Tè verde e “calorie blocking”

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Il Tè verde (Camellia Sinensis) è una pianta dalla quale si ottiene l’omonima bevanda largamente utilizzata. Ricco di proprietà benefiche, esercita la maggior parte dei suoi benefici attraverso dei polifenoli idrosolubili (spesso indicati come catechine) estratti dalle foglie, nell’acqua di preparazione, che viene poi consumata.
Esso è stato collegato a diversi benefici su vari organi. È cardioprotettivo, neuroprotettivo, anti-obesità, anti-cancerogeno, anti-diabetico, anti-aterogenico, protegge il fegato ed è benefico per la salute dei vasi sanguigni. Questi effetti benefici si osservano consumando il tè verde stesso (come bevanda), nonché assumendolo attraverso gli integratori.
In questa breve esposizione vorrei parlare di una caratteristica legata al tè verde (e principalmente alle sue catechine) che può risultare funzionale all’atleta nei periodi in cui si cerca di diminuire la percentuale di grasso corporeo. Non parlerò dell’azione che ha l’ECGC (catechina presente a livelli abbondanti nel tè verde) sulla biogenesi mitocondriale e il suo conseguente effetto sul miglioramento metabolico cellulare(che probabilmente tratterò in futuro) ma, bensì, dell’effetto del tè verde sull’assorbimento dei macronutrienti, soprattutto del glucosio.
Le catechine contenute nel tè verde mostrano abilità nel prevenire l’assorbimento intestinale degli zuccheri presenti nella dieta per lo più attraverso l’azione dell’ECG, anche se le altre tre catechine contribuiscono a ciò attraverso l’inibizione competitiva del trasportatore SGLT-1(Sodium-GLUcose Trasporter) che è un trasportatore del glucosio integrale di membrana: localizzato nell’orletto a spazzola dei villi intestinali e nelle cellule del tubulo renale, favorisce il passaggio di glucosio dai compartimenti extracellulari all’interno delle cellule.
A livello enzimatico, le catechine mostrano da deboli a moderati effetti di inibizione dell’enzima invertasi o saccarasi che, attraverso la reazione di idrolisi, scompone il saccarosio in glucosio e fruttosio. Le Teaflavine (presenti ad alti livelli nel tè nero; che si ottiene dalla fermentazione delle foglie di Camellia Sinensis) risultano molto più potenti in questo senso, e l’evidenza suggerisce che lo stesso tè può essere più efficace dell’assunzione isolata di catechine del tè verde.
Lattasi, amilasi, alfa-glucosidasi, ed enzimi proteine-digestivi sono inibiti dalle catechine del tè verde; anche se queste inibizioni (ad eccezione di quella a carico del glucosidasi) sono ridotte di 2,6 volte con la co-ingestione di cibi ricchi di prolina.
Gli studi suggeriscono che per provocare l’inibizione dell’assorbimento del contenuto dei carboidrati presenti in un pasto del 25% è sufficiente una dose di 100mg di catechine del tè verde.
Il tè verde è stato anche coinvolto nella riduzione dell’attività gastrica della lipasi pancreatica, suggerendo che può giocare un ruolo anche come “blocca grassi”.
Questi meccanismi sono statisticamente significativi, ma non eccessivamente potenti in vivo, mentre gli effetti sulla riduzione dell’assorbimento del colesterolo sono dose dipendente. Il tè verde assunto ad una dose pari allo 0,5-1% della dieta provoca l’aumento della percentuale totale di grasso alimentare perso nelle feci (nei ratti) dal 3,5 (gruppo di controllo) al 4,6-5,8%.
Il tè verde ha la capacità di causare il malassorbimento di tutti i macronutrienti, ma questo sembra essere di interesse rilevante per i carboidrati contenuti nella dieta. L’inibizione dell’assorbimento proteico è ostacolato dagli enzimi della saliva, e l’inibizione dell’assorbimento lipidico non sembra essere rilevante negli esseri umani.
Partendo da quanto riportato, risulta funzionale l’aggiunta di tè verde ai pasti durante una dieta per la riduzione del grasso corporeo: soprattutto se chetogenica dal momento che l’azione inibitoria sull’assorbimento dei carboidrati alimentari, addizionata alla scarsa inibizione sull’assorbimento lipidico, e nulla su quello proteico, facilità e migliora un regime alimentare dove l’introito glucidico deve essere ridotto al minimo. Se poi addizioniamo tutto questo con le prima citate caratteristiche sulla biogenesi mitocondriale si ottiene un supplemento di grande utilità per il raggiungimento dei propri obbiettivi.

Gabriel Bellizzi

Approfondimenti:

1. Shimizu M, et al Regulation of intestinal glucose transport by tea catechins . Biofactors. (2000)
2. Kobayashi Y, et al Green tea polyphenols inhibit the sodium-dependent glucose transporter of intestinal epithelial cells by a competitive mechanism . J Agric Food Chem. (2000)
3. Inhibition of Saccharide Digestive Enzymes by Tea Polyphenols
4. Wang Y, Yang Z, Wei X Sugar compositions, α-glucosidase inhibitory and amylase inhibitory activities of polysaccharides from leaves and flowers of Camellia sinensis obtained by different extraction methods . Int J Biol Macromol. (2010)
5. Naz S, et al Epigallocatechin-3-gallate inhibits lactase but is alleviated by salivary proline-rich proteins . J Agric Food Chem. (2011)
6. Zhong L, Furne JK, Levitt MD An extract of black, green, and mulberry teas causes malabsorption of carbohydrate but not of triacylglycerol in healthy volunteers . Am J Clin Nutr. (2006)
7. Juhel C, et al Green tea extract (AR25) inhibits lipolysis of triglycerides in gastric and duodenal medium in vitro . J Nutr Biochem. (2000)
8. Nakai M, et al Inhibitory effects of oolong tea polyphenols on pancreatic lipase in vitro . J Agric Food Chem. (2005)
9. Effects of non-fermented tea extracts on in vitro digestive hydrolysis of lipids and on cholesterol precipitation
10. Koo SI, Noh SK Green tea as inhibitor of the intestinal absorption of lipids: potential mechanism for its lipid-lowering effect . J Nutr Biochem. (2007)
11. Ikeda I, et al Tea catechins decrease micellar solubility and intestinal absorption of cholesterol in rats . Biochim Biophys Acta. (1992)
12. Raederstorff DG, et al Effect of EGCG on lipid absorption and plasma lipid levels in rats . J Nutr Biochem. (2003)

I grassi necessitano dei carboidrati per essere “bruciati”?

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Chiunque abbia dato un esame di biochimica all’Università, o che semplicemente abbia studiato le basi di biochimica o si sia interessato all’argomento “nutrizione”, sa che esiste da sempre un famoso detto che recita: “i grassi bruciano al fuoco dei carboidrati” (“fat burn in a carbohydrate flame”). Questa citazione, riportata spesso da testi e documenti di carattere scientifico, e di conseguenza anche da molti siti web e da molti personal trainer, è stata coniata dal biochimico tedesco Georg Rosenfeld nel lontano 1895. Essa spiega un principio fondamentale del metabolismo energetico, ovvero che i sottoprodotti del metabolismo dei carboidrati sarebbero necessari per il completo catabolismo e impiego dei lipidi. In altre parole questo concetto spiegherebbe, secondo una certa interpretazione, la presunta necessità di assumere carboidrati alimentari al fine di riuscire a “bruciare” (sarebbe più corretto dire “ossidare”) i grassi.
Secondo questo superficiale ragionamento , visto che la completa ossidazione dei grassi avverrebbe grazie ai sottoprodotti metabolici dell’impiego energetico dei carboidrati, eliminando generalmente i carboidrati dalla dieta si lascerebbe intendere, almeno implicitamente, una “falla nel sistema” che avrebbe l’effetto di compromettere l’efficienza metabolica nell’ossidazione dei grassi. Questo ipoteticamente si rifletterebbe addirittura su un blocco dell’impiego energetico dei grassi e quindi su un mancato o uno scarso dimagrimento.

Ovviamente queste ipotesi non trovano un reale riscontro scientifico, ma per capirlo è necessario mettere in chiaro alcuni punti.

Innanzi tutto, in biochimica con il termine “bruciare” si intende la capacità di estrarre energia dai macronutrienti, di ricavare ATP. Cosa l’organismo ne faccia dell’ATP prodotto è un altro discorso.

Detto ciò, bisogna anche capire come funziona il Ciclo di Krebs:

– I macronutrienti per essere utilizzati ed entrare dentro al ciclo devono essere scomposti:

– Il glucosio diventa Piruvato e in presenza di ossigeno a seconda dell’abbondanza dei carboidrati assunti diventa ossalacetato o acetil-CoA.

– I trigliceridi vengono scissi in acidi grassi e glicerolo. Quest’ultimo entra a far parte della glicolisi e segue le vie del glucosio, gli acidi grassi invece formano aceti-CoA.

– Gli aminoacidi utilizzano il loro scheletro carbonioso e a seconda se sono glucogenetici o chetogenici seguono due vie differenti:

1 – ossalacetato

2- acetil-CoA.

L’acetil-CoA per entrare nel Ciclo di Krebs ha bisogno dell’ossalacetato che svolge la funzione di “introduttore”. Per questo motivo viene detto che i “grassi bruciano al fuoco dei carboidrati”, perchè l’acetil-CoA senza ossalacetato rallenta o blocca l’ossidazione lipidica nel ciclo.

Tuttavia, essendo il corpo umano adattativo nel suo biologico margine genetico, la pratica quotidiana dimostra che anche senza carboidrati si può perdere grasso. Ma perchè questo avviene? Perchè nel fegato l’acetil-CoA in eccesso va incontro ad altri processi fisiologici e nella matrice mitocondriale degli epatociti forma acetoacetil-CoA il precursore dei corpi chetonici. Questi ultimi possono essere ossidati da tutti i tessuti extra-epatici dell’organismo che abbiano mitocondri, fornendo energia.
Quindi è vero che “i grassi bruciano al fuoco dei carboidrati” ma anche a quello dei corpi chetonici.
Per concludere, il muscolo è il principale tessuto che metabolizza i grassi a riposo. Il suo consumo di glucosio-glicogeno quando non facciamo nessuna attività impegnativa è veramente minimo a patto di non avere l’insulino-resistenza (inflessibilità metabolica). Il muscolo scheletrico umano può ossidare almeno sette aminoacidi: Leucina, Isoleucina, Valina, Glutammato, Asparagina, Aspartato e Alanina. Quindi questi ultimi, visto che la capacità glicolitica muscolare a riposo rimane bassa, forniscono gli intermedi per far funzionare il Ciclo di Krebs. Pertanto nel muscolo i grassi “bruciano” anche (o prevalentemente) al “fuoco degli aminoacidi” e non solo dei carboidrati.

E’ chiaro quindi che l’affermazione “i grassi bruciano al fuoco dei carboidrati” sia basata su una datata teoria originata alla fine del diciannovesimo secolo, ma che la scienza moderna, approfondita e appoggiata dalla dimostrazione pratica, dimostri il fatto che “i grassi bruciano al fuoco dell’ossalacetato”, molecola che può derivare sia dal glucosio che da precursori non-glucidici, ovvero dagli amminoacidi.

Fonte:

Project Nutrition – Per essere padroni dei concetti e non schiavi delle diete.

Clean Bulk-Refeed Carbs

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Una volta raggiunta una buona condizione fisica in seguito al “Cut Diet-PSMF” è buona cosa iniziare una fase Bulk (meglio se “Clean”) per aumentare la propria massa magra.

La Clean Bulk-Refeed Carbs permette di salire di peso in modo “pulito”, privilegiando la massa magra rispetto a quella grassa.

– Proteine: 3,2gm/Kg di massa magra
– Carboidrati: solo pre e post-workout (o entrambi): 2,2-3,2gm/Kg di massa magra (si consiglia di seguire questo approccio solo se si è sotto l’8-9% di grasso e fermarsi quando si raggiunge il 10-12%).
– Grassi: 1,5gm/Kg di cui
– 10-20% saturi (da uova, carne rossa magra, olio di cocco o MCT)
– 30-40% monoinsaturi (da olio d’oliva, mandorle, noci)
– 40-50% polinsaturi Omega 3 (pesce grasso, noci, mandorle)
– EPA e DHA 2,5gm-5gm al giorno
– Utilizzare solo le fonti di grassi sopra citate ed integrare con Vitamina C, D ed E.

Refeed (Ricarica di carboidrati)

1° tipo – Individui ectomorfi: due a settimana ogni 3 o 4 giorni di dieta. Durata di 5 ore dal post-workout in poi a 6gm di carboidrati per Kg di massa magra.
2° tipo – Individui mesomorfi: una ogni 5-6 giorni di dieta. Durata di 12 ore del post-workout in poi a 8gm di carboidrati per Kg di massa magra.
3° tipo – Individui endomorfi: una ogni 5-6 giorni di dieta. Durata di 5 ore del post-workout in poi a 6gm di carboidrati per Kg di massa magra.

(Ricordare di aumentare solo il consumo di carboidrati nel giorno o nei giorni dedicati al Refeed, il quantitativo di grassi e proteine non varia).

– Free Meals (pasti liberi): due a settimana, preferibilmente composti da alimenti amidacei e proteici. Un solo pasto libero per chi possiede una maggior componente mesomorfa. Evitare al massimo pasti troppo ricchi in grassi.

Un piano alimentare semplice da pianificare e dal grande potenziale (se seguito correttamente, ovviamente).

Gabriel Bellizzi

Approfondimenti:

Project Nutrition – Per essere padroni dei concetti e non schiavi delle diete. Capitolo IX; pag. 335-336.

CUT DIET-PSMF

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Dopo aver trattato la “Body Recomposition Diet (Antobolica)” vorrei riportare una possibile e funzionale dieta “Cut”.
Questa “Cut Diet” è sviluppata seguendo la Fase PSMF , o Protein Sparing Modified Fast (ovvero digiuno modificato a risparmio proteico). Si tratta di una strategia alimentare che è stata pensata per chi non riesce a perdere grasso sotto l’8-10%. Questa difficoltà si verifica perché i recettori α-adrenergici, stimolati dalle catecolamine, bloccano la lipolisi. Gli acidi grassi liberati dagli adipociti ed immessi nel circolo ematico vengono subito “ri-catturati” dagli stessi adipociti.

Questa strategia nutrizionale è suddivisa in due fasi:

1°- Simil digiuno (PSMF) della durata di due giorni e mezzo (60 ore), dove le proteine sono il “carburante” principale;

2°- Ricarica dei carboidrati (Reefeed) della durata di 5-8 ore.

Un esempio potrebbe essere: lunedì, martedì e mercoledì fino a pranzo si sta in fase PSMF. Dopo l’allenamento del mercoledì pomeriggio si inizia la fase refeed . Giovedì, venerdì, sabato fino a pranzo si sta in fase PSMF. Sabato pomeriggio, sempre dopo l’allenamento, fase refeed. Nel caso in cui sabato non ci si allena limitare la fase refeed ad un unico pasto libero alla sera. La domenica è giorno libero , ma sempre controllato, cibo “pulito” e nessuna abbuffata.

Fase PSMF

– Proteine: 2,2-3,2gm/Kg di massa magra
– Carboidrati: non più di 20-30gm al giorno e solo da verdure ricche di fibre.

– Grassi: non più di 20-30gm al giorno di cui, la metà da un mix di polinsaturi da olio di pesce e/o olio di lino e monoinsaturi da olio d’oliva, mandorle e noci (evitare le arachidi e il burro d’arachidi).

Fase Refeed

Durata dalle 5 alle 8 ore, da suddividere in 2 o 3 pasti. Devono essere gli ultimi pasti della giornata, poiché, nelle ore serali il livello di Cortisolo (già elevato a causa della fase PSMF) tende ad abbassarsi. Ciò permette un lieve, ma essenziale, aumento della sensibilità insulinica e, quindi, un miglior up-take di glucosio da parte del tessuto magro.
Oltre a quanto detto, la ricarica di carboidrati può aiutare a riposare meglio (il “potrebbe” è inserito perché su certi individui abbastanza sensibili, alti livelli glicemici potrebbero causare fasi passeggere di iperattività) e, di certo, ciò aiuta ad evitare crisi di abbuffate compulsive.

– Refeed di Carboidrati:
– per individui endomorfi: 6-8gm/Kg di massa magra
– per individui mesomorfi ed ectomorfi: 8-10gm/Kg di massa magra.

– Refeed di grassi: non più di 0,8-1,2gm/Kg massa magra e preferibilmente da monoinsaturi (olive, mandorle, noci, ecc); se si vuole mangiare una pizza con formaggio l’importante è non aggiungere altri grassi.

– Refeed di Proteine: 1,5-2,2gm/Kg di massa magra calcolando solo quelle provenienti da fonti nobili, aggiungere 0,3-0,5gm/Kg di massa magra se sono di più bassa qualità.

Questa strategia non può essere tenuta per un tempo troppo lungo, sia a livello psicologico e sia a livello fisiologico e sociale. Il corpo risponde male quando un’alimentazione supera il 40% delle calorie totali dalle proteine per troppo tempo. La fase Refeed ovviamente smorza il tutto ma è sempre meglio continuare a ciclicizzare la dieta.

Gabriel Bellizzi
Approfondimenti:

Project Nutrition – Per essere padroni dei concetti e non schiavi delle diete. Capitolo IX; pag. 334-335.

http://www.antobolica.it/

“The Body Recomposition Diet (Antobolica)”: una fase sottovalutata

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Pratica comune nel BodyBuilding (o, almeno, quando fatto “bene”) e negli sport di potenza è l’alternarsi di due fasi dietetiche ben distinte al fine di ottenere differenti obbiettivi.

Le due fasi sono le conosciutissime Fase Bulk (massa) e Fase Cut (definizione):

1- Fase Bulk (massa): come ben sappiamo in questa fase si cerca di aumentare il più possibile la massa muscolare facendo in modo che (in %) si verifichi un aumento il più limitato possibile di quella grassa;
2- Fase Cut (definizione): in questa fase, ovviamente, ci si concentra principalmente sulla perdita del grasso cercando di mantenere più massa magra possibile (duramente ottenuta nella Fase Bulk).

Ma è giusto alternare in questo modo il regime dietetico di un atleta (in particolare se BodyBuilder), passando da un regime ipercalorico ad uno ipocalorico? La risposta è sia soggettiva che oggettiva! No, non sto dicendo che la risposta è sia “si” che “no” (principio di non contraddizione), quello che voglio dire è semplicemente questo: le basi genetiche dell’individuo, e le condizioni nelle quali si trova al termine della Fase Bulk, sono estremamente soggettive e dipendono anche dal modo in cui l’atleta ha affrontato la fase ipercalorica (allenamento, dieta e supplementazione). Allo stesso modo sono soggettive le risposte ad un brusco passaggio tra una dieta ipercalorica ad una ipocalorica. Ciò che diventa oggettivo è che l’efficienza di adattamento e di risposta risulta maggiormente funzionale (psico-fisicamente) quando tra un passaggio e l’altro si inserisce una “fase transitoria”.
Questa “fase transitoria” è conosciuta come “Body Recomposition Diet (Antobolica)”; una specie di mix delle due “fasi classiche” (Bulk e Cut), adattata con cura al soggetto interessato.
Penso sia ovvio (?) che la qualità della composizione corporea debba essere di primario interesse per un BodyBuilder , a prescindere dai target personali. Personalmente trovo insensato arrivare in Bulk a pesare 90-100 kg con una body fat del 20% o arrivare in Cut a pesare 65 kg con una body fat dell’8%, perché in entrambi i casi il risultato estetico sarebbe pessimo. Penso sia essenziale mantenersi in un range del 12-15% di massa grassa nella Fase Bulk e passare ad una fase “Antobolica” in modo da portare la composizione corporea ad una percentuale “massa magra/grassa” a favore della prima in modo che, una volta in Cut, la percentuale di grasso da abbassare sia nettamente inferiore rispetto alla massa magra: questo comporta una dieta meno drastica, una conservazione maggiore di massa magra (soprattutto se la chimica è ridotta al minimo o assente) e un impatto psico-fisico drasticamente inferiore.
Come logico che sia, in questa fase bisogna cercare di mantenere lo stesso peso, variando il rapporto a favore della massa magra a discapito di quella grassa. E’ un processo costante, dal tempo variabile, gradualmente percepibile: ricordiamoci che le basi di questo sport sono fatte di pazienza e costanza.

Detto ciò, è bene sapere che:

– se nell’arco di 2-3 settimane il peso sale vuol dire che si sta ingrassando e/o trattenendo acqua;
– se scende si sta perdendo muscolo e/o acqua.

In nessuno dei due casi si ha una variazione positiva della composizione corporea, né si sta mettendo muscolo né perdendo grasso.
Non è così semplice pianificare questa fase, e risulta anche più complessa delle più famose fasi (Bulk e Cut). Solitamente il “binomio vincente” è indicato con “maggior spesa-maggior resa”; in poche parole, consumare un monte calorico abbastanza elevato ma con una pari spesa energetica attraverso il proprio piano di allenamento. Essendo però un sostenitore della complessità umana (e come darmi torto) consiglierei di concentrarsi (come sempre) non solo sulle Kcal ma anche sul tipo di alimenti, sulla percentuale dei macronutrienti e sulle “tre variabili glucidico/proteiche” (Indice glicemico; Carico glicemico; Indice insulinico).

Indicativamente, un piano di “Body Recomposition” può essere riassunto come segue:

– Proteine: 2,2-3,2gm per ogni Kg di massa magra

– Carboidrati: da assumere divisi tra pre e post-workout (o, anche, solo in una delle due fasi)
° 0,5/0,8gm per ogni Kg di massa magra in soggetti con una percentuale di massa grassa superiore o pari al 15% (uomini) o superiore o pari al 25% per le donne)
° 1/1,5gm per ogni Kg di massa magra in soggetti con una percentuale di massa grassa tra il 12-15% (uomini) o il 18-20% (donne).

– Grassi: 1gm/Kg (peso complessivo)
° L’80-90% dell’introito di grassi deve provenire da saturi e monoinsaturi in rapporto 1:1, il restante 20-10% deve provenire dai polinsaturi di cui circa 2,5-5gm da EPA e DHA.

– Free Meals (Pasti Liberi): due o tre a settimana, meglio se a base di carboidrati:
° I pasti liberi non devono diventare abbuffate incontrollate. Se si ha voglia di aggiungere una bevanda alcolica evitare la birra optando per del vino rosso.

Con questo approccio i carboidrati devono bastare come “aggiunta energetica” per l’allenamento e il seguente “primo recupero”. I muscoli, a riposo, usano come fonte energetica i grassi e, quindi, non si vede la necessità di concentrarsi eccessivamente sul consumo glucidico.

Ricordiamoci che il muscolo necessità di tre cose:

1- Proteine per la riparazione
2- Glucosio per la contrazione
3- Grassi per il sostentamento

Al cervello bastano 80/120gm di glucosio al giorno, anche meno visto che può utilizzare benissimo i corpi chetonici. Un normale workout con i pesi di circa 60 minuti al 75% dell’1RM consuma solo circa 1,5gm di glucosio per chilo di massa magra, spesso anche meno, anche questa volta dipende dall’adattamento soggettivo. Per queste ragioni con questo approccio alimentare non c’è bisogno di fornire ulteriori glucidi.
Scopo di questo tipo di alimentazione è anche quello di regolare la Leptina, ormone proteico da 16 kDa che ha un ruolo importante nella regolazione dell’ingestione e della spesa calorica, compreso l’appetito ed il metabolismo. La leptina è uno dei principali ormoni prodotti dal tessuto adiposo, essendo codificata dal gene Ob(Lep) (Ob di obeso, Lep di leptina). Agisce nella regolazione del bilancio delle riserve energetiche: mentre la grelina è l’ormone che stimola il senso di appetito, la leptina regola il senso di sazietà. In sostanza la Leptina è strettamente collegata al consumo glucidico della dieta. Ma attenzione, troppo glucosio porta alla leptino-resistenza e, una volta raggiunto tale stato, tutti i suoi benefici vengono persi. La “Body Recomposition Diet”, grazie al controllo e alla temporizzazione dell’ingestione glucidica, permette il controllo di questo importante ormone, riuscendo a sfruttare i suoi benefici sulla composizione corporea.

In conclusione, dai dati raccolti, risulta più funzionale l’inserimento di una “fase transitoria” tra le classiche fasi di Bulk e Cut rispetto al passaggio repentino tra una fase ipercalorica ed una ipocalorica , sia sul risultato puramente estetico che su quello psico-fisico. Ovviamente, la pianificazione di una “Body Recomposition Diet” è strettamente personale ed è compito dell’atleta esperto, in concerto con il proprio preparatore, pianificarla correttamente seguendo le semplici linee guida sopra elencate.

PS: è di logica conclusione il fatto che questa dieta possa essere intrapresa al di fuori del mezzo tra “Bulk e Cut” come, ad esempio, su un soggetto che inizia a muovere i primi passi in questo sport (o riprende dopo un periodo di fermo) con una condizione fisica sfavorevole in termini di percentuale tra massa magra e grassa.

Gabriel Bellizzi

Approfondimenti:

Project Nutrition – Per essere padroni dei concetti e non schiavi delle diete. Capitolo IX; pag. 344.

http://www.antobolica.it/

Diete low-carb e impatto sulla funzione tiroidea

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Le persone (e gli atleti) che riscontrano problemi seguendo un regime low-carb sembrano ritrovarsi nel medesimo schema. Inizialmente i soggetti si sentono meglio, perdono peso ma presto sviluppano sintomi da stanchezza, spesso accompagnati da sintomi classici dell’ipotiroidismo come freddo alle estremità, perdita di capelli e problemi digestivi. Reintroducendo i carboidrati, i sintomi mostrano una attenuazione.


Dal momento che i sintomi fanno pensare all’ipotiroidismo, i soggetti interessati controllano la tiroide (solitamente con gli esami TSH e FT4 senza FT3), con ancora maggiore confusione quando i risultati indicano una situazione ottimale.
Le persone che approfondiscono ulteriormente con un esame chiamato rT3 (reverse T3, in Italia non esiste ma potete ordinarlo all’estero) scoprono di avere livelli anormali, e ciò rappresenta un problema. Con l’aggiunta di T3 esogeno i pazienti mostrano dei miglioramenti , ma non sempre ciò è sufficiente a ripristinare le cose in modo ottimale.
Un eccesso di Reverse T3 può essere causato da una disfunzione surrenale cronica (cortisolo troppo alto o troppo basso) così come da livelli di ferro/ferritina bassi. I motivi possono essere molteplici, ma questi sono certamente i più frequenti. I valori dell’rT3 vanno considerati in relazione ai valori di FT3 e T3 (quest’ultimo in Italia non lo fanno). Un rapporto sano FT3/rT3 dovrebbe essere uguale o maggiore a 10. Valori alti di rT3 sono anche associati ad aumentati livelli di colesterolo LDL. Tuttavia quel che conta è il rapporto tra i due valori.


Nell’interessante articolo “Thyronamines—Past, Present, and Future”, alcuni ricercatori spiegarono la relazione tra consumo di carboidrati e funzione tiroidea attraverso la presenza di tironamine sull’energia metabolica. Nello studio citato del 2010 è stato dimostrato che iniettando tironamine nella cavità della pancia o nei tessuti cerebrali di animali in sperimentazione si verificavano le seguenti reazioni e comportamenti:

• ridotta capacità di utilizzare lo zucchero come fonte di energia
• insulino resistenza
• temperatura basale ridotta
• contrazioni cardiache indebolite
• declino delle attività

Dopo l’iniezione di tironamine, gli effetti cominciavano entro pochi minuti e perduravano per almeno 8-12 ore.
Ad oggi non è possibile testare i livelli di tironamine, ma attraverso il test dell’rT3 possiamo verificare il precurose delle tironamine. E possibile che presto si scoprirà che elevati livelli di rT3 corrispondono ad alti livelli di tironamine nei tessuti.
La ricerca sugli esseri umani ha dimostrato che i nostri ormoni tiroidei sono influenzati da singificativi cambiamenti nella quantità di carboidrati consumati.
Per alcuni soggetti, un improvviso declino di glucosio disponibile può scatenare un riflesso simile a quello che avviene negli animali che vanno in ibernazione, e cioè provocando la conversione di T4 in rT3 anziché nella sua forma attiva T3. L’rT3 viene poi convertito in tironamine che causano i sintomi dell’ipotiroidismo senza però alterazioni particolari negli esami sierici circa il funzionamento della tiroide.
Ci troviamo comunque nel campo delle speculazioni e sono necessarie molte altre ricerche prima di avvalorare questa ipotesi.
Secondo quanto osservato, per favorire una transizione da una dieta normo-glucidica ad un regime low-carb senza conseguenze è importante che la riduzione dei carboidrati sia lenta e graduale, iniziando a diminuire il consumo di carboidrati dalla colazione per poi estenderlo agli altri pasti durante un soggettivo periodo di tempo. Una ricarica ciclica regolata dalle esigenze migliora ulteriormente la situazione.
Ricordiamoci inoltre che uno stato di adattamento chetogenico può risultare in una ridotta conversione dell’ormone T4 nell’attivo T3. Questo non rappresenta uno stato patologico ma accade semplicemente poiché in questa situazione (chetosi) non c’è bisogno di così tanto ormone tiroideo attivo per uno stato ipometabolico più efficiente. Che uno ci creda oppure no, questa è una condizione altamente desiderabile da un punto di vista della longevità. Le diete low-carb non fanno assolutamente male alla tiroide. Ed una volta che si inizia nuovamente a consumare una maggiore quantità di cibo, i valori della tiroide aumentano molto velocemente (ricordate l’inserimento di ricariche cicliche?). Questo non significa però che si tratti di una cosa sempre auspicabile.
Comunque sia, se parliamo di BodyBuilder supplementati chimicamente (con T3 esogeno) questi specifici problemi non si manifestano. Se invece parliamo di atleti che hanno scelto di limitare la loro supplementazione a quella da banco, l’aggiunta di integratori quali Selenio, Guggulsteroni, Coleus Forskohlii, Zinco, Iodio e Omega 3 (EPA e DHA) possono aiutare a migliorare e stabilizzare la situazione.

Gabriel Bellizzi

Approfondimenti:


http://press.endocrine.org/doi/pdf/10.1210/er.2009-0040
http://www.codicepaleo.com/carbs/
Altro…

 Fonte: Codice Paleo

Quantitativo proteico massimo per pasto?

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Esiste un quantitativo di proteine massimo da assumere in un solo pasto? Molti di voi grideranno “Si, 30gm!”, ma non è esatto! Questo è un argomento che si trova spesso nelle riviste di BodyBuilding e ciò che viene affermato è più o meno questo: “Il corpo può assorbire al massimo 30gm di proteine a pasto!”. Anche durante i corsi di nutrizione all’Università si sente affermare la stessa cosa.
Se si domanda del motivo per il quale si afferma ciò la risposta sarà probabilmente questa:

“Come per la glicemia, nel sangue la concentrazione di aminoacidi tende a rimanere stabile. Quando cala, il catabolismo muscolare viene rallentato, quando aumenta, l’eccesso viene ossidato o trasformato, non avendo il corpo un deposito dove stoccarli. Pertanto 30gm di proteine è la quota massima assimilabile. Superarla non apporta nessun vantaggio.”

Anche se da questa affermazione il discorso sembra logico e lineare bisogna rammentarsi che, in realtà, le proteine in eccesso sono immagazzinate. Il nostro organismo non spreca mai niente. Dove vengono stoccate? Nei muscoli ovviamente grazie alla proliferazione di nuovi miofilamenti e all’ispessimento di quelli esistenti. Depositate quindi nel migliore dei modi, in forma funzionale. Il fenomeno che in termini scientifici viene definito protein deposition o protein accumulation è dovuto a uno stimolo ancora più forte dell’esercizio: l’ipernutrizione proteica, come i veri BodyBuilder sanno da sempre. Il surplus proteico viene depositato sotto forma di nuovo tessuto. Se in questo processo sono presenti troppi zuccheri si accumula grasso in maniera considerevole.
Come se questo non bastasse, il discorso cambia ulteriormente quando, modificando la composizione del pasto, i tempi di digestione ed assorbimento cambiano radicalmente. Su internet si possono trovare delle indicazioni sui tempi di digestione e assimilazione degli alimenti ma, tuttavia, si riferiscono sempre solo al singolo alimento in un quantitativo standard di 100gm.
Tenendo presente ciò, 30gm di proteine potrebbero in realtà essere assorbite in 4-14 ore a seconda della fonte dalla quale provengono e da quali alimenti viene accompagnata. In questi termini la questione cambia drasticamente. Un conto è guardare gli aminoacidi nel sangue, un altro è vedere quanto tempo l’intestino li immette nel circolo portale (la vena porta che collega l’Intestino al Fegato).
Un altro fattore di grande incidenza può essere la risposta ad un periodo di alimentazione ipo-proteica seguito da un periodo di alimentazione iper-proteica.
Negli ultimi anni sono usciti diversi studi che mostrano un profilo ormonale migliore (soprattutto per la maggiore secrezione di GH) se la quota proteica giornaliera viene concentrata in 1-2 pasti piuttosto che frazionata. A questo punto è lecito chiedersi se ha ancora senso parlare di un assorbimento massimo di 30gm per pasto.
Dal momento che la risposta soggettiva gioca un ruolo primario, si necessita di un analisi attenta della risposta individuale. Se il soggetto in questione non presenta problemi di assorbimento o digestione, frazionare la quota proteica in più pasti risulta una buona idea. Al contrario, se il soggetto risponde bene facendo tre o due pasti non si necessita di alcuna modifica.
Gli atleti che hanno sperimentato la Warior Diet , o il Ciclo Cianti, e hanno assunto tutte le proteine in un pasto unico o in pochi pasti non sono andati in contro ad una malnutrizione proteica perché non assumevano solo 30gm di proteine in più pasti.
Diversi studi hanno mostrato che bastano 20-30gm di proteine di alta qualità per innescare la massima sintesi proteica. Questo è vero ma se si assume un quantitativo maggiore la spinta anabolica perdura per un tempo più lungo.

Per concludere, vorrei far notare lo studio di ARNAL nel quale si osserva che pasti iperproteici incrementano sintesi e deposito delle proteine.
Quindici donne (età media 68 anni), sedentarie, sono state nutrite per due settimane con pulse diet (l’ottanta per cento dell’introito giornaliero di proteine in un unico pasto) e successivamente per altre due settimane con spread diet (otto spuntini al giorno). In entrambi i casi l’introito proteico giornaliero era identico (1,7 gr. PRO x kg. massa magra/giorno). Risultati a favore della pulse diet:
• bilancio azotato aumentato del 100% (54 mgN. kg MM contro 27 mg)
• turnover proteico più elevato (5,58 gr contro 4,98 gr)
• sintesi proteica più elevata (4,48 gr PRO. kg MM contro 3,75 gr)
Unica perplessità, il fatto che su un apporto proteico giornaliero complessivo di 60-70 gr, il pasto 80% della pulse diet fosse l’unico decente (56 gr di proteine). Gli 8 gr/pasto della spread diet erano ridicoli. Che sarebbe accaduto se la signora Arnal avesse somministrato alle sue pazienti 56 gr di proteine per 8 spuntini al giorno?
Rimane il fatto incontrovertibile che se donne anziane e sedentarie non solo assimilano 56 gr di proteine a pasto, ma ne ottengono anche significativi aumenti di accumulo proteico, un giovane BodyBuilder (o uno aiutato chimicamente) in pieno allenamento potrebbe essere pienamente giustificato nell’assumere 100gr di proteine a pasto per 6, 8 pasti giornalieri per un periodo determinato e alternato.

Gabriel Bellizzi

 

Fonte:

Project Nutrition – Per essere padroni dei concetti e non schiavi delle diete.

Amino Tank Theory di Giovanni Cianti

ECA e Yohimbine durante una CKD (Dieta Ketogenica Ciclica)?

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Ovviamente, l’uso dei termogenici durante una CKD risulta utile. Oltre al possibile effetto di mobilitazione degli acidi grassi con l’uso dell’ECA, vi sarà un deciso aumento della termogenesi, il che significa che vengono bruciate più calorie per unità di tempo. Inoltre, alcune ricerche mostrano che prevengono la diminuzione della velocità metabolica che si ha durante una dieta. Certamente, la maggior parte degli studi sull’ECA sono stati fatti con diete a contenuto calorico molto basso (800 cal/giorno o anche meno), quindi sono limitatamente applicabili ad un deficit calorico più moderato. Comunque ci sono testimonianze che mostrano che l’ECA aiuta veramente in una CKD. Non dimentichiamoci le potenzialità anoressizanti dell’Efedrina.

Dal momento che la Yohimbina aiuta la mobilitazione dei grassi, è facile giungere alla conclusione che ciò, in un modo più o meno marcato, aumenti la riduzione di grasso nei punti critici. Ma ci sono pericoli ad aggiungere questi composti in questo tipo di dieta?

Solo uno. Le diete povere di carboidrati tendono ad incrementare il livello degli ormoni catecolaminergici (adrenalina e noradrenalina, gli ormoni del combattimento e del viaggio). L’ECA e la yohimbina lavorano con meccanismi simili. Ciò significa che il POTENZIALE impatto di entrambi potrebbe essere maggiore, specialmente per quanto riguarda gli effetti collaterali (battito cardiaco e pressione sanguigna). Nella mia esperienza e in quella di altri “addetti al settore”, ho notato che durante una CKD si tende a diventare nervosi (anche più nervosi del normale), ma l’ECA addirittura peggiora la situazione. Quindi se si è sensibili agli effetti di una dieta chetogena in termini di umore (o battito cardiaco e pressione sanguigna), l’aggiunta di ECA o di Yohimbina tende a peggiorare la cosa.

Gabriel Bellizzi

LA BODY OPUS DIET – DI DAN DUCHAINE

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La “Body Opus Diet” è una dieta ideata da Dan Duchaine, uno dei più famosi “guru” della chimica applicata al BodyBuilding. Dan non era solo bravo nel pianificare cicli di AAS o di altri farmaci per il miglioramento delle prestazioni, egli era molto bravo in tutti gli aspetti della preparazione, compresa la nutrizione.
Comunque, la “Body Opus Diet” è una dieta ciclica, divisa in fasi ripartirtite nel corso della settimana.

Le fasi sono le seguenti:

– Lunedì: I carboidrati devono essere azzerati completamente, mentre l’introito calorico deve essere ridotto del 10% rispetto a quello di mantenimento. Le proteine devono essere il 30% delle calorie totali, il resto delle calorie deve provenire dai grassi. Se per esempio il vostro livello di mantenimento è di 3000 calorie, dovete assumerne 2700 di 800/900 dalle proteine, il resto dai grassi.Per portare l’organismo il più rapidamente possibile in chetosi, è necessario eliminare completamente gli zuccheri e questo significa niente frutta, niente amidi, niente verdura, niente latte e formaggi; questi ultimi possono contenere circa 2-3 grammi di carboidrati per etto. Gli alimenti devono essere scelti tra uova, carne (rossa e bianca) e pesce. Bisogna usare Olio d’Oliva, di Lino, di Pesce e di Cocco. Per raggiungere la quota corretta di grassi possono essere usati gli MCT.
Dal momento che si sarà fatta una ricarica di carboidrati nel weekand, i muscoli saranno di conseguenza saturi di glicogeno. Bisogna allenare almeno metà del corpo, preferibilmente al mattino, perché le energie nel corso della giornata diminuiscono insieme al livello glicemico del sangue. E’ meglio allenare al lunedì le parti più carenti. L’aerobica non è raccomandabile perché influirebbe negativamente sull’allenamento del martedì.

– Martedì: La completa deplezione del glicogeno provoca un abbassamento della glicemia la quale dovrebbe scendere intorno ai 50-60 mg/dl. Questo causa un senso di letargia, nausea, mal di testa. E’ forse il giorno più difficile della dieta, e non sarà raro voler desistere dal proseguire questo sistema (NON FATELO!). In questa situazione gli MCT sono particolarmente utili per avere più energia.
Il livello calorico deve essere sempre il 10% in meno del livello di mantenimento.
I cibi sono gli stessi del lunedì, però sono concesse circa 50 calorie provenienti dai carboidrati (cioè circa 13 grammi), giusto un po’ di latte nel caffè e un cucchiaino di maionese e di salsa di pomodoro come condimento.
Bisogna allenare la seconda metà del corpo. Nelle prime ripetizioni avremo mantenuto lo stesso livello di forza, ma poi un calo sarà normale. Alcuni individui preferiscono allenarsi al mattino, quando ancora utilizzano il glucosio a scopo energetico, altri preferiscono la sera quando l’organismo è in chetosi e quindi utilizzeranno soprattutto i corpi chetonici.

– Mercoledì: E’ il giorno in cui i corpi chetonici sono al loro massimo, il cervello comincia ad usufruirne, la fame si attenua (sono anoressizzanti), e ci si dovrebbe sentire bene, anche euforici. Sono consentite sempre 50 calorie dai carboidrati ed è consigliabile praticare dell’aerobica in stile HIIT per agevolera il consumo di più grassi.

– Giovedì: Uguale al mercoledì.

– Venerdi: Zero carboidrati dal mattino fino a metà pomeriggio. Circa 1 o 2 ore prima dell’allenamento bisogna assumere 100-200 calorie di carboidrati per uscire dallo stato di chetosi, in modo da riprendere ad utilizzare il glucosio come carburante svuotando così completamente le riserve di glicogeno nel muscolo, creando i presupposti per la “super-compensazione”. In questo caso un frutto è l’ideale. Secondo Dan Duchaine, l’allenamento odierno dovrebbe essere in Total Body, sempre per utilizzare tutto il glicogeno intramuscolare ed esasperare la successiva supercompensazione. Dopo il workout carboidrati a volontà.

– Sabato: Continua la ricarica dei carboidrati e niente allenamento.

– Domenica: Ancora ricarica dei carboidrati fino alle 18:00. Successivamente vengono del tutto eliminati e niente allenamento.

Personalmente non penso che la Body Opus Diet debbe essere una dieta “vita natural durante” (anche se ci sono soggetti che la seguono per anni). Ci sono troppe variabili non conosciute per quanto riguarda gli effetti a lungo termine sulla salute ecc. In questo senso l’uso migliore della Body Opus è per una gara o per un evento specifico, oppure semplicemente per ridurre il grasso corporeo a un livello a cui lo si manterrà con un’altra dieta. L’esperienza di molti atleti ci suggerisce che è più facile restare più magri dopo aver abbassato di molto il grasso corporeo. Per esempio, se nel tempo speso con la Body Opus si scende dal 15 all’8% di grasso corporeo, ciò renderebbe più facile restare vicino al limite inferiore di questo range, e cioè 8-10%. Seguendo ciclicamente la Body Opus si possono eliminare in parte le voglie di eccedere con i carboidrati.

Gabriel Bellizzi

Introduzione alla Dieta Fasica di Enrico Dell’Olio

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La Dieta Fasica è prima di tutto una nuova tecnologia alimentare sviluppata da Enrico Dell’Olio (culturista e tecnico del settore)all’interno del mondo del body-building natural e in special modo fa riferimento al completamento e ottimizzazione della crescita muscolare attraverso allenamenti e metodologie facenti capo ai sistemi H.I.T.. Con questo si può affermare, almeno in relazione a quello che oggi conosciamo, che questa metodologia sia completamente differente da qualsiasi cosa fatta finora da qualsiasi body builder sia in America che in Europa.

Nel mondo del culturismo si seguono le tendenze nel campo della nutrizione con grande interesse. A volte si trovano articoli dove il consiglio è quello di fare diete ad alto contenuto di carboidrati, altre volte ne troviamo altri dove l’attenzione si sposta sul consumo di proteine, così come ultimamente si sta dando molto spazio alle alimentazioni ricche in grassi. La cosa strana è, che virtualmente tutte queste diete si basano su premesse scientifiche documentate.

La maggior parte di questi studi vengono fatti per periodi limitati di tempo, quindi ciò che viene veramente misurato sono le conseguenze metaboliche relative ad un repentino cambio di dieta, e quindi, la gente a volte male interpreta questi risultati. Questa osservazione portò Enrico Dell’Olio a pensare a ciò che in molti seminari che tenne utilizzava come premessa alla discussione delle tecniche di allenamento H.I.T., ossia: la General Adaptative Syndrome del dottor Hans Selye.

La General Adaptative Syndrome in sostanza ci dice che il corpo ogni volta che viene sottoposto ad un nuovo evento stressorio, reagisce adattandosi. Ecco il perché della necessità di adottare schemi dinamici in allenamento, così come in dieta.

A questo punto vorrei introdurre il concetto di sistema enzimatico in relazione al nostro metabolismo. Gli enzimi controllano ogni aspetto del nostro metabolismo, incluso l’attivazione di differenti vie metaboliche e la velocità con la quale le reazioni chimiche avvengono nei nostri organismi.

I nostri geni hanno la capacità di controllare la produzione di questi enzimi così come la loro attività metabolica, infatti, il corpo è capace di adattarsi a differenti quantitativi di alimenti così come a diversi tipi di alimentazione, per esempio, durante un periodo di restrizione calorica, il numero e l’attività enzimatica che fa riferimento ai processi di immagazzinamento aumenta, mentre gli enzimi facenti capo ai processi di degradazione, così come a quelli che promuovono maggiore efficienza nell’utilizzazione dei substrati energetici, diminuiscono la loro attività.

Questa è la ragione per cui è importante non diminuire eccessivamente l’apporto calorico o la quantità di grassi introdotti se l’obiettivo è quello di dimagrire, altrimenti il corpo risponderà in maniera contraria a quello che ci si aspetterebbe facesse.

D’altro canto, dopo un periodo di restrizione calorica, il corpo si trova in una condizione ottimale per far fronte ad un futuro periodo di eccesso calorico. Quando ci si trova in questa condizione il corpo è in grado di mettere a riserva le calorie in eccesso con una velocità incredibile, questo succede per i carboidrati ( glicogeno ) ed è la base della famosa ”ricarica di carboidrati”, così come con i grassi ( trigliceridi ) e gli amminoacidi ( proteine ). Nel body-building chiamiamo questa condizione con il nome di “supercompensazione “.

Comunque, è importante ricordare che il corpo ha un turn-over enzimatico molto alto, quindi, l’aumentata attività/numero di enzimi disponibili diminuirà in un periodo di tempo relativamente breve: meno di due settimane nella maggior parte dei casi.

Gli enzimi non controllano solo il metabolismo dei grassi, degli zuccheri e delle proteine, ma anche indirettamente quello ormonale. Il sistema endocrino è così probabilmente per la necessità di avere un sistema regolatorio capace di operare su periodi più lunghi di tempo, per esempio, un eccesso persistente di calorie nella dieta aumenta rapidamente il rilascio di alcuni ormoni anabolici ( necessari a mettere a riserva gli eccessi di energia in varie forme ).

Considerando quanto appena detto, ne ricaviamo che il nostro organismo è programmato a produrre determinate quantità di enzimi e di ormoni come risposta a specifiche quantità di calorie e nutrienti. Questa condizione dipende da cosa e quanto si è mangiato, così come dal tipo di allenamento a cui ci siamo sottoposti negli ultimi giorni. A questo punto dovreste incominciare ad avere più chiare le premesse su cui si basa la Dieta Fasica.

Potremmo riassumere quanto detto fino a qui in questo modo: è necessario ingannare costantemente il corpo in modo da stimolare produzioni enzimatiche ed ormonali funzionali al raggiungimento dei nostri obiettivi: aumentare la massa muscolare e ridurre la formazione di nuovi depositi di grasso.

Gli studi indicano che il quantitativo di calorie assunte giornalmente ha maggiori effetti sul bilancio azotato ( associato all’aumento di massa muscolare ) che la semplice assunzione proteica ( C. Moundras et al., 1993 ). Io credo che si possa applicare, in linea teorica, la stessa regola a carboidrati e grassi.

È stato fatto uno studio in cui i soggetti testati avevano un introito proteico giornaliero di 1,25 g/Kg, ma con differenti apporti calorici. Questo studio ha dimostrato che un aumento calorico del 15% aumenta la ritenzione di azoto da 7,2 mg/Kg a 23,8 mg/Kg al giorno.

Quando il totale calorico fu aumentato del 30%, il bilancio azotato salì a 33,3 mg/Kg al giorno (H.N. Munro, 1964 ). Da tutto ciò ne deriviamo che la semplice aggiunta di calorie abbia azione anabolica di per sé, e con questo non voglio semplicemente dire che ciò avvenga attraverso l’aumento dei livelli di insulina, ma probabilmente attraverso l’incremento e lo stimolo di molte altre cascate ormonali ad effetto anabolizzante.

Queste risposte ormonali vengono sincronizzate dal nostro organismo una con l’altra, aumentando esponenzialmente gli effetti sinergici tra di loro. Questo è ciò che succede normalmente durante la pubertà e che cerco di riproporre attraverso una modulazione alimentare controllata durante le differenti fasi della mia dieta.

Combinando momenti di restrizione di nutrienti ad altri dove ne apportiamo in grandi quantità, riusciamo a manipolare le nostre risposte ormonali in modo da mantenere le percentuali di grasso relativamente stabili e nello stesso tempo aumentare la nostra massa muscolare in maniera significativa.

A questo punto può sorgere spontanea questa domanda: ma allora quale è la differenza tra la Dieta Fasica e le vecchie alimentazioni mega-caloriche dove si mangiava di tutto e in quantità per mesi e mesi? l’autore ci dice che la sua esperienza fatta negli anni con le alimentazioni ad alto contenuto calorico è sempre stata negativa. Questo tipo di alimentazioni aumentano la quantità di grasso corporeo almeno tanto quanto, e a volte anche di più, del muscolo stesso.

Questo è un errore che i body builders hanno fatto per decenni. Una sovralimentazione prolungata nel tempo porta a un alto accumulo di grasso. Il sistema di Enrico Dell’Olio si basa sull’alternare momenti a maggior carico di nutrienti a momenti di drastica riduzione degli stessi in armonia con le risposte e la frequenza derivanti da allenamenti ad alta intensità. Negli ultimi anni il creatore di questa metodologia alimentare ha sperimentato quest’ultima direttamente su di lui e su molti suoi clienti avendo risultati ottimi in termini di aumento di massa muscolare e mantenimento sotto controllo del grasso corporeo.

In sostanza, andare avanti e indietro all’interno di uno schema di restrizione dei nutrienti per poi passare ad uno di eccesso è un modo per mantenere alte sia le capacità anaboliche che lipolitiche collegate a determinate produzioni enzimatiche e ormonali, nel nostro organismo.

(Tratto e adattato dal libro “La Dieta Fasica” di Enrico Dell’Olio).