Nei primi anni del XXI secolo, negli scaffali dei negozi di integratori (fisici o online) emersero alcuni nuovi supplementi e tra questi emerse l’Acido Tetradeciltioacetico [TTA]. In quel periodo questo particolare composto era uno dei principi attivi, insieme a molte altre sostanze, di alcuni controversi supplementi per la perdita di grasso. La maggior parte di questi prodotti è scomparsa dal mercato, ma l’Acido Tetradeciltiocetico è stato recentemente reinserito nel mercato. Ora, spesso in concentrazioni significativamente più elevate rispetto a un decennio fa, il TTA è spesso l’unico ingrediente attivo presente nei supplementi che lo contengono. E alcuni produttori di integratori vendono tale composto sotto forma di polvere. È quindi interessante approfondire le caratteristiche del composto e di cosa è ipoteticamente in grado di fare.
L’Acido Tetradeciltioacetico è un acido grasso sintetico che non può essere convertito in energia.
Negli anni ’90 gli scienziati scoprirono che l’Acido Tetradeciltioacetico stimolava il metabolismo dei grassi attivando i PPAR-α. I ricercatori hanno scoperto anche che, attraverso lo stesso meccanismo, la sostanza era in grado di inibire l’infiammazione, la crescita delle cellule tumorali e lo sviluppo/peggioramento dell’insulino-resistenza.
Esistono tre tipi di recettori PPAR: α, γ e δ. Il recettore α è espresso a livello epatico. Quando viene attivato, il fegato utilizza più acidi grassi per produrre energia. Il recettore γ è espresso nelle cellule adipose. Se viene stimolato, la cellula adiposa immagazzina acidi grassi. Il recettore δ è espresso a livello muscolare. Se il recettore δ viene stimolato, i muscoli utilizzano maggiormente gli acidi grassi per produrre energia.
Nel 2002, scienziati norvegesi hanno riferito che gli animali presi in esame, e che avevano ricevuto una dose significativa di Acido Tetradeciltioacetico per via orale, non hanno mostrato un aumento della percentuale di grasso corporeo in concomitanza con un regime alimentare ipercalorico.(1) La suddetta pubblicazione ha anche riportato che l’Acido Tetradeciltioacetico non solo stimolava il PPAR- α, ma anche il PPAR- γ e, in misura minore, il PPAR-δ.
Nel 2009 nutrizionisti affiliati all’Università di Oslo, hanno pubblicato un altro studio svolto su animali. In questo studio, i norvegesi hanno fatto ingrassare i ratti dando loro un mangime che conteneva una elevata percentuale di grasso [Lard] per 7 settimane.
La metà dei ratti presi in esame ha ricevuto anche Acido Tetradeciltioacetico [Lard Plus TTA]. Se i topi fossero stati esseri umani adulti, avrebbero consumato giornalmente circa 1,5g di Acido Tetradeciltioacetico.
L’integrazione con TTA ha significativamente inibito l’aumento del peso corporeo degli animali trattati. Tuttavia, però, la supplementazione ha indotto gli animali a consumare più cibo. Tale comportamento è strano, dal momento che la maggior parte degli agonisti PPAR-α diminuiscono l’appetito interferendo con la biosintesi di alcuni neuropeptidi ipotalamici.
Al termine delle 7 settimane del test, i ratti trattati con Acido Tetradeciltioacetico non erano solo più magri dei ratti non trattati. La loro composizione corporea differiva anche dai ratti del gruppo “Lard”: presentavano una miglior massa muscolare e una ridotta percentuale di grasso.
Di seguito viene mostrato come l’Acido Tetradeciltioacetico stimola il metabolismo nei ratti. Nel fegato, l’attività del gene UCP3, che potenzia il metabolismo, ha subito un incremento di non meno di un fattore di duemila.
I ricercatori scrivono che i loro dati sono in accordo nel riconoscere l’attivazione del PPAR- α come mediatore principale degli effetti dell’Acido Tetradeciltiocetico sull’espressione del gene epatico. L’effetto dell’Acido Tetradeciltiocetico sull’assunzione di cibo è risultato opposto a quanto riportato per altri ligandi il PPAR- α e può essere correlato all’attivazione concomitante del PPAR- γ, alla riduzione della segnalazione della Leptina o alla riduzione della sensibilità ipotalamica del malonil-CoA.
Per chiarire ulteriormente gli effetti dell’Acido Tetradeciltioacetico sull’assunzione di cibo e sull’efficienza del cibo, continuano i ricercatori, l’uso di gabbie metaboliche potrebbe chiarire laquestione. Inoltre, dovrebbero essere prese in considerazione le indagini sull’eventualità che l’Acido Tetradeciltioacetico si accumuli nell’ipotalamo e promuova […] i livelli di sazietà regolati dai neuropeptidi.
Quando i primi supplementi per la perdita di grasso contenenti Acido Tetradeciltioacetico sono comparsi nel mercato degli integratori nel primo decennio del XXI secolo, i produttori hanno cercato di prevenire l’aumento dell’appetito combinando il TTA con composti aventi azione anoressizzante l’Oleoietanolamide.
Se quei supplementi funzionassero davvero è un altro discorso. C’è da considerare anche che la quantità di Acido Tetradeciltioacetico in essi contenuta era bassa. Tuttavia, con i nuovi prodotti presenti sul mercato, le dosi di TTA sono molto più alte.
Sebbene in numero limitato, esistono degli studi svolti sull’uomo che hanno osservato l’effetto del TTA… e i risultati ottenuti non sono così promettenti come quelli osservati sugli animali.
Nel 2004, i ricercatori del Rikshospitalet di Oslo hanno somministrato a 10 pazienti affetti da HIV 1g di TTA al giorno per 4 settimane.(2) L’integrazione non ha avuto alcun effetto sulle cellule T, ma ha ridotto la concentrazione di TNF-α, LDL e Trigliceridi nel sangue. Ma la perdita di peso? Non si è verificata.
Nel 2008, i ricercatori norvegesi, affiliati all’Università di Bergen, hanno somministrato a 18 volontari 200mg, 600mg o 1g di TTA al giorno durante uno studio di fase 1 per 7 giorni. Non sono emersi effetti collaterali degni di nota.(3) Per quanto possibile dedurre da un test della ristretta durata di 7 giorni, il TTA è risultato essere sicuro.
Nel 2009, i ricercatori norvegesi dell’Università di Bergen hanno pubblicato un piccolo studio svolto su esseri umani nel quale hanno somministrato a 16 uomini con diabete di tipo II 1g di TTA ogni giorno per 4 settimane. Gli uomini seguivano una dieta apposita o usavano farmaci per il trattamento del diabete. Alcuni di loro usavano anche statine.
Ovviamente, i livelli di colesterolo e trigliceridi degli uomini sono migliorati (effetto da attribuirsi maggiormente ai farmaci utilizzati), ma non hanno mostrato alcuna perdita di peso.
Nella stessa pubblicazione, i ricercatori parlano anche di esperimenti con cellule muscolari umane. In concentrazioni di diverse decine di micromoli, il TTA ha aumentato l’ossidazione degli acidi grassi.
Nelle cellule muscolari la TTA ha aumentato la produzione di Carnitina Palmitoiltransferasi-I, un enzima coinvolto nell’ossidazione degli acidi grassi, e di CD36, una proteina che è coinvolta nell’assorbimento cellulare degli acidi grassi.
Tuttavia, questi effetti apparentemente non sono abbastanza incisivi da causare una perdita di peso. Forse sono annullati da un aumento dell’appetito, che è stato dimostrato negli studi svolti su animali precedentemente esposti.
Come accennato al principio di questo articolo, il TTA è un acido grasso sintetico, che non si trova in natura. Necessita di essere consumato nel ordine dei grammi [una capsula generalmente può contenerne 0,5g]. Il TTA non viene utilizzato come fonte energetica dall’organismo. Inoltre, il TTA è una sostanza con attività farmacologica. È a tutti gli effetti un farmaco sperimentale, la cui sicurezza non è stata ancora studiata adeguatamente. E negli studi sull’uomo, non sembra funzionare.
In seguito a quanto esposto, non considero una supplementazione con TTA una buona idea sia per la probabile inefficacia in termini di perdita di grasso e sia per le incognite di un suo uso sul lungo termine.
Gabriel Bellizzi
Riferimenti: