo di SARM che condividono affinità di legame e attività in vitro simili possono essere correlate alle differenze nella farmacocinetica e nell’esposizione al farmaco.(40)

Hanada et al (41) della Kaken Pharmaceutical Co. hanno riportato una serie di derivati della tetraidrochinolina come agonisti dell’AR nell’osso. Sebbene questi composti mostrino un’elevata affinità per l’AR e una forte attività agonista nella Prostata e nel levator ani, hanno dimostrato una scarsa selettività tra i tessuti androgeni e anabolici (41). Una significativa attività farmacologica in vivo è stata osservata solo ad alte dosi sottocutanee.(28, 41)

I composti ligandi LGD2226 e LGD 2941 che sono derivati biciclici del 6-anilino chinolinone hanno mostrato attività anabolica sul muscolo levator ani, nonché sulla massa ossea e sulla forza, pur avendo scarso effetto sulla dimensione della Prostata in un modello preclinico di roditori (42, 43, 44). È stato anche dimostrato che LGD2226 mantiene il comportamento riproduttivo maschile nel modello di roditore castrato (42). Gli scienziati della Johnson e Johnson hanno sostituito il legante propionammidico con elementi ciclici come pirazoli, benzimidazoli, indoli e mimetici propionanilidi ciclici (45). Gli scienziati della Merck hanno sviluppato una serie di derivati 4-azasteroidali e butanammidi (28). Ulteriori composti sono stati sviluppati da altre aziende farmaceutiche, ma una discussione dettagliata di ciascun composto esula dallo scopo di questo articolo.

Meccanismi di selettività tissutale dei SARM

Narayanan et al hanno confrontato le vie attivate da un aril propionamide SARM, S-22, con quelle attivate dal DHT (46) e hanno scoperto che S-22 e DHT attivavano diverse vie di segnalazione distinte. S-22 e DHT differivano significativamente nel reclutamento del AR e dei suoi co-regolatori come potenziatore del PSA. L’S-22 differiva anche dal DHT nell’induzione della rapida fosforilazione di diverse chinasi (46). Tuttavia, i meccanismi che contribuiscono all’attivazione trascrizionale tessuto-specifica e alla selettività degli effetti biologici dei SARM rimangono poco compresi. Sono state proposte tre ipotesi generali, anche se queste ipotesi non si escludono a vicenda. L’ipotesi del co-attivatore presuppone che il repertorio di proteine ​​co-regolatrici che si associa al AR legato al SARM differisce da quello associato al AR legato al Testosterone che porta all’attivazione trascrizionale di un insieme di geni regolati in modo differenziale.

Antigene Prostatico Specifico (Prostate Specific Antigen, PSA) 

L’ipotesi conformazionale afferma che le differenze funzionali nelle classi di ligandi (agonisti, antagonisti e SARM) si riflettono in stati conformazionalmente distinti con partizionamento termodinamico distinto. Il legame con il ligando induce specifici cambiamenti conformazionali nel dominio di legame del ligando, che potrebbe modulare la topologia di superficie e le successive interazioni proteina-proteina tra AR e altri co-regolatori coinvolti nell’attivazione trascrizionale genomica o proteine ​​citosoliche coinvolte nella segnalazione non genomica. Le differenze nella conformazione del recettore ligando-specifico e le interazioni proteina-proteina potrebbero portare a una regolazione genica tessuto-specifica, a causa di potenziali cambiamenti nelle interazioni con ARE, co-regolatori o fattori di trascrizione. Le interazioni proteina-proteina indotte dal ligando contribuiscono alle interazioni tra le estremità amminiche e carbossiliche del AR (cioè l’interazione N/C) e il reclutamento di co-attivatori (47). Entrambe le interazioni sono mediate dall’interazione tra la regione AF2 del AR ed i motivi di legame FXXLF o LXXLL (48). Il solco idrofobo presente nella regione AF2 del AR LBD sembra essere più favorevole per il legame della fenilalanina, il che suggerisce che l’interazione N/C è preferita. Sebbene la conformazione AR-LBD legata al SARM non steroideo non sia stata ben caratterizzata, Sathya et al (49) hanno riportato che alcuni SARM steroidei che hanno attività agonista in vitro inducono un cambiamento conformazionale attivante senza facilitare le interazioni N/C. Questi dati suggeriscono che il cambiamento conformazionale specifico del ligando è ottenibile con ligandi sintetici.

(A) Il gene AR consiste di 8 esoni che codificano per il recettore degli androgeni con un prodotto genico della dimensione tipica di 919 amminoacidi. Il AR è composto da un dominio N-terminale (NTD), un dominio di legame al DNA centrale (DBD), una regione a cerniera corta e un LBD C-terminale. (B) LBD comprende una struttura elicoidale 12 che racchiude una tasca centrale di legame dell’ormone (HBP), un secondo dominio della funzione di attivazione (AF2) che si trova all’estremità carbossi-terminale dell’LBD e un sito di legame scoperto di recente, funzione di legame 3 (BF3). La conformazione adottata dell’H12 è inequivocabilmente associata al meccanismo d’azione molecolare dei ligandi legati all’HBP. (C) Come mostrato nella struttura complessa di Diidrotestosterone (DHT) e AR-LBD, l’AR HBP è composto principalmente da residui idrofobici (palla verde) che possono formare forti interazioni non polari con il DHT. L’ancoraggio proteina-ligando può essere ulteriormente stabilizzato da una rete di legami idrogeno (linea tratteggiata blu) che coinvolge i residui polari R752, Q711, N705 e T877.[fonte immagine https://www.researchgate.net/%5D

Bohl et al (36) hanno riportato che la bicalutamide adotta una conformazione molto piegata nel AR. Sebbene l’anello A e il legame ammidico della molecola di bicalutamide si sovrappongano al piano steroideo, l’anello B della bilcautammide si piega lontano dal piano, puntando verso la parte superiore della tasca di legame del ligando (LBP), che costituisce una caratteristica strutturale unica di questo classe di leganti (36). Il gruppo ciano dell’anello A forma legami H con Q711 e R752, simile al 3-cheto gruppo nel 5α-DHT (36). Il gruppo idrossile chirale forma legami H con L704 e N705, imitando l’anello C e il gruppo 17β-OH nel 5α-DHT (36). Queste interazioni di legame H sono fondamentali per un’elevata affinità di legame. Lievi modifiche strutturali possono cambiare il ligando da antagonista AR ad agonista. Il legame idrogeno favorevole tra il ligando e la catena laterale T877, le caratteristiche strutturali che imitano il 3-cheto gruppo del Testosterone e le interazioni idrofobiche sono fondamentali affinché il ligando si leghi con alta affinità e stimoli l’azione del AR. La struttura cristallina a raggi X del AR legato a S-1 ha rivelato che la catena laterale W741 è spostata dall’anello B per espandere la tasca di legame in modo che il composto si orienti verso la regione AF2 (50). Il ripiegamento proteico del AR legato al SARM è lo stesso che si tratti di un SARM steroideo e non steroideo (50). Non è chiaro come l’interazione ligando-recettore determini l’attività agonista o antagonista del ligando.

La selettività tissutale dei SARM potrebbe anche essere correlata a differenze nella loro distribuzione tissutale, potenziali interazioni con la 5α-reduttasi o l’aromatasi CYP19, o l’espressione tessuto-specifica di co-regolatori (51). Tuttavia, studi di autoradiografia con derivati di bicalutamide e idantoina (52) hanno mostrato che non si accumulano preferenzialmente nei tessuti “anabolizzanti”. L’azione del Testosterone in alcuni tessuti androgeni è amplificata dalla sua conversione in 5α-DHT (53); i SARM non steroidei non fungono da substrati per la 5α-reduttasi. La selettività tissutale dei SARM potrebbe essere correlata all’espressione tessuto-specifica delle proteine co-regolatorie. Allo stesso modo, alcune differenze delle azioni dei SARM rispetto al Testosterone potrebbero essere correlate all’incapacità dei SARM non steroidei di subire l’aromatizzazione.

Esperienza di studi preclinici e clinici con i SARM di prima generazione

Un gran numero di SARM candidati sono stati sottoposti a studi preclinici di verifica teorica e tossicologici e sono entrati in studi clinici di fase I e II (27, 28). Gli studi preclinici hanno rivelato una promettente selettività dei tessuti; tuttavia, poiché molti di questi dati generati dalle aziende farmaceutiche sono rimasti inediti, i confronti della potenza relativa e della selettività dei tessuti tra i diversi SARM sono difficili da convalidare.

Un certo numero di SARM di prima generazione sono stati testati in prove di fase I. Questi composti sono stati posizionati per studi di efficacia precoci per il trattamento dell’osteoporosi, la fragilità ossea, la cachessia del cancro e le limitazioni funzionali associate all’invecchiamento. Inoltre, i SARM che inibiscono potentemente le gonadotropine, ma risparmiano l’attività a livello della Prostata, hanno suscitato una certa attrattiva come candidati per la contraccezione maschile. È stato proposto l’uso di SARM per il trattamento delle sindromi da carenza di androgeni negli uomini; i vantaggi relativi ai SARM rispetto al Testosterone per questa indicazione non sono immediatamente evidenti e risultano limitati. Molte funzioni biologiche del Testosterone, in particolare i suoi effetti sulla libido e sul comportamento, sulle ossa e sui lipidi plasmatici, richiedono la sua aromatizzazione in estrogeni; poiché i SARM attualmente disponibili non sono né aromatizzabili né 5-alfa riducibili, questi composti risultano fortemente limitati come base terapica di sostituzione androgena in andropausa e dovrebbero affrontare una barra normativa in salita per l’approvazione in quanto sarebbero tenuti a dimostrare efficacia e sicurezza in molti più domini di azione degli androgeni rispetto a quanto richiesto dalle formulazioni di Testosterone la quale si conosce per effetti diretti ed indiretti in condizione terapeutica sostitutiva degli androgeni endogeni.

Alle dosi che sono state testate, i SARM di prima generazione inducono modesti guadagni di massa corporea magra in volontari sani, che non sono affatto vicini ai guadagni molto maggiori nella massa muscolare scheletrica riportati con dosi sovrafisiologiche di Testosterone. I modesti guadagni da 1,0 a 1,5 kg di massa magra con i SARM di prima generazione in 4-6 settimane dovrebbero essere confrontati con i guadagni di 5-7 kg di massa magra con dosi da 300 e 600mg di Testosterone Enantato (pari approssimativamente a 216mg e 432mg di Testosterone effettivo rispettivamente). Tuttavia, è possibile che la prossima generazione di molecole SARM avrà maggiore potenza e selettività rispetto ai SARM di prima generazione, ma ad oggi non sussiste ancora dimostrazione a riguardo.

Raggiungimento della selettività e spiegazione dei meccanismi d’azione

Un altro approccio per ottenere la selettività d’azione è chiarire i meccanismi dell’azione del Testosterone sulla Prostata e identificare le molecole a valle associate all’attivazione della segnalazione AR nel muscolo scheletrico, ma non nella Prostata. Attraverso la comprensione di questi meccanismi, potrebbe essere possibile identificare molecole candidate che prendono di mira aspetti specifici della cascata di segnalazione AR.

Le analisi delle biopsie muscolari di uomini trattati con dosi graduate di testosterone hanno rivelato che la somministrazione di testosterone induce ipertrofia delle fibre muscolari sia di tipo I che di tipo II (54, 55); I cambiamenti nelle aree trasversali di entrambe le fibre di tipo I e II sono correlati alla dose di Testosterone e alle concentrazioni di Testosterone totale e libero (54). Tuttavia, né il numero assoluto né la proporzione relativa delle fibre di tipo I e II cambiano durante la somministrazione di Testosterone.

Poiché le cellule satellite muscolari sono state implicate nell’ipertrofia del muscolo scheletrico e nell’aumento del numero mionucleare (56), sono state quantificate le cellule satellite e il numero mionucleare mediante microscopia elettronica, utilizzando metodi di conteggio diretto e orientamento spaziale nelle biopsie del vasto laterale ottenute al basale e dopo 20- settimane di trattamento con un agonista del GnRH e dosi graduate di Testosterone Enantato. Il numero assoluto e percentuale di cellule satellite a 20 settimane era significativamente maggiore del basale negli uomini che ricevevano dosi sovrafisiologiche di Testosterone (57). La variazione del numero di cellule satellite era correlata alle variazioni dei livelli di Testosterone totale e libero (57). Quindi, l’ipertrofia delle fibre muscolari indotta dal Testosterone è associata ad un aumento delle cellule satellite e del numero di mionuclei.

Il Testosterone e il DHT promuovono la differenziazione delle cellule staminali mesenchimali multipotenti in linea miogenica e inibiscono la loro differenziazione in linea adipogenica (58, 59). Il Testosterone inibisce anche la differenziazione dei pre-adipociti in adipociti (59, 60). Altri hanno suggerito che l’ipertrofia indotta dal Testosterone sia causata dalla stimolazione della sintesi proteica e dall’inibizione della degradazione proteica (61, 62). Testosterone e DHT promuovono l’associazione del ligando AR con il suo co-attivatore, β-catenina; questa interazione stabilizza la β-catenina, promuove la sua traslocazione nel nucleo e l’associazione con TCF-4, e l’attivazione trascrizionale di un certo numero di geni bersaglio Wnt (63). La β-catenina svolge un ruolo essenziale nel mediare gli effetti del Testosterone sulla differenziazione miogenica. Il Testosterone sovra-regola l’espressione della Follistatina in vivo e in vitro (63); l’infusione della proteina Follistatina ricombinante aumenta la massa muscolare e diminuisce la massa grassa nei topi castrati. Il Testosterone sovra-regola l’SMAD 7 e sotto-regola la segnalazione del SMAD mediata dal TGFβ e i geni bersaglio del TGFβ (63). La Follistatina inibisce l’azione di diversi membri della famiglia del TGFβ. Questi studi supportano l’ipotesi che gli effetti del Testosterone siano trasmessi in modo incrociato dalla via Wnt alla via TGFβ-SMAD attraverso la Follistatina. Pertanto, è possibile che molecole candidate come la Follistatina che sono a valle del AR e β-catenina e che mediano gli effetti del Testosterone sul muscolo possano fornire la selettività desiderata degli effetti anabolici. La via di segnalazione mediata dal AR a valle della β-catenina può essere un interessante serbatoio di bersagli candidati per lo sviluppo di farmaci anabolizzanti selettivi.

Molecola di Follistatina

Ostacoli normativi allo sviluppo dei SARM

Negli studi di fase I e II, i SARM di prima generazione hanno mostrato riduzioni significative delle concentrazioni di colesterolo HDL e SHBG e lievi aumenti transitori di AST e ALT. Non è chiaro se gli aumenti delle transaminasi riflettano la tossicità epatica di primo passaggio tipica degli androgeni somministrati per via orale o un effetto di classe sulla trascrizione del gene AST. Allo stesso modo, la soppressione del colesterolo HDL potrebbe riflettere gli effetti combinati della via di somministrazione orale e la mancanza di aromatizzazione. È possibile che una via di somministrazione sistemica – transdermica o intramuscolare – possa attenuare il potenziale di aumento delle transaminasi e riduzioni di HDL-C.

Globulina Legante gli Ormoni Sessuali (in inglese sex hormone-binding globulin o SHBG) 

Mentre il percorso normativo per l’approvazione dei farmaci per l’osteoporosi è stato ben delineato a causa della precedenza stabilita dai farmaci precedentemente approvati, il percorso per l’approvazione delle terapie anabolizzanti che promuovono la suddetta funzione non è stato chiaramente stabilito. Sono in corso sforzi considerevoli per generare un consenso su indicazioni, risultati di efficacia negli studi cardine e differenze clinicamente importanti minime nei risultati di efficacia chiave; questi sforzi dovrebbero facilitare le prove di efficacia delle molecole candidate. Ma il risultato, ad oggi, non è molto promettente.

Allora i SARM non-steroidei sono tessuto-selettivi?

Ammetto che quanto esposto fino ad ora non è propriamente “masticabile” da tutti, ed è per questo che vi renderò la comprensione più facile.

Allora, un modo per ottenere la selettività tissutale è tramite un fapping molecolare che implica l’attivazione del recettore degli androgeni (AR) specificamente nel tessuto muscolare. Mentre l’AR è lo stesso in tutti i tessuti, il contesto cellulare è diverso: puoi immaginare che il contenuto di una cellula muscolare sia abbastanza diverso da quello di una cellula della ghiandola sebacea. Quando l’AR viene attivato per indurre la trascrizione genica, che alla fine porterà ai guadagni muscolari, entrano in gioco molte altre proteine. Queste proteine ​​coinvolte nella trascrizione sono i cosiddetti coregolatori trascrizionali. Chiamiamoli cofattori in breve. Questi possono aiutare nella trascrizione (coattivatori) o reprimerla (corepressori). Quei cofattori, e le loro proporzioni, che vengono reclutati da un AR attivato, possono variare da un tessuto all’altro. Questo dipende, in parte, da quale molecola è legata all’AR. In quanto tale, un SARM potrebbe essere in grado di reclutare un gruppo di cofattori che porteranno a una trascrizione genica minima o nulla nel tessuto A (Prostata), mentre portano alla trascrizione genica completa nel tessuto B (Muscolo).

Quanto detto sopra sembra comunque piuttosto complesso, e lo è, ma non mi è possibile comunicare a gesti per spiegarvi una cosa che è di base complessa. Comunque sia, come si fa a sapere quale tipo di ligando per l’AR interagisce con quali cofattori e in che misura? Non lo fa, si dovrebbero eseguire test quasi infiniti sul composto in questione per determinarlo effettivamente. E questo processo sembra richiedere molto tempo. Tuttavia, questo è attualmente pubblicizzato come uno dei motivi per cui i SARM – in sostanza avendolo scoperto per “caso” – esercitano i loro effetti specifici sui tessuti. Ad esempio, è stato dimostrato che l’antiandrogeno steroideo TSAA-291 esercita un’attività tessuto-specifica che coincide con profili di reclutamento di coregolatori differenziali rispetto al Diidrotestosterone (DHT) [64]. Tuttavia, poiché non hanno confrontato altri AAS, potrebbe anche essere che avrebbero visto diversi profili di reclutamento di coregolatori con altri AAS. Pertanto, è difficile vedere quanto sia effettivamente rilevante per le proprietà specifiche dei SARM. Dopotutto, la correlazione non implica la causalità.

Oxendolone (TSAA-291)

Andando avanti con la semplificazione pratica del concetto di selettività specifica, un altro modo in cui un SARM potrebbe esercitare tale specificità tissutale è attraverso il la sua via di metabolizzazione. Una molecola viene metabolizzata dall’azione degli enzimi. E la presenza di tali enzimi metabolizzanti può differire da un tessuto all’altro. Ad esempio, questo è molto evidente con la metabolizzazione del Testosterone. Il Testosterone è suscettibile di metabolizzazione per riduzione sul suo quinto atomo di carbonio. Questa riduzione è catalizzata dall’enzima 5α-reduttasi. Il risultato di questa riduzione è il più potente androgeno Diidrotestosterone (DHT). Pertanto, l’effetto del testosterone viene amplificato nei tessuti che esprimono questo enzima. Sfortunatamente, il muscolo scheletrico non è uno di quei tessuti. E, in effetti, il DHT viene degradato nel molto debole androgeno 3α-Androstanediolo dall’enzima 3α-HSD nel muscolo [65], diminuendo così il suo effetto in loco.

3α-idrossisteroide deidrogenasi ( 3α-HSD o aldo-cheto reduttasi famiglia 1 membro C4)

Tuttavia, questo aspetto è leggermente diverso per i SARM. Gli enzimi steroidogeni, come la 5α-reduttasi e la 3α-HSD, non hanno effetto sui SARM non steroidei. Gli enzimi che metabolizzano i SARM variano da una classe di SARM all’altra. Come tale, deve essere studiato per ogni SARM, analizzandone il modo in cui viene metabolizzato e con quale velocità ciò si verifica nei vari tessuti. Questo risulta essere più banale per la maggior parte degli AAS sui quali possiamo ampiamente prevederlo. Contrariamente, risulta difficile per lo sviluppo dei SARM non steroidei.

3α-Androstanediolo

Infine, è noto che gli AAS possono esercitare anche effetti non genomici [66]. Come suggerisce il nome, questi sono effetti che non sono mediati dalla trascrizione genica. Pertanto, questi effetti si verificano molto rapidamente (entro secondi/minuti dopo l’esposizione di una cellula ad essa). Alcune ricerche indicano che il recettore degli androgeni localizzato nella membrana plasmatica, così come altri recettori legati alla membrana, mediano questi effetti. Ipoteticamente è possibile che AAS – e per estensione SARM – siano in grado di influenzare le vie di segnalazione a seconda del contesto cellulare, cioè gli effetti potrebbero differire da una cellula all’altra: specificità del tessuto.

Più di 20 anni di ricerca sui SARM ma nessuna approvazione clinica

Sapere queste cose è interessante e utile per comprendere l’attività di tali molecole, ma tali attività ci mostrano di essere ben lungi (ancora) dal possedere la chiave di volta nello sviluppo di SARM terapeuticamente e pienamente efficaci. Ma almeno abbiamo una base attraverso la quale i SARM potrebbero effettivamente funzionare. Tuttavia, dopo oltre 2 decenni di ricerca sui SARM [67], nessuno è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA). E no, non c’entra “bIg PhaRma”, complottaro da tastiera.

Parte del motivo per cui ciò avviene può essere ricondotto al modo in cui i ricercatori hanno esaminato i potenziali SARM. Come ho riportato in un mio precedente articolo, la anabolico:androgeno ratio, come valutato dal test di Hershberger, è pressoché inutile. Eppure questo test è stato utilizzato dalle aziende farmaceutiche per decidere se perseguire o meno la ricerca su determinati SARM di particolare interesse, queste aziende includono la GTx, Inc. con lo sviluppo del Enobosarm (GTx-024) [68], la GlaxoSmithKline con lo sviluppo del GSK2881078 [69 ], la Takeda Pharmaceutical Company con lo sviluppo del SARM-2f [70], la Aska Pharmaceuticals con lo sviluppo del S42 [71], e la Merck & Co, Inc con lo sviluppo del MK-4541 [72], ecc.

Non si sono forse già visti risultati ridicolmente buoni con AAS convenzionali in passato utilizzando questi test? Si, e non per una molecola. Ad esempio, si dice che lo Stanozololo abbia un rapporto anabolico/androgeno circa 10 volte superiore a quello del Testosterone, mentre il Methyldrostanolone ha circa un rapporto anabolico/androgeno 20 volte superiore [73]. Tuttavia, come sappiamo, queste molecole non sono considerate SARM sito-specifici e non sono scevre da eventuali effetti androgenizzanti. Perché? Perchè uno studio con molteplici variabili svolto su roditori non può essere rapportato correttamente all’uomo, come ho spiegato nell’articolo dedicato alla anabolico:androgeno ratio.

Un ulteriore problema con la ricerca sui SARM emerge quando si esaminano gli studi clinici. Poiché i SARM vengono sviluppati per superare gli AAS convenzionali, non ci si aspetterebbe forse che essi vengano confrontati con gli AAS convenzionali negli studi clinici? Per qualche ragione, in tutti gli studi clinici con i SARM, questi vengono confrontati con un placebo. Se si vuole valutare l’efficacia reale di una molecola rispetto ad un altra, non lo si fa confrontandola solo ad un placebo, o forse solo inizialmente lo si farebbe, come in una sperimentazione pilota per risparmiare sui costi, e per valutare se ne vale la pena o meno. Questi studi mostrano comunemente guadagni marginali (nell’ordine di 1kg) di LBM in un periodo di diverse settimane/mesi con una corrispondente buona tollerabilità. Anche gli AAS convenzionali sono generalmente ben tollerati e aumentano marginalmente l’LBM quando vengono somministrati a basso dosaggio, niente di sconvolgente in questo. La Ligand Pharmaceuticals ha persino trovato la necessità di menzionare quanto segue nella conclusione del loro abstract di studio che copre gli effetti del loro SARM LGD-4033: “LGD-4033 era sicuro, aveva un profilo farmacocinetico favorevole e un aumento della massa corporea magra anche durante questo breve periodo senza cambiamento nell’antigene prostatico specifico”. Cosa si aspettavano in poche settimane di trattamento con il loro SARM? Anche 600mg di Testosterone Enantato a settimana per 20 settimane non aumentano l’antigene prostatico specifico (PSA) negli uomini giovani [74, 75] o negli uomini più anziani [76].

LGD-4033

Se l’unico requisito ricercato è che un SARM non steroideo sia più efficace di un placebo pur essendo ben tollerato, ce l’hanno fatta. Ma praticamente tutti gli AAS convenzionali sono anche più efficaci di un placebo pur essendo ben tollerati. Superare il placebo non è mai stato l’obiettivo dello sviluppo dei SARM, quindi perché gli studi testa a testa sono ancora gravemente carenti? Forse perchè non vi è superiorità ne negli effetti benefici e nel rapporto tra benefici e rischi sistemici? …

Conclusioni:

I SARM si basano sulla selettività dei tessuti per esercitare i loro effetti anabolici (costruzione muscolare), mantenendo gli effetti collaterali al minimo assoluto. Dopotutto, gli effetti collaterali si riducono in gran parte, ma non totalmente, all’azione androgena nei tessuti diversi dai muscoli. I SARM possono esercitare questi effetti tessuto-specifici attraverso circa tre diversi meccanismi. Uno sfrutta le differenze nelle molecole tra i diversi tipi di cellule che “aiutano” un SARM ad avviare la trascrizione genica. Un altro si basa su enzimi di espressione tessuto-specifici che metabolizzano il SARM. Un terzo si basa sugli effetti non genomici che potrebbero essere mediati da un SARM che, ancora una volta, potrebbe variare da un tipo di cellula all’altro.

Poiché questi processi biochimici sono estremamente difficile da prevedere in anticipo, le aziende farmaceutiche devono esaminare molte molecole per vedere quale potrebbe essere la soluzione migliore. Nessun SARM è stato ancora approvato e credo che ciò sia in parte dovuto a questo processo di screening che si basa su metodi obsoleti e imperfetti come il test di Hershberger e all’incapacità di sopperire all’attività fisiologica del DHT e dell’Estradiolo, i quali subiscono una marcata soppressione consequenziale al abbassamento dei livelli di Testosterone endogeno. Questo punto deve essere sicuramente migliorato. Ed è quindi questa la strada che dovrebbe intraprendere la ricerca sui SARM.

Negli sport, ed in particolare nel Bodybuilding, l’uso dei SARM non steroidei, dopo l’iniziale eccitazione per le promesse commerciali affiancate al loro uso da parte dei rivenditori e brand, sono caduti in un uso più che altro amatoriale, da parte di persone poco informate in materia e dalla mente facilmente manipolabile dalla pubblicità e informazioni incomplete se non del tutto errate.

L’unico ambito in cui i SARM non steroidei hanno visto un certo potenziale è nel culturismo femminile. In questa circostanza, le molecole più testate, prima su tutte l’Ostarina, ha mostrato un certo vantaggio se l’obbiettivo era quello di aumenti contenuti del tessuto muscolare e la mancanza di possibili effetti mascolinizzanti alle dosi comprese tra 5 e 10mg/die.

Nell’uso maschile i SARM hanno lasciato una serie di delusioni e promesse non mantenute. In monoterapia il loro uso ha portato ad atleti con problemi non indifferenti nella sfera sessuale, con difficoltà di raggiungimento e mantenimento dell’erezione, letargia, stanchezza cronica, affaticabilità, depressione e stati ansiosi. Tutti sintomi legati ad un calo significativo del DHT e del Estradiolo, con conseguente riduzione o mancanza della loro, per esempio, attività a livello cerebrale (neurosteroideo).

Di conseguenza, utilizzare uno o più SARM senza una base esogena di Testosterone (o, per lo meno, di hCG) è una totale pazzia! E, comunque, l’uso dei SARM come aggiunte ad un ciclo di classici AAS iniettabili non risulta quasi mai all’altezza delle aspettative di risposta ipertrofica rispetto all’uso, per esempio, di AAS orali come starter e/o finisher. Ovviamente la valutazione si basa anche e soprattutto sul rapporto effetti collaterali:benefici in contesto preparatorio correttamente impostato.

Inoltre, gli effetti collaterali a livello epatico e della lipidemia ematica non sono estranei all’uso di SARM non steroidei, sebbene essi si mostrino a diverso grado di entità molecola-dipendente e dose-dipendente. La stessa Ostarina aveva mostrato lievi alterazioni di ALT e AST con riduzione del HDL al dosaggio di 3mg in studi clinici; la molecola in ambito “physique” viene assunta ad un dosaggio nel range di 10-20mg/die, e l’impatto sulle transaminasi, colesterolo totale, LDL e HDL osservato attraverso esami ematici mostrano variazioni significative e variabili in misura soggettiva.

Il SARM non steroideo con il più alto carico di effetti collaterali è risultato essere LGD4033, il quale, in diversi casi studio, ha mostrato di poter causare forte stress epatico oltre che alterare sensibilmente la lipidemia ematica. Nel caso di questa molecola, si è osservato anche una perdita della selettività con possibile comparsa di effetti androgenicizzanti. Complice di questi riscontri è soprattutto l’abuso che se ne fa della molecola, sforando i dosaggi efficaci e contenitivi (2-8mg/die) a favore di somministrazioni elevate (≥10mg/die).

Anche il RAD140 sembra non essere privo di effetti collaterali significativi a livello epatico, nonostante il suo potenziale effetto protettivo sulla Prostata che, a dosaggi minimi (5mg/die) potrebbe avere un riscontro terapeutico preventivo per l’ipertrofia prostatica.

SARM non-steroideo RAD140

Lascerei perdere discorsi ipotetici su altri SARM comunemente utilizzati dagli atleti (specialmente amatori) ma che alle spalle sono privi di studi clinici (vedi, per esempio, l’S23) e, quindi, di dati oggettivi sulle possibili attività nell’uomo. L’unica eccezione tra questi la fa, forse, il SARM steroideo YK11, il quale sembra essere gestibile a dosi di 5-10mg/die con un buon rapporto tra benefici ed alterazioni dei marker ematici.

SARM steroideo YK11

Per concludere, mi sembra di avervi dato sufficienti informazioni per valutare correttamente i SARM e deporli con cognizione logica dall'”altarino” di innocuità sul quale brand e venditori li hanno posti e dove una parte di voi continua a tenerli.

Gabriel Bellizzi

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Androgenicità intrinseca del Nandrolone

Introduzione:

Di norma il Nandrolone viene considerato un composto con una bassa androgenicità pari a circa il 37% di quella del Testosterone. Questa sua caratteristica è stata osservata e documentata fin dai primi anni di sperimentazione clinica. Però, la questione della sua androgenicità vista in questo modo risulta incompleta e, quindi, limitante per la sua reale e totale valutazione.

Sono decenni che atleti, soprattutto di sesso femminile, optano per il Nandrolone dal momento che i suoi effetti androgeni sono rari e generalmente lievi. Gli uomini che soffrono di alopecia androgenetica e che desiderano ridurre al minimo la perdita di capelli con l’uso di AAS hanno optato per anni per l’uso del Nandrolone come parte della base dei loro cicli.

E allora qual è il problema? Beh, esso risiede nelle abitudini di trattamento iatrogeno che gli atleti con alopecia androgenetica abbinano alle loro preparazioni contenenti Nandrolone al fine di arrestare la perdita di capelli…

Ma vediamo di cosa si tratta…

C’è “androgenicità” e “androgenicità”…

Il motivo per cui il Nandrolone è abbastanza sicuro per i capelli è la sua relativa mancanza di androgenicità nel corpo.

Rispetto agli ormoni di base che normalmente vengono considerati come punto di riferimento per la caduta dei capelli (vedi Testosterone e DHT), il Nandrolone è un’opzione superiore. Tuttavia, questo non avviene perché il Nandrolone è meno androgeno del DHT ma non del Testosterone. In effetti, il Nandrolone è più androgeno del Testosterone, sebbene risulti comunque meno androgeno del DHT.

La bassa attività androgena è dovuta esclusivamente all’interazione del Nandrolone con la 5α-reduttasi. Come ben sappiamo, la 5α-riduttasi è l’enzima principalmente responsabile per la sintesi di Diidrotestosterone (DHT) nel corpo. Il Testosterone viene in parte convertito tramite la 5α-reduttasi nel suo metabolita più androgeno, il DHT. Questo stesso processo enzimatico converte anche in parte il Nandrolone in un metabolita noto come Diidronandrolone (DHN).

Il DHN è il meno androgeno dei quattro ormoni sopra citati.

Se dovessimo elencare questi quattro ormoni in ordine dal più al meno androgeno, verrebbe fuori una graduatoria così come segue:

  • Diidrotestosterone (DHT) – maggior attività androgena
  • Nandrolone
  • Testosterone
  • Diidronandrolone (DHN) – minore attività androgena.
5α-Dihydronandrolone [DHN]

Poiché la 5α-reduttasi è significativamente espressa nel cuoio capelluto, in realtà si finisce per restare in una situazione di bassa nocività del Nandrolone a livello del bulbo del capello attraverso i processi enzimatici endogeni naturali.

In effetti, questo è anche il motivo per cui l’inibizione di questo processo enzimatico attraverso l’uso degli inibitori della 5α-reduttasi può diventare problematico per gli utilizzatori di AAS.

Coloro che utilizzano il Nandrolone con Finasteride o Dutasteride vanno ad inibire effettivamente questo processo enzimatico della 5α-reduttasi che converte il Nandrolone nel metabolita DHN, molto più sicuro per i capelli. Pertanto, quando si combina il Nandrolone con Finasteride o Dutasteride, si verifica l’effetto opposto rispetto a quanto accade con il Testosterone.[1]

Effetto degli inibitori della 5α-reduttasi sulla attività androgena di Testosterone, Nandrolone e Trestolone in ratti castrati.

Come si può vedere dal grafico sopra esposto, sebbene vada considerato con un certo margine di fallibilità parziale dal momento che si tratta di uno studio svolto su animali (ratti), l’uso di un inibitore della 5α-reduttasi ha parzialmente inibito la conversione del Testosterone in DHT. Questo è il motivo per cui la stimolazione ventrale della prostata (legato all’attività androgena come alla caduta dei capelli) è diminuita così significativamente nel gruppo trattato con l’inibitore della 5α-reduttasi.

Nei gruppi trattati con Nandrolone, l’uso di un inibitore della 5α-reduttasi ha parzialmente inibito la conversione del Nandrolone in DHN. Poiché il Nandrolone è molto più androgeno del DHN, l’inibizione di questo processo enzimatico ha mantenuto concentrazioni sieriche più elevate di Nandrolone nei tessuti dove la 5α-reduttasi è maggiormente espressa e la stimolazione ventrale della prostata è aumentata in modo significativo.

La maggior parte degli AAS utilizzati nel BodyBuilding e nel PowerLifting non sono potenti substrati per la 5α-reduttasi o non lo sono affatto. Ciò significa che Finasteride e Dutasteride non aiuteranno assolutamente a prevenire la caduta dei capelli se assunti durante un protocollo contenente AAS come Methandrostenolone, Trenbolone, Oxymetholone, Stanozololo, Drostanolone, Boldenone, Trestolone, Mesterolone, Methenolone, DHB ecc… .

Inoltre, non aiuterà a prevenire la caduta dei capelli con l’uso di SARM non steroidei androgeni come l’S23.

S-23

L’S-23 è un Modulatore Selettivo del Recettore degli Androgeni (SARM) sperimentale sviluppato da GTX come potenziale contraccettivo ormonale maschile. Si lega al recettore degli androgeni in modo più forte rispetto ai farmaci più vecchi come l’Andarina con un Ki di 1,7nM, è possiede una potenziale attività androgena superiore alla maggior parte dei SARM non steroidei.

Alla fine della giostra, l’unico AAS degno di nota che può essere attenuato nei suoi effetti androgeni a livello del cuoio capelluto mediante l’uso di Finasteride o Dutasteride è il Testosterone. E anche con il DHT sostanzialmente inibito con Finasteride, o quasi completamente eliminato con Dutasteride, il Testosterone ha ancora la sua androgenicità intrinseca e atrofizzerà i follicoli piliferi, soltanto in misura molto minore e più lenta.

Questo è il motivo per cui alcuni individui utilizzatori di Dutasteride con alopecia androgenetica aggressiva perdono ancora i capelli anche con zero DHT in circolo.

La soluzione in caso di uso di Nandrolone da parte di soggetti predisposti alla alopecia androgenetica, risulta essere l’uso del RU58841.

RU-58841

Il RU-58841, noto anche come PSK-3841 o HMR-3841, è un antiandrogeno non steroideo (NSAA) inizialmente sviluppato negli anni ’80 da Roussel Uclaf, l’azienda farmaceutica francese da cui ha preso il nome. In precedenza era oggetto di indagine da parte della ProStrakan (precedentemente ProSkelia e Strakan) per un potenziale utilizzo come trattamento topico per condizioni androgeno-dipendenti tra cui acne, perdita di capelli,[2] e crescita eccessiva dei capelli.[3][4][5][6]

Il composto è simile nella struttura all’NSAA RU-58642 ma contiene una catena laterale diversa.[7] Questi composti sono simili nella struttura chimica alla Nilutamide,[8] che è correlata a Flutamide, Bicalutamide ed Enzalutamide, che sono tutte NSAA.[9]

Il RU-58841 può essere sintetizzato sia sintetizzando la porzione idantoina che mediante accoppiamento arilico con 5,5-dimetilidantoina.[10] Il RU-58841 produce Cianonilutamide (RU-56279) e RU-59416 come metaboliti negli animali.[11]

La Cianonilutamide ha un’affinità relativamente bassa per il recettore degli androgeni, ma mostra una significativa attività antiandrogena negli animali.[11] Mentre il RU-59416 ha un’affinità molto bassa per il recettore degli androgeni.[11]

Fortunatamente, sembra che il RU58841 abbia un’affinità di legame equivalente o maggiore di quella del Testosterone per l’AR, quindi in realtà è abbastanza efficace nell’inibire l’attività androgena sia del debole DHN che del Testosterone e delle quantità residue di Nandrolone nel cuoio capelluto.

Conclusioni:

Mi sembra ovvio che il messaggio principale da portarsi a casa sia quello di evitare , la dove si voglia tamponare la perdita di capelli legata alla alopecia androgenetica, l’abbinamento di inibitori della 5α-reduttasi (vedi Finasteride o Dutasteride) quando nel protocollo di supplementazione farmacologica è presente il Nandrolone.

Se si desidera utilizzare un trattamento più efficace per arginare l’alopecia androgenetica durante un ciclo contenente Nandrolone, sarebbe opportuno considerare l’uso di un anti-androgeno topico di forte affinità di legame all’AR come il RU58841.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

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Storia e chimica degli Steroidi Anabolizzanti Androgeni [AAS]

ATTENZIONE: quanto segue è un articolo volto alla divulgazione scientifica in campo biochimico e non ha alcuna valenza di consiglio o parere medico favorevole all’uso di sostanza illegali.

Nota introduttiva per il lettore:

Contrariamente a quanto potreste essere indotti a pensare, questo articolo non consiste in una mera successione di eventi che hanno delineato le scoperte scientifiche nel campo dell’endocrinologia e, nella fattispecie, dell’andrologia, piuttosto quello che mi accingo a riportare è una storia dettagliata che permetterà ad ognuno di voi di avere un idea molto più concreta sugli AAS, sul loro potenziale (nel bene o nel male) e sulle loro applicazioni dagli albori fino ad oggi.

“La conoscenza della Verità permette all’uomo lo stato di concreta libertà e di libera scelta”

Gabriel Bellizzi

La storia degli AAS:

Sarà sicuramente difficile da accettare o anche soltanto da immaginare per alcuni di voi, in specie per i puristi della “Hold Scool”, che l’uso di steroidi gonadici è precedente alla loro identificazione e isolamento. Si ritiene che l’estrazione di ormoni dalle urine è iniziata in Cina nel 100 a.C. L’uso medico dell’estratto di testicolo iniziò alla fine del XIX secolo mentre i suoi effetti sulla forza erano ancora in fase di studio.[1] L’isolamento degli steroidi gonadici può essere fatto risalire al 1931, quando Adolf Butenandt, un chimico di Marburg, purificò 15 milligrammi dell’ormone maschile Androstenone da decine di migliaia di litri di urina. Questo steroide fu successivamente sintetizzato nel 1934 da Leopold Ružička, un chimico di Zurigo.[2]

Charles-Édouard Brown-Séquard (8 aprile 1817 – 2 aprile 1894), fisiologo e neurologo mauriziano che, nel 1850, fu il primo a descrivere quella che oggi è chiamata sindrome di Brown-Séquard [3][4], è stato il vero pioniere dello studio e dell’applicazione terapeutica e sportiva degli androgeni.

Charles-Édouard Brown-Séquard

Brown-Séquard era una figura piuttosto controversa ed eccentrica, ed è anche noto per aver autodichiarato, all’età di 72 anni, di essere riuscito ad ottenere “l’abilità sessuale ringiovanita dopo l’iniezione sottocutanea di estratti di testicolo di scimmia”. Migliaia di uomini hanno provato la terapia. L’endocrinologo Robert B. Greenblatt scrisse che questa terapia non avrebbe potuto funzionare perché, a differenza della tiroide, i testicoli non immagazzinano gli ormoni che producono e, quindi, ottenere una dose terapeutica di Testosterone direttamente dalle ghiandole animali “richiederebbe circa una -quarto di tonnellata di testicoli di toro.”[5] Si pensa che la risposta positiva di molti uomini sia stata nulla più che un effetto placebo, ma a quanto pare questo era “sufficiente per mettere in moto il campo dell’endocrinologia”.[6]

Molto più importante è che Brown-Séquard fu uno dei primi a postulare l’esistenza di sostanze, ora note come ormoni, secrete nel flusso sanguigno per influenzare organi distanti. In particolare, dimostrò (nel 1856) che la rimozione delle ghiandole surrenali portava alla morte, per mancanza di ormoni essenziali. Come accennato in precedenza, all’età di 72 anni, in una riunione della Societé de Biologie a Parigi, Brown-Séquard riferì che l’iniezione ipodermica di un fluido preparato dai testicoli di cavie e cani porta al ringiovanimento e al prolungamento della vita umana. Era noto, tra gli scienziati, in modo derisorio, come l’Elixir di Brown-Séquard . Una pubblicazione medica di Vienna scherzò sulle affermazioni dello scienziato in modo sprezzante: “La conferenza deve essere vista come un’ulteriore prova della necessità di mandare in pensione i professori che hanno raggiunto i loro settant’anni”.[7]

La ricerca sugli ormoni di Brown-Séquard incuriosì il futuro lanciatore di baseball della Major League e Hall of Fame “Pud” Galvin. Galvin si chiese se le iniezioni di Elixir di Brown-Séquard avrebbero migliorato le prestazioni nel baseball. Poiché l’estratto conteneva indubbiamente tracce di steroidi androgeni non ancora identificati, Galvin divenne il primo atleta conosciuto a somministrarsi un prodotto a base di steroidi usando l’Elixir in modo regolare. L’anno era il 1889. L’uso di “steroidi” da parte di Galvin precedette di oltre 100 anni il recente scandalo sugli AAS nel baseball. La ricerca di Brown-Séquard ha ispirato diversi scienziati a sviluppare la sua ricerca con estratti testicolari.

Pochi anni dopo che “Pud” Galvin divenne il primo “utilizzatore di steroidi” del baseball, il fisiologo austriaco Oskar Zoth ipotizzò che le iniezioni di estratti testicolari potessero migliorare le prestazioni atletiche. Zoth pubblicò un documento nel 1896 proponendo ulteriori ricerche sulle prestazioni da condurre su atleti. L’idea che una sostanza misteriosa nei testicoli degli animali potesse offrire benefici per il miglioramento delle prestazioni negli atleti si radicò saldamente nella comunità di ricerca da allora. I due decenni successivi hanno visto gli scienziati confermare ripetutamente gli effetti androgeni di vari estratti testicolari.

“Pud” Galvin

Nel 1927, il professore di chimica dell’Università di Chicago Fred Koch e l’assistente di ricerca Lemuel McGee ricavarono 20mg di una sostanza da 40 libbre di testicoli bovini ottenuti dai Chicago Stockyards. L’estratto testicolare ha rimascolinizzato galli, maiali e ratti castrati. Tuttavia, le strutture chimiche di potenti androgeni come il Testosterone non erano ancora state chiarite e identificate.

Tre potenti aziende farmaceutiche sono state fortemente coinvolte nella corsa allo sviluppo di steroidi anabolizzanti. Non sorprende che queste tre società abbiano avuto un effetto lungo e duraturo sulla storia e sullo sviluppo degli AAS che continua fino ad oggi.

Lo sviluppo degli steroidi era un grande business anche negli anni ’30. Grandi aziende farmaceutiche come Organon, Schering e Ciba hanno visto un notevole potenziale in questo mercato emergente. Non sorprende che le aziende che hanno lanciato la rivoluzione degli steroidi continuino ad essere fortemente associate agli steroidi anabolizzanti tra gli atleti moderni.

I chimici che lavorano per queste grandi aziende farmaceutiche hanno cambiato il mondo forse non nei modi che avrebbero potuto immaginare. Diventerebbero “gli dei degli steroidi” negli annali della storia dello sport. Gli atleti avrebbero presto utilizzato le loro creazioni durante i successivi 75 anni!

Organon, Schering e Ciba si sono precipitati per isolare e sintetizzare i potenti ormoni contenuti negli estratti testicolari.

Karoly David ed Ernst Laqueur di Organon (Paesi Bassi) sono stati il primo team farmaceutico a isolare e identificare la struttura chimica del Testosterone quando ne hanno isolato 10mg da 100kg di testicoli di toro. La scoperta del Testosterone fu annunciata per la prima volta nel classico documento intitolato “On Crystalline Male Hormone from Testes (Testosterone): More Active Than Androsterone Preparations from Urine or Cholesterol” il 27 maggio 1935.[8]

Ernst Laqueur (1880-1947)

A questo punto, erano necessarie grandi quantità di testicoli animali per estrarre il testosterone, il che rendeva l’uso del testosterone impraticabile per l’uso commerciale. Tuttavia, i team di ricerca concorrenti erano a pochi mesi dalla pubblicazione di metodi più efficienti per sintetizzare il Testosterone.

Quindi, negli anni ’30, era già noto che i testicoli contengono un androgeno più potente dell’Androstenone e tre gruppi di scienziati, finanziati da aziende farmaceutiche concorrenti nei Paesi Bassi, in Germania e in Svizzera (prima citate), si sono adoperati per isolarlo.[9][10]

I ricercatori chiamarono l’ormone Testosterone, dai testicolo e sterolo e il suffisso di chetone. La sintesi chimica del Testosterone fu raggiunta nell’agosto di quell’anno, quando Butenandt e G. Hanisch pubblicarono un articolo che descriveva “Un metodo per preparare il Testosterone dal colesterolo”.[11] Solo una settimana dopo, il terzo gruppo, Ruzicka e A. Wettstein, annunciò una domanda di brevetto in un documento “Sulla preparazione artificiale dell’ormone testicolare Testosterone (Androsten-3-one-17-ol).”[12] Ruzicka e Butenandt ricevettero il premio Nobel per la chimica nel 1939 per il loro lavoro, ma il Il governo nazional-socialista costrinse Butenandt a declinare l’onore, sebbene accettò il premio dopo la fine della seconda guerra mondiale.[9][10]

A proposito di Ruzicka, egli nel 1934, sintetizzò l’ormone maschile Androsterone e dimostrò anche “la sua relazione costituzionale e configurazionale con gli steroli”, cosa che permise il passaggio molto più economici di sintesi dal Colesterolo agli steroli vegetali. Nel periodo 1934-1939 Ruzicka aveva pubblicato 70 articoli nel campo degli ormoni sessuali steroidei importanti dal punto di vista medico e aveva depositato diverse dozzine di brevetti.[13]

Leopold Ružička nel 1939

Gli studi clinici sull’uomo, che prevedevano dosi PO (per via orale) di Methyltestosterone o iniezioni di Testosterone Propionato, iniziarono già nel 1937.[14] Il Testosterone Propionato è menzionato in una lettera all’editore della rivista Strength and Health nel 1938; questo è il primo riferimento noto a un AAS in una rivista statunitense di sollevamento pesi o bodybuilding.[14] Vengono spesso riportate voci secondo cui ai soldati tedeschi furono somministrati AAS durante la seconda guerra mondiale, con l’obiettivo di aumentare la loro aggressività e resistenza, ma queste sono ancora non provate.[15] Lo stesso Adolf Hitler, secondo il suo medico, è stato trattato con derivati del Testosterone per il trattamento di vari disturbi.[16] Gli AAS sono stati usati in esperimenti condotti dai nazional-socialisti sui detenuti dei campi di concentramento,[16] e in seguito dagli alleati nel tentativo di curare le vittime malnutrite sopravvissute ai campi di prigionia tedeschi.[15] Al presidente John F. Kennedy furono somministrati steroidi sia prima che durante la sua presidenza.[17]

Lo sviluppo delle proprietà di costruzione muscolare del Testosterone proseguì negli anni ’40, in Unione Sovietica e nei paesi del blocco orientale come la Germania dell’Est, dove sono stati utilizzati programmi di AAS per migliorare le prestazioni dei sollevatori di pesi olimpici e di altri dilettanti. In risposta al successo dei sollevatori di pesi russi, il medico della squadra olimpica statunitense John Ziegler lavorò con un equipe di chimici per sviluppare un AAS con effetti androgeni ridotti.[202] Il lavoro di Ziegler portò alla sintesi di Methandrostenolone, che la Ciba Pharmaceuticals commercializzò sotto il nome Dianabol. Il nuovo steroide venne approvato per l’uso negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration (FDA) nel 1958. È stato più comunemente somministrato a vittime di ustioni e anziani. Gli utilizzatori off-label del farmaco erano per lo più culturisti e sollevatori di pesi. Sebbene Ziegler prescrivesse solo piccole dosi agli atleti, scoprì presto che coloro che avevano abusato del Dianabol soffrivano di prostata ingrossata e atrofia testicolare.[18] Gli AAS sono stati inseriti nell’elenco delle sostanze vietate del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) nel 1976, e un decennio dopo il comitato ha introdotto i test antidoping “fuori gara” perché molti atleti utilizzavano gli AAS nel loro periodo di allenamento piuttosto che durante la competizione.[19]

Il Dr. John Ziegler

Tre idee principali hanno governato le modifiche del Testosterone in una moltitudine di AAS: l’alchilazione in posizione C17α con il gruppo metile o etilico che ha creato composti POly attivi perché rallenta la degradazione del farmaco da parte del fegato; l’esterificazione del Testosterone e del Nortestosterone in posizione C17β consente la somministrazione della sostanza per via parenterale e ne aumenta la durata dell’efficacia in quanto agenti solubili in liquidi oleosi possono essere presenti nell’organismo per diversi mesi; e le alterazioni della struttura ad anello sono state applicate sia per AAS orali che per agenti parenterali per cercare di ottenere diversi rapporti di effetto anabolico-androgeno.[19]

Nel 1945, lo scrittore Paul de Kruif celebrò le proprietà anaboliche del Testosterone, quindi della forma esterificata Testosterone Propionato e di quella metilata in C17 Methytestosterone nel libro intitolato “The Male Hormone”. Si dice che questo libro ampiamente letto abbia contribuito a rendere popolare il potenziale del Testosterone (e degli altri futuri steroidi anabolizzanti) per aumentare la massa muscolare tra i bodybuilder della costa occidentale alla fine degli anni ’40 e all’inizio degli anni ’50. Questo è stato solo l’inizio del fascino del Bodybuilding per gli steroidi anabolizzanti.

La comunità del bodybuilding nel suo insieme avrebbe presto iniziato a sperimentare ampiamente con gli AAS negli anni ’50 e sarebbe diventata pioniera nell’uso degli steroidi. Rimarranno all’avanguardia dei farmaci per l’aumento delle prestazioni fino al presente secolo.

L’IFBB Mr. Olympia Larry Scott ha ammesso che lui, e praticamente tutti i migliori bodybuilder competitivi, usavano anche steroidi anabolizzanti nel 1960.

Larry Scott

La Searle avviò uno sforzo senza precedenti nella ricerca sugli steroidi al fine di scoprire ormoni steroidei sintetici superiori per l’uso in medicina. Tra il 1948 e il 1955, i chimici della Searle avevano sintetizzato più di mille diversi derivati e analoghi del Testosterone con l’obiettivo specifico di creare uno steroide anabolizzante attivo per via orale con effetti collaterali androgeni minimi. L’obbiettivo della Searle era quello di creare steroidi che evitassero qualsiasi effetto virilizzante.

Dei mille potenziali profili di steroidi creati da Searle durante questo periodo, il Nilevar (Noretandrolone) fu il candidato vincente selezionato per la commercializzazione. Il chimico della Searle Frank Colton sintetizzò il Noretandrolone nel 1953.

Il Noretandrolone divenne il primo steroide anabolizzante sintetico attivo per via orale quando venne approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) con il marchio Nilevar nel 1956. L’unico altro androgeno attivo per via orale disponibile all’epoca era il Methytestosterone che era semplicemente un versione metilata in C17 del Testosterone per aumentarne principalmente (ma non solo) la biodisponibilità orale.

Nel 1958, il bodybuilder della West Coast e campione del Mr. Universe Bill Pearl è stato uno dei primi bodybuilder a sperimentare il nuovo steroide anabolizzante creato da Searle. Pearl ha fatto un ciclo di 12 settimane usando 30mg di Noretandrolone aumentando il suo peso corporeo di 25 libbre da 225 a 250 libbre.

Bill Pearl nel 1958

Bill Pearl ha ammesso apertamente di aver usato steroidi anabolizzanti in preparazione per il concorso Mr. Universe della National Amateur BodyBuilders Association (NABBA) del 1961. Ha rivelato che l’uso di steroidi non era più una pratica clandestina tra i migliori bodybuilder, confermando la valutazione del Mr. Olympia Larry Scott sul ruolo degli steroidi nella scena del bodybuilding.

La GD Searle non è stata l’unica azienda farmaceutica a spendere enormi risorse nello sviluppo di nuovi steroidi anabolizzanti sintetici. Diverse grandi aziende farmaceutiche sono impazzite nel creare steroidi anabolizzanti negli anni ’50 e nei primi anni ’60.

Tra il 1950 e il 1965 sono stati sviluppati praticamente tutti i più popolari steroidi attualmente utilizzati. Questi includono ma non sono limitati a: Methandrostenolone, Oxymetholone, Oxandrolone, Stanozololo, Fluoxymesterone, Boldenone, Nandrolone, Metenolone, Clorodeidromethyltestosterone, Drostanolone e Trenbolone.

Anche alcuni degli steroidi più “esotici” utilizzati dai futuri bodybuilder sono stati sviluppati durante questo periodo come il Furazabol, Formebolone, Oxymesterone, Mibolerone, Stenbolone e Etilestrenolo.

La Organon creò alcuni steroidi iniettabili incredibilmente popolari durante questo periodo, molti dei quali sono ancora ampiamente utilizzati da culturisti e atleti. La Organon sarà per sempre legata agli steroidi anabolizzanti a causa del rilascio del Durabolin e in particolare del Deca Durabolin.

La Organon ha rilasciato il Durabolin (Nandrolone Fenilpropionato) nel 1957 che divenne molto popolare. La sua popolarità è stata presto eclissata quando la Organon rilasciò il Deca Durabolin nel 1962 oltre un decennio dopo la sintesi del Nandrolone Decanoato.

Il Deca Durabolin alla fine è diventato uno degli steroidi più popolari di tutti i tempi nella storia del miglioramento delle prestazioni insieme a Dianabol, Anadrol, Anavar e Winstrol.

Russell Marker ha lasciato il segno nell’industria degli steroidi con la fondazione della Syntex. I successori di Marker alla Syntex hanno continuato la sua ricerca sugli steroidi e hanno rilasciato l’Anadrol (Oxymetholone) nel 1959 dopo che era stato sintetizzato da Howard Ringold e George Rosenkranz. Rosenkranz e Ringold avevano sintetizzato il Masteron (Drostanolone Acetato) per la Syntex un paio di anni prima.

Russell Marker

Molte delle creazioni di Ringold non sono mai state introdotte commercialmente dalla Syntex. Tuttavia, almeno uno dei suoi steroidi anabolizzanti accantonati – Methyldrostanolone o Methasteron – sarebbe stato commercializzato come un “integratore alimentare” di grande successo chiamato “Superdrol” durante l’era dei supplementi pro-ormonali inaugurato dalla Dietary Health and Supplement Education Act del 1994.

La Syntex non solo ha sintetizzato l’Anadrol, ma ha fornito l’ispirazione alla Winthrop Laboratories per sintetizzare lo Stanozololo. Il chimico Winthrop è stato in grado di sintetizzare lo Stanozololo dall’Oxymetholone nel 1959. Lo Stanozololo è stato commercializzato come Winstrol e Winstrol Depot negli Stati Uniti nel 1962.

Fortunatamente, Julius Vida ha compilato i risultati pubblicati di circa 650 steroidi androgeni anabolizzanti scoperti fino al 1967 nel suo libro di testo del 1969 “Androgens and Anabolic Agents: Chemistry and Pharmacology”. Questo in seguito divenne una guida di riferimento inestimabile, non solo per le aziende di nutrizione sportiva, ma anche per i chimici rinnegati alla ricerca di AAS efficaci, non rilevabili e che aggirassero le leggi di controllo. Divenne una miniera d’oro di informazioni per gli “imprenditori” degli integratori alla fine degli anni ’90.

Quindi, alcuni degli steroidi anabolizzanti scoperti durante il periodo 50′-60′ sono stati successivamente reintrodotti, non come prodotti farmaceutici e non come “integratori alimentari”, ma come steroidi non rilevabili utilizzati per eludere i protocolli antidoping negli sport.

Ad esempio, Patrick Arnold ha utilizzato il Norbolotone, sviluppato nel 1963 da Wyeth, per aiutare alcuni atleti a raggiungere questo obiettivo. Il Methyltrienolone è un altro di questi steroidi che non era rilevabile fino ad un certo periodo negli sport. A Patrick Arnold si deve la sintesi del Tetraidrogestrinone (THG) partendo dalla struttura del Methyltrienolone.

Patrick Arnold “The Father of Prohormones”, il creatore del Tetraidrogestrinone (THG)

Ma adesso andiamo ad immergerci nella chimica degli AAS…

La chimica degli Steroidi Anabolizzanti Androgeni:

Esistono moltissimi AAS che differiscono l’uno dall’altro in vari modi (sottili). Queste differenze, in sostanza, si riducono alle differenze sottostanti nella struttura chimica. In questa sezione tratterò alcune alterazioni chimiche che possono essere trovate nei comuni steroidi anabolizzanti. Tratterò anche brevemente cosa sono gli esteri. Sebbene non siano un’alterazione chimica della molecola madre di per sé, influenzano il “comportamento” di uno steroide anabolizzante indipendentemente dal suo effetto sulla velocità di rilascio dall’olio nel corpo.

Cos’è un estere?

La parola estere viene spesso usata quando si parla di steroidi anabolizzanti. E la maggior parte delle persone sa che è qualcosa che influenza l’emivita dello steroide anabolizzante. Ma cos’è in realtà?

Se hai una molecola, come il Testosterone, puoi legare qualcosa a questa molecola madre per influenzarne le sue proprietà biofisiche. Nel caso dell’esterificazione di uno steroide anabolizzante, si riduce al legame di un gruppo di acido carbossilico sul carbonio 17 dello scheletro carbossilico dello steroide come illustrato di seguito:

Il legame di questo gruppo influisce sulla polarità della molecola. E la polarità di una molecola si riferisce a come una carica è distribuita su di essa. Una carica su una molecola porta all’interazione con le molecole cariche circostanti. Ciò è di particolare rilevanza per quanto riguarda l’acqua. L’acqua è piuttosto polare e quindi le molecole che sono anche abbastanza polari si dissolvono facilmente in essa. Le molecole polari sono idrofile.

I lipidi, al contrario, sono apolari, o solo leggermente polari. Di conseguenza, hanno difficoltà a dissolversi in acqua. Ad esempio, se mettete dell’olio d’oliva in un bicchiere d’acqua, potete vedere come l’olio si attacca e forma uno strato sull’acqua. Non si sta dissolvendo. Questo è il risultato della mancanza di polarità dell’olio d’oliva. Gli oli sono quindi idrofobici.

E qui arriva il nocciolo della questione: le molecole non polari (o solo leggermente polari) si dissolvono facilmente nell’olio. Quando un estere è legato a una molecola steroidea, ne ridurrà la polarità e quindi lo renderà più facilmente solubile in olio e meno facilmente solubile in acqua. O in altre parole: diventa meno idrofilo (“amante dell’acqua”) e più lipofilo (“amante dell’olio”). Gli AAS esterificati sono quindi lipofili.

Quindi perchè è importante? Come forse saprete, gli steroidi esterificati hanno un’emivita più lunga rispetto alle loro controparti non esterificate. L’esterificazione ha il potenziale per estendere notevolmente l’emivita. Ad esempio, il Testosterone Undecanoato ha dimostrato di avere un’emivita di 70 giorni (!) in un piccolo gruppo di uomini ipogonadici.[20] Questa lunga emivita può essere direttamente ricondotta al grande effetto che l’Undecanoato ha sulla polarità della molecola madre. La diminuisce notevolmente. Quindi quello che succede è quanto segue. Il Testosterone esterificato (o qualsiasi altro tipo di steroide) viene solubilizzato nell’olio. Questo olio viene quindi iniettato per via intramuscolare in cui si diffonderà per tutta la lunghezza dei fasci muscolari. Questo appare come segue nell’immagine (notare come l’olio si diffonde lungo la lunghezza dei fasci muscolari):

Immagine presa da Kalicharan [21].

Il Testosterone esterificato quindi, in una certa misura, si diffonderà fuori dal deposito oleoso e si dissolverà nel tessuto circostante, che è costituito principalmente da acqua. La velocità con cui ciò accade è determinata dalla sua polarità. Se è molto apolare (e quindi lipofilo) si diffonderà molto molto lentamente dall’olio nel tessuto circostante. Dopotutto: le sostanze non polari sono lipofile e non idrofile. Quindi l’esterificazione determina l’emivita della molecola iniettata.

Una grande regola empirica è che, maggiore è la lunghezza della catena di carbonio dell’estere, maggiore sarà l’emivita del composto. Perché più lunga è la catena, più diminuirà la polarità della molecola. Oltre alla lunghezza dell’acido carbossilico, puoi anche cambiarne la struttura per influenzare la polarità. Ad esempio, questo è evidente con l’estere che vedete legato al Parabolan: Trenbolone Hexahydrobenzylcarbonate. Qui puoi trovare un gruppo cicloesano. Nell’immagine è stato evidenziato il gruppo cicloesano in blu:

Trenbolone Hexahydrobenzylcarbonate

Ad ogni modo, questo è anche il motivo per cui il Testosterone Enantato (6 atomi di carbonio) ha un’emivita significativamente più breve rispetto al Testosterone Undecanoato (11 atomi di carbonio) che ho menzionato precedentemente. Una volta che lo steroide esterificato raggiunge il flusso sanguigno, l’estere viene rapidamente idrolizzato dalle esterasi nel plasma, “liberando” la molecola madre che potrà svolgere la sua attività tissutale.[22]

In sostanza, le differenze negli effetti biologici dei vari steroidi anabolizzanti sono il risultato delle loro differenze nella struttura chimica. Esaminerò alcune di queste differenze strutturali e le loro conseguenze.

Il gruppo C-3-chetone:

Se guardate sopra l’immagine del nucleo steroideo, potete vedere il terzo atomo di carbonio in basso a sinistra. Fa parte dell’anello A ed è estremamente importante nel legame con il recettore degli androgeni (AR). Il gruppo C-3-chetone, come si trova nel Testosterone, ha questo aspetto (colorato in rosso):

È un atomo di ossigeno legato al terzo atomo di carbonio da un doppio legame. L’importanza di questo gruppo per il legame con il recettore è stata evidenziata da esperimenti di Ojasoo et al. [23]. Nel loro articolo “Towards the mapping of the progesterone and androgen receptors” hanno determinato le affinità di legame relative di 33 ligandi steroidei per il recettore degli androgeni. Ciò includeva l’androgeno estremamente potente R1881 (Methyltrienolone) e il suo “fratello chimico” R3773, a cui manca il gruppo chetonico al carbonio 3. Mentre l’R1881 ha dimostrato un’affinità di legame molto elevata per il recettore degli androgeni e del progesterone e persino una notevole affinità di legame per il recettore dei glucocorticoidi, R3773 ha mostrato la completa mancanza di qualsiasi affinità di legame come risultato di questa singola modifica strutturale.

In effetti, vediamo succedere qualcosa di simile quando il gruppo C-3-chetone viene ridotto. Cioè, l’atomo di ossigeno legato con un doppio legame diventa un gruppo ossidrile (-OH). Prendete ad esempio il Diidrotestosterone (DHT). Può essere ridotto in posizione C-3 per produrre 3α- o 3β-androstanediolo. Questa reazione è catalizzata rispettivamente dal 3α-HSD o dal 3β-HSD. Entrambi questi metaboliti ridotti del DHT hanno un’affinità di gran lunga inferiore per il recettore degli androgeni [23]. Questa alterazione appare come segue quando si osserva la struttura chimica:

Ora posso spiegare la differenza tra qualcosa che è α-orientata e qualcosa che è β-orientata. Qualcosa che è α-orientato è illustrato usando un cuneo tratteggiato, mentre qualcosa che è β-orientato è illustrato usando un cuneo solido. Dovreste vedere un cuneo tratteggiato come entrare nella carta, mentre un cuneo solido sta uscendo dalla carta. La vera molecola rappresentata dai nostri disegni bidimensionali è, in realtà, tridimensionale. Quindi disegnandolo con cunei tratteggiati e solidi, siamo in grado di incorporare la struttura tridimensionale di una molecola nei nostri disegni bidimensionali.

Ad ogni modo, questa riduzione diminuisce significativamente la sua affinità di legame per il recettore degli androgeni e questo è un processo che accade attivamente nel muscolo scheletrico. In effetti, l’iniezione endovenosa di DHT marcato ha mostrato una grande lisi (73,8 – 81,9%) entro 20-60 minuti nel muscolo scheletrico rispetto al Testosterone (20,2 – 30,5%) [24]. Il principale metabolita del DHT era il 3α-androstanediolo. Questa è la probabile spiegazione del perché, nonostante la sua affinità di legame molte volte superiore per l’AR, il DHT mostra effetti di costruzione muscolare simili a quelli del Testosterone con esposizione equimolare.

Torniamo al punto in cui eravamo: il gruppo C-3-chetone. Cosa lo rende così speciale per il legame? Il motivo è perché l’atomo di ossigeno del cheto gruppo ha una coppia solitaria di elettroni. Come tale, può funzionare come accettore di legami idrogeno per formare un legame idrogeno (legame H). E sembrano esserci due residui del recettore degli androgeni che si trovano nel suo dominio legante il ligando (LBD) che lo fanno [25]. Il LBD è la parte del recettore degli androgeni che interagisce direttamente con un ligando, come il Testosterone. È il sito del recettore degli androgeni a cui si legano gli steroidi anabolizzanti. Proprio come una chiave può inserirsi in una serratura, un ligando si inserisce nella LBD (o, dovrei dire, tasca legante il ligando) di un recettore. Senza il gruppo C-3-chetone, il ligando semplicemente non si adatta bene, poiché i legami H che mantengono il ligando nel posto giusto del LBD, non possono essere formati. Di norma, la mancanza di un gruppo chetone in C-3 rende uno steroide una chiave difettosa per la sua serratura.

Ma che dire dello Stanozololo? In effetti, lo Stanozololo è una molecola strana in quanto ha un anello pirazolico fuso con l’anello A. Per riferimento, ecco come appare e, come potete vedere, non c’è ovviamente nessun gruppo chetone in C-3:

Tuttavia, si presume che il secondo atomo di azoto formi il legame idrogeno in questo caso [26]. (Tuttavia, l’affinità è ancora significativamente inferiore.)

Il gruppo C-17β-idrossile e C-17α-alchilato:

Mentre il gruppo C-3-chetone può fungere da accettore di legami idrogeno, il gruppo C-17β-idrossile può fungere da donatore di legami idrogeno. Due residui nel LBD dell’AR possono fungere da corrispondente accettore di legami idrogeno per formare un legame H [25]. E mentre il gruppo C-3-chetone (=O) potrebbe essere ridotto a un gruppo ossidrile (-OH), il gruppo C-17 (-OH) potrebbe essere ossidato per formare un gruppo chetonico (=O). Questa reazione è catalizzata da una classe di enzimi denominata 17β-HSD [27]. Questa reazione è reversibile. Esistono diversi enzimi di questa classe, ciascuno dei quali catalizza principalmente una reazione unidirezionale. Cioè, alcuni catalizzano la reazione di ossidazione, formando il gruppo chetonico (=O), mentre altri catalizzano la reazione di riduzione, formando il gruppo ossidrile (-OH).

Proprio come con la riduzione o l’eliminazione del gruppo C-3-chetone, l’ossidazione o l’eliminazione del gruppo C-17β-idrossile riduce l’affinità di legame per l’AR. La reazione di ossidazione, ampiamente, avviene nel fegato. Questo è molto probabilmente uno dei motivi principali per cui gli steroidi anabolizzanti hanno una biodisponibilità orale così bassa. Ad esempio, solo il 3,66% del Testosterone somministrato per via orale è diventato sistematicamente disponibile in un esperimento [28]. Una volta che passa nel fegato, già una quantità notevole sarà metabolizzata. Per contrastare ciò, potrebbe essere legato ad un gruppo C-17α-alchile (comunemente un gruppo metilico). Si pensa che l’aggiunta di questo gruppo ostacoli questa ossidazione per impedimento sterico. O, in altre parole, il gruppo metilico impedisce all’enzima di agire correttamente sulla molecola e catalizzare la reazione.

Inoltre, di conseguenza, gli steroidi che possiedono questo gruppo metilico hanno un’emivita prolungata di diverse ore rispetto alle loro controparti non metilate. (Si noti che la lunga emivita degli steroidi anabolizzanti esterificati non è il risultato di un metabolismo rallentato, ma di una diffusione ritardata fuori dal deposito oleoso.) Questa resistenza contro il metabolismo epatico è probabilmente anche il motivo per cui sono intrinsecamente epatotossici [29] . Il gruppo metilico C-17α, in combinazione con diverse altre modifiche strutturali, consente anche allo steroide di legarsi fortemente a diversi recettori nucleari. Ciò è molto evidente con il composto C-17α-metilato Methyltrienolone, che dimostra un’affinità molto forte per il recettore degli androgeni [23], ma ha anche un’affinità significativa per il recettore dei glucocorticoidi [23], il recettore del progesterone [23, 30] e i recettori mineralcorticoidi [31].

Il doppio legame C-4,5:

La differenza tra Testosterone e Diidrotestosterone (DHT) è data dall’aggiunta di un atomo di idrogeno α-orientato in C-5 e, di conseguenza, la conversione del doppio legame C-4-C-5 in un singolo legame. Questa è una reazione catalizzata dalla classe di enzimi nota come 5α-reduttasi. Allo stesso modo, la 5β-reduttasi aggiunge un atomo di idrogeno β-orientato in C-5.

La riduzione di C-5α di un composto può influenzarne l’affinità di legame per il recettore degli androgeni per il metabolita risultante. Nel caso del Testosterone, aumenta l’affinità di legame. (La riduzione del C-5α nello scheletro carbossilico del Testosterone produce DHT, che ha un’affinità significativamente maggiore.) Il risultato di ciò è che gli effetti del Testosterone possono essere amplificati nei tessuti che esprimono la 5α-reduttasi, come il cuoio capelluto. Ecco perché un’importante modalità di trattamento dell’alopecia androgenetica è l’inibizione di questo enzima (per esempio, la Finasteride è un inibitore della 5α-reduttasi).

Tuttavia, quando il Nandrolone subisce una riduzione in C-5α, forma Diidronandrolone (DHN): un composto con affinità notevolmente inferiore per il recettore degli androgeni [32]. Di conseguenza, le azioni del Nandrolone possono essere smorzate nei tessuti che esprimono la 5α-reduttasi. In generale, la riduzione in C-5α appare rilevante solo per Testosterone e Nandrolone, poiché gli AAS più comunemente usati sono già ridotti in C-5α o non subiscono una significativa riduzione in C-5α nel corpo.

Una delle funzioni della 5β-reduttasi nel corpo umano è quella di disattivare il Testosterone e trasformarlo in metaboliti con quasi nessuna affinità per il recettore degli androgeni. Insieme alla 5α-reduttasi, questi enzimi catalizzano quella che si pensa sia la fase iniziale e limitante del metabolismo degli androgeni con un gruppo C-3-chetone e un doppio legame tra C-4 e C-5, ovvero i 3-cheto- Androgeni 4-eni come il Testosterone [33]. La 5β-reduttasi è prevalentemente espressa nel fegato [34]. Infine, mentre il DHT ha un’affinità molto elevata per il recettore degli androgeni, il suo fratello C-5β ridotto ha una affinità per esso minima [23].

Rimozione in C-19 (“19-Nor”):

Se si rimuove il gruppo C-19-metile dalla molecola di Testosterone, si otterrà il Nandrolone (noto anche come 19-nortestosterone). Una delle conseguenze di ciò, come descritto sopra, è che la successiva riduzione in C-5α produce un androgeno meno potente (DHN) invece di un androgeno più potente, come nel caso del Testosterone (vale a dire DHT). Inoltre, la rimozione di questo gruppo metilico sembra influenzare il tasso di aromatizzazione. Uno studio sui microsomi placentari umani ha osservato un’attività relativa di aromatizzazione che era solo il 20% di quella del Testosterone [35]. La soppressione delle gonadotropine si basa in parte sull’aromatizzazione di un androgeno nell’estrogeno che causa la soppressione a livello dell’ipofisi [36]. In effetti, la somministrazione di 200mg di Nandrolone Esilossifenilprionato ogni 3 settimane per diversi mesi non è stata in grado di sopprimere completamente le gonadotropine e il Testosterone [37]. Ciò è in linea con la premessa che si verifica relativamente poca aromatizzazione del Nandrolone. Infine, questa alterazione chimica conferisce al composto una significativa affinità per il recettore del progesterone [23, 30], ed è questo fattore che ha mostrato il vero potenziale di soppressione del HPTA, maggiormente con iniezioni settimanali.

Un altro noto steroide anabolizzante a cui manca il gruppo C-19-metile è il Trenbolone. Simile al Nandrolone, dimostra anche un’affinità significativa per il recettore del progesterone. Tuttavia, contrariamente al Nandrolone, per il composto non sono stati rilevati metaboliti ridotti di C-5α/β [33]. Pertanto, le altre due alterazioni chimiche nel Trenbolone rispetto al Nandrolone sembrano impedirlo (l’aggiunta di doppi legami negli anelli B e C). Questo sembra anche impedire l’aromatizzazione dell’anello A, dimostrando un’attività estrogenica molto bassa anche a concentrazioni estremamente elevate [38].

Adesso che abbiamo sufficienti conoscenze sulle principali caratteristiche chimiche degli AAS, passiamo ad un argomento che unisce la teoria alla potenziale pratica….

I tre gruppi di AAS: Testosterone, DHT, Nandrolone e loro principali derivati.

In generale, gli steroidi anabolizzanti più comunemente usati rientrano in una delle tre diverse famiglie/categorie: Testosterone e suoi derivati, Diidrotestosterone (DHT) e suoi derivati, e Nandrolone (19-Nortestosterone) e suoi derivati.

Presumibilmente, molti degli steroidi anabolizzanti in ogni gruppo hanno attributi simili tra loro.

Ci sono eccezioni a questo in ogni gruppo, ma in generale la suddivisione degli steroidi anabolizzanti nei tre gruppi fornisce un quadro semplificato per identificare l’azione mirata di ciascun composto, nonché il modo in cui esso influisce sulla costruzione muscolare e sulle prestazioni complessive.

Ci sono innumerevoli processi nel corpo che vengono potenziati o inibiti dagli steroidi anabolizzanti. Per evitare di complicare questa sezione, fornirò una panoramica dei principali meccanismi che direzionano il miglioramento delle prestazioni atletiche o la costruzione muscolare tramite AAS esogeni.

Quando si sceglie quali agenti anabolizzanti sono più favorevoli agli obiettivi di un atleta, dovrebbero essere presi in considerazione i seguenti meccanismi e dovrebbero essere favoriti i composti che sono maggiormente attivi verso gli effetti desiderati.

  • Attività anabolica esplicata tramite l’attivazione del recettore degli androgeni o per via non-genomica, l’aromatizzazione, la 5α riduzione o la conversione a valle in metaboliti che facilitano l’aumento delle dimensioni e della forza muscolare
  • Antagonismo dei recettori dei glucocorticoidi che porta all’inibizione della degradazione proteica e ad un aumento netto delle dimensioni e della forza muscolare attraverso il risparmio delle proteine muscolari
  • Effetti psicoattivi nel cervello che portano a un allenamento più spinto e successivi aumenti delle dimensioni muscolari
  • Stimolazione della produzione di eritropoietina (EPO) che porta a una migliore prestazione aerobica (con limite prestativo intorno al 53%).

Quando si inizia a scoprire come i diversi steroidi anabolizzanti influiscono sulle diverse funzioni del corpo al di fuori della comprensione di base minimale “farmaci = risultati”, può diventare alquanto complicato decidere quale sia la scelta di protocollo ottimale per i propri o altrui obiettivi.

Ad un livello più alto, anche una volta che in genere si comprende quali scelte composte sarebbero “sagge” solo in base agli obiettivi, ci si rende presto conto che bisogna anche considerare la tolleranza agli effetti collaterali con composti specifici, l’attuale stato di salute, l’età, la storia di uso dei PEDs e una miriade di altri fattori.

E, ovviamente, la corretta selezione dei composti per massimizzare le prestazioni varia ampiamente tra i diversi sport. Ad esempio, un protocollo ottimizzato per un bodybuilder sarà probabilmente completamente diverso da un protocollo ottimizzato per un combattente di MMA.

Questo articolo potrà servire anche come introduzione generale a come ciascuna categoria di AAS possa essere sfruttata, nonché l’approccio generale potenzialmente adottabile verso la selezione dei composti.

Ma andiamo con ordine…

Il Testosterone è l’ormone genitore di una cospicua parte di AAS ed è anche tecnicamente l’ormone genitore dell’intero macrogruppo degli steroidi anabolizzanti perché il DHT e il Nandrolone sono entrambi derivati dal Testosterone.

I derivati ​​del Testosterone più importanti utilizzati per il miglioramento delle prestazioni sono i seguenti:

  • Testosterone;
  • Boldenone (Equipoise);
  • Methandrostenolone (Dianabol);
  • Fluoxymesterone (Halotestin);
  • 4-Chlorodehydromethyltestosterone (Turinabol).

I tre composti di questo gruppo più comunemente usati in un contesto di Bodybuilding sono Testosterone, Boldenone (Equipoise) e Methandrostenolone (Dianabol).

Questi tre composti sono caratterizzati principalmente dai loro effetti ad ampio spettro sulle funzioni anaboliche e androgeno dipendenti, nonché dalla loro interazione con l’enzima Aromatasi.

Hanno tutti una forte influenza sulla conta degli eritrociti (globuli rossi), sui sistemi energetici e mostrano una serie di interazioni sistemiche ibride analoghe a quelle osservate con la steroidogenesi endogena nella regolazione dell’attività omeostatica.

Sono anabolizzanti certo, ma non così marcatamente.

In generale, questa classe di composti facilita ad un livello intermedio la crescita muscolare, con effetti neurologici e potenziamento dei meccanismi aerobici.

Il Testosterone e il Methandrostenolone sono entrambi substrati soggetti all’azione dell’Aromatasi e possono essere metabolizzati enzimaticamente in potenti estrogeni.

Il Testosterone può essere metabolizzato in Estradiolo (E2) e il Methandrostenolone può essere metabolizzato in Methylestradiolo (17α-methylestradiolo).

Il livello di estrogenicità del Boldenone, come tratto in un mio recente articolo dedicato, è meno chiaro in quanto non sono disponibili dati certi che forniscano dettagli sulla sua interazione con l’Aromatasi nell’uomo.

William Llewellyn ha affermato nel suo libro “Anabolics” che il Boldenone è un substrato meno soggetto all’attività dell’Aromatasi ed è metabolizzato enzimaticamente in estrogeni al 50% del tasso del Testosterone. Questa affermazione non è supportata in nessuno dei dati clinici che ho visionato personalmente, quindi sarei riluttante a presumere che il Boldenone possa facilitare un’attivazione sufficiente del recettore degli estrogeni nell’applicazione pratica come base di un ciclo.

Si ipotizza anche se alcuni metaboliti del Boldenone agiscano o meno come inibitori dell’aromatasi e attenuino l’attività estrogenica dell’ormone progenitore. Sebbene ciò sia certamente possibile e meriti ulteriori ricerche prima di poter fare affermazioni conclusive sul Boldenone, in generale con le nostre conoscenze attuali è abbastanza ben accettato nella comunità che il Boldenone sia leggermente estrogenico, ma significativamente meno del Testosterone e del Methandrostenolone.

Il Fluoxymesterone e il 4-Chlorodehydromethyltestosterone non sono substrati soggetti all’Aromatasi, quindi Testosterone e Methandrostenolone sono gli unici composti in questo gruppo di AAS che possono ricoprire il ruolo di “Base di prova” ed essere utilizzati come base di un ciclo di AAS, l’eccezione riguarda ovviamente il Boldenone per le ragioni già riportate nell’articolo dedicato e accennate pocanzi.

A differenza dei tre principali ormoni utilizzati tra i bodybuilder di questo gruppo di AAS, Fluoxymesterone e il 4-Chlorodehydromethyltestosterone sono derivati del Testosterone che inducono effetti analoghi ai potenti derivati del DHT.

Questi due anabolizzanti sono stati progettati chimicamente per non avere attività estrogenica e per amplificarne la capacità di indurre guadagni significativi di massa, ed essere maggiormente orientati verso l’espressione della sintesi proteica pura e lo stimolo neurologico.

Il successivo gruppo di AAS è rappresentato dal Diidrotestosterone (DHT) ed i suoi derivati.

Il DHT è il metabolita 5α ridotto del Testosterone che facilita la differenziazione sessuale dei genitali maschili durante l’embriogenesi e guida la maturazione sessuale durante la pubertà. È molto più androgeno del Testosterone e durante la pubertà è necessaria una quantità sufficiente di esso nei tessuti dipendenti dagli androgeni per garantire la piena maturazione sessuale.

Un malinteso comune è che gli steroidi derivati ​​dal DHT devono essere estremamente androgeni semplicemente perché sono derivati ​​dal sopra citato androgeno. Al contrario, i derivati ​​del DHT sono quasi tutti più selettivi dei tessuti rispetto al Testosterone.

In generale, tutti gli steroidi anabolizzanti sono stati progettati con quell’obiettivo esatto in mente, non solo i derivati ​​DHT.

Le poco affidabili Androgeno:Anabolico ratio sono state valutate in modelli animali preclinici prima di passare all’uso umano in un ambiente clinico.

Se uno steroide non avesse mostrato una anabolico/androgeno ratio più favorevole rispetto al Testosterone, sarebbe stato abbandonato per qualsiasi applicazione diversa dalla sostituzione pura degli androgeni nei maschi (ad es. Proviron). Ma erano i test sull’uomo la vera “prova del 9”.

I derivati del ​​DHT più comunemente usati per il miglioramento delle prestazioni includono quanto segue:

  • Masteron (Drostanolone)
  • Primobolan (Metenolone)
  • Anavar (Oxandrolone)
  • Anadrol (Oxymetholone)
  • Winstrol (Stanozololo)
  • Proviron (Mesterolone)
  • Superdrol (methasterone)
  • DHB (Diidroboldenone, 1-Testosterone)

I derivati ​​del DHT sono spesso percepiti come scelte sbagliate per una fase di Bulk/Off season perché non sembrano stimolare molta ipertrofia quanto i membri dei gruppi Testosterone e 19-Nor. Questo è un altro equivoco, poiché i derivati ​​del DHT hanno semplicemente un’azione più mirata nel corpo. Non sono substrati per l’Aromatasi come i derivati ​​​​del Testosterone, non agiscono come potenti agonisti di una miriade di diversi recettori nel corpo come i 19-Nor steroidi e non subiscono la 5α riduzione in metaboliti più androgeni.

I derivati ​​del DHT eliminano gran parte dell’attività meno prevedibile associata agli altri due gruppi e si orientano maggiormente verso l’espressione proteica pura e una maggiore stimolazione di forza. Non c’è ritenzione idrica, non ci sono effetti collaterali progestinici, tutto ciò che si ottiene è pura crescita muscolare e quantità proporzionalmente più elevate di guadagni di forza rispetto ai derivati ​​​​del Testosterone e 19-Nor steroidi.

I derivati ​​del DHT mostrano più o meno un’azione mirata sul tessuto contrattile, motivo per cui sono comunemente percepiti come anabolizzanti “deboli”, quando in realtà è la mancanza di effetti collaterali percepiti il motivo per il quale vengono erroneamente considerati come “deboli”. Quando si tratta di ritenzione di azoto, abbiamo visto negli studi clinici che non c’è una differenza significativa tra gli AAS più potenti di ciascuna categoria.

“Dopo il 1935 il metodo migliore per scoprire e misurare l’azione di costruzione delle proteine da parte degli steroidi androgeni nell’uomo si è rivelato essere lo studio dell’equilibrio metabolico.

Nel 1955, quando furono sviluppati gli steroidi anabolizzanti meno androgeni, il metodo del bilancio dell’azoto fu nuovamente utilizzato per valutare e confrontare l’effetto di risparmio di azoto delle varie preparazioni.
I risultati dei numerosi studi sull’equilibrio dell’azoto che sono stati eseguiti sono i seguenti: i 17 beta-esteri iniettabili, come Nandrolone Fenilpropionato, Nandrolone Decanoato e Metenolone Enantato esercitano una forte azione anabolica per diverse settimane, pari a 2-2,50g di azoto/giorno, che corrisponde a un guadagno giornaliero di 12-15g di proteine o 60-75g di massa magra.
I derivati 17-alchilati oralmente attivi inducono un effetto di risparmio di azoto dose-dipendente dello stesso ordine.”

La ritenzione di azoto era più o meno la stessa tra tutti gli steroidi valutati nello studio di cui sopra.[39]

Il più delle volte sono gli effetti collaterali stessi che vengono interpretati erroneamente come indice di un composto più potente di un altro in un contesto di costruzione muscolare.

Se guadagni 2.5Kg di ritenzione idrica pura in una settimana con l’uso di Methandrostenolone, è un costruttore di muscoli più potente del Oxandrolone? No non lo è. Quando tutto è stato detto e fatto, la quantità di tessuto contrattile effettivo guadagnato sarà simile, ma ciò che accade al corpo e come vengono aumentati gli altri indicatori della composizione corporea durante l’intervallo di tempo in cui ti muovi dal punto A al punto B è ciò che differirà significativamente tra quei due composti.

Solo perché i derivati ​​del DHT hanno un’azione più mirata, non significa che siano la scelta ideale in tutti gli scenari.

In effetti, a volte gli effetti collaterali di alcuni composti producono risultati più desiderabili, a seconda dell’obiettivo. In generale, i derivati del ​​DHT sono costruttori di forza con livelli affidabili e prevedibili di attività anabolica di qualità. Un esempio di uno sport in cui i derivati ​​del DHT sono particolarmente utili è l’MMA anche se atleti di altre discipline di combattimento possono trovare in questa classe di AAS un netto vantaggio prestativo.

I combattenti devono combattere con una classe di peso il più bassa possibile senza compromettere le loro prestazioni, devono avere un rapporto favorevole di produzione di forza rispetto al loro peso corporeo e traggono grandi benefici anche dall’aumento dell’aggressività e dal potenziamento neurologico. Questo è uno scenario specifico in cui usare qualcosa che è più orientato verso l’accumulo di massa e meno verso l’attività androgena sarebbe la scelta peggiore.

Ad esempio, il Nandrolone è 5α-ridotto in DHN, un metabolita molto meno androgeno, e interagisce anche con i recettori del progesterone nel corpo che possono avere un effetto anti-androgeno. Anche se questo potrebbe essere un composto ideale per chi cerca la massima ipertrofia con una relativa mancanza di effetti collaterali androgeni come la caduta dei capelli, in questo scenario è l’opposto di quello a cui vorremmo mirare.

Per un combattente di MMA vogliamo un’elevata produzione di forza e aggressività con una relativa mancanza di aumento di peso. Questo è un esempio di uno scenario in cui sarebbe saggio inserire un derivato del DHT. In alternativa, questo è un esempio di uno scenario in cui anche il 4-Chlorodehydromethyltestosterone e il Fluoxymesterone sarebbero buone opzioni, soprattutto il secondo, ma è solo perché si comportano più come i derivati ​​del DHT che come i derivati ​​del Testosterone quali sono.

Ci sono eccezioni alla regola in ogni categoria di AAS e i derivati ​​del DHT non sono diversi in quanto hanno l’Oxymetholone.

Nonostante sia un derivato del DHT, l’Oxymetholone si comporta più come un 19-Nor steroide poiché determina guadagni significativamente più pronunciati nella massa pura (da non confondere con la massa muscolare magra) rispetto agli altri derivati ​​del DHT, ed è anche un agonista dei recettori degli estrogeni.

In generale, tuttavia, i derivati ​​del DHT più comunemente sfruttati dagli atleti sono Methenolone, Drostanolone, Oxandrolone e Stanozololo e condividono tutti effetti sovrapposti simili sulla composizione corporea e sulle prestazioni.

L’ultimo gruppo di AAS è rappresentato dai derivati del 19-Nortestosterone.

Molti non si rendono nemmeno conto che il Nandrolone Decanoato e il Nandrolone Fenilpropionato non sono AAS diversi ma semplicemente la stessa molecola legata ad esteri differenti.

Quando qualcuno si riferisce al “Deca” si riferisce al Nandrolone legato ad un estere Decanoato. E, quando qualcuno si riferisce al “NPP” si riferisce al Nandrolone legato ad un estere Fenilpropionato.

L’ormone progenitore di questo gruppo è il Nandrolone (19-Nortestosterone) e tutti gli steroidi anabolizzanti di questa categoria sono derivati ​​da esso.

I derivati ​​del Nandrolone sono più comunemente indicati semplicemente come “19-Nor steroidi” nella comunità del Bodybuilding. Ci sono alcuni 19-Nor stroidi che sono stati sintetizzati e documentati nel corso degli anni, la maggior parte dei quali sono tradizionalmente usati a bassi dosaggi come mezzi contraccettivi per le donne.

I 19-Nor steroidi più comunemente utilizzati per il miglioramento delle prestazioni includono:

  • Nandrolone (19-Nortestosterone)
  • Trenbolone (Trienolone)
  • Methyltrienolone
  • Trestolone (MENT)

I 19-Nor steroidi sono generalmente caratterizzati dalla loro attività anabolica e progestinica.

Sono molto anabolizzanti e, ad eccezione del Nandrolone, posseggono una spiccata attività androgena. Mostrano anche quantità significative di interazione con altri recettori nel corpo. Il più notevole è rappresentato dalla loro interazione con il recettore del progesterone.

I 19-Nor steroidi sono progestinici e da ciò né deriva ​​una attività agonista del recettore del progesterone, il che significa che possono legarsi a questo recettore attivarlo.

Il Nandrolone non è un potente substrato per l’Aromatasi e si converte principalmente in un estrogeno più debole chiamato Estrone (l’Estradiolo è circa 10 volte più potente dell’Estrone). Il Nandrolone è anche leggermente estrogenico da solo grazie alla sua capacità di agire come agonista del recettore degli estrogeni alfa (ERα).[40] Ma, nel complesso, il Nandrolone è molto meno androgeno ed estrogenico del Testosterone.

Il Trenbolone non è un substrato soggetto all’azione dell’enzima Aromatasi, tuttavia, alcuni dati suggeriscono che potrebbe interagire con i recettori degli estrogeni in modo simile al Nandrolone.

Il Trenbolone facilita anche un maggiore risparmio proteico muscolare attraverso una serie di meccanismi anticatabolici che interessano il recettore dei glucocorticoidi (vedi recettore del Cortisolo). Il Trenbolone si lega al recettore dei glucocorticoidi e agisce come un antagonista.[41] Inoltre sopprime significativamente l’espressione dei glucocorticoidi.[42] Riduce i livelli di Corticosterone e Cortisolo, mentre contemporaneamente inibisce il legame del Cortisolo con i recettori glucocorticoidi del muscolo scheletrico.[43, 44, 45]

Attraverso questi meccanismi, il Trenbolone mostra un’inibizione molto più significativa della degradazione proteica ​​muscolare rispetto al Testosterone. Questo è il motivo per cui il Trenbolone sembra eccellere molto più di altri steroidi anabolizzanti in un contesto di deficit calorico.

Il Trestolone (MENT) è unico rispetto agli altri 19-Nor steroidi in quanto è un substrato soggetto all’enzima Aromatasi e si comporta quasi come un ibrido tra un 19-Nor steroide e il Testosterone. A causa di questa interazione con l’Aromatasi, il Trestolone si presenta come una promessa terapeutica potenziale alternativa alla terapia ormonale sostitutiva a base di Testosterone e può ricoprire il ruolo di valida alternativa come AAS di base in un ciclo, sebbene la il deficit di DHT e il comportamento non lineare con gli effetti biochimici di questo nei tessuti bersaglio potrebbero essere un problema.

I 19-Nor steroidi sono il gruppo di AAS più soppressivo e sono in grado di mantenere la soppressione della HPTA anche a minuscole tracce e con i loro metaboliti i quali perdurano per lungo tempo nel flusso ematico.

Considerando questo, sarebbe prudente riservarne l’uso solo in atleti avanzati e decisi a gestirne le conseguenze. Anche una sola iniezione di Nandrolone può mantenere soppressa l’HPTA per mesi, indipendentemente da ciò che uno faccia in seguito.

Il gruppo dei 19-Nor steroidi tende maggiormente a indurre ipertrofia rispetto ai derivati ​​del DHT, ma, come accennato precedentemente, ciò è anche accompagnato da una miriade di interazioni con altri recettori nel corpo che sono meno prevedibili e spesso giustificano una gestione responsabile da parte di un utilizzatore più esperto.

I 19-Nor steroidi hanno anche interazioni uniche con il percorso GH/IGF-1 che i derivati ​​DHT non hanno, il che complica ulteriormente una loro possibile applicazione “responsabile”, ma può anche essere sfruttato per aumentare i livelli di crescita muscolare in determinati scenari.

Comprendere le applicazioni ottimali degli anabolizzanti e la gestione degli effetti collaterali può diventare molto complicato, specialmente quando si entra nelle varie sfaccettature prestazionali per ogni specifico sport, per i test antidoping, per impossibilità di reperire determinati farmaci e i limiti di budget.

Per semplificare le cose, i più previdenti iniziano le loro preparazioni farmacologiche suddivido gli AAS nei tre gruppi precedentemente esposti. Iniziando dal gruppo del Testosterone e osservando le risposte che questo ha sul soggetto, approfondendo successivamente i meccanismi metabolici del Testosterone nel corpo dell’individuo interessato e analizzando il tasso di aromatizzazione in Estradiolo e di 5α riduzione in DHT. Solo successivamente, come passo ulteriore, un soggetto potrà sperimentare abbinamenti con gli AAS del gruppo dei DHT derivati.

Molti, ancora oggi, soffrono di una sorta di “estrogenofobia”. Queste persone dovrebbero comprendere che un controllo degli estrogeni non significa il loro azzeramento, dal momento che un corretto dosaggio di E2 faciliterà indirettamente il bilanciamento dell’attività anabolica e, direttamente, dell’attività androgena, fornendo contemporaneamente neuro e cardioprotezione.

La maggior parte di coloro che leggono questo articolo non avranno applicazioni specifiche per lo sport praticato o per i test antidoping ai quali potrebbero essere sottoposti. Considerando anche questo fattore, la maggior parte dei soggetti si saprà gestire meglio imparando a fondo sull’uso di Testosterone (magari con esteri a breve vita attiva) prima ancora di passare agli altri due gruppi.

Il Testosterone è l’androgeno anabolizzante bioidentico che produciamo e su cui facciamo affidamento in modo endogeno, ed è il più delle volte l’ormone più intelligente da utilizzare per un primo ciclo. Solo una volta che si è in grado di sfruttare appieno il gruppo del Testosterone si dovrebbe passare all’aggiunta di uno o più derivati del ​​DHT nei cicli successivi.

Se si hanno obiettivi che non possono essere raggiunti solo tramite derivati ​​​​del Testosterone e del DHT, o si verificano effetti collaterali indesiderati da derivati ​​​​del Testosterone e / o del DHT, sarebbe giustificato guardare al gruppo dei derivati del Nandrolone.

Per una spiegazione più elaborata di come uno dovrebbe avvicinarsi al mondo dei PEDs in generale e degli AAS in particolare, consiglio di leggere il mio articolo che descrive in dettaglio ciò che va obbligatoriamente preso in considerazione prima di fare il “salto”. Per saperne di più sui potenziali effetti collaterali da uso/abuso di AAS li trovate nell’apposita sezione di questo sito.

Ricapitolando, una volta che si è compreso nel dettaglio il gruppo del Testosterone e suoi derivati e si è in grado di implementare responsabilmente tali informazioni per raggiungere i propri obiettivi, passate a conoscere i derivati ​​del DHT. Una volta che avrete compreso anche questo gruppo e sapete come implementare responsabilmente tali informazioni per raggiungere i vostri obiettivi, iniziate a conoscere il Nandrolone e i suoi derivati.

Cosa fare delle informazioni fino ad ora esposte?

Ciò che farete delle informazioni esposte non è affare che mi riguarda, e penso che tutti voi siate al corrente che l’uso, la detenzione e lo spaccio di sostanze dopanti è perseguibile a norma di legge.

Adesso però conoscete la “genesi” storica degli AAS, avete una base sufficiente per ciò che concerne la chimica di questa categoria di farmaci e, infine, conoscete le linee valutative che dovrebbero essere applicate in ambito sportivo, quindi nel miglioramento delle prestazione per ogni categoria sportiva.

Avete una conoscenza sufficiente ad evitarvi di cadere nel vortice delle “credenze da spogliatoio” che dilagano specialmente in ambito Bodybuilding.

Sicuramente il vostro livello di cultura biochimica è stato valorizzato… che non è poco in tempi di relativismo universale.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

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9- Hoberman JM, Yesalis CE (1995). “The history of synthetic testosterone”. Scientific American

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31- Takeda, Armelle-Natsuo, et al. “The synthetic androgen methyltrienolone (r1881) acts as a potent antagonist of the mineralocorticoid receptor.” Molecular pharmacology 71.2 (2007): 473-482.
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39- Metabolic effects of anabolic steroids – PubMed (nih.gov)

40- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15276617/

41- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12441365

42- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24928725

43- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/6134779

44- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/2211398

45- The effect of manipulating growth in sheep by diet or anabolic agents on plasma cortisol and muscle glucocorticoid receptors – PubMed (nih.gov)

Limiti nello stimolo massimo della lipolisi da somministrazione di GH esogeno.

Introduzione alla questione:

Il più delle volte risulta inutile ribadire banalità largamente conosciute, ma in questo caso era d’obbligo sottolinearne il fatto dal momento che tornerà utile anche al fine di comprendere come la maggior parte dei (presunti) preparatori agisca quando si parla di PEDs.

Il GH, in modo particolare, è avvolto da dicerie di ogni genere. Dalle convinzioni sul momento in cui “inizia a funzionare” e la leggenda (fuori da ogni base fisiologica e attività espressiva iper-indotta iatrogenamente) del “assottiglia la pelle”. Ma la cosa di cui vorrei parlare riguarda i dosaggi. Nell’agonismo se ne sentono e vedono di tutti i tipi, dosaggi mostruosi da 10-20UI/die portatori di neuropatie croniche e probabili stati diabetici subclinici o patologici. La cosa triste è che tali dosaggi vengono indicati come “funzionali” solo perchè danno l’effetto ricercato che spesso e volentieri si confonde con quello indotto dallo svariato numero di farmaci cosomministrati e dalla additività tra questi. In poche parole: l’effetto lo avrebbero raggiunto comunque e nello stesso arco temporale utilizzando 1/10 della dose somministrata.

Si, mi dispiace infrangere le vostre fantasie ma il GH ha un limite nello stimolo massimo della lipolisi molto sottile…

GH e suo limite di dosaggio per il massimo stimolo lipolitico:

In effetti è stato calcolato un tetto massimo alla lipolisi indotta da una singola somministrazione di GH, ed è molto più bassa di quanto la maggior parte delle persone pensi.

Come riportato nello studio “Pharmacokinetics and acute lipolytic actions of growth hormone. Impact of age, body composition, binding proteins, and other hormonesvedere” nel quale si è valutata la farmacocinetica e l’azione lipolitica acuta del GH, si verificano significativi effetti dose-risposta confrontando l’area incrementale sotto la curva sia degli acidi grassi liberi che del 3-idrossi-butirrato nel sangue dopo la somministrazione di 0, 1 , e 3mcg/kg di GH, mentre non si osservano differenze tra le risposte dopo 3 e 6mcg/kg di GH.[1]

Questi dosaggi sono stati somministrati per via endovenosa.

1mg di Somatropina corrisponde a 3UI (Unità Internazionali) della medesima, come si può anche leggere nelle informazioni riferite al Norditropin presenti di seguito.[2]

Quindi, questo significa che per un soggetto di 100kg, la lipolisi è stimolata al massimo con circa 300mcg di Somatropina somministrata endovena, che equivale a 0,9UI di GH di grado farmaceutico IV (endovena).

Occorre quindi calcolare la dose sottocutanea corrispondente in base ai dati di confronto data dalla biodisponibilità e bioattività che abbiamo sugli esseri umani a cui è stato somministrato hGH.

Ovviamente i dosaggi somministrati endovena non sono rappresentativi di quali sarebbero i dosaggi ideali tramite il metodo di somministrazione molto più realistico e tollerabile quale è quello sottocutaneo. In uno studio, la disponibilità media stimata di hGH iniettato per via sottocutanea ha dimostrato di essere del 63% di quella di hGH somministrato per via endovenosa. dopo aver corretto le differenze nella dose di GH. [3] Un altro studio ha mostrato che la disponibilità di hGH iniettato per via sottocutanea è circa il 70% di quella di hGH somministrato per via endovenosa.[4]

Quindi, per un uomo di 100kg, i benefici della perdita di grasso sarebbero massimizzati per ogni somministrazione iniettando circa 1,35UI di GH (arrotondabili a massimo 2UI). Esiste infatti un periodo di refrattarietà durante il quale le cellule non danno risposta ad altro impulso lipolitico dato dal GH esogeno.

Conclusioni pratiche:

Di conseguenza, la risposta massima dello stimolo della lipolisi per somministrazione si aggira intorno a circa 1.5-2UI (3-4UI/die totali) in un individuo di 100Kg. Questo rispecchia in parte quanto osservato aneddoticamente ed annotato empiricamente con la somministrazione giornaliera di GH ad un dosaggio di 4UI/die divise in due somministrazioni uguali durante periodi di “Cut” in molti atleti di diverse categorie. Ciò vuole anche dire, però, che la maggior parte dei soggetti potrebbero avere risposte ottimali con la somministrazione di appena 2UI/die di GH. Parlo, ovviamente, di GH di grado farmaceutico, cioè equivalente al mcg al contenuto riportato in etichetta, non così abbondante nel mercato nero.

Le risposte temporali alla riduzione del grasso corporeo per azione del GH non sono dovute al dosaggio ma alla percentuale di grasso di partenza e alla distanza tra questo ed il punto percentuale prefissato da raggiungere oltre che dalla additività con altre molecole aventi effetti lipolitici e/o termogenici: più è breve e meno tempo di somministrazione sarà necessario. Ovviamente, i tempi di risposta sono maggiori rispetto ad atleti non trattati, mi pare ovvio e scontato. E, lo ripeto, vanno anche considerate nella somma dell’effetto le altre molecole co-somministrate e aventi attività lipolitica (diretta o indiretta) e/o termogenica.

Ma questo vale anche per le donne? Di questo me ne occuperò in un altro articolo ma vi anticipo già che in termini assoluti il dosaggio non ha variabili significative ma circostanze gestionali diverse.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

1- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12213188

2- https://www.novonordisk.com.au/content/dam/australia/affiliate/www-novonordisk-au/Health%20Care%20Professionals/Documents/Norppi16a_Mktg%20version.pdf

3- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2014216/

4- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8949572

Evidenze base per la pianificazione della “Peak Week”

Breve introduzione all’argomento:

Nel giugno 2021 è stato pubblicato un eccellente lavoro di Guillermo Escalante, Scott W. Stevenson, Christopher Barakat, Alan A. Aragon e Brad J. Schoenfeld che analizza le comuni pratiche applicate dai bodybuilder nella settimana precedente la gara (Peak Week) esponendone la logica applicativa in base alle evidenze scientifiche in nostro possesso.[Peak week recommendations for bodybuilders: an evidence based approach | BMC Sports Science, Medicine and Rehabilitation | Full Text (biomedcentral.com)] Ho deciso quindi di scrivere un articolo dettagliato sulla settimana pre-contest, utilizzando come base lo studio sopra citato e aggiungendo la mia ricerca personale, al fine di spiegarne le modalità di gestione migliori che, senz’altro, potranno tornare utili tanto agli atleti quanto ai preparatori.

Punto di partenza:

Il Bodybuilding è uno sforzo competitivo per il miglioramento della composizione corporea la quale verrà giudicata con parametri che comprendono la combinazione delle dimensioni muscolari, la simmetria, la “condizione” (bassi livelli di grasso corporeo) e presentazione sul palco. Per avere successo, i concorrenti devono presentare la loro forma fisica migliore durante il giorno (o i giorni) della competizione. I bodybuilder impiegano tipicamente periodi di 8-22 o più settimane di preparazione in cui la dieta e i programmi di esercizio vengono modificati dalla off season nel tentativo di perdere la maggior percentuale di grasso corporeo e guadagnare o mantenere la massa muscolare scheletrica [1,2,3,4,5,6 ,7,8,9,10]. Negli ultimi giorni di preparazione, i concorrenti implementano interventi per “tirare” il loro corpo nel tentativo di massimizzare l’estetica nel giorno della gara [11,12,13,14]. Gli interventi spesso utilizzati includono l’alterazione dei loro regimi di esercizio e l’assunzione di macronutrienti, acqua ed elettroliti con gli obiettivi di:

1-massimizzare il contenuto di glicogeno muscolare come mezzo per migliorare la “pienezza” muscolare (cioè il volume);

2-ridurre al minimo l’acqua sottocutanea (nel tentativo di sembrare “asciutti” anziché “acquosi”, migliorando così l’estetica muscolatura) e

3-ridurre al minimo il gonfiore addominale per mantenere un girovita più piccolo e ottimizzare le proporzioni fisiche e l’estetica generale [11, 12, 14,15 ,16,17].

Sebbene i concorrenti possano utilizzare metodi naturali per raggiungere questi obiettivi, sappiamo benissimo che vi è un ampio uso segnalata di auto-prescrizione di farmaci per il miglioramento delle prestazioni/estetica [8, 18, 19, 20, 21].

Uno studio osservazionale ha raccolto informazioni sulle strategie nutrizionali della Peak Week e dei giorni di gara tra 81 bodybuilder natural (maschi= 59, femmine = 22) tramite un questionario di 34 elementi; l’indagine ha elencato le strategie di picco comunemente utilizzate e ha fornito spazio aggiuntivo per informazioni qualitative [11]. La stragrande maggioranza dei partecipanti (93,8%) ha riferito di aver utilizzato una strategia di picco la settimana prima della competizione (denominata appunto “Peak Week”), con la manipolazione di Carboidrati (CHO), Acqua e/o Sodio segnalata più comunemente [ 11]. L’obiettivo primario dichiarato della manipolazione dei CHO era massimizzare le concentrazioni di glicogeno muscolare utilizzando principi simili al carico dei CHO classico [11]. Inoltre, i concorrenti hanno manipolato l’assunzione di Acqua e/o Sodio nel tentativo di indurre un effetto diuretico/poliuria per eliminare l’acqua superflua.[11]

In un altro studio, i ricercatori hanno condotto interviste approfondite per identificare e descrivere diverse strategie dietetiche utilizzate da sette culturisti maschi natural durante la off season, la stagione, la Peak Week e il post-season [14]. Durante la Peak Week, sei partecipanti hanno riferito di aver utilizzato un regime di carico di carboidrati modificato per tentare di aumentare il contenuto di glicogeno. Inoltre, tutti i partecipanti hanno riferito di aver manipolato l’assunzione di acqua mentre tre hanno manipolato contemporaneamente l’assunzione di sodio nel tentativo di ridurre l’acqua corporea nella speranza di creare un aspetto più “asciutto”.[14]

Sebbene esistano molti protocolli delle Peak Week al fine di tentare il miglioramento dell’estetica, mancano ricerche sull’efficacia e la sicurezza dei metodi comunemente usati dai bodybuilder. Dal momento che lo studio in questione non tratta i bodybuilder supplementati farmacologicamente, aggiungerò delle note esplicative sui metodi aggiuntivi utilizzati da questi atleti.

Lo scopo di questo articolo è:

1-rivedere la letteratura attuale sui protocolli di picco più comunemente impiegati dai bodybuilder;

2-fornire raccomandazioni basate sull’evidenza per le strategie di picco pre-gara per concorrenti e preparatori.

Manipolazione dei Carboidrati:

La manipolazione dell’assunzione di Carboidrati è una popolare strategia di picco pre-gara diffusa tra i bodybuilder [11, 12, 14]. La strategia, generalmente adottata durante la settimana che precede la competizione, prevede la limitazione sostanziale dell’assunzione di Carboidrati per diversi giorni (spesso indicata come fase di esaurimento o scarica) seguita da un breve periodo di consumo elevato di Carboidrati, con l’obiettivo di ottenere una supercompensazione dei livelli di glicogeno quando i carboidrati sono “stoccati” [22]. I livelli di glicogeno muscolare a riposo con una dieta mista (normale) sono ~ 130mmol/kg di muscolo (peso umido) in individui allenati (un po’ più alti dei soggetti sedentari) [23], o circa 23g di glicogeno (unità di glucosio) per chilogrammo di tessuto muscolare. Il glicogeno muscolare è organizzato nella cellula in frazioni subcellulari [24] e immagazzinato come un complesso di glicogeno-glicogenina (“granulo”) [25] che crea un effetto osmotico il quale attira acqua nella cellula mentre il glicogeno viene immagazzinato [26, 27], aumentando così il volume delle cellule muscolari. Le prime ricerche hanno suggerito che ogni grammo di glicogeno muscolare immagazzinato è accompagnato da circa 3-4g di acqua intracellulare [28]. Questo è superiore al valore comunemente indicato di 2,7g di acqua per grammo di glicogeno, a volte arrotondato a 3g di acqua per grammo di glicogeno, derivato da studi sul fegato di ratto [29, 30]. Tuttavia, i livelli di glicogeno muscolare risultanti dopo il carico di glicogeno sono altamente variabili [31], forse a causa della complessità sottostante all’accumulo di glicogeno intramuscolare [25]. Allo stesso modo, mentre è chiaro che il carico di glicogeno può aumentare il contenuto di acqua intracellulare [31], lo spessore muscolare [15] e le stime della massa corporea magra (LBM) [32], l’entità relativa dell’idratazione intracellulare in grammi di acqua per grammo di glicogeno può variare così tanto da non essere statisticamente correlato con il contenuto di glicogeno.[30]

Una panoramica semplificata del metabolismo del glicogeno a riposo e durante l’esercizio. Il sarcolemma separa l’interno della cellula muscolare dal liquido interstiziale che circonda la cellula. A riposo (lato sinistro), il consumo di carboidrati stimola il rilascio di insulina dal pancreas. Le molecole di insulina si legano ai recettori dell’insulina incorporati nel sarcolemma. Quel legame innesca una cascata di risposte intracellulari che provocano il movimento dei trasportatori del glucosio GLUT4 dall’interno della cellula muscolare nel sarcolemma, consentendo al glucosio di spostarsi nella cellula. Una volta all’interno della cellula muscolare, le molecole di glucosio sono pronte per essere stoccate sotto forma di glicogeno. La glicogenina è un enzima che forma il centro delle particelle di glicogeno, consentendo la formazione iniziale di filamenti di glicogeno. Durante l’esercizio (lato destro), i trasportatori GLUT4 si spostano nel sarcolemma senza l’assistenza dell’Insulina, favorendo l’assorbimento del glucosio nella cellula. Contemporaneamente, la degradazione del glicogeno aumenta in risposta ai cambiamenti nella concentrazione dei metaboliti all’interno della cellula. Le molecole di glucosio dal sangue e quelle rilasciate dal glicogeno vengono ossidate per produrre le molecole di adenosina trifosfato (ATP) necessarie per sostenere la contrazione muscolare.

Sebbene la ricerca controllata sull’argomento sia limitata a ciò che è ottimale per i bodybuilder, le prove attuali sembrano indicare un potenziale beneficio della manipolazione dei carboidrati come strategia di picco. Una serie di casi esaminati da Bamman et al., i quali hanno esaminato sei bodybuilder maschi, ha fornito il supporto iniziale di un effetto benefico [1]. Secondo quanto riferito, i bodybuilder si sono impegnati in un protocollo di carico di carboidrati tre giorni prima della competizione (assunzione media di ~ 290g/giorno). Le misurazioni degli ultrasuoni effettuate 24-48 ore in questo periodo di carico di carboidrati hanno mostrato un aumento del 4,9% dello spessore del muscolo bicipite brachiale rispetto alle misurazioni ottenute sei settimane prima. Sebbene questi risultati sembrino suggerire che il protocollo di carico di carboidrati sia stato efficace nel migliorare in modo acuto la dimensione muscolare, va notato che il lungo intervallo tra le sessioni di test rende impossibile trarre conclusioni sulla causalità a questo proposito. Inoltre, gli autori dello studio non hanno valutato l’assunzione di carboidrati durante la fase di esaurimento dei carboidrati, offuscando ulteriormente gli effetti diretti del protocollo di carico. Pertanto, sebbene i risultati siano intriganti, il livello di prove a sostegno può essere considerato basso.

Le posizioni intracellulari del glicogeno nel muscolo-scheletrico. Immagine © Human Kinetics. I valori per la distribuzione del glicogeno provengono da Schweitzer et al (2017).

Un recente studio quasi sperimentale di de Moraes et al. [15] getta una luce più obiettiva sull’argomento. Ventiquattro bodybuilder dilettanti di alto livello sono stati divisi in base al fatto se avessero o meno manipolato i carboidrati come strategia di picco; il gruppo che ha manipolato i carboidrati ha impiegato una fase di esaurimento di tre giorni (che porta immediatamente al giorno del peso) seguita da una fase di carico di 24 ore (che porta al giorno della gara). Lo spessore muscolare è stato misurato sia al momento del peso che il giorno della gara. Inoltre, le foto dei concorrenti scattate in questi momenti sono state mostrate a un gruppo di giudici federati di bodybuilding, che hanno valutato soggettivamente il loro fisico; da notare, i giudici erano ciechi alle pratiche nutrizionali dei concorrenti. I risultati hanno mostrato un aumento del 3 % della dimensione muscolare della parte superiore delle braccia per coloro che hanno manipolato l’assunzione di carboidrati prima della competizione rispetto a nessun cambiamento in coloro che non lo hanno fatto. Inoltre, solo il gruppo che ha manipolato l’assunzione di carboidrati ha mostrato miglioramenti nelle misure estetiche soggettive, come determinato dall’ispezione visiva delle foto. Una potenziale limitazione dello studio è che i soggetti non sono stati sottoposti a test anti-doping prima della competizione; pertanto, non è noto se l’uso di steroidi anabolizzanti e/o altre sostanze sintetiche (ad es. synthol) possa aver influenzato i risultati. Gli studi futuri dovrebbero accertare tramite autovalutazione, poligrafo e/o analisi del sangue lo stato di libero/migliorato dei soggetti ed escludere o confrontare i risultati in base all’uso di steroidi da parte del soggetto nonché all’uso di altri farmaci che possono influenzare il bilancio idrico.

Recentemente, Schoenfeld ed Escalante hanno condotto un caso di studio in cui hanno seguito un bodybuilder natural di alto livello nel corso della sua preparazione al contest [33]. A partire dalla settimana prima della data della competizione, il concorrente ha ridotto notevolmente l’assunzione di carboidrati a < 50g/giorno per 3 giorni (domenica, lunedì, martedì) e poi ha eseguito una ricarica dei carboidrati a una quantità > 450g/giorno nei successivi 2 giorni (Mercoledì e giovedì). Simile alla ricerca precedente, la valutazione ecografica ha mostrato che la strategia di picco aumentava notevolmente lo spessore muscolare. In questo particolare caso di studio, gli aumenti sono stati del 5% negli arti superiori e del ~ 2 % negli arti inferiori; a causa delle limitate prove disponibili, è difficile fornire un motivo razionale per cui c’era una differenza tra i gruppi muscolari. Dati i risultati soggettivi riportati da de Moraes et al. [15], si può dedurre che questi risultati erano probabilmente significativi dal punto di vista della concorrenza.

Quando si considera la totalità della ricerca attuale, l’evidenza suggerisce che la manipolazione dei carboidrati è una valida strategia di picco per aumentare il volume della massa muscolare il giorno della gara; tuttavia, l’evidenza dovrebbe essere considerata preliminare data la relativa scarsità di studi pubblicati sull’argomento. Inoltre, la strategia può portare a un aumento dei sintomi gastrointestinali come dolore addominale, bruciore di stomaco, stitichezza e diarrea [15], che a loro volta possono influenzare negativamente la capacità di eseguire in modo ottimale la preparazione al giorno della gara e il contest stesso. Pertanto, i concorrenti dovrebbero sperimentare la strategia con almeno 2-4 settimane di anticipo per determinarne gli effetti a livello individuale e apportare le modifiche necessarie secondo necessità.

Manipolazione di acqua e sodio:

Acqua e sodio sono frequentemente manipolati dai bodybuilder, indipendentemente o contemporaneamente, impiegando una varietà di strategie che comportano il “carico” e la limitazione di entrambi [11], con l’obiettivo di ridurre al minimo l’acqua sottocutanea per massimizzare la definizione del muscolo scheletrico sottostante [8, 11, 12 , 14, 19, 20]. È noto che diversi bodybuilder si auto-prescrivono diuretici farmaceutici per facilitare il processo [8, 19,20,21, 34, 35]. I bodybuilder possono anche impiegare queste strategie per scendere a classi di peso inferiori, il che può fornire un vantaggio competitivo se il concorrente è in grado di recuperare parte del peso sotto forma di volume intramiocellulare (“riempimento” tramite glicogeno e/o stoccaggio di trigliceridi intramiocellulari) prima della competizione. Sebbene l’acqua e il sodio siano due componenti dietetici separati, è fondamentale comprendere che la manipolazione di una variabile influenza l’altra; quindi, esamineremo insieme queste due variabili.

In un’indagine precedentemente citata sulle strategie delle Peak Week e dei giorni di gara utilizzate dai bodybuilder natural, la manipolazione dell’acqua è stata la seconda strategia più popolare implementata (dietro la manipolazione dei carboidrati) [11]. I ricercatori hanno riferito che i concorrenti hanno implementato il carico dell’acqua (65,4%), la restrizione dell’acqua (32,1%) o entrambi (25%) per ottenere un aspetto “asciutto”. La quantità di acqua consumata durante la fase di carico variava da 4 a 12L al giorno ed era tipicamente seguita da restrizioni idriche di 10-24 ore prima della competizione. Oltre alla manipolazione dell’acqua, i ricercatori hanno anche riferito che i concorrenti utilizzavano la restrizione di sodio (13,6 %), il carico di sodio (18,5 %), o entrambi (6,2 %) senza un ordine temporale coerente per il regime di carico/restrizione del sodio (un errore limitante); tuttavia, la manipolazione del sodio veniva generalmente praticata tre o quattro giorni prima della competizione. È stato segnalato anche l’uso del tè al dente di leone per le sue presunte proprietà diuretiche.

Nello studio precedentemente discusso di Mitchell et al. [14], i ricercatori hanno riferito che il 100% dei partecipanti (n = 7) ha utilizzato la pratica del carico e del taglio dell’acqua durante la Peak Week. Questa strategia prevedeva di bere >10L di acqua al giorno all’inizio della settimana e quindi di ridurre l’assunzione ogni giorno successivo prima della competizione. La teoria alla base di questa pratica era quella di consumare quantità superflue di acqua per aumentare naturalmente l’escrezione di liquidi nel tentativo di espellere preferenzialmente l’acqua sottocutanea; tuttavia, i partecipanti hanno riferito che i risultati di questa strategia erano in gran parte non significativi [14]. Dei sette partecipanti che hanno manipolato l’acqua durante la Peak Week, tre (42,8%) hanno anche manipolato il sodio per aiutare a rimuovere l’acqua sottocutanea [14]. Hanno riferito di aumentare notevolmente l’assunzione di sodio per i primi tre giorni della Peak Week, seguita da una completa restrizione dell’assunzione di sale per i tre giorni prima della competizione; tuttavia, i risultati sono stati incoerenti e i partecipanti hanno dichiarato che non avrebbero manipolato il sodio in futuro [14]. Si noti che la decisione unanime dei partecipanti di abbandonare queste strategie di manipolazione dell’acqua e del sodio suggerisce che probabilmente non le avevano né eseguite né perfezionate in precedenza (ad esempio, come prova o durante la Peak Week per un’altra competizione).

Altre ricerche supportano i risultati degli studi di cui sopra. Probert et al. ha condotto un sondaggio su 382 bodybuilder competitivi insieme a interviste personali di 30 dei partecipanti e ha riferito che i bodybuilder si sono spesso impegnati in pratiche di deplezione del sodio e disidratazione nei giorni precedenti la competizione [12]. Sebbene i partecipanti abbiano riconosciuto i rischi di queste strategie, le hanno minimizzate come pratiche temporanee ma necessarie [12]. In effetti, i casi clinici documentano condizioni potenzialmente pericolose per la vita dovute a pratiche estreme di manipolazione dell’acqua e del sodio [19, 20]. In un caso, un bodybuilder maschio di 35 anni si è presentato al pronto soccorso dopo essersi sentito debole, stordito e aver avvertito crampi muscolari dolorosi mentre posava durante una gara di bodybuilding; i test hanno rivelato onde T di picco sull’elettrocardiogramma (ECG), iperkaliemia (alti livelli di potassio), iponatriemia (bassi livelli di sodio nel sangue), intossicazione da acqua e rabdomiolisi [20]. Il bodybuilder ha riferito di aver bevuto 12 litri di acqua al giorno per sette giorni prima della competizione insieme a 100 mg al giorno di Spironolattone (un diuretico da prescrizione risparmiatore di potassio) e scarico del sale per due giorni prima della competizione; è stato curato, stabilizzato e dimesso con successo [20]. In un altro caso, un bodybuilder professionista di 26 anni è stato trasportato al pronto soccorso il giorno dopo una gara a causa di palpitazioni cardiache e incapacità di stare in piedi a causa della difficoltà nel muovere le estremità [19]. Ha riferito l’assunzione orale di 2 × 80mg di Furosemide (un diuretico da prescrizione) 48 e 24 ore prima della competizione con l’obiettivo di migliorare la definizione muscolare; ha perso 5-6 kg di peso corporeo a causa della nicturia [19]. I test hanno rivelato ipokaliemia grave (bassi livelli di potassio; al contrario dell’iperkaliemia nel caso di studio discusso in precedenza probabilmente dovuto all’uso di un diuretico dell’ansa rispetto a un diuretico risparmiatore di potassio), iperglicemia (livelli elevati di glucosio nel sangue), iperlattatemia (alti livelli di lattato nel sangue) e tachicardia sinusale con onde U pronunciate all’ECG compatibili con ipokaliemia [19]. Sebbene l’ipokaliemia sia una condizione potenzialmente pericolosa per la vita, il bodybuilder è stato trattato con successo e dimesso la mattina successiva [19].

Nonostante le varie strategie riportate dai bodybuilder per manipolare l’acqua e il sodio allo scopo di sembrare “pieni e asciutti”, le prove attuali non indicano che queste pratiche siano specificamente efficaci e/o sicure. Inoltre, sebbene diverse strategie di manipolazione dell’acqua e del sodio siano state pubblicate da un certo numero di preparatori di bodybuilding che hanno lavorato con bodybuilder di grande successo [16, 17, 36], né l’efficacia né la sicurezza di queste diverse metodologie sono state valutate scientificamente. Quindi, i principi fisiologici della regolazione dei fluidi corporei devono essere considerati quando si tenta di formulare strategie per promuovere un aspetto “pieno e asciutto”, e queste strategie possono essere discordanti con quelle attualmente utilizzate dai bodybuilder e/o suggerite dai loro preparatori.

Il contenuto di acqua corporea totale (TBW) rappresenta circa il 60 % del peso corporeo medio di una persona ed è costituito da acqua intracellulare (ICW) (~ 67 %) e acqua extracellulare (ECW) (~ 33 %). L’ECW è ulteriormente compartimentato nel fluido interstiziale che circonda le cellule (~ 25 %) e il plasma sanguigno (~ 8 %) [37, 38]. Quindi, dal punto di vista di un bodybuilder, ridurre al minimo il fluido interstiziale extracellulare che circonda i miociti, in particolare l’acqua sottocutanea, preservando o aumentando l’ICW intramiocellulare rappresenta lo scenario ideale per un aspetto “pieno e asciutto”, cioè, per cui l’aspetto della muscolarità è massimizzato . Sebbene questo concetto possa sembrare un compito semplice da realizzare manipolando solo l’acqua e il sodio, potrebbero essere necessarie altre strategie incentrate sull’ottimizzazione del volume intramiocellulare (cioè quelle mirate al glicogeno intramiocellulare, ai trigliceridi e al contenuto di potassio) insieme alla manipolazione dell’acqua. e sodio per migliorare l’aspetto della muscolosità.

Compartimenti dei fluidi corporei. Nell’uomo adulto “medio”, i domini del fluido intracellulare (ICF) e del fluido extracellulare (ECF) sono costituiti da circa il 57 e il 43% dell’acqua corporea totale (TBW). Il compartimento ECF è ulteriormente suddiviso in liquido interstiziale (ISF)/linfa, plasma, tessuto osseo e connettivo, tessuto adiposo e acqua transcellulare. Il muscolo scheletrico predomina l’ICF. Le percentuali sono percento di TBW. GR, globuli rossi.

Durante la normale omeostasi fluido-elettrolitica, il compartimento extracellulare contiene la maggior parte del sodio (Na+), cloruro (Cl-) e bicarbonato (HCO3-), mentre il compartimento intracellulare contiene la maggior parte dell’acqua, potassio (K+) e fosfato ( PO43−) [39]. Sebbene entrambi i compartimenti contengano tutti i suddetti composti, la quantità di ciascuno varia tra i compartimenti in modo tale che la concentrazione totale di soluti (osmolarità) sia la stessa [39]. I meccanismi omeostatici controllano l’equilibrio idrico ed elettrolitico per garantire che la TBW e l’osmolarità corporea totale (TBO) rimangano equilibrate e l’acqua si ridistribuisca tra i compartimenti intracellulari ed extracellulari in modo tale che l’osmolarità dei fluidi corporei si avvicini alla TBO [37]. Infatti, Costill et al. hanno studiato le perdite muscolari di acqua ed elettroliti mentre i partecipanti pedalavano in una camera ambientale calda per perdere il 2,2 (% (fase 1), il 4,1 % (fase 2) e il 5,8 % (fase 3) del loro peso corporeo in un periodo stimato di 5,5 ore [40] . Quando i partecipanti hanno perso il 2,2% del loro peso corporeo entro la prima  ~ 1,5 h nella fase 1, il 30% dell’acqua persa era ICW mentre il 70% era ECW [40]. Tuttavia, il rapporto tra ICW ed ECW perso è diventato 52 % ICW/48 % ECW allo stadio 2 (~ 3.5 h mark) e 50 % ICW/50 % ECW allo stadio 3 (~ 5.5 h mark) [40]. Gli autori hanno affermato che la grande perdita di ICW nel muscolo allo stadio 1 può essere spiegata dalla significativa perdita di contenuto di glicogeno muscolare (che contiene acqua) dalla pre-disidratazione a 115 mmol/kg fino a 76 mmol/kg; tuttavia, i livelli di contenuto di glicogeno muscolare sono scesi a una velocità molto inferiore a 73 mmol/kg allo stadio 2 e 61 mmol/kg allo stadio 3 quando il rapporto o ICW:ECW si è stabilizzato [40]. Pertanto, il rapporto tra la perdita ECW e ICW sembra rimanere vicino a 1:1 poiché i livelli di glicogeno si stabilizzano nel tempo e vengono raggiunti livelli più elevati di disidratazione. Pertanto, sembra che la ritenzione del glicogeno muscolare, evitando l’esercizio che si basa fortemente sull’uso del glicogeno, possa essere importante se i metodi di perdita di acqua devono effettuare una perdita favorevole di ECW rispetto a ICW (ECW > ICW) in modo tale che la dimensione muscolare venga mantenuta mentre l’ECW interstiziale viene preferibilmente perso, migliorando l’aspetto della “definizione” muscolare. Allo stesso modo, l’immagazzinamento e la ritenzione del glicogeno muscolare dipendono fortemente dalla disponibilità di potassio (un catione intracellulare primario – vedi sopra) [41,42,43,44,45,46], quindi sembra che garantire un’adeguata assunzione di potassio durante le procedure di carico di carboidrati e disidratazione sia fondamentale per ottimizzare l’aspetto scenico.

È importante sottolineare che se le alterazioni dell’osmolarità plasmatica (attraverso i cambiamenti nell’acqua corporea totale e degli elettroliti) raggiungono una soglia fisiologica, allora una complessa rete neuroendocrina in tutto il corpo, nel cervello, vasi sanguigni, reni e ghiandole endocrine, risponderà per stabilizzarlo [47] . L’osmolarità plasmatica è influenzata dalle variazioni (aumento o diminuzione) della concentrazione di soluti (cioè sodio) nel sangue nonché dalle variazioni del volume del fluido; il volume del fluido è influenzato dall’acqua corporea totale (TBW) [48]. L’osmolarità plasmatica può aumentare per un’eccessiva perdita di acqua o per un aumento significativo dell’assunzione di sodio; al contrario, l’osmolarità plasmatica può diminuire con un consumo insufficiente di elettroliti o un’eccessiva assunzione di acqua [49]. L’osmolarità plasmatica e la pressione sanguigna sono regolate in modo tale che l’aumento dell’osmolarità plasmatica si traduca in una diminuzione della pressione sanguigna e viceversa [49]. Inoltre, le variazioni della pressione sanguigna mediate dallo spostamento dell’osmolarità plasmatica sono contrastate dai barocettori arteriosi e renali [50].

Durante la disidratazione, come potrebbe essere impiegato durante la Peak Week, l’osmolarità plasmatica aumenta, la pressione sanguigna diminuisce ed i barocettori renali nell’apparato iuxtaglomerulare (JGA) rilasciano l’ormone Renina; a sua volta, questo attiva il sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone (RAAS) [51]. Quando viene attivato il RAAS, viene avviato il processo di mantenimento dell’omeostasi dei fluidi, elettroliti e pressione sanguigna [51] e alla fine rilascia l’ormone Aldosterone dalle ghiandole surrenali per perfezionare ulteriormente l’omeostasi [52, 53]. I barocettori nell’aorta e nelle arterie carotidi rilevano anche una diminuzione della pressione sanguigna e segnalano il rilascio dell’Ormone Antidiuretico (ADH, noto anche come Vasopressina) dalla ghiandola pituitaria per conservare l’acqua, aumentare il volume del sangue e aumentare la pressione sanguigna [48]. Al contrario, se la pressione sanguigna aumenta a causa dell’aumento del volume sanguigno arterioso, gli atri cardiaci percepiscono un allungamento e rilasciano l’ormone Fattore Natriuretico Atriale (ANF) per aumentare l’escrezione di sodio, inibire la vasocostrizione renale, attenuare la secrezione di Renina e infine diminuire il volume sanguigno e la pressione sanguigna [54].

Collettivamente, se l’acqua e il sodio non vengono manipolati e programmati con cura, questi meccanismi fisiologici che lavorano per mantenere il corpo in omeostasi potrebbero non produrre l’effetto desiderato di ridurre selettivamente il fluido nello spazio extracellulare/sottocutaneo. Sebbene questi meccanismi siano in atto per mantenere il corpo in equilibrio, non tutti gli ormoni rilasciati hanno un effetto immediato sul corpo quando l’osmolarità plasmatica è alterata. Ad esempio, uno studio ha mostrato un effetto ritardato dell’ADH quando i ricercatori hanno esaminato gli effetti del carico d’acqua sulla perdita di peso acuta negli atleti di sport da combattimento confrontando una strategia di carico d’acqua per tre giorni in cui il gruppo sperimentale ha consumato 100ml/kg/giorno di acqua rispetto ad un gruppo di controllo che ha consumato 40ml/kg/giorno di acqua [55]. Durante il successivo giorno di disidratazione con entrambi i gruppi che consumavano 15ml/kg/giorno di acqua, i livelli di ADH nel gruppo di carico idrico sono aumentati da ~ 2,3pmol/L a ~ 3,8pmol/L alla 13a ora e ~ 5pmol/L a la 24a ora di restrizione dei liquidi, momento in cui le perdite di massa corporea hanno superato quelle del gruppo di controllo dello 0,6 % (~ 2,5 vs. 3,1 % rispetto al basale) [55]. Pertanto, nonostante l’aumento della produzione totale di liquidi da 3 giorni di carico idrico combinato con un giorno di drastica restrizione dei liquidi, i livelli di ADH stavano ancora salendo oltre le 24 ore di disidratazione [55]. In un altro studio, i ricercatori hanno ridotto l’assunzione di sodio a livelli estremamente bassi (10meq/giorno) per ~ 6 giorni in 16 uomini sani e hanno misurato i livelli di RAAS, Aldosterone plasmatico, sodio urinario e sodio sierico a 24 ore, 48 ore e ~ 6 giorni dopo l’intervento [53]. Sebbene i livelli sierici di sodio siano rimasti abbastanza coerenti tra 137,6 e 139meq/l per il periodo di ~ 6 giorni, i ricercatori hanno riferito che l’attivazione del RAAS era evidente entro 24 ore e diminuiva la produzione di sodio nelle urine da 217meq/24 ore fino a 105meq/24 ore [53]. Inoltre, ci sono volute 48 ore per osservare un forte aumento dei livelli di Aldosterone plasmatico per ridurre ulteriormente la produzione di sodio nelle urine a 59meq/24 ore e altri  ~ 4 giorni affinché la produzione di sodio nelle urine si stabilizzasse a 9,9meq/24 ore [53]. Quindi, c’è un ritardo temporale nello stabilire l’omeostasi di fluidi ed elettroliti durante il quale la manipolazione di acqua e sodio può essere implementata per indurre la diuresi prima che i meccanismi omeostatici protettivi si manifestino completamente per arrestare la perdita di acqua.

Mentre i bodybuilder manipolano spesso l’acqua e/o il sodio alterandone l’assunzione [8, 11, 12, 14, 19, 20], può essere presa in considerazione anche un’altra strategia praticabile per aumentare la diuresi. La letteratura sull’atrofia da disuso e gli adattamenti cardiovascolari all’assenza di gravità durante il volo spaziale [56] rivela una strategia precedentemente descritta [36] che i culturisti possono impiegare per promuovere la diuresi durante le ~ 24 ore prima della competizione. Riposare e/o dormire con una posizione di “inclinazione a testa in giù” (HDT) (tipicamente da − 4 a -6˚ per cui l’intera superficie durante il sonno è inclinata verso il basso [57, 58] simula l’aumento del ritorno venoso cardiaco (e la perdita di pressione ortostatica) che si verifica durante la microgravità. Ciò si traduce in diuresi e risposte cardiovascolari simili a quelle osservate acutamente durante il volo spaziale [57,59], mediate in parte da un aumento del Peptide Natriuretico Atriale (rilasciato dal cuore) e da una riduzione della Renina plasmatica [60,61] Mauran et al., ad esempio, hanno dimostrato che queste risposte ormonali e la diuresi e la natriuresi associate ritornano ai valori di base entro 24 ore [62], provocando una perdita di peso corporeo di circa 1,0-1,3 kg senza variazioni della frequenza cardiaca a riposo o del sangue [58, 60, 61] Brevi periodi di HDT più grave fino a -30 % evocano aumenti graduali della pressione venosa centrale oltre quelli di -6 % HDT [63], sebbene le risposte diuretiche all’angolo HDT siano inferiori a −T6 % non sembra siano stati studiati. Brevi (≤ 2 h) periodi di HDT fino a -40˚ sembrano ben tollerati [64, 65], ma una HDT prolungata ad angoli -12 % aumenta significativamente la pressione intracranica e intraoculare [66]. Inoltre, chi soffre di reflusso gastrico dovrebbe essere consapevole che l’HDT potrebbe in teoria peggiorare la sintomatologia, dato che sollevare la testa sopra il livello del letto (l’opposto dell’HDT) è un rimedio efficace [67,68,69,70]. Questo probabilmente non è un problema per coloro che normalmente non soffrono di reflusso gastrico [71]. Pertanto, i bodybuilder potrebbero plausibilmente impiegare l’HDT durante il riposo e il sonno durante le 12-24 ore prima della competizione per incoraggiare ulteriormente la diuresi se necessario.

Un’altra considerazione quando si manipola l’assunzione di acqua e sodio è il ruolo importante che svolgono nell’assorbimento dei carboidrati. I cotrasportatori sodio-glucosio dipendenti (SGLT) sono proteine ​​presenti nell’intestino tenue che consentono il trasporto del glucosio attraverso la membrana cellulare; una forte evidenza suggerisce che la consegna del trasporto di carboidrati è limitata dalla capacità di trasporto SGLT1 [72,73,74,75]. Poiché il carico di carboidrati sembra avere potenziali benefici per i bodybuilder di apparire “pieni”, è importante la disponibilità di sodio per il co-trasporto del glucosio attraverso le membrane cellulari. È interessante notare che lo studio di de Moraes et al. hanno riferito che il carico di carboidrati ha indotto vari sintomi gastrointestinali nei bodybuilder agonisti [15]. Sebbene l’assunzione di sodio non sia stata riportata in questo studio, alcuni dei sintomi potrebbero essere stati dovuti alla mancanza di sodio nella dieta poiché i bodybuilder hanno riferito di ridurre al minimo l’assunzione di sodio mentre si avvicinano al giorno della gara [11, 14, 20]. Inoltre, poiché ogni grammo di glicogeno attira  ~ 3–4g di acqua nel muscolo [31] e questo è un processo dipendente dal potassio (vedi sopra), una mancanza di acqua e di potassio può anche ridurre l’efficacia del raggiungimento di un aspetto “pieno”.

Gestione del glucosio tramite cotrasportatore sodio-glucosio dipendenti (SGLT)1 e SGLT2. Nell’intestino tenue, il glucosio alimentare viene assorbito principalmente da SGLT1 sulla membrana del bordo a spazzola. SGLT1 ha un’elevata affinità (costante di Michaelis-Menten [Km] = 0,4 mmol/L) per il glucosio e trasporta sodio e glucosio con una stechiometria 2:1. Nel rene, il glucosio filtrato dal glomerulo renale viene riassorbito da SGLT2 e SGLT1 espressi rispettivamente nella membrana luminale dei segmenti (S)1 e S2 e nel segmento S3 dei tubuli prossimali. L’affinità di SGLT2 per il glucosio è inferiore (Km = 2 mmol/L) e il trasporto di sodio e glucosio da parte di SGLT2 avviene con una stechiometria 1:1. GLUT, trasportatore del glucosio.

Contrariamente al tipico obiettivo di ridurre l’acqua corporea (extracellulare, sottocutanea), il disturbo psicologico/stress emotivo può causare ritenzione di liquidi corporei [76] attraverso l’azione delle catecolamine (in particolare della Dopamina) [77,78,79] e degli ormoni surrenalici includendo sia il Cortisolo [80] che l’Aldosterone [81]. La ritenzione idrica durante condizioni sperimentali di stress che richiedono competizione è soggetta a variabilità interindividuale, forse dovuta in parte a differenze genetiche [82]. In casi estremi, situazioni emotivamente stressanti possono evocare polidipsia e alterare l’omeostasi dei fluidi in modo tale che aumenti fino a 9 kg (~ 20 libbre) di massa corporea possono accumularsi in appena 48 ore [78, 79]. Pertanto, c’è supporto per l’osservazione empirica comune che lo stress psicologico possa contrastare i tentativi del bodybuilder agonista di ridurre l’acqua corporea, specialmente nei casi estremi di ansia pre-gara. Gli autori raccomandano di eseguire una prova pratica della strategia della Peak Week  ~ 2–4 settimane prima della competizione effettiva, in parte per ridurre l’ansia e assicurare al concorrente che la strategia della Peak Week è sia gestibile che efficace. Sebbene ciò vada oltre lo scopo di questo articolo, la gestione dello stress è riconosciuta come un aspetto importante della psicologia dello sport [83, 84] ed è molto probabile che sia importante per i concorrenti che trovano gli ultimi giorni prima della competizione così stressanti da influenzare negativamente il loro aspetto sul palco.

Sulla base di questi principi dell’equilibrio idrico-elettrolitico e delle attuali prove disponibili, sembra che la manipolazione dell’acqua e del sodio debba essere attentamente considerata, pianificata e praticata insieme alla manipolazione dei carboidrati se devono essere utilizzate. Sebbene sembrino esserci alcuni potenziali benefici nell’implementazione di queste strategie per migliorare la forma fisica il giorno della competizione, possono verificarsi effetti potenzialmente dannosi se queste variabili vengono calcolate in modo errato e/o con un cronometraggio errato che può causare ai bodybuilder di perdere il loro picco e/o incorrere in problemi di salute; quindi, lasciare queste variabili a se stesse potrebbe essere un’opzione migliore per alcuni concorrenti. Poiché è stato riferito che i bodybuilder considerano la manipolazione del sodio e dell’acqua come pratiche temporanee ma necessarie minimizzando i potenziali rischi coinvolti, è necessario prestare attenzione poiché sono state segnalate misure estreme che hanno portato a condizioni potenzialmente letali [12, 19, 20]. Le sezioni sulle applicazioni pratiche di questo articolo delineeranno ulteriormente come queste variabili possono essere manipolate in modo sicuro sulla base delle prove attualmente disponibili.

Grassi alimentari:

Oltre al glicogeno, le cellule muscolari immagazzinano anche energia sotto forma di Trigliceridi Intramuscolari (IMT). Infatti, nelle cellule muscolari viene immagazzinata quasi la stessa quantità di energia immagazzinata nell’IMT rispetto al glicogeno [85]. Tuttavia, i depositi di IMT variano considerevolmente negli esseri umani, in parte in funzione dello stato di allenamento, del tipo di fibra muscolare, della sensibilità all’Insulina, del sesso e della dieta [85]. L’IMT possono ammontare a ~ 1 % del peso muscolare [86, 87], ma poiché il grasso è meno denso del muscolo scheletrico [88], il volume di IMT in una cellula muscolare completamente “caricata di grasso” potrebbe superare il 2% del volume muscolare [89, 90]. Nei ratti (17), un singolo esercizio può ridurre il contenuto di IMT muscolare del 30% e tre giorni di una dieta ricca di grassi possono aumentare la conservazione dell’IMT di circa il 60% rispetto al basale [91]. Negli esseri umani, il reintegro alimentare di IMT può essere più lento quando anche il ripristino del glicogeno è una priorità [89, 92, 93, 94]. Tuttavia, le riserve di IMT sono aumentate dall’assunzione di grassi nella dieta [91, 95] e ridotte durante l’esercizio di contro-resistenza [96] e di endurance [85].

Sebbene il carico dei grassi sia una strategia nota nell’ambiente del Bodybuilding da molti anni [97, 98], a mia conoscenza la strategia non è stata studiata direttamente nel contesto della Peak Week del bodybuilding (p. es., in combinazione con altre strategie dietetiche come la supercompensazione del glicogeno) . Nello studio sui roditori menzionato sopra [91], tre giorni di dieta ricca di grassi seguiti da tre giorni di dieta ricca di carboidrati (CHO) hanno determinato una supercompensazione sia dei IMT che del glicogeno; tuttavia, e c’era da aspettarselo, 6 giorni di soli CHO elevati hanno prodotto l’effetto di carico di glicogeno previsto, ma non sono riusciti a elevare i livelli di IMT al di sopra del basale. Negli esseri umani, le diete ad alto contenuto di CHO/a basso contenuto di grassi possono effettivamente far precipitare le riserve di IMT [92,93,94], forse perché i IMT vengono utilizzati preferenzialmente per coprire i costi energetici della riparazione cellulare post-esercizio e dell’assemblaggio di glicogeno-glicogenina [94, 99]. Considerando che un bodybuilder di grandi dimensioni (ad es. un uomo di categoria pesi massimi) può trasportare oltre 60kg di muscoli [100, 101], aumentare le riserve di IMT da uno stato relativamente “esaurito” a uno “carico” potrebbe concepibilmente aumentare il volume muscolare di > 1 % [85 ]; ipoteticamente, questo si traduce nell’aggiunta di ≥ 0,6kg di massa magra. Quindi, il carico di grasso sembra essere una strategia promettente da utilizzare in combinazione con il carico dei CHO durante la Peak Week per i bodybuilder, e quindi merita studi futuri in un ambiente controllato.

Proteine alimentari:

Insieme all’assunzione di carboidrati e grassi durante la Peak Week, l’ottimizzazione dell’assunzione di proteine ​​merita di essere trattata, poiché è una componente importante e indispensabile della dieta. La dose dietetica raccomandata negli Stati Uniti (RDA) per le proteine ​​per gli adulti è di 0,8g/kg [102] ed è rimasta invariata dal ~ 1980, nonostante la continua esposizione della sua inadeguatezza. In un invito a rivalutare e rivedere la RDA, Layman [103] ha sostenuto che il fabbisogno proteico è inversamente proporzionale all’assunzione di energia. Quest’ultimo punto si applica alle persone a dieta in generale, ma ha un significato speciale per gli atleti in condizioni ipocaloriche prolungate, incarnate dai bodybuilder agonisti nel pre-gara. Alla luce di prove crescenti, un’assunzione giornaliera di 1,2-1,6g/kg è stata proposta come ottimale per la popolazione generale che mira a ottimizzare la salute e la longevità all’interno di uno stile di vita fisicamente attivo [104]. Verso l’estremità più atletica dello spettro, nella meta-analisi più completa del suo genere, Morton et al. [105] hanno scoperto che un apporto proteico di ~ 1,6g/kg (IC al 95 % superiore di 2,2 g/kg) massimizzava l’ipertrofia muscolare e la forza negli atleti di resistenza amatori non a dieta. In uno studio più rappresentativo dei bodybuilder, Bandegan et al. [106] hanno valutato la sintesi proteica dell’intero corpo tramite il metodo degli indicatori dell’ossidazione degli aminoacidi (IAAO) e hanno determinato un fabbisogno medio stimato di 1,7g/kg/giorno con un intervallo di confidenza superiore del 95% di 2,2 g/kg/giorno vicino al loro massimo muscolare raggiungibile. In un protocollo simile utilizzando il metodo IAAO, Mazzulla et al. [107] hanno stimato che il fabbisogno proteico degli uomini allenati contro-resistenza è di 2,0-2,38g/kg.

In una review sistematica di Helms et al. [108] è stato riferito che 2,3-3,1g/kg di massa magra (FFM) erano appropriati per soggetti allenati contro-resistenza in condizioni ipocaloriche. Tuttavia, dei sei studi inclusi nella review, solo due hanno coinvolto atleti competitivi altamente allenati e solo uno studio ha esaminato i bodybuilder agonisti. Quest’ultimo studio è stato condotto da Mäestu et al. [109], che hanno monitorato la composizione corporea e il profilo ormonale di bodybuilder di livello nazionale e internazionale durante le ultime 11 settimane di preparazione al contest. I concorrenti hanno dichiarato che non stavano utilizzando steroidi da un minimo di due anni prima dello studio. L’assunzione di proteine era di 2,68g/kg (2,97 g/kg FFM) al basale e 2,48 g/kg (2,66 g/kg FFM) al punto di valutazione finale (3 giorni prima della gara).

Chappell et al. [2] hanno riportato che nei bodybuilder di alto livello natural, l’assunzione di proteine di fine preparazione di uomini e donne che si sono posizionati tra i primi 5 è stata rispettivamente di 3,3g/kg e 2,8g/kg. La composizione corporea non è stata riportata in questo studio. Sulla base dei tipici intervalli percentuali di grasso corporeo alla fine della preparazione, l’aggiunta del 4-6% all’assunzione degli uomini e del 13-15% all’assunzione delle donne fornirebbe una stima dei grammi di proteine consumati per kg di FFM. Un caso studio di Kistler et al. [3] su un campione di bodybuilder natural di alto livello ha riportato un apporto proteico di 3,4g/kg (3,6 g/kg FFM). Sebbene la natura descrittiva di questi studi precluda la capacità di trarre conclusioni sul fatto che il livello di assunzione osservato fosse benefico, neutro o dannoso da un punto di vista fisico, sembrano convergere su un dosaggio proteico simile nella fase finale del periodo pre-gara.

Una possibile considerazione per il dosaggio delle proteine ​​durante la Peak Week è se mantenere l’assunzione di proteine ​​statica o modificarla durante le fasi di esaurimento e carico dei carboidrati. Sebbene attualmente non esistano prove concrete su ciò che è ottimale per la nostra conoscenza, lo studio di de Moraes et al. [15] che ha riportato un aumento del volume muscolare e un miglioramento dell’aspetto fisico come risultato di un protocollo di carico di carboidrati fornisce alcune prove che i bodybuilder alterano il loro apporto proteico durante la Peak Week. In questo studio, il protocollo di esaurimento/carico prevedeva tre giorni di dieta a basso contenuto di carboidrati (1,1g/kg) e ad alto contenuto proteico (3,2g/kg) seguiti da un solo giorno di dieta ad alto contenuto di carboidrati (9,0g/kg) e dieta ipoproteica (0,6g/kg). Sembra probabile che si sarebbero verificati aumenti simili del volume muscolare se le proteine ​​fossero state mantenute statiche. Tuttavia, nonostante il ridotto apporto proteico (46,6g nel giorno durante il carico di carboidrati rispetto ai 252,4g nei giorni di scarica dei carboidrati), il disagio gastrointestinale era ancora significativamente maggiore rispetto al gruppo di controllo senza carico di carboidrati. Ciò indica la possibilità che mantenere alta l’assunzione di proteine ​​durante il giorno di carico avrebbe ulteriormente peggiorato i sintomi gastrointestinali, potenzialmente a causa di un’eccessiva assunzione di cibo. Un’alternativa sarebbe quella di mantenere le proteine ​​statiche, ma ridurre il carico di carboidrati (che in questo caso era ~714g), tenendo più di 1 giorno per il carico di carboidrati. Questo sembra un approccio più pratico (vedi sopra), in modo tale che un apporto totale di carboidrati ancora maggiore possa essere consumato ma con meno rischio di problemi gastrointestinali.

Una strategia potenzialmente praticabile per alterare l’assunzione di proteine ​​durante la Peak Week è mantenere l’assunzione di proteine ​​relativamente alta a ~ 2,5–3,5g/kg/giorno durante i primi ~ 3 giorni di esaurimento del glicogeno di una strategia di supercompensazione del glicogeno, seguita da una apporto proteico di ~ 1,6g/kg/giorno durante una dieta ricca di carboidrati per 1-3 giorni (vedi sopra), terminando almeno 24 ore prima della competizione programmata. Successivamente, potrebbe essere impiegata una strategia per indurre la diuresi e (ulteriormente) aumentare le riserve di IMT durante il giorno precedente la competizione seguendo una dieta ricca di proteine ​​e povera di carboidrati (riccha di grassi) per un breve periodo (~12-24 h). Come discusso in precedenza, quando si caricano i carboidrati utilizzando un approccio a basso contenuto di grassi, i livelli di IMT possono diminuire, ma livelli elevati di glicogeno persistono per diversi giorni senza contrazioni impegnative che riducono il glicogeno (ad esempio, esercizio contro-resistenza o eccessiva attività fisica). Alti livelli di glicogeno intramuscolare e dell’acqua intracellulare associata impedirebbero quindi la perdita di ICW che tipicamente accompagna la diuresi. Aumentare l’assunzione di proteine ​​consumate il giorno prima del contest, o semplicemente consumare proteine ​​ad alti livelli tipicamente impiegati dai bodybuilder pre-gara (~ 3,0-3,5g/kg/giorno; vedi sopra) e recentemente dimostrato di essere generalmente sicuro per periodi più lunghi [ 110], incoraggerà una maggiore deaminazione ossidativa degli amminoacidi e l’ureagenesi [111] che si avvicinano ai tassi massimi osservati in individui sani [112, 113]. La clearance dell’urea ematica a sua volta richiede un gradiente osmotico durante la sua escrezione renale, causando così diuresi [114, 115]. Inoltre, il ritorno a una dieta a basso contenuto di carboidrati (ad esempio, una simile a quella utilizzata all’inizio della settimana per il carico di grassi in preparazione al carico di carboidrati) promuoverebbe anche la perdita di acqua corporea [116, 117]. Pertanto, aumentare o mantenere un’assunzione elevata di proteine ​​mentre si riduce l’assunzione di carboidrati e contemporaneamente aumenta l’assunzione di grassi durante il giorno prima della competizione, annullerebbe i guadagni indesiderati di acqua extracellulare/sottocutanea sperimentati durante il carico di carboidrati [118]. Sarebbe inoltre complementare ad altre misure strategiche progettate per indurre la diuresi come la manipolazione dell’assunzione di acqua/sodio/potassio, l’integrazione alimentare e il posizionamento del corpo (ad es. HDT) che offrirebbe anche una seconda opportunità per il carico dei grassi durante la Peak Week. Nell’incertezza sull’efficacia della modifica di de Moraes et al. e altri protocolli può essere mitigata solo per tentativi ed errori, come verrà ulteriormente discusso nella sezione delle applicazioni pratiche, e giustificano ulteriori indagini scientifiche.

Supplementazione alimentare:

Il consumo di integratori è comune tra i bodybuilder ed è spesso manipolato durante le loro fasi preparatorie (cioè off-season e pre-gara) [2, 3, 5]. Sebbene sia ben noto che i bodybuilder utilizzino integratori come proteine in polvere, polimeri del glucosio, stimolanti pre-allenamento, sostanze adattogene/nootrope, creatina, vitamine/minerali, omega-3, termogenici, diuretici erboristici e molto altro [2, 7], c’è una scarsità di dati su come questi integratori influenzino il processo di picco dell’atleta per migliorare la propria condizione fisica. Quindi, discuteremo i potenziali benefici dell’utilizzo di integratori alimentari (cioè polveri di proteine / carboidrati, acidi grassi), creatina ed erbe durante la settimana di punta.

Integratori alimentari che forniscono un substrato energetico come proteine ​​e carboidrati sono stati regolarmente segnalati da altri ricercatori che esaminano i bodybuilder [2, 3, 5]. Chappell et al. [2] hanno esaminato cinquantuno (35 uomini e 16 donne) bodybuilder natural e hanno scoperto che ~ 75 % degli uomini e ~ 89 % delle donne sono stati integrati con polveri proteiche. L’integrazione di carboidrati era meno popolare, con solo il  ~37 % dei concorrenti uomini e nessuna concorrente donna che ne segnalava l’uso. I bodybuilder possono utilizzare questi integratori alimentari come mezzo per manipolare e consumare quantità specifiche di macronutrienti. Come accennato in precedenza nelle sezioni carboidrati e acqua/sodio, i bodybuilder cercano di massimizzare il glicogeno muscolare e il suo effetto osmotico associato come mezzo per aumentare il volume muscolare totale. Pertanto, è comune integrare con varie polveri di carboidrati (ad esempio Destrosio, Ciclo-Destrine altamente ramificata, ecc.). Le caratteristiche dei carboidrati come l’osmolalità, il tasso di clearance gastrica e l’indice glicemico sono alcune delle variabili fisiche che gli atleti dovrebbero prendere in considerazione poiché possono variare significativamente tra le fonti e possono influire sui sintomi gastrointestinali (ad es. gonfiore, crampi, diarrea, stitichezza, ecc.) [ 119,120,121]. Inoltre, è stato dimostrato che l’indice glicemico di diverse fonti di carboidrati influisce sui tassi di sintesi del glicogeno [122, 123]. Questo può essere di maggiore importanza per i bodybuilder che mirano a riempire le riserve di glicogeno in una finestra temporale breve (ad esempio dopo aver preso peso), poiché i carboidrati ad alto indice glicemico hanno dimostrato tassi di risintesi del glicogeno superiori [122]. Tuttavia, in un arco di tempo più lungo (cioè 8 + ore), le riserve di glicogeno possono essere reintegrate in modo simile, indipendentemente dalla frequenza di alimentazione [124], quando si consuma una quantità totale adeguata di carboidrati [125]. Inoltre, i dati hanno dimostrato che la combinazione di proteine ​​e carboidrati può migliorare la risintesi del glicogeno [126]. Tuttavia, sembra prudente che gli atleti non “sperimentino” durante la Peak Week con nuovi CHO, fonti proteiche o altri integratori non integrati nelle strategie specifiche della Peak Week per ridurre il rischio di manifestare sintomi gastrointestinali negativi o altre conseguenze deleterie.

Esistono prove sostanziali a sostegno dell’uso della supplementazione di creatina per i bodybuilder. Chappell et al. hanno riferito che ~ 48 % degli uomini e ~ 51 % delle donne hanno integrato con creatina durante la preparazione del contest [2]. È stato dimostrato che la creatina migliora la composizione corporea (cioè aumenta la massa corporea magra, diminuisce la massa grassa) [127, 128] e aumenta lo stato di idratazione intracellulare [129, 130]. Ziegenfuss et al. [129] hanno dimostrato che una fase di carico di creatina di tre giorni ha aumentato il volume del fluido intracellulare di ~ 3 % senza influire sul fluido extracellulare. L’uso dell’analisi dell’impedenza bioelettrica multifrequenza (MBIA) ha indotto alcuni a interpretare inizialmente i dati con un certo scetticismo. Tuttavia, uno studio di follow-up che impiega lo stesso schema di carico di creatina di tre giorni ha osservato un aumento del 6,6% del volume muscolare della coscia tra gli atleti di potenza NCAA d’élite, come determinato dalla risonanza magnetica standard [131]. È stato anche dimostrato che l’integrazione di creatina aiuta nella sintesi del glicogeno e nella sua supercompensazione [132]. Inoltre, il consumo di CHO con creatina aumenta il carico di creatina [133], che aumenta l’idratazione cellulare come detto sopra [32, 129]. Infine, i livelli di creatina muscolare diminuiscono molto lentamente dopo il carico [134], quindi l’assunzione di creatina dopo il carico di glicogeno nella settimana di picco non è necessaria, tranne forse in piccole quantità per accelerare potenzialmente l’apporto di carboidrati dell’ultimo minuto, il giorno della competizione, nel muscolo scheletrico. Pertanto, l’integrazione di creatina può essere uno strumento potenzialmente efficace durante la Peak Week per l’espansione acuta della massa muscolare. Tuttavia, va notato che non tutti gli individui risponderanno all’assunzione di creatina esogena a fronte di un aumento significativo del contenuto di creatina muscolare [135, 136]. In particolare, i “responder” tendono ad essere quelli che hanno un’area di fibre muscolari di tipo II più ampia (cioè quelli con una propensione innata per lo sprint e/o gli sport di forza/potenza) [137, 138] e/o quelli con creatina iniziale inferiore ai livelli basali, forse a causa della mancanza di assunzione (p. es., coloro che non hanno integrato con creatina o che sono vegetariani che non integrano) [139].

L’integrazione di acidi grassi omega-3 [acido eicosapentaenoico (EPA), acido docosaesaenoico (DHA)] è stata osservata anche nei bodybuilder [2, 3]. Chappell et al. hanno riferito che il 39% degli uomini e il 47% delle donne consumavano un integratore di omega-3 (ad esempio olio di pesce, krill, olio di lino) [2]. Sebbene dati sostanziali in molti dati demografici della popolazione supportino l’uso di EPA e DHA come mezzo per ridurre l’infiammazione sistemica e migliorare la sensibilità all’insulina [140, 141], rimane sconosciuto se ciò possa migliorare il processo di picco.

Come discusso in precedenza, l’uso di diuretici è stato comunemente riportato nel bodybuilding agonistico [8, 19,20,21, 34, 35]. I bodybuilder usano spesso diuretici (sia estratti vegetali che farmaci) per aumentare la produzione di urina ed espellere il sodio nel tentativo di alterare il volume dei liquidi, migliorare la composizione corporea e presentare un fisico più “qualitativo”[142]. Inoltre, alcuni possono utilizzare i diuretici per ridurre la massa corporea totale con l’obiettivo di stabilire una specifica classe di peso [8, 19,20,21, 34, 35, 143]. Ad esempio, Caldwell et al. [143] hanno studiato gli effetti di un diuretico da prescrizione (Furosemide 1,7mg/kg) su atleti di vari sport (ad es. sollevatori di pesi e artisti marziali) e hanno riportato una significativa riduzione della massa corporea totale (-3,1 α 0,8kg) in un periodo di 24 ore. Tuttavia, a causa dei potenziali effetti collaterali e della loro capacità di mascherare l’uso di farmaci per il miglioramento delle prestazioni, i diuretici soggetti a prescrizione sono stati vietati dall’Agenzia mondiale antidoping [144]. Sebbene questi farmaci non siano presumibilmente utilizzati dai bodybuilder natural, sono stati impiegati da agonisti non sottoposti a test [19, 20]. È interessante notare che alcuni integratori a base di erbe che non sono vietati hanno dimostrato un effetto diuretico e possono essere impiegati allo stesso modo da culturisti doped e natural. Ad esempio, è stato dimostrato che il Taraxacum Officinale (Dente di Leone) aumenta significativamente la frequenza di urinazione e la produzione di escrezione in modo acuto (cioè entro una finestra di 10 ore) [145]; tuttavia, per quanto ne sappiamo, nessuna ricerca ha esaminato direttamente il suo impatto sugli spostamenti dei fluidi intracellulari rispetto a quelli extracellulari o sulla sua efficacia durante la Peak Week.

Attività del Furosemide

La vitamina C (acido ascorbico) è idrosolubile e considerata non tossica anche in quantità elevate [146]. Poiché richiede la filtrazione renale per l’escrezione, provoca anche diuresi osmotica [147]. La ricerca supporta un effetto diuretico della vitamina C sia orale che endovenosa [148], con dosi giornaliere di appena 11mg/kg che producono diuresi nei bambini [149], sebbene una dose endovenosa di 500mg non sia riuscita a indurre diuresi nei maschi adulti [150] . Uno studio sia su soggetti sani che su pazienti con carenza di vitamina C ha dimostrato che le perdite urinarie di vitamina C (e la diuresi concomitante) si verificano solo al di sopra della soglia di concentrazioni ematiche di ~ 14mg/L (che corrisponde ai livelli di saturazione dei tessuti). Questi dati suggeriscono che il raggiungimento di concentrazioni ematiche di vitamina C che promuovono la diuresi varia in funzione dei tassi di assorbimento e assorbimento/deposito nei tessuti [151] (3). Dato il suo uso comune, la relativa sicurezza e la potenziale efficacia come diuretico non farmacologico, l’uso dell’acido ascorbico in uno scenario di picco della preparazione (compresi i modelli di dosaggio per ridurre al minimo il disagio gastrointestinale e ottimizzare le concentrazioni ematiche nel contesto dei tempi dei pasti e di altri fattori che possono influenzare l’assorbimento) giustificano ulteriori ricerche. Infatti, a causa della scarsità di ricerche disponibili sull’argomento, è difficile formulare raccomandazioni definitive sull’uso e sul dosaggio durante la Peak Week. Tuttavia, sulla base delle prove disponibili, il dosaggio ripetuto (ogni poche ore) di 500-1000mg di vitamina C è una strategia praticabile da utilizzare durante le 12-24 ore prima della competizione per accelerare potenzialmente la perdita di acqua corporea con effetti collaterali minimi (ad es. disturbi gastrointestinali). Si prega di notare che è necessaria cautela poiché un consumo eccessivo di vitamina C può causare diarrea osmotica [152].

L’uso di un integratore di Caffeina è di menzione speciale per le sue proprietà diuretiche. Dosi di almeno  ~ 250-300mg di Caffeina (2-3 tazze di caffè) possono essere assunte per promuovere la diuresi acuta in coloro che non sono tolleranti alla caffeina a causa dell’uso cronico [153]. D’altra parte, diversi giorni di astinenza possono ripristinare la sensibilità agli effetti diuretici della caffeina (sebbene l’effetto diuretico sia ancora presente solo a queste dosi maggiori) [154]. Anche gli effetti diuretici, migliorativi dell’umore [155] e delle prestazioni della caffeina [156] dovrebbero essere considerati nel contesto di potenziali disturbi del sonno se assunta in modo acuto per promuovere la diuresi per ridurre il peso la notte prima della competizione, così come l’effetto di astinenza se l’uso viene interrotto bruscamente [157]. Una potenziale strategia della Peak Week sarebbe quella di limitare la caffeina all’inizio della settimana (specialmente nei consumatori cronici, per ripristinare la sensibilità), impiegarla all’inizio della giornata come diuretico (p. es., il giorno prima della competizione) per limitare gli effetti negativi su qualità del sonno e continuare il suo uso in seguito (p. es., il giorno della competizione) per prevenire gli effetti di astinenza sia sull’omeostasi dei liquidi che sull’umore e sull’eccitazione [157]. È stato notato che la caffeina può essere impiegata (3-8mg/kg) come agente per accelerare il carico di glicogeno [158], sebbene i dati siano scarsi ed equivoci su questo effetto [159]. Pertanto, gli atleti che potrebbero scegliere di includere la caffeina per aumentare il carico di carboidrati a metà della Peak Week potrebbero anche perdere la sua utilità come diuretico durante i giorni successivi (ad esempio, quando tentano di “asciugarsi” ~ 24h prima di salire sul palco ).

L’uso del farmaco Metformina (500mg-1.5g/die) è utilizzato durante i giorni di ricarica dei CHO della Peak Week. Essa aumenta la sensibilità all’insulina e il miglioramento del ripartizionamento calorico. Nonostante riduca in parte l’assorbimento glucidico e possa alterare la glicogenolisi epatica, molti atleti hanno riferito di usarla con successo aggiustando la quantità di carboidrati la dove necessario e senza compromissioni della supercompensazione del glicogeno muscolare. La pratica d’uso della Metformina ha di gran lunga sostituito il malsano utilizzo dell’Insulina la quale mostra una quantità secreta più che sufficiente dall’alimentazione. L’aggiunta di un GDA (farmacologico o OCT) ne migliora l’effetto. Si sconsiglia un suo inserimento nella Peak Week se non già testata in precedenza dal momento che può causare disturbi gastrointestinali con conseguenti eventi diarroici.

Come sostituto alla Metformina, l’uso della Berberina è stato applicato da alcuni atleti durante la Peak Week nei giorni di ricarica dei carboidrati. L’attività della Berberina, similmente alla Metformina, si esplica attraverso i PPARγ e l’attivazione indiretta del AMPK, con conseguente aumento del uptake del glucosio (migliore insulino sensibilità) sia da parte del miocita che del adipocita (quest’ultimo, in una condizione di bassa concentrazione e deplezione epatico-muscolare di glicogeno risulta limitato per ciò che concerne la ripartizione calorica).

Meccanismo d’azione della Metformina

I dosaggi di Berberina che hanno dimostrato un impatto statisticamente significativo, anche alla luce della ricerca scientifica svolta fino ad oggi, vanno dai  500mg a 1.5g al giorno assunti in 2-3 somministrazioni di uguale portata  distribuite durante la giornata (preferibilmente prima dei pasti principali). L’abbinamento con la Silimarina ha mostrato di aumentarne la biodisponibilità. L’emivita della Berberina è stata stimata essere di circa 5-6 ore.(The 5-minute Herb and Dietary Supplement Consult – a cura di Adriane Fugh-Berman (pag. 158)) Ai dosaggi comunemente usati nella medicina tradizionale e nel limite di 1.5g/die la Berberina è ben tollerata e sicura; a dosaggi più alti può determinare: disturbi gastrointestinali, dispnea, diminuzione pressoria, sintomi simil-influenzali e danno cardiaco. (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10767672)

Effetto della Berberina sul metabolismo glucidico

I “NO-booster” vengono utilizzati da alcuni atleti il giorno del contest. Alcuni si limitano ad assumere 8g di Citrullina Malato 30 minuti-1h prima di salire sul palco. Altri, invece, aggiungono, al fine di potenziare l’effetto “pump”, il Sildenafil assumendolo ad un dosaggio di 25-100mg 1h prima di salire sul palco.

Alcuni “intrepidi” con poca conoscenza su farmacologia ed emivita, somministrano per via intramuscolare nei gruppi carenti la PGF1-α per aumentare il “pump” in questi gruppi. Si tratta di una pratica di nicchia e, in definitiva, poco efficace per via della breve vita attiva della molecola (pochi minuti) e la scomodità di utilizzo durante un contest.

Sono anche utilizzate le soluzioni topiche anti-infiammatorie e drenanti per aumentare il flusso dei liquidi extracellulari dalle zone critiche come le gambe. Molecole come il Glicosaminoglicanopolisolfato che viene applicato a partire dall’ultimo post workout del “Leg Day” fino alla sera prima del contest con applicazione in 3 somministrazioni. La sua efficacia è risultata apprezzabile e additiva con le altre pratiche per il controllo dei liquidi extracellulari, anche se vanno comunque valutate le risposte individuali.

I bodybuilder utilizzatori di PEDs usano in vista della Peak Week anche pratiche per la riduzione marcata degli estrogeni per via farmacologica (vedi inibitori dell’Aromatasi) nel tentativo di ridurre lo spessore della pelle. L’Estradiolo, come il GH, è implicato nella sintesi di collagene, una riduzione ulteriore di queste due variabili potrebbe ridurre nel giro di 14 giorni lo spessore cutaneo. La pratica, per essere oggettiva, deve basarsi sugli esami ematici di controllo per valutare i livelli di E2. Non esiste alcuna letteratura in merito ma semplici dati aneddotici raccolti negli anni. E’ scontato dire che gli effetti negativi degli estrogeni sullo spessore della pelle possono richiedere diversi mesi affinché vangano eliminati completamente, quindi il mantenimento di un elevato livello di estrogeni durante i primi mesi di preparazione alla gara per poi farli calare fino al livello minimo solo un paio di settimane prima dell’esibizione non è l’ideale. Per tutti coloro che usano grandi dosi di AAS aromatizzabili per tutta la maggior parte della preparazione, tenete questo bene in mente.

Fibre e FODMAP:

La fibra alimentare è materia vegetale indigeribile proveniente da fonti di carboidrati che possono essere classificate come idrosolubili o insolubili (cioè fermentabili) e svolge un ruolo vitale nella salute gastrointestinale e nella regolarità del movimento intestinale [160]. I culturisti che mirano a ridurre la massa corporea totale durante la Peak Week come mezzo per fare una particolare classe di peso possono trarre beneficio dalla riduzione intenzionale dell’assunzione di fibre. Ad esempio, Reale et al. [55] hanno studiato l’effetto delle manipolazioni dietetiche (cioè macronutrienti, fibre, sodio e assunzione di acqua) sulla perdita di peso acuta per gli atleti da combattimento e hanno prescritto 10-13g di fibre per ridurre il contenuto intestinale totale e la massa corporea. Diverse fonti di cibo influiscono sulle caratteristiche di massa fecale e quelle ricche di fibre tendono ad aumentare l’acqua nello spazio interstiziale e la massa delle feci [161]. I dati hanno dimostrato che una relazione diretta tra l’assunzione di fibre e il contenuto intestinale con periodi di restrizione acuta (di appena due giorni) è efficace nello svuotamento/pulizia del tratto gastrointestinale [162]. Pertanto, la logica per ridurre l’assunzione di fibre prima della competizione è in genere quella di ridurre al minimo il rischio di gonfiore/ritenzione idrica [11] e, per alcuni, può essere una strategia efficace per stabilire una classe di peso.

Sebbene la ricerca sull’argomento sia limitata, Chappell et al. [11] hanno riferito che i bodybuilder che hanno osservato hanno ridotto gravemente il loro apporto di fibre principalmente riducendo/omettendo le verdure fibrose durante la Peak Week. Inoltre, è ben noto che oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentati (FODMAP) sono scarsamente assorbiti, attirano fluidi all’interno del tratto gastrointestinale e aumentano la probabilità di gonfiore/gas [163]. Pertanto, potrebbe essere consigliabile per i bodybuilder limitare le fonti di cibo ad alto contenuto di FODMAP durante la Peak Week. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui anche le fonti alimentari come latticini e fonti ricche di lattosio e glutine sono aneddoticamente limitate in questo periodo. D’altra parte, fonti di fibre come la gomma di guar [164] e lo psillio [165], che hanno dimostrato di ridurre i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile dominata sia da stitichezza che da diarrea, potrebbero essere impiegate su base individuale per compensare il disagio gastrointestinale, come notato sopra nello studio di de Moraes et al. [15]. Nonostante la mancanza di dati all’interno di questo gruppo demografico, la fibra alimentare è probabilmente una variabile che può influire sul processo di picco di un bodybuilder e dovrebbe essere considerata su base individuale nel contesto con gli altri aspetti dell’approccio della Peak Week.

Allenamento:

Poiché i bodybuilder si allenano invariabilmente e principalmente con esercizi contro-resistenza (RE), la misura in cui questo tipo di allenamento in particolare riduce il glicogeno e i IMT merita una considerazione. In uno studio iniziale sull’uso di substrati energetici durante un RE in bodybuilder allenati, Essen-Gustavsson e Tesch [96] hanno scoperto che una sessione di RE ad alto volume nella parte inferiore del corpo riduceva sia il glicogeno che i IMT del vasto laterale di ~ 30%, e che sia i livelli a riposo che l’entità della deplezione era correlata rispettivamente agli enzimi energeticamente connessi come la esochinasi e il 3-idrossi-Co-A deidrogenasi. In un altro studio, solo tre serie di Curl delle braccia (80% 1RM o ~ 12RM) erano sufficienti per ridurre il glicogeno del bicipite brachiale del 24 % e aumentare il lattato muscolare ~ 20 volte nei bodybuilder allenati [166]. Allo stesso modo, Roberg et al. [167] hanno scoperto che 6 serie di estensioni del ginocchio (~ 13 ripetizioni/serie; intervalli di riposo di 2 minuti) hanno ridotto il glicogeno muscolare di circa il 40% negli uomini allenati contro-resistenza, ma i livelli di glicogeno hanno recuperato il 50% delle perdite durante le 2 ore di riposo a digiuno, presumibilmente a causa dell’immediata assimilazione post-esercizio dei metaboliti glicogenolitici (ad esempio, lattato) [168]. Lo stesso gruppo ha anche scoperto che un regime di corrispondenza del carico di lavoro esterno (impiegando il doppio del carico in modo tale da impostare una media di solo  ~ 6 ripetizioni ad esaurimento) produceva un modello quasi identico di uso di glicogeno e recupero immediato post-esercizio. Pertanto, il RE eseguito con intervalli di ripetizioni comunemente impiegati tra i bodybuilder riduce sostanzialmente le riserve di glicogeno muscolare in un modo correlato al carico di lavoro/volume di una data seduta.

In linea con la ricerca precedente che suggeriva che l’ossidazione del grasso è maggiore nelle donne così come in quelle con livelli di grasso corporeo più elevati [85, 169], uno studio su donne obese non allenate ha rilevato che il 42% delle riserve IMT miste a riposo sono state utilizzate solo durante 6 serie di 10 ripetizioni di estensione del ginocchio [170]. Mentre i IMT erano tornati al 33% al di sotto della linea di base 2 ore dopo l’esercizio, nonostante l’assenza di assunzione di cibo, le riserve di glicogeno muscolare sono diminuite solo del 25% nel corso della seduta, ma non sono riuscite a recuperare significativamente in assenza di consumo di cibo [170]. I dati di cui sopra suggeriscono che il ripristino dei IMT può procedere lentamente in luogo delle fonti alimentari [171], mentre per i CHO è necessario per ripristinare sostanzialmente i livelli di glicogeno una deplezione acuta post allenamento contro-resistenza con riassorbimento degli intermedi glicolitici.

Pertanto, il potenziale di modificare le riserve di glicogeno intramuscolare e di IMT attraverso la dieta (vedi sopra) e l’esercizio è chiaro, ma gli effetti corrispondenti possono essere variabili tra i bodybuilder in funzione della dieta pre-gara (la composizione e il contenuto dei macronutrienti possono influenzare le riserve a riposo), attività enzimatica muscolare e sesso, tra le altre variabili non studiate. Anche il danno muscolare indotto dall’esercizio può essere importante nell’interpretazione dei dati di cui sopra poiché è altamente variabile [172,173,174], una funzione dello stato di allenamento [175] e noto per compromettere la sensibilità all’insulina muscolare [176] così come il rifornimento di glicogeno [177] . Evitare un danno muscolare eccessivo può quindi essere importante quando si considera una strategia di allenamento contro-resistenza durante la Peak Week non solo per massimizzare le riserve di glicogeno e IMT, ma anche per prevenire indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata indesiderato che potrebbe impedire la capacità di attivare i muscoli [178] durante la posa sul palco. In effetti, le richieste energetiche di recupero da un allenamento apportante danno muscolare possono essere così grandi che in casi estremi i livelli di glicogeno possono continuare a diminuire dopo l’esercizio e non recuperare completamente in 24h nonostante un elevato consumo di CHO (10 g/kg/giorno) [179 ]. La variabilità nell’entità dell’infiammazione post-esercizio [180, 181] può anche spiegare la sopra menzionata variabilità nell’entità dell’idratazione che accompagna il carico di glicogeno. I livelli di IMT a riposo e di glicogeno sono più elevati e vengono utilizzati più facilmente in soggetti allenati che impiegano un carico di lavoro assoluto maggiore. Tuttavia, il ripristino post-esercizio di entrambe le riserve di energia è correlato alla sensibilità all’insulina e procede in modo simile rispetto ai depositi a riposo, indipendentemente dallo stato di allenamento [182]. Pertanto, l’elevata sensibilità all’insulina generalmente osservata nei bodybuilder nel pre-gara [5, 7, 90, 183, 184] conferisce un vantaggio per i depositi di IMT e il ripristino del glicogeno dopo sessioni di allenamento ad alto fabbisogno di substrato [185], ma la loro maggiore massa e capacità muscolare per ridurre le riserve di energia muscolare impongono che l’assunzione di grassi alimentari e CHO debba essere proporzionalmente grande per garantire un effetto super compensativo.

Applicazioni pratiche per la Peak Week:

È evidente che i bodybuilder implementano una varietà di strategie per la Peak Week nonostante la scarsità di ricerche specifiche sulla sicurezza e l’efficacia sui bodybuilder. Poiché ci sono molte variabili correlate da considerare durante il processo di picco che si influenzano direttamente a vicenda, non sono possibili raccomandazioni specifiche per la Peak Week. Inoltre, ci sono significative risposte interindividuali alla manipolazione di queste variabili e i bodybuilder potrebbero dover adottare approcci diversi durante la Peak Week a seconda delle loro circostanze, obiettivi e come il loro corpo risponde alle alterazioni delle variabili. Ad esempio, gli approcci alla Peak Week potrebbero differire sostanzialmente in base alle circostanze di un bodybuilder che deve raggiungere un peso per una specifica classe rispetto a un bodybuilder che non è vincolato da un limite di peso. Allo stesso modo, gli atleti che gareggiano nelle varie suddivisioni di categoria del bodybuilding potrebbero dover adottare approcci diversi (ad es. women’s physique/figure/wellness/bikini/fitness e men’s physique/classic physique) in cui gli standard di giudizio possono differire da quelli del bodybuilding tradizionale.

Mentre una discussione approfondita degli standard di giudizio sfumati e in qualche modo fluidi (che variano tra le numerose federazioni/organizzazioni di bodybuilding) delle varie categorie del culturismo competitivo esula dallo scopo di questo articolo, le seguenti considerazioni generali possono essere applicate nella costruzione di una strategia della Peak Week per queste altre categorie:

  • (1) Lo standard per la magrezza nelle divisioni femminili non bodybuilding spesso richiede livelli di grasso corporeo più elevati e meno muscolosità rispetto al bodybuilding femminile, e può anche quindi richiedere poche o nessuna delle manipolazioni della Peak Week descritte fino a qui ;
  • (2) Aneddoticamente, le concorrenti femminili (tipicamente nelle divisioni Bikini o Figure) possono ridurre intenzionalmente il grasso corporeo totale per ottenere livelli di grasso corporeo inferiori e competitivi e, invece di applicare procedure diuretiche, “carico d’acqua”, nel tentativo di ridurre la comparsa di eccessivo magrezza, mantengono l’aspetto desiderato di una distribuzione del grasso corporeo più uniformemente e omogenea;
  • (3) I concorrenti fitness, in cui vengono giudicate le prestazioni fisiche e l’aspetto fisico, potrebbero dover creare approcci altamente individualizzati al ripristino dell’acqua e dei depositi energetici che ottimizzino la competitività, minimizzino il rischio di lesioni e tengano conto della tempistica relativa dei set di routine e fisici nel corso di una gara.

Date le attuali prove discusse nel corso di questo articolo, offro le seguenti raccomandazioni generali per i bodybuilder al fine di aiutare i lettori a sviluppare strategie personalizzate per la Peak Week che coordinino l’assunzione di macronutrienti, le strategie di idratazione e di gestione degli elettroliti, l’integrazione e la routine di allenamento contro-resistenza/endurance(cardio). È importante sottolineare che queste raccomandazioni non dovrebbero essere considerate “regole” concrete in quanto esiste una significativa variabilità individuale di come gli atleti possono rispondere alla manipolazione di queste variabili. Infatti, a causa del numero di variabili che possono essere manipolate e degli scenari espansi che possono verificarsi, presento linee guida più specifiche di Peaking per:

  • (1) Un concorrente Physique femminile (60kg che non è vincolata da un limite di peso (BB1);
  • (2) un bodybuilder supermassimo (105 kg) che non è vincolato da un limite di peso (BB2);
  • (3) un concorrente Classic Physique che deve essere sotto un limite di peso (85 kg) in base alla sua classe di altezza (BB3)

In tutte le circostanze, si presumerà che i concorrenti effettuino il check-in (e il peso, se applicabile) il venerdì pomeriggio per competere il sabato mattina per il giudizio preliminare e il sabato sera per le finali. Si prega di notare che, nonostante queste circostanze specifiche, le raccomandazioni presentate nella Fig. 1 e nelle Tabelle 1, 2 e 3 dovrebbero essere viste come punti di partenza raccomandati che probabilmente richiederanno aggiustamenti basati sulle risposte dell’individuo all’alterazione delle variabili. La strategia simulata della Peak Week nella Fig. 1 è presentata solo come illustrativo esemplificativa e non devono essere considerati consigli dietetici, di esercizio fisico e/o medici prescrittivi. Si prega di fare riferimento al testo per una spiegazione razionale dettagliata per la manipolazione di macronutrienti, acqua, sodio e potassio presentata nella Fig. 1 e nelle Tabelle 1, 2 e 3. A tal fine, le strategie della Peak Week includerebbero le seguenti considerazioni:

1) Durante un protocollo di esaurimento/supercompensazione indotta da allenamenti contro-resistenza, l’attività fisica dovrebbe coinvolgere tutti i principali gruppi muscolari e impiegare una varietà di esercizi per garantire una riduzione diffusa dei livelli di IMT e di glicogeno nell’intera massa muscolare.

2) Utilizzando uno schema di ripetizione relativamente alto (>12 ripetizioni) con un approccio a volume più basso o più alto [167], ed esercitando uno sforzo e/o un carico sufficienti per impegnare la maggior parte dei tipi di fibre [186,187,188] ma fermandosi prima del cedimento applicando un rapporto tra volume/intensità ben delineato e non eccessivo, evitando nuovi esercizi, sembra un approccio prudente per garantire che il danno muscolare sia ridotto al minimo.

3) Gli esercizi che sovraccaricano il muscolo nella fase di allungamento/o eccentrico dominante (es. Stacco da terra rumeno, DB Lat Pullover, DB Fly) dovrebbero essere ridotti al minimo poiché è stato dimostrato che l’allenamento con modalità di allungamento aumenta il danno muscolare [189].

4) L’esercizio cardiovascolare dovrebbe essere ridotto o eliminato preferibilmente prima di entrare nella fase compensatoria delle riserve energetiche nei giorni precedenti la competizione.

5) L’allenamento contro-resistenza durante la Peak Week dovrebbe generalmente avvenire all’inizio della settimana, distribuito su 3-4 giorni a seconda della suddivisione di allenamento abituale dell’atleta, per consentire un tempo adeguato per la supercompensazione durante i giorni prima di salire sul palco di gara. Allenare le gambe per prime in questa serie di allenamenti della Peak Week consente il massimo tempo per il recupero in questi gruppi muscolari.

6) Il potenziale per il carico di glicogeno di compromettere la conservazione dei IMT suggerisce che la separazione dei periodi di carico di glicogeno e di grassi può essere prudente, con una dieta ad alto contenuto di CHO che precede gli sforzi per il carico dei grassi [92]. Ridurre la coingestione dei grassi con grandi quantità di carboidrati può anche evitare gli effetti negativi degli acidi grassi liberi sulla formazione di glicogeno [190], ridurre la distensione gastrica accelerando lo svuotamento gastrico, nonché migliorare il carico di glicogeno aumentando ulteriormente i livelli di glucosio nel sangue e di insulina [191,192,193] . Se consumate in giorni diversi, le diete contenenti grassi a 2g/kg/giorno [92] e CHO a 10g/kg/giorno [100] possono ripristinare e potenzialmente sovracompensare i rispettivi depositi energetici entro 24 ore. La variabilità individuale e gli obiettivi/bisogni dell’atleta possono richiedere strategie diverse, incluso consentire >24h per il carico di glicogeno [194] se le circostanze lo consentono.

7) Piuttosto che introdurre nuovi alimenti, consumare principalmente gli stessi costituenti dietetici durante la Peak Week che si consumano durante le settimane/mesi precedenti può anche essere utile per evitare disturbi gastrici. Poiché le fonti di carboidrati di frutta e fruttosio stimolano meglio il ripristino del glicogeno epatico, mentre il glucosio lo fa per il glicogeno muscolare [195], si raccomanda che la maggior parte dei carboidrati consumati provenga da fonti a base di amido/glucosio. Da notare, tuttavia, che è stato dimostrato che combinazioni di glucosio, fruttosio e saccarosio con bevande sportive aumentano la velocità di assorbimento dei liquidi dall’intestino tenue prossimale [196]. Pertanto, si consiglia agli atleti di sperimentare prima della settimana di picco su quali fonti di carboidrati funzionano meglio per loro.

8) Garantire che le proteine ​​siano co-ingerite, anche se in quantità inferiori, con i CHO durante la ricarica può aumentare il rilascio di insulina e facilitare il carico di glicogeno [197, 198].

9) Un apporto proteico più elevato (es. 3,0g/kg) può essere combinato con un apporto più elevato di grassi durante i periodi di deplezione dei CHO per avviare il carico di grassi seguito da un carico di CHO con un apporto proteico inferiore (es. 1,6 g/kg) per compensare le riserve di glicogeno . Una volta completato il carico di carboidrati, può essere implementata una dieta ad alto contenuto proteico (3,0 g/kg)/alto contenuto di grassi/basso contenuto di CHO. Ancora una volta, la variabilità individuale e gli obiettivi/bisogni dell’atleta possono richiedere strategie diverse per raggiungere il massimo della forma fisica.

10) Varie strategie di carico dei CHO sono state riportate nel bodybuilding. Ad esempio, Roberts et al. [199] discussero la pratica della ricarica dei CHO a caricamento frontale (l’assunzione è maggiore all’inizio della settimana e poi ridotta per mantenere la pienezza muscolare fino alla competizione) e il carico dei CHO a caricamento posteriore (l’assunzione avviene più tardi nella settimana ma può comportare meno tempo per apportare modifiche al fisico). In alternativa, potrebbe essere utilizzato anche un modello in cui i CHO vengono esaurite all’inizio della settimana (7 − 4 giorni out), caricati a metà settimana (3 − 2 ​​giorni out), e quindi regolati/mantenuti (1 giorno out). Nello studio di de Moraes et al. [15], è stato utilizzato un metodo di carica a ritroso, ma sono necessarie ulteriori prove prima di formulare raccomandazioni più concrete. Sulla base delle prove attuali, si raccomanda il terzo modello discusso, come presentato nella Tabella 1 per la concorrente Physique femminile di 60kg e il bodybuilder di sesso maschile di 105kg, per ottenere i benefici del carico frontale e del carico posteriore; tuttavia, devono essere prese in considerazione le risposte/preferenze individuali al carico dei CHO e le esigenze dell’individuo (ad es., fare una classe di peso può richiedere il carico a ritroso).

11) La precedente dieta pre-gara può influenzare la tolleranza del concorrente alla manipolazione dietetica, nonché l’entità della restrizione dietetica di grassi e CHO durante i giorni di allenamento della Peak Week necessari per accelerare un successivo effetto super-compensativo. Ad esempio, quei concorrenti che seguono una dieta ricca di CHO/basso contenuto di grassi, ma molto ipocalorica (lasciando i livelli di glicogeno cronicamente bassi) potrebbero evitare di eliminare completamente i CHO durante l’allenamento della Peak Week. Tuttavia, coloro che hanno utilizzato un approccio a basso contenuto di carboidrati potrebbero continuare a utilizzare una dieta di questo tipo durante la Peak Week, ma potrebbero diffidare di applicare un allenamento eccessivo (invece di un approccio tapering) se i livelli di glicogeno sono già probabilmente diminuiti all’inizio della Peak Week.

12) In generale, ridurre i CHO e aumentare l’assunzione di grassi (in base alla tollerabilità individuale) durante i giorni di allenamento (“esaurimento”) della Peak Week può facilitare il carico di glicogeno durante i giorni successivi all’allenamento e, contemporaneamente, garantire che i livelli di IMT non vengano abbassati eccessivamente. Dopo 1-2 giorni di carico di glicogeno a metà/fine settimana come raccomandato nel prima citato approccio al carico dei CHO, i livelli di IMT potrebbero essere aumentati il giorno prima della competizione con un approccio ad alto contenuto di grassi/basso di CHO che servirebbe anche a ridurre l’acqua corporea in eccesso [117]. Ancora una volta, la variabilità individuale e gli obiettivi/bisogni dell’atleta possono richiedere strategie diverse con queste linee guida generali come base.

13) La pratica del carico d’acqua seguita dalla restrizione idrica è stata documentata come una strategia di perdita di peso sicura ed efficace per perdere TBW negli atleti da combattimento [55]. Sebbene il rapporto tra ECW e ICW perso non sia stato riportato in questo studio, Costill et al. [40] (come affermato in precedenza) hanno riportato che il rapporto tra ECW e perdita di ICW rimane vicino a 1:1 quando i livelli di glicogeno si stabilizzano nel tempo e vengono raggiunti livelli più elevati di disidratazione. Pertanto, sembra che la ritenzione del glicogeno muscolare, evitando l’esercizio che fa molto affidamento sul glicogeno, possa essere importante se i metodi di perdita di acqua devono essere effettuati per una perdita favorevole di ECW rispetto a ICW (ECW > ICW) in modo tale che la dimensione muscolare venga mantenuta mentre L’ECW interstiziale viene preferibilmente perso, migliorando potenzialmente l’aspetto della “definizione” muscolare.

14) Molte variabili possono alterare l’approccio utilizzato per il carico/esaurimento idrico (cioè quanta acqua l’atleta è abituato a bere regolarmente), ma i partecipanti allo studio di Reale et al. hanno perso con successo la TBW bevendo una grande quantità di acqua (100ml/kg) per tre giorni, seguita da una significativa riduzione dell’acqua a 15ml/kg il quarto giorno [55] senza effetti deleteri. In alternativa, l’assunzione di acqua può essere mantenuta relativamente costante (ad eccezione di qualche ora prima di gareggiare per prevenire qualsiasi distensione addominale) per ridurre al minimo le variabili manipolate; in effetti, questo potrebbe essere l’approccio migliore se non vengono eseguite prove pratiche prima della competizione. Mantenere una ratio Sodio:Acqua pari a 1:0.4 (per semplificare, 1L d’acqua = 1g di Cloruro di Sodio (Na)= 400mg di Sodio) fino al giorno precedente alla gara aggiungendo nelle ultime 24h il Glicerolo (generalmente 3 dosi da 10-20ml) il quale ha un noto effetto osmotico intracellulare.

15) Poiché il glicogeno muscolare crea un effetto osmotico, attirando l’acqua nella cellula mentre il glicogeno viene immagazzinato [26], il carico di CHO dovrebbe essere effettuato insieme all’assunzione di acqua [199] in modo che l’ICW muscolare possa essere massimizzato mentre l’assunzione di CHO è alta. Dopo circa tre giorni di carico d’acqua con un apporto di CHO più alto (se si utilizza il metodo di carico d’acqua), l’assunzione di acqua può diminuire a ~ 15ml/kg per 24h, il che aiuterà a indurre la diuresi entro ~ 24h prima della competizione. Si noti che questa raccomandazione si basa su quanto studiato e riportato; tuttavia, gli autori riconoscono che maggiori assunzioni di acqua possono essere preferenziali, come 30-40ml/kg, ma non sono state studiate e quindi richiedono ulteriori ricerche.

16) Aumentare o mantenere un’assunzione elevata di proteine mentre si riduce il consumo di carboidrati e contemporaneamente aumentare l’assunzione di grassi durante il giorno prima della competizione può invertire i guadagni indesiderati di acqua extracellulare/sottocutanea sperimentati durante il carico dei carboidrati [118].

17) È stato riportato che l’assunzione di sodio è significativamente ridotta dai bodybuilder durante la Peak Week [11, 14, 20], ma i tempi di questa pratica dovrebbero essere attentamente implementati e l’assunzione di sodio non dovrebbe essere ridotta contemporaneamente al carico dei CHO poiché l’evidenza suggerisce che la somministrazione di CHO è limitata dalla capacità di trasporto di SGLT1 [72,73,74,75]. Una volta che l’assunzione di CHO è diminuita dopo il carico di glicogeno, l’assunzione di sodio può essere temporaneamente ridotta poiché la ricerca indica che l’attivazione del RAAS è evidente entro 24 ore e sono necessarie  ~ 48 ore per osservare un forte aumento dei livelli di Aldosterone plasmatico [53]. Questo ritardo temporale nello stabilire l’omeostasi di fluidi ed elettroliti, se programmato correttamente, può essere implementato per indurre la diuresi prima che i meccanismi omeostatici protettivi si manifestino completamente per arrestare la perdita di acqua. A seconda delle esigenze del bodybuilder prima della competizione (ad esempio, necessità di stabilire una classe di peso), nella Tabella 2 sono presentati vari scenari di assunzione di sodio. In alternativa, il sodio può essere mantenuto come costante per ridurre al minimo le variabili manipolate; in effetti, questo potrebbe essere l’approccio migliore se non vengono eseguite prove pratiche prima della competizione. Il mantenimento di una corretta ratio Sodio:Acqua, accennata in precedenza, garantisce una migliore escrezione di liquidi e impedisce la comparsa di stati di iponatriemia. L’assunzione di Potassio (2g netti al giorno) garantisce all’atleta una migliore omeostasi qualitativa dei liquidi corporei.

18) I bodybuilder utilizzatori di PEDs che presentano nel proprio protocollo il GH, dovrebbero cessarne l’uso almeno 14-7 giorni prima della competizione dal momento che il peptide ha una attività di alterazione del RAAS.

18) L’immagazzinamento e la ritenzione del glicogeno muscolare dipendono fortemente dalla disponibilità di potassio (un catione intracellulare primario) [41,42,43,44,45,46]. Pertanto, garantire un’adeguata assunzione di potassio durante le procedure sia di carico dei carboidrati che di riduzione dell’acqua (se aggiunta) è probabilmente fondamentale per ottimizzare l’aspetto della pratica attraverso lo stoccaggio e la ritenzione di glicogeno muscolare e quindi stimolare una perdita più favorevole di ECW rispetto a ICW quando si utilizzano strategie di disidratazione.

19) Ridurre l’assunzione di fibre durante la Peak Week sembra offrire alcuni potenziali benefici. Rale et al. [55] hanno riferito che la riduzione dell’assunzione di fibre a 10-13 g/giorno per ~ 5 giorni ha ridotto con successo il contenuto intestinale totale e la massa corporea nei contact fighters. I dati hanno dimostrato che una relazione diretta tra l’assunzione di fibre e il contenuto intestinale con periodi di restrizione acuta (di appena due giorni) è efficace nello svuotamento/pulizia del tratto gastrointestinale [162]. Pertanto, la logica per ridurre l’assunzione di fibre prima della competizione è tipicamente quella di ridurre al minimo il rischio di gonfiore/ritenzione idrica [11] e, per alcuni, parte del loro processo per creare una classe di peso.

20) L’utilizzo di alcuni integratori durante la Peak Week può rivelarsi vantaggioso per gli atleti. È stato dimostrato che l’integrazione di creatina aiuta nella sintesi del glicogeno e nella sua supercompensazione [132]. Inoltre, il consumo di CHO con creatina aumenta il carico di creatina [133], che aumenta l’idratazione intracellulare [32, 129]. Insieme alla creatina, possono essere prese in considerazione anche polveri di carboidrati (ad es. destrosio, ciclo-destrine altamente ramificate, ecc.). Le caratteristiche dei carboidrati come l’osmolalità, il tasso di clearance gastrica e l’indice glicemico sono alcune delle variabili che i bodybuilder dovrebbero prendere in considerazione poiché questi fattori possono variare significativamente tra le fonti e possono influire sui sintomi gastrointestinali (ad es. gonfiore, crampi, diarrea, costipazione, ecc.) [ 119,120,121]. Sia le polveri di proteine del siero di latte idrolizzate, gli EAA, le classiche proteine che le polveri di carboidrati possono essere utilizzate come mezzi per manipolare e consumare quantità specifiche di macronutrienti senza dover consumare grandi volumi di cibo. Anche l’uso di diuretici erboristici e farmacologici, con le dovute precauzioni, possono essere inseriti negli ultimi giorni prima del contest per facilitare l’eliminazione dell’acqua extracellulare. Come detto in precedenza, l’uso di Metformina o Berberina nei giorni di ricarica dei CHO ha il potenziale di migliorare la “qualità” di questa pratica per via di un migliore ripartizionamento calorico. L’uso di “NO-booster” come Citrullina Malato e/o Sildenafil possono dare un affetto “pump” dando un aspetto muscolare più “pieno”. Soluzioni topiche con attività anti-infiammatoria/drenante, come quelle contenenti Glicosaminoglicanopolisolfato, possono agevolare la perdita di liquidi extracellulari in aree critiche come le gambe (applicazione dal post workout dell’ultimo Leg Day fino alla sera precedente il contest). Sempre per i bodybuilder utilizzatori di PEDs, la riduzione estrema dei livelli estrogenici nelle ultime due settimane pre-contest può facilitare l'”assottiogliamento” della cute per via del legame tra sintesi di Collagene e Estrogeni.

21) Situazioni emotivamente stressanti possono evocare polidipsia e alterare l’omeostasi dei fluidi in appena 48 ore [78, 79]. Quindi, lo stress psicologico può contrastare i tentativi del bodybuilder agonista di ridurre l’acqua corporea, specialmente nei casi estremi di ansia pre-gara. Come notato in precedenza, si raccomanda di eseguire una prova pratica della strategia della Peak Week ~ 2–4 settimane prima della competizione effettiva, in parte per ridurre l’ansia e assicurare al concorrente che la strategia della Peak Week è sia gestibile che efficace.

22) Riposare e/o dormire con una posizione di “inclinazione a testa in giù” (HDT) (tipicamente da − 4 a -6˚ per cui l’intera superficie del corpo durante il sonno è inclinata verso il basso [57, 58] simula l’aumento del ritorno venoso cardiaco (e la perdita di pressione ortostatica) che si verifica durante la microgravità e si traduce in diuresi e risposte cardiovascolari [57, 59]. Pertanto, i concorrenti potrebbero plausibilmente impiegare l’HDT quando riposano e dormono durante le 12-24 ore prima della competizione per stimolare ulteriormente la diuresi. Questo potenziale beneficio dovrebbe essere bilanciato con possibili effetti dannosi della pratica sui modelli di sonno, che potrebbero interferire con le prestazioni in gara.

23) Il peso della bilancia può essere utilizzato durante la Peak Week per valutare e confermare i livelli di idratazione (vedere la seguente sezione “Considerazioni pratiche per il giorno della gara”).

24) Dal momento che sono coinvolte una moltitudine di variabili e una sostanziale interindividualità biologica, una pratica o “mock” Peak Week durante le ~ 2-4 settimane prima della competizione può fornire informazioni preziose sull’entità e sui tempi appropriati delle alterazioni della dieta e dell’allenamento durante la Peak Week. Inoltre, può attenuare i livelli di stress che un bodybuilder può avere prima della competizione, il che può facilitare il modo in cui il corpo risponde al protocollo della Peak Week.

25) Gli atleti che possono partecipare a una serie di competizioni in successione relativamente rapida, in genere su base settimanale, dovrebbero costruire strategie per le Peak Week (come negli esempi qui riportati) che possono essere replicate, con aggiustamenti aggiuntivi se necessario, durante il periodo di tempo tra le gare . Ciò può richiedere ai concorrenti di mantenere uno stretto controllo dietetico e di stabilire rapidamente l’omeostasi dei fluidi post-gara in modo da ripristinare le condizioni iniziali di base (ad esempio, i livelli di glicogeno muscolare) su cui può fare affidamento una data strategia della Peak Week. Inoltre, oltre ai rischi medici rilevati citati in precedenza, l’uso non oculato di diuretici farmacologici durante la Peak Week può probabilmente interrompere l’omeostasi dei liquidi e diminuire l’affidabilità e quindi il successo delle strategie diuretiche impiegate in una serie di competizioni in stretta prossimità temporale.

26) Come detto in precedenza, i bodybuilder utilizzatori di PEDs utilizzano in vista della Peak Week anche pratiche per la riduzione marcata degli estrogeni per via farmacologica (vedi inibitori dell’Aromatasi) nel tentativo di ridurre lo spessore della pelle. L’Estradiolo, come il GH, è implicato nella sintesi di collagene, una riduzione di queste due variabili potrebbe ridurre nel giro di 14 giorni lo spessore cutaneo. La pratica, per essere oggettiva, deve basarsi sugli esami ematici di controllo per valutare i livelli di E2. Non esiste alcuna letteratura in merito ma semplici dati aneddotici raccolti negli anni.

È essenziale capire che nessuna delle suddette strategie della Peak Week fornirà un restyling fisico per compensare la mancanza di una preparazione corretta o della aderenza durante le fasi di preparazione al contest off-season o pre-gara. Il grasso corporeo deve essere ridotto al minimo ~ 2–3 settimane prima della competizione, in modo che il concorrente possa concentrarsi sulla riduzione al minimo dell’acqua sottocutanea per mostrare al meglio la muscolatura e sull’ottimizzazione delle dimensioni muscolari aumentando le riserve intramuscolari di glicogeno e trigliceridi. Pertanto, l’utilizzo di strategie per la Peak Week è semplicemente un mezzo per ottenere un aspetto migliore durante il giorno della competizione sul palco “sintonizzando” il corpo rispetto al semplice mantenimento della dieta e delle strategie di allenamento pre-gara (cioè quelle focalizzate principalmente sulla riduzione del grasso corporeo e sul mantenimento della massa muscolare).

Considerazioni pratiche per il giorno della gara:

Idealmente il fisico presentato sul palco rappresenta il miglior aspetto possibile dell’atleta, superando quello delle settimane e dei mesi precedenti. Garantire che il picco si verifichi il giorno della competizione spesso richiede un approccio su misura con almeno le seguenti considerazioni:

  • Programma della giornata di gara: quando viene giudicato l’atleta e quante volte? Molte organizzazioni competitive includono più turni di valutazione [200,201,202] e categorie tali che la competizione può svolgersi nel corso di un’intera giornata (o più).
  • Strategie (pre-programmate o meno) per mettere a punto l’aspetto del fisico il giorno della competizione manipolando l’assunzione di acqua, cibo e integratori alimentari secondo necessità.
  • Aspetto personale e percezione del fisico (quanto detto sopra), ed altri mezzi per valutare la fase preparazione. Naturalmente, gli obiettivi della Peak Week settimana di punta per ridurre al minimo l’acqua sottocutanea e garantire che i IMTG e le riserve di glicogeno del muscolo scheletrico siano massimizzate, mettendo i muscoli in pieno rilievo e mostrando la massima “muscolarità” dovrebbero essere ampiamente raggiunti prima del risveglio il giorno della competizione. Nel gergo del bodybuilding, queste componenti della muscolatura potrebbero essere considerate “secchezza” (mancanza di fluido sottocutaneo) e “pienezza” (le riserve energetiche delle cellule muscolari sono completamente riempite / supercompensate). Tuttavia, spesso è necessaria una messa a punto per ottimizzare l’aspetto del fisico quando viene giudicato.

A mia conoscenza, non vi è ricerca che esamini la misura in cui i mezzi soggettivi o altri mezzi pratici al fine di garantire la buona preparazione al giorno della competizione di bodybuilding siano associati al presunto fluido sottocutaneo e alle misure istologiche. Tuttavia, i seguenti sono modi comunemente accettati e suggeriti in precedenza [36] per valutare la prestanza per il giorno del contest:

  • Le riserve di glicogeno muscolare sono “piene” e l’atleta può ottenere un buon “pump”? I metaboliti glicolitici (ad esempio, lattato e fosfato inorganico) derivati dall’uso del glicogeno producono una risposta di iperemia reattiva post-esercizio nota come “pump” [203] che gonfia il tessuto muscolare, aumentandone lo spessore fino a ~ 10% [204, 205]. Ciò rappresenta un vantaggio per l’aumento acuto della dimensione muscolare prima di salire sul palco e spostare il fluido in specifici ventri muscolari (idealmente anche riducendo così il volume del fluido sottocutaneo interstiziale per migliorare ulteriormente l’aspetto della muscolosità, tale che un atleta può preferibilmente “pompare” la muscolatura per migliorare l’equilibrio dell’espansione muscolare.
  • L’atleta è “secco”? L’acqua corporea è stata ridotta abbastanza da ridurre al minimo il fluido sottocutaneo per evidenziare notevolmente la muscolatura sottostante?
  • L’atleta è “piatto”? Creare una situazione di pienezza muscolare e con un aspetto fisico “asciutto” richiede uno stretto atto di riequilibrio fisiologico. La “pompa” iperemica richiede un fluido corporeo adeguato per spostarsi nel ventre muscolare; tuttavia, un atleta con alti livelli di glicogeno muscolare ma acqua corporea eccessivamente ridotta può sperimentare la “piattezza muscolare”, cioè la mancanza di un “pump” muscolare solitamente associata a un aspetto sciupato a causa dell’eccessiva disidratazione. D’altra parte, la colpa potrebbe essere anche della mancanza di glicogeno muscolare come fonte di osmoliti metabolici per l’effetto “pump” [203].

Sia le riserve di glicogeno (“pienezza”) che la disidratazione (aspetto “asciutto”) dipendono dall’omeostasi dei fluidi che cambia rapidamente. Pertanto, propongo che il peso della bilancia possa essere impiegato come indicatore rudimentale, ma pratico e oggettivo dell’idratazione corporea nel contesto del “pump” muscolare e dell’aspetto visivo, nonché delle perdite di liquidi urinari [notare che il colore delle urine è una misura di campo adeguata dello stato di idratazione, ma può essere alterata dal consumo di integratori alimentari [206, 207]. Pertanto, misurare il peso corporeo durante la Peak Week e il suo tasso di variazione può aiutare a determinare la misura in cui l’acqua corporea è stata ridotta al minimo il giorno della competizione. Le misurazioni per un ipotetico concorrente sono fornite nella Tabella 4. Presumiamo qui che il glicogeno del muscolo-scheletrico sia stato adeguatamente super compensato (aumentando il contenuto di acqua intramiocellulare e aumentando il peso corporeo) dopo un periodo di ridotta assunzione di carboidrati che riduce il contenuto di acqua corporea (e peso corporeo) all’inizio della Peak Week (vedi sopra). Se le strategie di disidratazione determinano una riduzione del peso della bilancia che si avvicina o è inferiore ai livelli di pre ricarica dei carboidrati, ipotizziamo che ciò rifletta che i cambiamenti desiderati nell’ECF (riduzione del fluido sottocutaneo) e negli spazi ICF (aumento del fluido intramiocellulare e del glicogeno) siano stati raggiunti.

La figura 2 di seguito delinea un albero decisionale del giorno della competizione che un concorrente potrebbe utilizzare per affrontare le possibilità discusse sopra (mancanza di pienezza muscolare o condizione fisica “asciutta”, o essere “piatto”). Presumiamo una preferenza per ridurre al minimo l’acqua corporea rispetto alla pienezza muscolare. Inoltre, tenete presente che lo scenario in cui la “piattezza” è un problema potrebbe richiedere una combinazione di aggiunta di acqua, sodio, carboidrati e/o grassi alimentari a seconda delle circostanze. Le precedenti esperienze di “finta Peak Week” e di assunzione di carboidrati possono servire bene all’atleta nella scelta di un giorno strategicamente appropriato per dare il massimo sul palco. Questo stesso albero decisionale può essere applicato ripetutamente in situazioni in cui l’atleta viene giudicato in più round.

Fig. 2: Albero decisionale per le regolazioni dietetiche e l’assunzione di liquidi del giorno della competizione di Bodybuilding

Conclusioni:

Ricapitolando, l’evidenza suggerisce che i bodybuilder usano frequentemente strategie di “Peak Week” come il carico dei CHO, la manipolazione di acqua/sodio e altri approcci nel tentativo di migliorare il loro fisico durante l’ultima settimana di preparazione alla competizione. Sfortunatamente, c’è una scarsità di ricerche sull’efficacia e la sicurezza di queste strategie quando implementate individualmente o collettivamente. Poiché le variabili che vengono frequentemente manipolate dai bodybuilder sono correlate, l’alterazione di una variabile in genere influenza altre variabili. Inoltre, le risposte interindividuali all’alterazione di queste variabili rendono ancora più difficile fornire precise “regole” da seguire per la Peak Week. Data la complicata interazione di variabili fisiologiche durante la Peak Week, nonché l’interindividualità biologica e la variabilità nell’importanza attribuita alla massimizzazione dei vari aspetti della muscolarità attraverso le diverse categorie competitive, ci sono una moltitudine di vie di ricerca per studiare le strategie della Peak Week. In particolare, un esame strettamente controllato degli effetti quantificabili della supercompensazione del glicogeno, della disidratazione graduale tramite la manipolazione del sodio e/o dell’acqua e delle strategie di “pump” pre-palco, insieme alla documentazione dei cambiamenti visivi “pratici” soggettivi associati nell’aspetto fisico, potrebbero essere aree di studio rilevanti che possono aiutare a informare meglio i concorrenti e indirizzarli lontano da pratiche potenzialmente pericolose e/o meno efficaci della fase Peak Week . Pertanto, grazie alla review di  Brad J. Schoenfeld e colleghi, e alla piccola aggiunta delle mie ricerche e annotazioni, viene presentato questo articolo al fine di rappresentare un approccio basato sull’evidenza alle strategie di picco pre-gara basate sullo stato attuale della letteratura scientifica (e sull’aneddotica più affidabile) nella speranza che possa stimolare il miglioramento dell’atleta e/o del preparatore i quali possono accrescere le loro conoscenze e maturare una corretta comprensione delle delicate componenti che caratterizzano la preparazione ad un contest di Bodybuilding potendo così sviluppare approcci pratici e sicuri applicabili per ottimizzare la forma fisica da mostrare sul palco.

Gabriel Bellizzi

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Dal “morbo del caribù” alla “Protein Starvation” – storia e metamorfosi della “Carne e Acqua” –

DISCLAIMER: Il presente articolo NON intende in alcun modo consigliare il regime alimentare ivi presentato. Si tratta di semplice divulgazione scientifica e non ha nessun valore medico e/o prescrittivo.

Introduzione:

Le mode alimentari che hanno caratterizzato gli ultimi sessant’anni delle preparazioni ai contest di Bodybuilding mostrano pratiche gestionali dietetiche dal similare al totalmente opposto. Si è passati dalle “low fat” alle “higt fat” con un alternanza quasi ciclica e sempre più dipendente dalla “leggenda da spogliatoio” che non dalla ricerca scientifica. Oggi, per lo meno buona parte di noi, sa che la chiave principale della perdita di peso/grasso è il deficit calorico. L’ipotesi dell’Insulina e quella secondo la quale “una caloria non è una caloria” sono state bocciate dal metodo scientifico e dalla pratica ormai da tempo. E allora perchè dedicare un articolo ad una metodologia alimentare estrema com’è la “Carne e Acqua” se alla fine, semplicemente, basta un deficit calorico di qualsiasi tipo e con un adeguato apporto proteico per raggiungere l’agognato obbiettivo? Beh, i motivi sono principalmente 2:

1- Lo sviluppo e le caratteristiche che tale pratica ha avuto nel mondo del Culturismo agonistico, ma non solo, nel tempo;

2- La sua capacità di essere adattabile e, seppur con una sostenibilità limitata, applicabile su un discreto numero di soggetti pur presentando tagli calorici molto drastici per un numero di giorni variabili durante la settimana.

Essendo, nel mio piccolo, un ricercatore anche in campo nutrizionale, ho osservato e analizzato l’applicazione di questa pratica nelle sue diverse varianti su diversi bodybuilder (sia “Natural” che “Doped”), maturando una valutazione sufficientemente oggettiva e arrivando a “crearne” due nuove versioni.

Ma non dilunghiamoci oltre, per il momento, e partiamo dal principio…

Esiste una letteratura sulla dieta “Carne e Acqua”?

Nello specifico, la risposta è no sebbene esista una discreta letteratura su una condizione alimentare estrema osservata nelle spedizioni artiche o in altre condizioni al limite della sopravvivenza dove l’unica fonte di cibo facilmente reperibile era selvaggina dalle carni estremamente magre: si tratta del “Protein poisoning“, letteralmente “avvelenamento da proteine”.

L’avvelenamento da proteine (chiamato anche colloquialmente come rabbit starvationmorbo del caribou, o fat starvation) è una forma acuta di malnutrizione causata da una dieta carente di grassi, in cui quasi tutte le calorie consumate provengono da carni magre.[1][2 ] Il concetto è solitamente discusso nel contesto delle ipotesi paleoantropologiche sulla dieta degli antichi esseri umani, specialmente durante l’ultimo massimo glaciale e alle alte latitudini.[3][4]

Il termine “rabbit starvation” deriva dal fatto che la carne di coniglio è molto magra, con quasi la totalità delle calorie da essa provenienti apportate dalle proteine e una percentuale di grasso molto bassa. Di conseguenza, è un alimento che, se imperante nella dieta, causerebbe il così detto “avvelenamento da proteine”.[4] D’altra parte, si è osservato che alcuni animali che vivono in ambienti terrestri rigidi e freddi si presentano molto magri.[3]

In Storia Romana di Appiano, Volume I, Libro VI: Le guerre in Spagna, capitolo IX, pagina 223, l’autore osserva e descrive che una moltitudine di soldati romani morivano di dissenteria grave dopo aver mangiato quasi esclusivamente conigli, mentre assediavano la città di Intercatia nel 150 A.C. :

… strano terrore nell’accampamento romano. I soldati erano malati per la veglia e la mancanza di sonno, e per il cibo inconsueto che il paese offriva. Non avevano vino, né sale, né aceto, né olio, ma vivevano di grano e orzo, e quantità di carne di cervo e di coniglio bollite senza sale, causando la dissenteria, dalla quale molti morirono. [5]

Soldati romani consumano il rancio.

Si dice che l’esploratore Vilhjalmur Stefansson abbia vissuto per anni esclusivamente di carne di selvaggina e pesce, senza effetti negativi. Lo stesso vale per il suo compagno esploratore Karsten Anderson. Come parte della sua promozione della dieta a base di carne modellata sulla cucina Inuit, e per dimostrarne gli effetti, a New York City a partire dal febbraio 1928, Stefansson e Anderson “vissero e mangiarono nel reparto metabolismo del Russell Sage Institute of Pathology del Bellevue Hospital. , New York” per un anno, con le loro prestazioni metaboliche osservate da vicino, tutto questo in parte finanziato dall’Institute of American Meat Packers.[6] I ricercatori che speravano di replicare l’esperienza di Stefansson con la “rabbit starvation” sul campo lo hanno esortato a ridurre a zero l’assunzione di grassi nella sua dieta a base di carne. Lo ha fatto, e ha sperimentato un’insorgenza di diarrea molto più rapida rispetto a quanto osservato nel campo. Con l’aggiunta di grasso, Stefansson si è ripreso, sebbene con un periodo seguente di stitichezza di 10 giorni. Lo studio ha riferito di non aver trovato letteratura medica precedente che esaminasse gli effetti delle diete a base di sola carne, che sembrano essere sostenibili, o sulla “rabbit starvation”, che è fatale.

Stefansson scrisse:

I gruppi che dipendono dagli animali grassi sono i più fortunati nello stile di vita della caccia, perché non soffrono mai di fat starvation. Questo problema è peggiore, per quanto riguarda il Nord America, tra quegli indiani delle foreste che dipendono a volte dai conigli, l’animale più magro del Nord, e che sviluppano l’estrema fame di grasso nota come rabbit starvation. I mangiatori di conigli, se non assumono grasso da un’altra fonte – castoro, alce, pesce – svilupperanno diarrea in circa una settimana, con mal di testa, stanchezza e vago disagio. Se ci sono abbastanza conigli, la gente mangia fino a dilatare lo stomaco; ma non importa quanto mangiano si sentono insoddisfatti. Alcuni pensano che un uomo morirà prima se mangia continuamente carne senza grasso piuttosto che se non mangia nulla, ma questa è una credenza sulla quale nel Nord non sono state raccolte prove sufficienti per una conferma in merito. Le morti per rabbit starvation o per il consumo di altra carne magra sono rare; poiché tutti ne comprendono il principio, e vengono naturalmente prese tutte le misure preventive possibili.[7]

Vilhjalmur Stefansson durate una delle sue spedizioni artiche.

Nella prefazione del libro di Alden Todd “Abbandonati: la storia della spedizione artica Greely, 1881-1884” sempre lo stesso Stefansson sostiene che sia stato il cannibalismo dei compagni già morti a provocare il decesso di buona parte dell’equipaggio come conseguenza di questa inquietante e inusuale rabbit starvation.
Charles Darwin nel “Viaggio del Beagle” descrisse esperienze simili relative alla fame da grassi, pur valutando che i gauchos argentini mangiavano per mesi esclusivamente chili di carne di manzo ogni giorno apparentemente senza problema alcuno. In questo ultimo caso, la risposta alla tolleranza dei gauchos è con tutta probabilità da attribuirsi alla percentuale di grasso presente nella carne di manzo che, anche quando il taglio è magro, risulta essere di circa 5g per ogni 100g di carne.

Un opuscolo sulla sopravvivenza artica dell’epoca della seconda guerra mondiale emesso dal comando di controllo di volo delle forze aeree dell’esercito degli Stati Uniti includeva questo enfatico avvertimento:

A causa dell’importanza dei grassi, in nessuna condizione limitarsi a una dieta a base di carne di coniglio solo perché si verifica essere abbondante nella regione in cui sei costretto a stanziare. Una dieta continua di coniglio produrrà la rabbit starvation – la diarrea inizierà in circa una settimana e se la dieta viene continuata POTREBBE RISULTARE LA MORTE.[8]

In Into the Wild (1996), Jon Krakauer ha ipotizzato che Chris McCandless, un avventuriero americano del XX secolo, potrebbe aver sofferto di rabbit starvation.

Chris McCandless

La revisione dell’assunzione di riferimento dietetico statunitense e canadese per le proteine menziona la “rabbit starvation”, ma ha concluso che non c’erano prove sufficienti fino al 2005 per stabilire un livello di assunzione superiore tollerabile, ovvero un limite massimo per la quantità di proteine che può essere consumata in sicurezza.[9 ] Secondo quanto riferito, gli esseri umani moderni sono in grado di ricavare solo il 20% del loro fabbisogno energetico dalle proteine.[10] Per i cacciatori-raccoglitori artici, tuttavia, la quantità può aumentare stagionalmente fino al 45%.[11] In realtà, specie negli atleti, si è osservata un ampia capacità di adattamento alla quota proteica senza ripercussioni negative sul medio termine (circa 4g/Kg). Secondo Bilsborough e Mann (2006), l’assunzione di proteine è principalmente limitata dal ciclo dell’urea. Suggeriscono, quindi, un limite di 2,5 g/kg.[10] L’errore di fondo, è quello di confondere una possibilità di adattamento funzionale (quota proteica aumentata) con la mancanza di lipidi, totale o marcata, nella dieta.

Quindi, è chiaro che la letteratura scientifica non ci fornisce moltissime informazioni in merito a questo argomento. E, a proposito di ciò, esiste uno studio [12] su di un singolo caso di decesso per rabbit starvation riportato anche dal fanatico della “Paleo Dieta” Loren Cordain il quale peraltro ritiene [1], similmente a Bilsborough e Mann, che a fronte di un carico proteico eccessivo il fegato non sia in grado di produrre enzimi sufficienti per la sintesi dell’urea.
Oltre un certo limite variabile, infatti, l’organismo va in iperammonemia e iperaminoacidemia.[13]
Il tratto gastro-intestinale potrebbe assorbire in teoria non oltre 1,3 – 10 gr di aminoacidi ogni ora [14], anche se il dato ci appare superato di gran lunga all’atto pratico. Lo stesso autore d’altronde nella ricerca citata sottolinea come il 75% delle comunità di cacciatori–raccoglitori ricavi da fonti animali fino al 73% (98% gli Eskimos) del proprio nutrimento. Il limite di tolleranza sarebbe raggiunto sempre secondo Cordain quando l’apporto proteico equivale a circa il 40% dell’introduzione calorica complessiva, secondo Billsborought quando si aggira sul 35%.

La “Carne e Acqua” ed il Bodybuilding:

Se vogliamo parlare di dieta “Carne e Acqua” nel Bodybuilding non possiamo esimerci dal citare Rheo Blair.

Rheo H. Blair è stato il primo uomo riconosciuto come un “mago della nutrizione” quando si trattava di dieta e integratori per il Bodybuilding. Ha regolarmente eseguito degli ottimi lavori di trasformazione fisica su centinaia di bodybuilder inferiori alla media dei competitor. Durante gli anni ’50, ’60 e ’70, abbondavano le testimonianze sulle incredibili trasformazioni fisiche che Blair aveva compiuto su centinaia di “casi senza speranza”. Si diceva trasformasse regolarmente i deboli di 97 libbre in uomini robusti con le sue speciali formule proteiche e la vigorosa routine di allenamento con i pesi basata sul volume. Anche i bodybuilder avanzati riportavano risultati simili dal sistema Blair. In un articolo del numero di maggio 1967 della rivista Iron Man, un bodybuilder scrisse:

“Dopo aver seguito il programma di Rheo per sole tre settimane, ho ottenuto più guadagni di quelli che ho avuto negli ultimi sei anni. Ho messo quasi mezzo pollice sulle mie braccia. E dopo due mesi ho messo su quasi 20 libbre di muscoli puri.”

Sotto la guida di Blair, Jim Park passò dall’essere uno sconosciuto bodybuilder con un fisico nella media ad essere Mr. America… in meno di quattro mesi! Non si esclude l’uso di AAS che, già negli anni 50, pur essendo di nicchia e non ancora dilaganti, erano presenti. Ovviamente, come vuole il politically correct, viene, e venne, affermato che questa straordinaria trasformazione era stata realizzata senza farmaci! Adducendo al fatto che, dal momento che il tutto accadeva negli anni ’50, cioè prima che l’uso degli AAS diventasse così diffuso nel bodybuilding, la probabilità d’uso non era possibile. Personalmente, lo trovo poco importante e banale come discussione. C’erano AAS disponibili all’epoca? Si (es. Methyltestosterone, Mesterolone e Testoterone Propionato). Avrebbe potuto averne accesso? Possibile. E’ importante? Non per chi valuta l’atleta e non il suo “sgabuzzino”.

Sebbene avesse la reputazione di essere un eccentrico, tutti i grandi bodybuilder degli anni ’50, ’60 e ’70 (Arnold, Frank Zane, Dave Draper, Larry Scott, ecc.) hanno seguito i consigli di Blair e sono entrati nella loro forma migliore. Uno dei segreti di Blair era la sua speciale formula proteica. La famosa polvere proteica di Blair si basava sui rapporti di aminoacidi nel latte materno. Era anni in anticipo sui tempi. Sfortunatamente, Blair è morto prematuramente nei primi anni ’80 e molti dei suoi “segreti” sul bodybuilding sono morti con lui… inclusa la formula esatta della sua polvere proteica.

Rheo Blair

Ma la sua “arma” nelle preparazioni alimentari, soprattutto nella preparazione alla gara, era l’uso elevato di proteine con un esclusione marcata di Carboidrati e Grassi.

Come abbiamo visto in precedenza, mentre Vilhjamur Stefannsson ha reso popolare la dieta a base di carne degli Inuit all’inizio del 1900, una dieta a base di carne per atleti sembra essere un nuovo sviluppo dietetico, anche se così non è. Facendo eco alla meravigliosa “serie niente di nuovo sotto il sole” prodotta da Chaos and Pain (sicuramente non sicura per il lavoro!), abbiamo precedenti per la dieta “Carne e Acqua” anche con Rheo H. Blair e, in un certo qual modo, con Vince Gironda, diete dimagranti a breve termine utilizzate dai bodybuilder prima di una competizione.

A parte Vince Gironda, Rheo H. Blair è, a mio avviso, uno dei personaggi più affascinanti del bodybuilding degli anni ’50 e ’60. Fondamentali nella divulgazione degli integratori proteici, le polveri proteiche a base di latte e le compresse vitaminiche di Blair hanno acquisito uno status quasi mitico tra la comunità del sollevamento pesi. Blair contava tra i suoi clienti bodybuilder, atleti, celebrità e individui comuni. Il suo continuo interesse per la nutrizione fu senza dubbio la ragione del suo successo. Fu questo interesse che portò al suo esperimento “carne e acqua”, una dieta simile alla “dieta di massima definizione” di Gironda. Come raccontato da Steve Davis, che ha subito un drastico cambiamento nella dieta a base di carne e acqua, Blair ha voluto stabilire se una dieta di questo genere fosse preferenziale rispetto alla dieta a base di carne e uova promossa da Gironda, quest’ultima soprannominata “maximum definition diet”. Preparandosi per un servizio fotografico, Davis, allora aspirante bodybuilder, si è dimostrato una cavia ideale.

Al momento ho prove che i bodybuilder usassero la dieta a base di carne e acqua di Blair alla fine degli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70. Il primo, Steve Davis, ha usato la dieta per coronare un’incredibile perdita di peso. Come raccontato da Old School Bodybuilding, Davis era inizialmente un powerlifter che voleva cimentarsi nel bodybuilding. Sotto la guida di Vince Gironda e Rheo H. Blair, ha subito una notevole perdita di peso che comprendeva quasi 100 libbre (circa 45,35Kg).

Parlando con Dennis Weis in Raw Muscularity, Davis ha raccontato le sue esperienze non così felici sul programma alimentare a base di carne e acqua:

Per raggiungere la forma in queste foto mi sono reso conto che avrei dovuto perdere quel minuscolo strato di tessuto adiposo per affinare davvero il mio corpo alla condizione di un Larry Scott o di un Gable Boudreaux…

A questo punto del programma Rheo ha detto: “Steve, vogliamo aiutarti a ottenere un po’ di magrezza in più per il tuo corpo e c’è un programma dietetico che possiamo usare per farlo. Vivere solo di carne e acqua…

Rheo mi ha spiegato che, per potermi preparare appositamente per il servizio fotografico, solo per due o cinque giorni al massimo avrei dovuto vivere di nient’altro che carne più un integratore di proteine ​​della carne …

Ho continuato questo tipo di programma per un periodo fino a dodici giorni. E questa è la parte triste della storia. Sono diventato così fisicamente esausto, così teso, così tassato e tirato che dopo che Rheo aveva scattato le foto ero sul punto di crollare.

Steve Davis prima e dopo essere diventato un atleta di Blair.

Ora, ciò che è importante sottolineare della testimonianza di Davis è che ha intrapreso una dieta a base di carne che era estremamente povera di calorie per prepararsi ad un servizio fotografico nel breve termine.

Passando ora a Heart of Steel, una meravigliosa biografia di Dan Lurie, troviamo menzione di innumerevoli altri bodybuilder che usarono la dieta di Blair, incluso il rivale di Arnold in Pumping Iron, Lou Ferrigno. Parlando all’inizio degli anni ’70, un tempo in cui Lou Ferrigno era ancora un imponente bodybuilder piuttosto che “l’incredibile Hulk”, Lurie commentò che:

Lui (Lou Ferrigno) è stato quindi sottoposto a una dieta speciale “carne e acqua” per ridurre il suo peso, per ottenere un aspetto “strappato”, da competizione. I bodybuilder che volevano preservare i muscoli mentre perdevano grasso usavano spesso la dieta a base di carne e acqua a quei tempi, e aveva funzionato a meraviglia per campioni come Vince Gironda, e per gli atleti seguiti da Rheo H. Blair e altri risalenti agli anni ’50.

Era una dieta che prevedeva carne di ogni tipo, poche verdure e acqua, il che la rendeva ricca di proteine, moderatamente grassa e con pochissimi carboidrati. E Lou ha fatto grandi progressi con questo piano.

Lou Ferrigno vincitore del Mr. Universo 1974.

Quindi Davis era in buona compagnia durante l’età dell’oro del Bodybuilding. Su questo punto sono probabilmente necessarie spendere alcune parole. La riduzione del grasso corporeo per le competizioni o i servizi fotografici è stata spesso eseguita in modo semplice: ridurre gli amidi (quindi le calorie dai carboidrati) e aumentare l’attività fisica (maggiore dispendio calorico). Non è avvenuto fino agli anni ’80 che gli atleti hanno iniziato a contare le calorie in modo ossessivo. Non che contare le calorie sia sbagliato, ma l’eccesso porta sempre a ripercussioni negative. Dalla metà del secolo, si può quindi osservare una adesione nel pre-contest molto evidente alla dieta “carne e acqua”, era semplice ed efficace. Inoltre ha avuto il sostegno di alcuni dei migliori allenatori e atleti di questo sport. Anche quella “statua vivente” quale fu Serge Nubret, in preparazione alla gara seguiva un regime “Carne e Acqua” basato su carne, pesce e amminoacidi.

Serge Nubret

Vi sono taluni che pensano che la “dieta carnivora” per gli atleti sia nata negli ultimi decenni insieme a regimi ortoressici e inutilmente restrittivi come la “Paleo Dieta”, ma come abbiamo visto non è così. Non sono estraneo alle diete restrittive – ho osservato e seguito molti soggetti sotto regime chetogenico per quasi sei anni – ma il concetto di “dieta carnivora” mi è sempre parso intrinsecamente fallimentare se non adeguatamente contestualizzato e, in definitiva, inserito in un piano di preparazione culturistica. Non sono affatto favorevole all’applicazione di questo modo di mangiare sul lungo termine, poiché risulterebbe controproducente su più aspetti della salute umana. Ma la dieta “carne e acqua”, come quella di Blair, dà a questa metodica alimentare una giusta e limitata dimensione nell’ambito della preparazione alla gara di Bodybuilding.

Attualmente, il maggior sostenitore della dieta carnivora come stile di vita è Shawn Baker, ex medico ortopedico americano.(15) Egli cita fantomatiche testimonianze di coloro che seguono la dieta carnivora come prova (non provata) che può curare la depressione, l’ansia, l’artrite, l’obesità, il diabete e altro.[15][16] Ovviamente, nessuna ricerca ha analizzato gli effetti della dieta carnivora e dimostrato quanto precedentemente asserito. Inoltre, nel 2017 la licenza medica di Baker è stata revocata dal New Mexico Medical Board a causa delle preoccupazioni sulla sua competenza.[17]

E’ chiaro, quindi, che il concetto applicativo di Blair e Baker differiscono significativamente nella loro applicazione. Baker, da quanto egli stesso fa trasparire, vede la dieta carnivora come una dieta a vita, il che significa che può essere utilizzata per anni senza problemi (secondo lui). Blair e Gironda, invece, con intelligenza preferivano un uso a breve termine. Gironda, ad esempio, aveva di logica un approccio alimentare ciclico con i suoi clienti a seconda dei loro obiettivi. Quindi, si sta parlando fondamentalmente di una forma commerciale venduta al grande pubblico (la dieta carnivora di Baker) e di una strategica per il miglioramento della composizione corporea rivolta ad atleti in preparazione ad un contest di Bodybuilding.

La mia ricerca applicata:

Dal 2016 ho iniziato a raccogliere dati sulla pratica alimentare “carne e acqua” valutandone gli effetti su diversi culturisti, sia agonisti in preparazione alla gara che amatori nella fase “Cut”.

La prima cosa che annotai, e che era del tutto presumibile già partendo dai dati preliminari in mio possesso, era che la “carne e acqua” risultava tollerabile in un numero ristretto di persone. ma questo era direttamente proporzionale al numero di giorni nei quali l’atleta rimaneva alimentato totalmente con carni magre. Classificai tre principali modalità di applicazione:

  • Modalità Estrema: si trattava di seguire un regime alimentare basato su carni magre e integratori di fibre (anche se non sempre) e integratori multi vitaminici-minerali per un periodo determinato totalmente sulla resistenza del soggetto sottoposto e dalla valutazione della forma fisica;
  • Modalità Metabolica: su stampo della famosissima dieta di Mauro di Pasquale, “La Dieta Metabolica”, l’atleta segue un regime “carne e acqua” per 5-6 giorni a settimana per poi “ricaricare” con Carboidrati e Grassi per 1-2 giorni a settimana;
  • Modalità Ciclica: simile alla precedente, essa tiene strettamente conto delle risposte psicofisiche dell’atleta alternando periodi a “carne e acqua” con giorni di refeed.

La più problematica e meno sostenibile risulta essere, e per ovvie ragioni, la “Modalità Estrema”. Se dovessimo elencare i principali problemi questi sarebbero:

  • Deficit nutrizionali;
  • Aumento del Cortisolo in risposta al deficit calorico e alle richieste metaboliche per la gestione del carico amminoacidico.
  • Risposta fisiologica e non determinante nella negativizzazione della composizione corporea nel breve termine.

    Ricordiamoci inoltre che la transaminazione al fine di convertire le proteine in urea e indurre la sintesi degli aminoacidi derivati in glucosio è un processo dal costo metabolico molto elevato.
    E’ un processo aerobico che ha il proprio limite nella disponibilità di ossigeno del fegato. La capacità complessiva del sistema si attesta comunque sulla produzione di 250g circa. E’ vero anche che la conversione metabolica degli amminoacidi in Glucosio, per via della sua richiesta energetica, è soggettivamente limitato e dipendente dagli adattamenti metabolici in atto o all’uso di determinati farmaci.

    Via della gluconeogenesi con molecole ed enzimi chiave. Molti passaggi sono opposti a quelli che si osservano nella glicolisi.

    Al deficit calorico diretto va sommato, oltre a quanto sopra, quello causato dalla termogenesi indotta dal cibo che nel caso delle Proteine si aggira tra il 10 ed il 35% (22,5% in media) delle calorie ingerite.

    Questo aspetto risulta positivo, almeno in parte, ma insieme ad esso, in una “carne e acqua” estrema, va considerato l’enorme deficit nutrizionale che, nonostante la possibilità di sopperire a ciò sul piano vitaminico, minerale e di fibre, colpisce duramente la richieste fisiologiche di una quantità sufficiente di Grassi. Inoltre, la privazione eccessivamente prolungata del consumo glucidico peggiora per circostanze adattative il metabolismo glucidico ed i vantaggi ad esso legati (vedi, per esempio, la qualità della prestazione, la capacità di utilizzo del substrato energetico una volta reintrodotto ecc… ).

    L’aumento del Cortisolo, e so già che alcuni limitati si scandalizzeranno, è la preoccupazione minore in quanto trattasi di un adattamento fisiologico che può diventare un problema nel cronico. Stesso discorso vale per lo squilibrio della bilancia acido-base dell’organismo e conseguente catabolismo muscolare. Ciò si verifica solo in sistemi organici gravemente compromessi, come quelli osservati all’inizio del XX secolo nelle aree del Canada dove per molti mesi non ci si nutriva se non di coniglio e qualche radice.

    Comunque sia, gli atleti che optavano per la versione più “bruta” della “carne e acqua” arrivavano ben presto ad un esaurimento fisico e mentale con forte nervosismo e calo della performance sportiva. Non mi dilungherò a parlare dei volumi che, e questo lo dovreste sapere più o meno tutti, venivano rapidamente supercompensati con i refeed.

    Le più tollerabili tra le versioni elencate erano la “Metabolica” e la “Ciclica”. Quest’ultima, la migliore in assoluto tra le tre versioni, viene retta anche da alcuni “Natutral” che, al fine di tagliare le calorie totali della settimana tenevano due giorni in cui il loro consumo calorico era molto ridotto, e per fare ciò usavano in quei giorni una “carne e acqua”.

    Personalmente, sperimentai una mia prima versione di dieta “carne e acqua ibridata” nell’estate del 2016. Si trattava di ciclicizzare 3 giorni in regime simil-Chetogenico (versione dieta Atkins Modificata) seguiti da 1 giorno di refeed seguito a sua volta da 3 giorni a “carne e acqua” per poi ripetere la sequenza per tutta la durata della programmazione. All’epoca la ribattezzai con il “pacchianissimo” nome di “Roller Coaster“.

    Ripartizione macro-calorica nelle fasi della “Roller Coaster”

    L’anno successivo, siamo quindi nel 2017, modificai il sopra citato schema rendendolo pianificabile sui canonici 7 giorni settimanali. Si trattava quindi di 3 giorni in regime simil-Chetogenico (versione dieta Atkins Modificata) seguito da 1 giorno di refeed seguito a sua volta da 2 giorni a “carne e acqua” e successivamente un altro giorno di refeed. Questa volta la ribattezzai “Keto Starvation”.

    Ripartizione macro-calorica nelle fasi della “Keto Starvation””

    Quest’ultimo schema applicativo risultò essere ben tollerato e con pochi disagi se non gli iniziali annessi a tutti i regimi low-carb (mal di testa, spossatezza, feci molli) che tendono a scomparire dopo poche settimane.

    Da questa versione ne è nata una recente e decisamente più “drastica”. Infatti, la “Protein Starvation” consiste in un piano settimanale nel quale vi sono 3 giorni iniziali a “carne e acqua” seguiti da 1 giorno di refeed glucidico/low fat, successivamente vi sono altri 2 giorni a “carne e acqua” e 1 giorno di refee glucidico/lipidico.

    Ripartizione macro-calorica nelle fasi della “Protein Starvation””

    Questo schema è poco tollerato dalla maggior parte delle persone ma ha mostrato effetti su periodi di tempo di 8 settimane statisticamente significativi rispetto a quanto ottenuto negli stessi soggetti con il regime più “soft”. Ed è ovvio che non si tratta di una pratica propriamente da “Natural”.

    Importante da ricordare è che vi è un integrazione d’obbligo in questa pratica alimentare:

    • Multivitaminico Multiminerale;
    • Potassio;
    • Magnesio;
    • Calcio;
    • Ferro;
    • EPA+DHA;
    • Zinco;
    • Fibra o in alternativa shirataki di Konjac.

    Supplementazione addizionale:

    • Metformina: l’uso della Metformina trova la sua ragione d’essere in una “carne e acqua” per via del suo effetto su l’attività metabolica cellulare via PPAR e AMPK, con conseguente miglioramento del metabolismo energetico sia glucidico che lipidico che, sebbene ci si trovi in un regime low-carb, ipoteticamente dovrebbe indurre delle “forzature di sistema” tali da spingere l’organismo ad attingere maggiormente dai depositi adiposi e dal surplus amminoacidico come substrati di sostentamento per via della “precarietà” dei livelli di glucosio ematico. Inoltre, la Metformina riduce le concentrazioni di glucosio plasmatico a digiuno riducendo i tassi di produzione epatica di glucosio a partire dagli amminoacidi [18][19], il suo effetto sui contributi relativi della glicogenolisi epatica e della gluconeogenesi rimane comunque controverso. Alcuni studi concludono che la Metformina agisca principalmente riducendo i tassi di gluconeogenesi [20]; altri, che agisce riducendo i tassi di glicogenolisi epatica [21][22]. Comunque sia, come già precedentemente accennato, il corpo può ricavare solo 1000 calorie al giorno attraverso la gluconeogenesi in una dieta di sole proteine dal momento che il fegato è in grado di produrre solo 250g di glucosio dalle proteine, e non importa quante proteine si mangiano. Con l’aggiunta di 750mg/die di Metformina si ipotizza, almeno da considerazioni fatte per via di rapporti sui cambiamenti glicemici, per quello che valgono, che la produzione di glucosio scenda a circa 180g al giorno, al limite del mantenimento dei tessuti glucosio dipendenti.
    Metformina

    Nota: l’uso della Metformina può dare dissenteria e problemi gastrointestinali.

    Sfortunatamente, nei piani “carne e acqua” prolungati, il fegato inizierà a non riuscire a convertire l’ammoniaca in urea (non abbastanza ATP), quindi l’ammoniaca rientrerà nel flusso sanguigno. Questo inizierà a dare problemi al sistema nervoso.

    Mi sembra scontato aggiungere che la dove viene applicata una supplementazione farmacologica strategica e contestualizzata il piano da i suoi migliori risultati. Per esempio, oltre a quanto detto prima per la Metformina, l’uso del 7-Keto-DHEA, o di altro inibitore della 11 βHSD-1, riduce la risposta cortisolemica. Alcuni riducono l’assorbimento lipidico dei pasti con fonti non accuratamente pesate e che possono contenere una quantità di grassi più elevata delle fonti comunemente consumate.

    Azione del 7-Keto-DHEA sull’attività dell’enziama 11 β-HSD-1

    Vi ricordo, e sto parlando all’idiota che sta sempre dietro lo schermo leggendo ma non capendo una emerita ciola, che estremizzare questo tipo di dieta già di suo estrema scimmiottando quanto sofferto dagli esploratori del secolo scorso beh, gli effetti non sono affatto piacevoli e comprendono nausea e affaticamento iniziali, seguiti da diarrea continua e infine, nei casi cronici, la morte.[4]

    Conclusione:

    Cosa si può imparare dalla dieta “carne e acqua”?

    Lo ripeto affinché sia chiaro a tutti: la dieta “carne e acqua” trova il suo motivo d’esistere per brevi periodi di tempo (vedi pre-contest), e ancora meglio se nello schema alimentare i giorni di “starvation” vengono intervallati da refeed glucidici e misti!

    Come ben si comprende, sembra che la dieta “carne e acqua” abbia funzionato per un certo numero di culturisti, un punto che sottolinea la necessità di adattare il piano alimentare alle capacità adattative del soggetto. Ma questo, ad oggi, lo abbiamo ben capito, di qualsiasi piano alimentare o allenante si tratti.

    Consiglio la “carne e acqua” o la mia “Protein Starvation”? Non la consiglio da un punto di vista etico e professionale dal momento che per seguire tali regimi il soggetto interessato deve per forza di cose essere attentamente seguito da un professionista onde evitare che si ritrovi collassato sul cesso a causa di una pesante disidratazione da dissenteria. Non consiglio in nessun modo di seguire la “dieta carnivora” come stile di vita promossa da Shawn Baker, una follia!

    Per il resto, affidatevi a personale qualificato prima di intraprendere qualsiasi percorso alimentare.

    Gabriel Bellizzi

    Riferimenti:

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    Il dilemma sulla validità della Anabolico:Androgeno ratio degli AAS [e SARM].

    Introduzione alla Anabolico:Androgeno ratio

    Chi segue il sito e legge con attenzione i miei lavori, si ricorderà certamente che l’argomento della Anabolico:Androgeno ratio era già stato toccato nell’articolo di analisi dettagliata sul Methenolone. Visto che la questione alzò una non indifferente reazione da parte degli “irriducibili” del “ribattere con banalità”, e che la lettura di certi validi testi in lingua inglese sembra per i più ostica, ho deciso di trattare con minuzia di dettagli questo tanto dibattuto argomento. Ovviamente, chi vive di convinzioni basate sul nulla difficilmente potrà accettare quanto mi accingerò a riportare. Per tutti gli altri sarà un altra occasione per imparare qualcosa di nuovo e potenzialmente utile.

    Ma andiamo avanti…

    Tutti noi sappiamo che gli Steroidi Androgeni Anabolizzanti (AAS) hanno proprietà anaboliche e androgene, da cui il nome. In generale, per proprietà anaboliche si indica l’effetto di costruzione muscolare e l’effetto stimolante sulla densità minerale ossea (BMD). Gli altri effetti sono considerati effetti Androgeni, come l’impatto sulla ipertrofia prostatica, sullo stimolo del midollo osseo, sul cuore, sull’ipotalamo e sull’ipofisi, ecc. In generale, questi effetti sono considerati indesiderati. Ad esempio, una meta-analisi ha rilevato che un aumento dell’ematocrito (la % del volume di sangue occupato dagli eritrociti) è l’effetto avverso più frequente associato alla Terapia Sostitutiva del Testosterone (TRT).[1] Un altro problema degli androgeni è che sono in grado di indurre, in particolari circostanze, la crescita del cancro alla prostata. In quanto tale, una delle terapie utilizzate per il trattamento del cancro alla prostata è la terapia di deprivazione androgenica. Tuttavia, è importante notare che esiste un limite alla capacità degli androgeni di stimolare la crescita del cancro alla prostata. Ciò significa che, fino a una certa concentrazione, gli androgeni ne stimoleranno la crescita, ma al di sopra di essa avranno poco o nessun ulteriore effetto. Da qui sono nate alcune ipotesi tra le quali quella del “modello di saturazione dei recettori degli androgeni” [2], un modello dibattuto e tutt’altro che dimostrato. Comunque sia, questo effetto sulla riduzione dell’attività ipertrofica prostatica è in realtà qualcosa che sembra già avvenire a basse concentrazioni di Testosterone, nel intervallo basso classico del soggetto ipogonadico. Avremo comunque tempo di ritornare nuovamente su questo punto più tardi, quando parlerò di un rinomato test che viene utilizzato per valutare il rapporto tra potenza anabolica e androgena.

    Lo scopo della Androgeno:Anabolico ratio è quello di fornire dati numerici al fine di dividere i diversi AAS in termini di potenza anabolica e androgena. Quindi, ad esempio, si potrebbe prendere il Testosterone come AAS di “paragone”, assegnandogli una Anabolico/Androgeno ratio di 100 e 100 (o solo 1). Quindi, attraverso alcuni esperimenti, viene determinato che un altro AAS ha un rapporto pari a 400:200 (o solo 2) Ciò implicherebbe che questo AAS è 4 volte più anabolico del Testosterone, pur essendo solo due volte più androgena.

    Se le cose stessero in questo modo, allora, volendo ridurre al minimo il rischio di effetti collaterali androgeni, si potrebbe semplicemente scegliere un AAS con una Anabolico-Androgeno ratio molto favorevole e il problema non sussisterebbe. Tuttavia, ci sono così tanti problemi e variabili sia con il concetto stesso di Anabolico:Androgeno, ratio sia con il modo in cui esso è determinato sperimentalmente, che tutti questi rapporti che si trovano online o in letteratura sono praticamente inutili.

    Il test di Hershberger

    Un test molto comune utilizzato per determinare la Anabolico:Androgeno ratio è il cosiddetto test di Hershberger. Il test è stato descritto per la prima volta nel 1953 da Hershberger e dai suoi colleghi dell’Università del Wisconsin.[3] Come già accennato nell’articolo sul Methenolone, il test funziona come segue. Si prendono dei ratti e li si castra. La castrazione assicura che si abbia pochissimo Testosterone endogeno nell’animale e che ciò possa influenzare i risultati del test. Successivamente, si somministra l’AAS di cui si vuole conoscere il rapporto tra potenza anabolico e androgena all’animale. Successivamente si attende un po’ di tempo (8 giorni nel caso del originale test di Hershberger) e si procede con l’uccisione dei ratti trattati per sezionarli e pesarne il muscolo levator ani, la prostata ventrale e le vescicole seminali. L’aumento di peso de levator ani sarebbe quindi indicativo dell’attività anabolica dell’AAS, mentre quello della prostata ventrale e delle vescicole seminali sarebbe indicativo della sua attività androgena.

    LA: levator ani.

    Anche se questo test può sembra un metodo ragionevolmente valido, in esso vi sono una serie di problemi. Un primo punto su cui vorrei soffermarmi riguarda il muscolo levator ani, che, appunto, è il muscolo bulbocavernoso dorsale.[4] È un muscolo che fa parte del sistema riproduttivo maschile e quindi non dovrebbe essere considerato in alcun modo rappresentativo del muscolo scheletrico. È un muscolo fortemente androgeno-dipendente e dopo la castrazione subisce un tasso di diminuzione del peso simile a quello dell’atrofia da denervazione nei muscoli scheletrici.[5] Proprio questa informazione da sola garantisce già che il lato anabolico dell'”equazione” sia imperfetto. Un altro problema è che il muscolo bulbocavernoso dorsale e le vescicole seminali rispondono in modo diverso a una diminuzione della concentrazione di AAS all’interno del range fisiologico.[6] Di conseguenza, il rapporto determinato sperimentalmente dipenderà dalla dose utilizzata e dal momento in cui vengono effettuate le misurazioni. Ciò è ben illustrato nella figura sottostante tratta da una pubblicazione di van der Vies.[6] Durante i primi 3 giorni, la concentrazione di AAS (Nandrolone in questo caso) è abbastanza alta da stimolare la crescita sia delle vescicole seminali che del muscolo bulbocavernoso dorsale. Tuttavia, dopo tre giorni la concentrazione non è abbastanza elevata da sostenere questa crescita per le vescicole seminali, che diminuiscono nuovamente di dimensioni. Tuttavia, il muscolo bulbocavernoso è ancora sufficientemente stimolato per continuare a crescere di dimensioni. Pertanto, se determinassi il rapporto anabolico/androgeno il giorno 3, esso sarebbe molto diverso rispetto al risultato che rileverei se la misurazione venisse fatta il giorno 7, nonostante sia utilizzato lo stesso composto.

    Scomparsa del Nandrolone Fenilpropionato dal deposito intramuscolare ed effetti sui pesi del muscolo bulbocavernoso dorsale e delle vescicole seminali. Figura tratta da van der Vies [6].

    Ciò evidenzia anche che i diversi organi rispondono semplicemente in modo diverso a seconda della concentrazione della molecola. E anche se ci fosse un modo accurato per determinare una anabolico:androgeno ratio, estrapolarlo oltre le concentrazioni fisiologiche sarebbe completamente errato.

    Un altro difetto è l’ipotesi che la crescita della prostata ventrale o delle vescicole seminali sia rappresentativa di tutti gli altri effetti androgeni. Non ci sono mai state prove a sostegno di questa ipotesi. I tessuti androgeni variano molto in risposta l’uno dall’altro e non ci si deve assolutamente aspettare che un tessuto risponda nella stessa misura di un altro. In effetti, ricordate quanto menzionato nell’introduzione sulla prostata? Gli androgeni sembrano già smettere di stimolare ulteriormente la crescita della prostata oltre l’intervallo ipogonadico basso. Infatti, il volume della prostata rimane invariato quando a uomini sani vengono somministrati 600mg di Testosterone Enantato (pari a 432mg di Testosterone) settimanalmente per 20 settimane.[7] Eppure sappiamo per certo che altri effetti collaterali androgeni iniziano a comparire quando il dosaggio comincia ad essere elevato! Comunque, questo mette in luce anche la questione del concetto stesso di rapporto tra potenza anabolica e androgena. Un singolo rapporto non è mai in grado di catturare le risposte differenziali dei vari tessuti sensibili agli androgeni o la complessità della risposta androgena all’interno di un tessuto specifico, per essere di valore. Diversi tessuti rispondono in modo diverso ad un AAS, come sarà mai possibile rappresentarlo con un singolo numero?

    Naturalmente, il test di Hershberger viene eseguito sui ratti, non sugli esseri umani. È un altro errore è quello di presumere che i tessuti omologhi nell’uomo rispondano allo stesso modo osservato in un ratto trattato con AAS. L’intero test di Hershberger è semplicemente pieno di falle, e nonostante ciò viene attualmente utilizzato per lo screening di potenziali Modulatori Selettivi del Recettore degli Androgeni (SARM). Ad esempio, GlaxoSmithKline ha valutato la selettività tissutale del proprio SARM GSK2881078 utilizzando il classico test di Hershberger.[8]

    GSK2881078

    Test di affinità di legame relativo (RBA)

    Mentre il test di Hershberger viene eseguito in un organismo vivente, i saggi di affinità di legame relativa (RBA) vengono eseguiti in una sorta di piastra di Petri. Viene quindi esaminata l’affinità di legame dei composti per il Recettore degli Androgeni (AR). In questo contesto, l’affinità di legame si riferisce alla forza con cui un AAS si lega all’AR. L’RBA mostra quindi quanto fortemente un AAS si lega all’AR rispetto ad un altro. O in altre parole: relativamente l’uno all’altro.

    Il principio alla base è abbastanza semplice. Si prende un AAS di riferimento, comunemente il Methyltrienolone (R1811), e si misura la sua affinità di legame. Successivamente si misura l’affinità di legame di altri AAS e si esprimono i dati relativi all’AAS di riferimento. Quindi al Methyltrienolone viene assegnato un RBA di 1, essendo il composto di riferimento, e quindi se qualche altra molecola si lega con una potenza maggiore di due volte gli viene assegnato un RBA di 2. Allo stesso modo, se un’altra molecola si lega due volte più debolmente le viene assegnato un RBA di 0,5. Si potrebbero fare queste misurazioni in diversi tipi di cellule. Una che rappresenta il muscolo scheletrico e un altra che rappresenta in qualche modo i suoi effetti androgeni (ad esempio le cellule della prostata). Come tale, anche in questo caso si possono porre alcune delle stesse obiezioni del test Hershberger descritte sopra.

    Ad ogni modo, l’immagine seguente raccoglie gli RBA di una selezione di AAS popolari misurati nei tessuti di ratto e coniglio.[9] Se dovessimo ottenere questi risultati, il Testosterone avrebbe un rapporto anabolico-androgeno più favorevole rispetto al Nandrolone. È un po’ l’opposto di quello che si osserva nei test di Hershberger. È anche un po’ sorprendente, dato che gli effetti androgeni del Testosterone sono amplificati nei tessuti che esprimono la 5α-reduttasi, a causa della conversione all’androgenicamente più potente DHT. Al contrario, l’azione androgena del Nandrolone è indebolita nei tessuti che esprimono questo enzima, a causa della conversione al meno potente androgeno Dihydronandrolone (DHN).[10]

    Gli RBA di una selezione di AAS presi dal lavoro di Saartok et al. [9]. Il Methyltrienolone è servito come steroide di riferimento.

    Un’altra cosa che questi dati rivelano in modo appropriato sono le differenze interspecie dei valori RBA. Nel muscolo di ratto, l’1α-methyl DHT si lega all’AR circa 3 volte più debolmente del Testosterone. Se si osservano i dati provenienti dall’analisi del muscolo di coniglio, fondamentalmente si vede un risultato contrario: 1α-methyl-DHT si lega con una forza all’incirca 3 volte maggiore all’AR come il Testosterone. L’estrapolazione da una specie animale a un’altra è (altamente) problematica, e quindi anche l’estrapolazione dal ratto, coniglio o qualsiasi altro animale, all’uomo.

    Nel caso ti stia chiedendo perché il DHT dimostri un RBA così basso nel muscolo di coniglio e ratto, questo è probabilmente dovuto alla sua rapida degradazione nel tessuto muscolare. Il DHT costituisce un eccellente substrato per l’enzima 3α-HSD. Questo enzima lo scompone in 3α-androstanediolo, il quale si lega molto debolmente all’AR.[11] Questo accade anche negli esseri umani [12], e questo è uno dei motivi per cui non si vedono protocolli basati sull’uso di DHT.

    Un ultimo punto che deve essere evidenziato è che l’affinità di legame non determina la potenza del AAS nel modulare anche l’espressione genica. Che è alla fine ciò che più interessa. Tuttavia, questo è possibilmente valutabile per via sperimentale. Si tratta del test del gene reporter responsivo agli androgeni (dosaggi biologici AR). Questi test biologici, per quanto ne so, sono stati inizialmente utilizzati per lo screening di nuovi androgeni di design nei campioni di urina per contrastare l’uso di doping. Un test biologico AR è essenzialmente in grado di dimostrare se un campione contiene qualcosa che riesce ad attivare il recettore degli androgeni e avviare la trascrizione genica. Per contrastare il doping, questo è molto utile. Dopotutto, puoi dimostrare che un campione di urina contiene qualcosa che attiva l’AR senza conoscere la struttura chimica del composto utilizzato.

    Ad ogni modo, uno di questi test è stato sviluppato da un team di scienziati olandesi. [13] I ricercatori hanno utilizzato un test chiamato test biologico della LUciferasi attivata da sostanze chimiche reattive agli androgeni (AR CALUX). Hanno preso una linea cellulare di osteosarcoma umano e l’hanno co-trasfettata con l’AR umano e un gene reporter della luciferasi che è sotto il controllo trascrizionale degli elementi di risposta agli androgeni (ARE). Ciò significa che quando l’AR viene attivato, l’enzima luciferasi arriva all’espressione. Questo enzima produce bioluminescenza, o per dirla semplicemente: luce. E la luce può essere misurata. Quindi il grado di bioluminescenza è il grado in cui avviene l’attivazione del recettore degli androgeni.

    I ricercatori hanno quindi proceduto a testare una varietà di AAS noti con il test biologico AR CALUX. Simile all’RBA, con esso si può calcolare la potenza relativa in termini di attivazione del recettore (REP). E non è solo stato fatto per l’AR, ma lo hanno fatto anche per il recettore del progesterone (PR), entrambe le isoforme del recettore degli estrogeni (ERα e ERβ) e il recettore dei glucocorticoidi (GR). Nella tabella seguente sono elencati gli REP di alcuni (popolari) AAS.

    Gli REP di una selezione di AAS tratti dal lavoro di Houtman et al. [13]. Il DHT è servito come steroide di riferimento per il AR, ORG-2058 per il PR, l’Estradiolo per ERα/β e il Desametasone per GR.

    Permettetemi di evidenziare il REP del Testosterone e del DHT per l’AR. Il REP del Testosterone è circa 5 volte inferiore al REP del DHT. Cosa ci dice questo? Semplicemente che quel DHT non è stato degradato enzimaticamente nella linea cellulare che hanno usato come sarebbe successo nel mondo reale se si fosse legato al AR del muscolo scheletrico. Il metabolismo che di solito avviene nel muscolo scheletrico non sembra quindi avvenire in questa linea cellulare. Questo problema invalida i risultati di questo test biologico per quegli AAS che sono metabolizzati nel muscolo scheletrico, come il DHT, ma probabilmente anche il Methenolone (Primobolan). Un altro problema è che l’espressione genica è complessa (e dirlo è un eufemismo). L’AR regola un vasto numero di geni. Se due composti aumentano la trascrizione genica di un determinato gene in misura simile, non significa necessariamente che questi due composti modulino in modo comparabile la trascrizione genica di altri geni. Sicuramente non sarebbe sorprendente se ci fosse una correlazione in un modo o nell’altro, ma questi test biologici dipingono solo un quadro approssimativo. Anche se è probabile che questa immagine approssimativa sia più accurata di quella degli RBA. Tuttavia, fino ad oggi, i biotest AR non sono stati eseguiti in più linee cellulari di vari tessuti (sensibili agli androgeni) per fornirci “nuovi” rapporti tra il potenziale anabolico e androgeno.

    Conclusioni

    Sia il test di Hershberger che gli studi che valutano gli RBA dell’AAS in vari tessuti sono irrimediabilmente inaffidabili. Inoltre, il concetto di numero che cattura la complessità delle proprietà anabolizzanti e di quelle androgene dovrebbe essere abbandonato. Un singolo rapporto è semplicemente incapace di descrivere le risposte differenziali di vari tessuti agli androgeni, così come la complessità della risposta androgena all’interno di un tessuto specifico, per essere di valore. Forse sarebbe più appropriato un “profilo di attività” che descriva l’azione androgenica su base tissutale. Qualcosa di simile è stato proposto per descrivere come dovrebbe essere un SARM ideale per il trattamento di una condizione specifica. Tuttavia, è estremamente difficile quantificare l’azione androgena per tessuto, se non impossibile. Forse i biotest AR eseguiti su linee cellulari di tessuti di interesse potrebbero avere un valore clinico predittivo. Alla fine, dopo tutto, sono necessari studi clinici per dimostrare (il grado di) eventi avversi che si verificano con l’uso di un determinato composto.

    Ovviamente, e lo dico per i tordi che affermano “e allora perchè con l’Oxandrolone gli effetti androgeni sono bassi come descritto dalla sua anabolico:androgeno ratio?” Bambino caro, l’Oxandrolone, come altri composti steroidei testati nel corso degli ultimi sessant’anni, hanno passato trial clinici dove gli effetti sono stati documentati anche nel caso di trattamento di donne in pre e post-menopausa. Ma non sono mai stati effettuati confronti di potenziale ed estrapolate ratio anabolico:androgeno. Semplicemente hanno osservato il miglioramento clinico dei pazienti trattati per svariate patologie e condizioni come, ad esempio, soggetti ustionati o gravemente sottopeso (vedi malati di HIV). Sono state effettuate biopsie, controlli della ritenzione d’azoto ma nessun test comparativo. Così facendo, puoi basarti sul grado di trofismo indotto dalla molecola e dal grado di espressione dei caratteri androgeni, ma, lo ribadisco, nessuna ratio di confronto!

    Ricordate, inoltre, che per i soggetti sensibili l’espressione degli effetti androgeno-correlati avviene anche con le molecole con la ratio più bassa… Fatevene una ragione…

    Gabriel Bellizzi

    Riferimenti:

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    L’efficacia della PCT [Post-Cycle Therapy]alla luce dello studio HAARLEM.

    Introduzione:

    Chiunque segua questo sito o si sia interessato minimamente alla questione “doping”, è a conoscenza del fatto che durante l’uso di AAS e/o SARM, la produzione endogena di Testosterone subisce un calo marcato in misura maggiormente dipendente dalla molecola/e utilizzata/e e in minor parte dal tempo di utilizzo. Una volta interrotta la somministrazione di AAS e/o SARM, la produzione di Testosterone rimane (a diverso grado ma, pur sempre, significativo) soppressa per un periodo di tempo transitorio. Durante questo periodo di tempo, il soggetto si trova in una condizione di ipogonadismo, cioè sarà carente di Testosterone con importanti alterazioni di Estradiolo, DHT e Prolattina. Sappiamo allo stesso modo che è usanza comune l’utilizzo di alcuni farmaci dopo il termine d’uso di AAS e/o SARM con il fine, sperato, di accelerare il processo di recupero dell’attività dell’Asse HPT e la stabilizzazione della normale produzione di Testosterone. Questa pratica è ovviamente la conosciutissima, almeno per nome, PCT (Post-Cycle Therapy).

    Tre tipi di farmaci sono frequentemente utilizzati per la PCT, e questi sono:

    • Modulatori Selettivi del Recettore degli Estrogeni (SERM), cioè Tamoxifene e Clomifene Citrato;
    • Inibitori dell’Aromatasi (IA), come Letrozolo, Anastrozolo ed Exemestane;
    • Gonadotropina Corionica umana (hCG).

    Il ragionamento dietro l’uso di questi farmaci è abbastanza semplice. I SERM agiscono a livello del recettore degli estrogeni bloccando l’attività, principalmente, dell’Estradiolo portando ad un feedback negativo a livello ipofisario il quale, a cascata, porta ad un aumento del rilascio di GnRH e di LH ed FSH i quali, rispettivamente, andranno a stimolare la sintesi di Testosterone e la spermatogenesi. Allo stesso modo, gli Inibitori dell’Aromatasi causano una riduzione dei livelli di Estradiolo e, quindi, della sua attività portando ad un medesimo ciclo di feedback negativo stimolante il rilascio di GnRH e, consequenzialmente, di LH ed FSH. In fine, l’hCG viene usato inizialmente al fine di compensare i livelli bassi di LH e FSH, prima del loro incremento legato all’uso di SERM e AI, incrementando l’attività delle cellule di Leydig e del Sertoli stimolando la sintesi di Testosterone e la spermatogenesi.

    Asse Ipotalamo-Ipofisi-Gonadi (HPGA; conosciuta anche come HPTA, Asse Ipotalamo-Ipofisi-Testicoli)

    Di questi farmaci, i SERM sono solitamente il pilastro portante della PCT. E, in effetti, i SERM hanno dimostrato di aumentare il Testosterone in vari stati di ipogonadismo. Tuttavia, nessuno studio fino ad oggi aveva effettivamente esaminato in modo prospettico la sua efficacia nell’ipogonadismo indotto da AAS. Nemmeno la tanto acclamata PCT di Scally riporta scientificamente buone certezze d’efficacia. Di recente è uscito uno studio che ci mostra quanta efficacia possa avere una PCT nella “corsa al recupero” post ciclo di AAS e/o SARM. Parlo dello studio HAARLEM.[1]

    Lo studio HAARLEM

    Lo studio HAARLEM è uno studio prospettico e osservazionale a cui hanno partecipato 100 utilizzatori di AAS. Si tratta di un’iniziativa dell’ambulatorio per i consumatori di steroidi anabolizzanti di Haarlem, nei Paesi Bassi. L’ambulatorio nasce nel 2010 ed è gestito dai due endocrinologi dott. de Ronde e il dott. Smit.

    L’obiettivo dello studio HAARLEM era quello di ottenere informazioni preziose sui rischi per la salute coinvolti nell’uso di AAS. Le caratteristiche di base di questa coorte sono state pubblicate in precedenza.[2]

    In breve: nello studio sono stati inclusi un totale di 100 soggetti (tutti uomini) che intendevano iniziare un ciclo di steroidi anabolizzanti entro 2 settimane. Diverse misurazioni dello stato di salute, tra cui gli esami del sangue, sono state eseguite su tutti i partecipanti prima del ciclo (T0), durante l’ultima settimana del ciclo (T1), 3 mesi dopo la fine del ciclo (T2), e 1 anno dopo l’inizio del ciclo (T3). Per essere chiari: i soggetti stavano usando AAS che essi stessi si erano procurati, gli endocrinologi non hanno prescritto nessun AAS.

    Ciò che è di particolare rilevanza per questo articolo è che i ricercatori hanno anche misurato i livelli di Testosterone e, quindi, hanno potuto osservare come potesse avvenire la ripresa dell’attività dell’Asse HPT dopo un ciclo. Inoltre, 80 dei soggetti in osservazione hanno eseguito la PCT (mentre i restanti 20 non hanno svolto alcuna PCT). Quindi, detto ciò, questo sarebbe il primo studio prospettico in cui l’efficacia della PCT potrebbe diventare evidente. Alla fine, però, i dati erano disponibili per 79 soggetti che avevano svolto la PCT e 19 soggetti che non l’avevano svolta.

    Anche i farmaci per la PCT non sono stati forniti dagli endocrinologi. I soggetti interessati si sono procurati autonomamente tali farmaci. I ricercatori hanno notato che la maggior parte dei regimi PCT consisteva nell’uso di Tamoxifene Citrato (70% delle volte) e/o Clomifene Citrato (55% delle volte) per 4 settimane dopo il ciclo. Il che, in effetti, rappresenta l’esempio stereotipato di una classica PCT.

    I risultati dello studio

    Sono sicuro che questo darà fastidio a qualche “relativista ad oltranza”, ma i dati sono questi:

    I valori di Testosterone basale (T0) erano praticamente identici e, come prevedibile, sono risultati aumentati a livelli soprafisiologici durante l’ultima settimana del ciclo (T1). Quindi, 3 mesi dopo la fine del ciclo, i valori sono stati di nuovo praticamente normalizzati in entrambi i gruppi (sebbene leggermente, ma non in modo statisticamente significativo, più bassi nel gruppo PCT).

    Questa ricerca ha sicuramente delle mancanze e non arriva ad essere una “pietra miliare” ella dimostrazione scientifica in questo specifico contesto. Non si è trattato di uno studio in doppio cieco controllato con placebo. Ma è molto improbabile che un tale studio venga mai eseguito. Questo è un buon lavoro di ricerca in un frangente ben poco analizzato. Quali altre deficienze presenta lo studio HAARLEM? Qualcuno potrebbe blaterare riguardo ad improbabili bias di selezione. Cioè, i soggetti che “sanno” di recuperare più facilmente, potrebbero aver optato per non utilizzare una PCT. Dubito fortemente che ciò porterebbe a differenze significative. Un’altra ragione potrebbe essere che il dosaggio di AAS medio era più alto nel gruppo PCT, che era 1,110 contro 839mg/settimana. Tuttavia, entrambi sono ben al di sopra dei dosaggi richiesti per la massima soppressione della produzione endogena di Testosterone (il dosaggio minimo richiesto come criterio di inclusione nello studio era anche di 200mg a settimana). Inoltre, il gruppo che non ha svolto la PCT in media ha avuto una durata del ciclo più lunga (20 settimane contro 18 settimane).

    In linea di principio, forse il gruppo PCT si era ripreso un po’ prima, il che sarebbe stato visibile se avessero misurato i marker specifici 2 mesi dopo aver interrotto l’uso di steroidi anabolizzanti invece che 3 mesi dopo. In effetti i controlli avrebbero dovuto essere più assidui. Comunque sia, fatte le dovute eccezioni, non ci si aspetterebbe comunque molta differenza . Se non altro perché la maggior parte di questi soggetti avrebbe impiegato probabilmente circa un mese prima che iniziasse il recupero dell’Asse HPT. Dopotutto, con alti dosaggi e molecole legate ad esteri che ne conferiscono lunghe emivite ci vorrà semplicemente più tempo prima che la soglia ematica degli AAS scenda sotto la curva del basale.

    Sicuramente una buona parte di chi leggerà questo articolo dirà che (la maggior parte di) questi soggetti hanno semplicemente sbagliato la loro PCT. Ma, nonostante molti di voi considerino la “PCT di Scally” il metro di misura per valutare una PCT corretta da ciò che non lo è, purtroppo, non ci sono prove disponibili che abbiano esaminato l’efficacia dei vari tipi di PCT. Naturalmente, esiste una logica di gestione del post ciclo che andrebbe calcolata sul soggetto interessato. Tuttavia, questo studio mostra che quando si osserva un gruppo di persone che eseguono PCT come fatto nella maggior parte della pratica (SERM per circa un mese) semplicemente non si dimostra una reale efficace al fine di un recupero rapido della sintesi endogena di Testosterone. E, come si vede dai dati riportati, c’è stato uno scarso effetto accelerante se il gruppo non PCT si riprende dall’alterazione ormonale comunque in 3 mesi.

    Come nota finale, gli autori chiariscono un punto chiave nel ridurre e migliorare i tempi di recupero e cioè il mantenimento della funzione gonadica per via somministrazione di hCG anche durante il ciclo. Infatti i ricercatori hanno scoperto che quando la funzione gonadica era normale al basale, c’era una probabilità del 90% di avere una normale concentrazione di Testosterone totale dopo 3 mesi di recupero e una probabilità del 100% alla fine del follow -up (in media circa 8 mesi dopo l’interruzione del ciclo).

    Ma allora perché una PCT non da i risultati sperati se i SERM mostrano risultati così buoni in vari tipi di ipogonadismo?

    Sfortunatamente, attualmente non sono disponibili studi di buona qualità nei quali i SERM vengano valutati come trattamento per l’ipogonadismo indotto da AAS. Principalmente il loro uso è destinato, e risultato efficace, nell’ipogonadismo dovuto ad altre cause. Di conseguenza è ovvio che bisognerebbe quindi avere cautela prima di giungere ad affrettate conclusioni, poiché attualmente non è noto quanto bene questi risultati si traducano in coloro che soffrono di ipogonadismo AAS-indotto. La causa sottostante dell’ipogonadismo è molto diversa. In linea di principio, l’ipogonadismo indotto da AAS è uno stato transitorio post-ciclo in cui l’ipotalamo e l’ipofisi non rispondono adeguatamente alla diminuzione delle concentrazioni di androgeni ed estrogeni. Dopo tutto, le concentrazioni post-ciclo di Testosterone ed Estradiolo sono di molto alterate e quindi il feedback negativo che solitamente impone all’ipotalamo e all’ipofisi il rilascio di GnRH e di LH ed FSH è notevolmente diminuito. Quindi, mentre lo stimolo (alterazione di Estradiolo e Testosterone) per produrre LH e FSH è variabilmente presente, le cellule endocrine temporaneamente non riescono a rispondere in modo adeguato a questa condizione. Non è sicuro di come l’uso di SERM possa rendere questo stimolo più marcato e aiutare nel recupero dell’HPGA. A differenza dell’ipogonadismo indotto da AAS, le popolazioni di studio sull’ipogonadismo secondario sono in uno stato stazionario di carenza di Testosterone. Qui, in quel caso, per via delle condizioni di base, avrebbe di certo senso che un soggetto possa spostare lo stato stazionario aumentando lo stimolo con un SERM per aumentare a sua volta il livello di Testosterone, ed è dimostrato. Quindi, tanto per ribadire i concetti primari quando si parla di studi, bisognerebbe essere cauti quando si traducono questi studi alla luce di una situazione ben diversa seppur simile, ossia la situazione ormonale post-ciclo.

    Conclusioni e riflessioni critiche

    Ricapitolando, lo studio HAARLEM è uno studio prospettico in cui è stata seguita nel tempo un’ampia coorte di utilizzatori di AAS. Diverse misurazioni, inclusi i livelli di Testosterone, sono state eseguite prima, durante e in due punti temporali dopo la cessazione dell’uso di AAS. Confrontando quei soggetti che hanno svolto una PCT con quelli che non l’hanno svolta, sono finalmente emerse alcune buone prove iniziali sulla reale efficacia della PCT. Sfortunatamente, la pratica comunemente applicata sembra essere un po’ inutile, per usare un eufemismo.

    Ma quali altre critiche possono essere mosse verso questo studio? Beh, qualcuno potrebbe obbiettare che “Olivier de Hon è uno degli autori. Ed è una autorità dell’antidoping olandese”. Sì, vero, ma in che modo questo invalida i risultati esattamente? basterebbe indicare solo quale parte potrebbe essere stata influenzata da lui. Inoltre, sono sicuro che l’autorità antidoping avrebbe voluto vedere gli utilizzatori di AAS NON recuperare affatto, anche dopo 3 mesi. Ma lo hanno fatto. Sono il primo a mettere in dubbio l’onesta o meglio la lucidità di certi enti, ma sono quasi certo che avrebbero apprezzato risultati diversi da questi.

    Si potrebbe anche dire che “Non hanno istruito gli utilizzatori di AAS a fare A, B e C, il che avrebbe portato a risultati migliori”. Sì, infatti è uno studio OSSERVAZIONALE, non uno studio interventistico. Se avessero istruito gli utilizzatori di AAS ad applicare determinate pratiche con i composti che stavano usando, sarebbe stato piuttosto difficile far passare la cosa al comitato etico medico in primo luogo. L’unico modo per superare l’ottenimento di un intervento è se quest’ultimo incoraggia gli utilizzatori a prendere meno AAS, o a non utilizzarli del tutto. L’obiettivo di questo studio era valutare i rischi per la salute legati all’abuso di AAS nella pratica. Una configurazione osservazionale come questa è ESATTAMENTE ciò che si vorrebbe fare in quel caso.

    Un altra obbiezione potrebbe riguardare il fatto che tutti i dosaggi di AAS utilizzati non siano stati equiparati su base milligrammo per milligrammo. Ovviamente non ci sono prove che sia stato fatto diversamente. Potresti assegnare arbitrariamente qualcosa come “2mg di Testosterone = 1mg di Trenbolone” o qualsiasi altra molecola, ma sarebbe ben poco valido viste le informazioni che si hanno in materia. Cosa starebbe a significherebbe quel numero? Il Trenbolone è due volte più potente nella stimolazione dell’ipertrofia muscolare? Due volte più potente nel sopprimere l’HPGA? Due volte più potente nel causare l’acne? Da dove basi questi numeri? Medie di dosaggi degli androgeni estremamente imprecise? E in che modo questo avrebbe comunque influenzato i risultati? TUTTI gli utilizzatori hanno riscontrato una soppressione marcata dei loro livelli endogeni di Testosterone durante i loro cicli.

    I soggetti potrebbero aver sbagliato la modalità delle loro PCT? Bene, in primo luogo, tornando a quanto detto in precedenza, i ricercatori non potevano dire loro di fare diversamente da quanto essi avevano previsto. E secondo, quale ricerca può dirci cosa comporta una “buon PCT”? Non ne esiste nessuna! E, sebbene la “PCT di Scally” risulti quella con il desing più logico, le prove a suo favore rimangono limitate. È per lo più tutta una ipotesi e supposizioni basate su ricerche estrapolate da popolazioni di studio con diverse cause di ipogonadismo. I soggetti di questo studio hanno semplicemente svolto una PCT come fa la maggior parte degli utilizzatori: assumere SERM per circa un mese.

    Forse avrebbero dovuto iniziare la PCT più tardi? Ok, quindi che differenza ci si aspetterebbe? Il gruppo senza PCT aveva comunque gli stessi livelli di Testosterone che avevano al basale 3 mesi dopo l’ultima iniezione. Dovremmo forse aspettare 3 mesi? Sembra funzionare abbastanza bene…

    I ricercatori forse hanno sbagliato a non fare una sottoanalisi basata su chi ha usato un tipo di composto e chi ne ha usato un altro? Beh, sarebbe stato alquanto arduo poterlo fare. Il motivo di ciò è che solo nel 13% dei campioni la fiala conteneva esclusivamente l’AAS che era riportato sull’etichetta e nel 47% dei casi la fiala non conteneva nemmeno l’AAS dichiarato sull’etichetta ma ne conteneva un altro (o altri).[2]

    Attenzione, non sto dicendo che la PCT sia stata o sia completamente una cattiva idea. Sto semplicemente sottolineando ciò che lo studio prospettico e anni di osservazione ci suggeriscono. Anche nei casi di uso corretto di hCG durante il ciclo, uso dei SERM e hCG post ciclo secondo logica di decadenza dei livelli ematici del/gli AAS usato/i e l’inserimento di un AI quando necessariamente richiesto dagli esami ematici di controllo, la risultante è sempre soggetta a fortissime variabili legate non solo alla lunghezza del ciclo e/o al tipo di molecole usate (vedi anche tipo/i di estere) ma anche dall’età del soggetto e dal numero di cicli svolti in precedenza. Alcuni utilizzatori si attestano a livelli discreti nella metà del range di riferimento, mentre una parte non indifferente soffre per anni di variazioni estrogeno-prolattiniche con livelli di Testosterone totale verso il limite basso e il Testosterone libero sotto il limite minimo.

    Non è un caso se molti utilizzatori, specie dai 30 anni in su, optino per una TRT piuttosto di tentare un recupero travagliato.

    Gabriel Bellizzi

    Riferimenti:

    1. Smit, D. L., et al. “Disruption and recovery of testicular function during and after androgen abuse: the HAARLEM study.” Human Reproduction (2021).
    2. Smit, Diederik L., et al. “Baseline characteristics of the HAARLEM study: 100 male amateur athletes using anabolic androgenic steroids.” Scandinavian journal of medicine & science in sports 30.3 (2020): 531-539.

    Rauwolscina (α-yohimbina).

    Introduzione:

    Come si potrà facilmente capire dalle prime righe di questo articolo, la Rauwolscina è una molecola molto simile nella sua struttura alla Yohimbina e probabilmente condivide simili effetti; ipoteticamente potrebbe essere più potente, ma esistono prove limitate.

    Dal momento che mi è capitato molto spesso di ricevere domande su questa forma di Yohimbina, ho deciso di scrivere alcune righe in merio trattando gli effetti maggiormente ricercati dall’utilizzatore medio dell’alcaloide in questione.

    Rauwolscina: caratteristiche proprie e similitudini con la Yohimbina

    La Rauwolscina, nota anche come Isoyohimbina, α-yohimbina e Corynanthidina, è un alcaloide presente in varie specie del genere Rauvolfia e Pausinystalia (precedentemente noto come Corynanthe).[1] È uno stereoisomero della Yohimbina. [1] la Rauwolscina è uno stimolante del sistema nervoso centrale, un anestetico locale e possiede un certo potenziale afrodisiaco.[1] La Rauwolscina agisce prevalentemente come antagonista del recettore α2-adrenergico.[2][3] È stato anche dimostrato che agisce come agonista parziale del recettore 5-HT1A e antagonista del recettore 5-HT2A e 5-HT2B. [4] [5] [6]

    la Rauwolscina, o {3H}Rauwolscina, come già accennato, è un antagonista dei recettori adrenergici alfa-1 e alfa-2 (con una maggiore selettività per quest’ultimo).[7] La Yohimbina condivide il medesimo meccanismo d’azione recettoriale.

    Come ormai risaputo, la Yohimbina agisce sul sistema dei recettori adrenergici delle cellule adipose, che regolano la termogenesi. Le subunità beta dei recettori adrenergici (bersagli, per esempio, dell’Efedrina) possono essere viste come stimolanti per la perdita di grasso poiché aumentano l’attività dell’enzima adenil ciclasi e successivamente dei livelli di cAMP (principalmente attraverso le subunità b1 e b2; con la b3 che è meno attiva negli umani).[8][9] Le subunità alfa sono soppressive del metabolismo lipidico, e attraverso la loro attivazione si riduce l’attività dell’adenil ciclasi e si riducono i livelli di cAMP (in particolare per opera degli alfa-2). La Yohimbina, come la Rauwolscina, è un antagonista selettivo del recettore alfa-2 adrenergico (inattivatore), che inibisce l’attivazione del set di recettori soppressivi e preserva l’attività dell’adenil ciclasi e gli effetti mediati dai recettori beta.[10]

    Osservando le interazioni della Yohimbina a livello del recettore, la molecola è risultata essere un antagonista alfa2-adrenergico selettivo con un’affinità 44 volte maggiore per la subunità alfa2 rispetto alla subunità alfa1 quando testata su ratti anoccigei e dotti deferenti; questo differisce dal relativo composto Corinantino e Rauwolscina che sono selettivi per il recettore alfa1 (33 volte) e per lo più non selettivi (3,3 volte); rispettivamente.[11] Questi valori sono stati derivati ​​da sperimentazioni in vitro e un secondo test nel quale è stato osservato il legame competitivo in campioni di cervello notando che la selettività era ridotta da 45 a 5,7. Quando si osserva il recettore alfa2 stesso, la Yohimbina sembra avere ulteriore selettività per la subunità alfa2C piuttosto che per la A o la B; nell’intervallo di 4-15 volte la selettività,[12] mentre la Rauwolscina sembra essere non selettiva tra queste tre subunità.[13][12] La Rauwolscina sembra essere efficace a livello del recettore quanto la Yohimbina,[14] con la Coynantina che presenta la minore entità di efficacia.[11]

    Oltre a ciò, la stessa Yohimbina può potenzialmente indurre la perdita di grasso per via indiretta attraverso il rilascio di Adrenalina; l’Adrenalina stessa è un attivatore dei recettori beta-adrenergici.[15] Tuttavia, questo aumento di Adrenalina può svanire con il tempo raggiungendo l’irrilevanza statistica 2 settimane dopo l’inizio dell’ingestione giornaliera.[16] L’aumento degli acidi grassi liberi plasmatici e la densità dei recettori alfa2-adrenergici rimangono simili in entrambi i momenti, suggerendo che la Yohimbina perde selettivamente il picco di Adrenalina ma non gli effetti diretti sulla sovra-regolazione della lipolisi recettore-dipendente.

    La Yohimbina è stata inizialmente studiata per il suo ruolo nella riduzione degli accumuli adiposi localizzati grazie al suo utilizzo come crema topica (potendo scegliere dove applicare la Yohimbina)[17][18] ma anche secondariamente al suo utilizzo per ridurre l’adipe nelle cosce delle donne, poiché livelli elevati di Estrogeni aumentano l’attività del recettore alfa2-adrenergico.[19] A causa dell’aumento dell’attività alfa2-adrenergica nel tessuto adiposo sito nelle cosce delle donne, si pensava che l’antagonismo di questi recettori riducesse l’adiposità in modo selettivo; i risultati con la soluzione topica sono ad oggi vaghi, con uno studio con esito positivo [18] e l’altro nel quale si sono notati benefici sia con la Forskolina (da Coleus Forskohlii) che con l’Aminofillina ma non con la Yohimbina. [17]

    La chetogenesi, o la produzione di corpi chetonici, è potenziata dalla presenza di Noradrenalina in condizioni normali. Il blocco dei recettori alfa adrenergici, tramite l’antagonismo della Yohimbina (e della Rauwolscina) sul recettore alfa-2 adrenergico, aumenta gli effetti chetogenici della Noradrenalina. [20]

    Uno studio nel quale si è osservato un aumento della ossidazione lipidica (aumento dei biomarcatori di NEFA e glicerolo) ha anche notato che questo aumento è stato soppresso durante lo stato di alimentazione.[21] È stato ipotizzato che questa interazione con lo stato di digiuno così come gli effetti apparentemente additivi/sinergici della Yohimbina e l’esercizio sulla lipolisi[21] potrebbero portare a tempistiche di assunzione ideale della Yohimbina prima dell’esercizio mattutino.[22] Se abbinata al cibo in modo acuto, la Yohimbina può effettivamente aumentare il rilascio di Insulina indotto dal glucosio attraverso lo stimolo delle cellule pancreatiche[23][24] ma non si verifica a digiuno dopo il consumo orale di 0,2g/kg.[25][21]

    Se il meccanismo avviene tramite la stimolazione del rilascio di Insulina che riduce la lipolisi, è teorico che un pasto privo di carboidrati e a basso contenuto proteico (per ridurre la stimolazione indotta dagli amminoacidi) potrebbe essere simile allo stato di digiuno; questo non è stato però studiato.

    Uno studio è stato condotto con la somministrazione di Yohimbina a giocatori di calcio d’élite che assumevano 10mg della molecola due volte al giorno (20 mg in totale) per un periodo di 21 giorni. Durante lo studio si è osservato che, in seguito al controllo della dieta, la percentuale di grasso era diminuita dallo 9,3 +/- 1,1% allo 7,1 +/- 2,2% (valutato tramite calibro), mentre nel gruppo placebo è stato registrato un aumento non significativo.[26] La dose di 0,2mg/kg di Yohimbina in uomini altrimenti sani sembra aumentare gli effetti sul miglioramento del metabolismo lipidico e della beta-ossidazione della Noradrenalina endogena e sembra essere più efficace durante i periodi di esercizio e attenuarsi se somministrati dei beta-bloccanti;[21] un altro studio ha rilevato che questa attenuazione deve essere misurata al 70%.[25] Tuttavia, almeno uno studio ha rilevato risultati nulli, in quanto la Yohimbina non ha fatto diminuire il peso nei volontari sani.[27]

    La {3H} Rauwolscina è meno potente della Yohimbina nel proteggere dagli aumenti della pressione sanguigna indotti dall’Adrenalina (entrambi meno potenti della Corinantina e più potenti della 3-epi-alfa-yohimbina), questo effetto sembra correlato alla loro affinità per gli alfa -2 adrenorecettori.[28]

    Come la Yohimbina, la Rauwolscina è un agonista dei recettori 5-HT1a/b e induce effetti simili alla Serotonina. Mentre la Yohimbina ha più affinità per tale recettore, la Rauwolscina ha un valore IC50 più basso (il che significa che può saturare più recettori alla stessa dose) e può essere considerata leggermente più potente nell’attività serotoninergica.[29][30]

    Non mi dilungherò oltre, dal momento che gli argomenti trattati fino a questo momento sono di maggiore interesse per la valutazione di supplementi contenenti Rauwolscina e del loro possibile utilizzo.

    Conclusione:

    Ora, sappiamo che le caratteristiche di entrambe le forme di Yohimbina sono pressoché identiche sebbene la selettività recettoriale della Rauwolscina sembri minore di quella della Yohimbina. La caratteristica che sembra spostare l’interesse sulla Rauwolscina è la sua più lunga emivita ( Yohimbine 0.25-2.5h; Rauwolscina 0.5-5h ipotetiche). Se però valutiamo quest’aspetto alla luce della sua bassa selettività e alto potenziale di saturazione recettoriale, viene facile intuire che ciò possa influire negativamente sulla percentuale di emersione di effetti collaterali tipici dell’alcaloide (tremori, insonnia, emicrania, tachicardia, ecc…). Con molta probabilità il dosaggio “ideale” con un certo margine di “sicurezza” può essere attestato a 0.1mg/Kg/die.

    Gabriel Bellizzi

    Riferimenti:

    1.  KOHLI JD, DE NN (June 1956). “Pharmacological action of rauwolscine”. Nature177 (4521): 1182. doi:10.1038/1771182a0PMID 13334509.
    2.  Perry BD, U’Prichard DC (December 1981). “[3H]rauwolscine (alpha-yohimbine): a specific antagonist radioligand for brain alpha 2-adrenergic receptors”. European Journal of Pharmacology76 (4): 461–4. doi:10.1016/0014-2999(81)90123-0PMID 6276200.
    3.  Kou Qin; Pooja R. Sethi; Nevin A. Lambert (August 2008). “Abundance and stability of complexes containing inactive G protein-coupled receptors and G proteins”The FASEB Journal22 (8): 2920–2927. doi:10.1096/fj.08-105775PMC 2493464PMID 18434433.
    4.  Arthur JM, Casañas SJ, Raymond JR (June 1993). “Partial agonist properties of rauwolscine and yohimbine for the inhibition of adenylyl cyclase by recombinant human 5-HT1A receptors”. Biochemical Pharmacology45 (11): 2337–41. doi:10.1016/0006-2952(93)90208-EPMID 8517875.
    5.  Kaumann AJ (June 1983). “Yohimbine and rauwolscine inhibit 5-hydroxytryptamine-induced contraction of large coronary arteries of calf through blockade of 5 HT2 receptors”. Naunyn-Schmiedeberg’s Archives of Pharmacology323 (2): 149–54. doi:10.1007/BF00634263PMID 6136920.
    6.  Wainscott DB, Sasso DA, Kursar JD, Baez M, Lucaites VL, Nelson DL (January 1998). “[3H]Rauwolscine: an antagonist radioligand for the cloned human 5-hydroxytryptamine2b (5-HT2B) receptor”Naunyn-Schmiedeberg’s Archives of Pharmacology357 (1): 17–24. doi:10.1007/PL00005133PMID 9459568. Archived from the original on 2001-09-11.
    7. J C Doxey, et al. Comparison of the alpha-adrenoceptor antagonist profiles of idazoxan (RX 781094), yohimbine, rauwolscine and corynanthineNaunyn Schmiedebergs Arch Pharmacol. (1984)
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    12. a b Lalchandani SG, et al. Yohimbine dimers exhibiting selectivity for the human alpha 2C-adrenoceptor subtypeJ Pharmacol Exp Ther. (2002)
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