
Da quanto emerso in seguito a studi su animali, e in un singolo studio sull’uomo, sembrerebbe che i fitocomposti dello zenzero abbiano un lieve effetto dimagrante. Questa azione è dovuta principalmente al 6-gingerolo. Nel 2011, i ricercatori giapponesi dell’Università di Waseda hanno riportato di aver modificato la struttura molecolare del 6-gingerolo ottenendone una forma con un potenziale di funzione maggiore.(1)
Il 6-gingerolo, molto semplicisticamente, sembrerebbe agire come un inibitore della lipogenesi. Nelle cellule adipose, stimola la produzione di Adiponectina e inibisce l’attività del TNF-alfa. Di conseguenza, non solo nelle cellule adipose, ma anche a livello sistemico, il 6-gingerolo migliora la sensibilità insulinica.
Al contempo, il 6-gingerolo aumenta la temperatura corporea attraverso Il canale Vanilloide di tipo 1 del recettore transitorio potenziale. La Capsaicina, insieme alla Diidrocapsaicina uno degli alcaloidi responsabili della maggior parte della “piccantezza” dei peperoncini, cui si aggiungono gli altri capsaicinoidi, agisce attraverso la medesima via recettoriale.
Il fattore limitante del 6-gingerolo è dato dalla sua rapida metabolizzazione. Nel corpo, grazie al gruppo ossidrilico presente nella molecola, il 6-gingerolo viene facilmente convertito nel suo metabolita meno attivo, il 6-shogaol.
Questo è il motivo per il quale i ricercatori giapponesi hanno modificato la molecola realizzando l’aza-6-gingerolo. L’aza-6-gingerolo è più stabile del 6-gingerolo, pur mantenendo un alta similarità d’azione con la molecola madre. Per dimostrare tale effetto potenziale i ricercatori hanno testato la molecola su topi.

I ricercatori per il loro esperimento hanno somministrato a un gruppo di topi una dieta ipercalorica con elevato contenuto di grassi per 90 giorni [HFD]. Naturalmente, questi animali sono diventati più grassi dei topi ai quali era stato somministrato del cibo standard [RC]. I topi del gruppo HFD sono stati ulteriormente divisi in due gruppi trattati rispettivamente con 6-gingerolo [6G] o aza-6-gingerolo [A6G]. Se dovessimo rapportare il dosaggio utilizzato sui topi per l’uso umano, questo equivarrebbe ad una quota giornaliera di circa 500-700mg di 6-gingerolo o aza-6-gingerolo.
L’alimentazione ipercalorica ha causato nei topi un aumento significativo dei livelli di Insulina e Leptina, cosa che è stata impedita con la somministrazione di 6-gingerolo e aza-6-gingerolo.
L’assunzione di 6-gingerolo ha impedito ai topi trattati di accumulare un quantitativo di grasso maggiore rispetto al gruppo di controllo, mentre l’aza-6-gingerolo ha portato i topi trattati, nonostante la loro dieta fosse stata ipercalorica, ad essere più magri dei topi che avevano ricevuto cibo standard.


In seguito ai risultati sopra riportati, i ricercatori hanno affermato che l’aza-6-gingerolo possiede un potenziale valore terapeutico e potrebbe potenzialmente ridurre il rischio di malattie associate all’obesità, incluso il diabete di tipo 2.
La necessità di ulteriori studi per avvalorare tali ipotesi ha dato il via a nuovi test volti al raggiungimento di una comprensione approfondita dei meccanismi alla base delle attività di regolazione del metabolismo del glucosio e dei lipidi indotte dal aza-6-gingerolo.
Gabriel Bellizzi
Riferimenti:
- https://dx.doi.org/10.1021/jm200662c
Pubblicato da Gabriel Bellizzi [also known as Ružička, The Biochemist] - CEO BioGenTech -
Negli anni trenta del ventesimo secolo si è verificata una febbre dell’oro scientifica di proporzioni inaudite nel campo della nascente endocrinologia. Questa impresa è stata portata avanti con tanta celerità grazie al pionieristico lavoro di biochimici Adolf Friedrich Johann Butenandt e Lavoslav Stjepan Ružička, entrambi premi Nobel per la chimica nel 1939 grazie proprio alla pubblicazione dell’articolo “Sulla preparazione artificiale dell’ormone testicolare testosterone (androstene-3-one--17-olio)”.
Il potenziale del Testosterone e dei suoi primi derivati che videro la luce nella seconda metà degli anni trenta del 900, arrivo’ all’orecchio degli sportivi d’élite tanto che nel 1938 vi fu una prima pubblicazione che parlava del potenziale uso del Testosterone nel Bodybuilding.
Grazie agli abbattimenti dei costi di produzione delle molecole di sintesi, resi possibili dal genio della chimica Russell Earl Marker e dalla sua “Marker degradation”, nella seconda metà degli anni quaranta l’uso di AAS si è diffuso nelle squadre olimpiche di molti paesi. Successivamente tocco’ al pubblico amatoriale. E' nel 1976 che vi fu una nuova svolta, cioè la nascita della società di biotecnologie “Genetech” nata dall’incontro tra l’imprenditore Robert Swanson e Herbert Boyer, biochimico dell’Università della California. I due decisero di fondare questa società per lo sfruttamento commerciale delle tecniche del DNA ricombinante messe a punto da Boyer. Insulina e hGH divennero parte del corollario di farmaci utilizzati dai bodybuilder, e l’era dei “Freak” venne inaugurata.
Purtroppo, lo “scandalo DOPING” negli anni 80’, e le successive restrizioni di “facciata” hanno smantellato massivamente quella nicchia di ricercatori che lavoravano a stretto contatto con gli atleti e facevano ricerca sul campo. Essi non sono “estinti” ma sono obliati da una certa narrativa di comodo. Da qui il problema presente: l’atleta è in balia di leggende e metodiche partorite da menti non avvezze alla complessità della farmacologia partendo dalle basi della biochimica.
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