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Ricordo molto bene l’ondata di sensazionalismo che la metodica allenante ideata da Patrick Tuor, denominata SST (acronimo di Sarcoplasma Stimulating Training), scatenò tra i palestricoli nostrani. Ad essere onesto, la “creatura” di Tuor affascinò anche me, all’epoca giovane Preparatore che muoveva i suoi primi e timidi passi nel settore. C’è da dire anche che all’ora le mie conoscenze sullo stimolo ipertrofico indotto da allenamenti contro resistenza erano alquanto basilari, e l’alone di “autorevolezza” che aleggiava (e aleggia) sul preparatore ex-agonista aveva ancora effetti sul mio metro di giudizio, non tanto perché la cosa mi convincesse pienamente ma piuttosto per via del mio desiderio di evitare scontri inutili con la massa di discepoli che un personaggio di una certa notorietà si porta inesorabilmente dietro. Con ciò non voglio assolutamente criticare il metodo SST che, oltre al nome di matrice più che altro commerciale, ha una validità d’effetto indubbia ma non superiore ad altre metodiche molto più datate. Per chi non conoscesse l’SST, in breve, si tratta di un elemento coadiuvante da inserire nella seduta in sala pesi e consistente in un esercizio per gruppo muscolare costituito da una struttura piramidale inversa con carichi quindi variabili e intensificazione alternata delle fasi del T.U.T. (Time Under Tension) con scalo dei tempi di recupero tra i set.

Un esempio di SST può essere il seguente:

  • 1° set: carico del 80% del 1RM, 3 serie da 10 ripetizioni con 15 secondi di recupero;
  • 2° set: riduzione carico del 20%, 1 serie da 10 ripetizioni con focus sull’eccentrica svolta con un tempo di 5 secondi;
  • 3° set: riduzione carico del 20%, 1 serie da 10 ripetizioni con focus sulla concentrica svolta con un tempo di 5 secondi;
  • 4° set: riduzione carico del 20%, 1 serie da 10 ripetizioni con focus in isometria fino a cedimento.

L’SST non è altro, quindi, che un piramidale inverso maggiormente “curato” nei dettagli. Questa metodica trova i suoi punti forti nello sfruttare le due variabili allenanti di maggiore impatto sullo stimolo ipertrofico, la tensione meccanica (determinata dal carico e dal T.U.T.) e lo stress metabolico (legato alla densità dell’allenamento). Rappresenta senz’altro una variante da poter inserire nelle programmazioni di soggetti avanzati in regimi ipercalorici o, comunque, tali da poter permettere la tollerabilità da parte dell’individuo di una certa intensità di lavoro.

Dopo questa doverosa introduzione arriviamo allo studio che mi ha spinto a scrivere il presente articolo.

Nel maggio di quest’anno è stato pubblicato su “Frontiers in Physiology” uno studio svolto da ricercatori dell’Università Cattolica di Brasilia sugli effetti del SST sullo stimolo ipertrofico. (1)

I ricercatori hanno reclutato 12 soggetti di sesso maschile con un esperienza nell’allenamento contro resistenza dai 2 agli 8 anni. I soggetti dello studio sono stati sottoposti in tre diverse occasioni ad allenamenti dei bicipiti e dei tricipiti.

Come prima cosa, i soggetti sono stati fatti allenare come di loro consuetudine usando un carico con il quale erano in grado di svolgere al massimo 10 ripetizioni. Con questo carico hanno eseguito 8 serie a cedimento per gruppo muscolare (bicipite e tricipite). Successivamente, in altre due occasioni, i soggetti sono stati fatti allenare con il metodo SST in due sue varianti.

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Gli allenamenti in SST non hanno causato un aumento della concentrazione ematica di acido lattico maggiore rispetto ad un tradizionale allenamento contro resistenza.

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Prima e dopo gli allenamenti, i ricercatori hanno determinato lo spessore del bicipite e del tricipite attraverso delle scansioni. Scoprirono così che l’allenamento con il metodo SST causava un maggiore aumento del pompaggio muscolare (maggior richiamo di sangue e nutrienti a livello miocitario) rispetto ad una seduta allenante tradizionale. L’approccio SST-CT si è rivelato particolarmente efficace in questo.

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Come risaputo, la tensione meccanica, lo stress metabolico e il danno muscolare sono, in ordine di importanza, gli stimoli allenanti che inducono la risposta ipertrofica. Il fattore “pompaggio” si ricollega allo stress metabolico in quanto l’infiammazione locale, dovuta anche all’accumulo di metaboliti di scarto, richiama sangue, quindi ossigeno, nutrienti e lo stimolo di fattori di crescita.(2)(3)(4)

I ricercatori affermano che i soggetti altamente allenati possono trarre vantaggio dal cambiamento della loro routine di allenamento contro resistenza usando il metodo di allenamento SST, poiché questo metodo può offrire uno stimolo dello spessore muscolare superiore, anche con un volume di allenamento totale inferiore rispetto a un approccio più tradizionale .

Tuttavia, concludono, gli effetti cronici del metodo SST sull’ipertrofia muscolare e sulla forza rimangono da determinare.

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PS: Ricordiamoci che l’allenamento con sovraccarichi induce sempre entrambi i tipi di ipertrofia muscolare (Sarcoplasmatica e Miofibrillare). Ovviamente, l’una può prevalere sull’altra a seconda del tipo di allenamento al quale si sottopone il soggetto e dei metabolismi energetici richiesti a soddisfare il lavoro. Un allenamento costantemente anaerobico lattacido, tipico del Body Building, comporta una maggiore risposta ipertrofica a carico del componente sarcoplasmatica, mentre le serie brevi ad alte percentuali di carico, tipiche dei PowerLifter, stimolano maggiormente l’ipertrofia della componente miofibrillare.

Gabriel Bellizzi

Riferimenti:

  1. https://doi.org/10.3389/fphys.2019.00579
  2. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22051111
  3. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26280652
  4. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30335577

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