
Uno studio svolto dai ricercatori della Novartis ha dimostrato che soggetti affetti da diabete di tipo-2 possono accumulare un paio di chili di massa muscolare e perdere un paio di chili di massa grassa, senza allenarsi o cambiare la loro alimentazione, assumendo un’unica dose del inibitore della Miostatina Bimagrumab(BYM338). (1)
Il Bimagrumab è anche conosciuto come BYM338. È un anticorpo, sviluppato dalla Novartis, che si lega al recettore-A del Activina tipo II e al recettore-B del Activina tipo II. Questo impedisce alle proteine che inibiscono la crescita muscolare come la Miostatina, il GDF-11, l’Activina di esercitare la loro azione, e di conseguenza i muscoli diventano più grandi e più forti.
L’industria farmaceutica ha sperimentato per anni con gli inibitori della Miostatina, e alcuni di questi composti sono già stati commercializzati come “prodotti chimici di ricerca”. Questi inibitori del “mercato grigio” non sono tuttavia particolarmente efficaci. A parte alcune sostanze, è soprattutto l’industria farmaceutica a rifiutare che gli atleti riescano a mettere le mani su tali composti in questo modo.

Passando ai promettenti studi sull’uomo pubblicati, il Bimagrumab non è certo un composto di “scarto”.(2) (3) (4)
Tornando nello specifico allo studio della Novartis, i ricercatori hanno somministrato a 10 soggetti in sovrappeso e con diabete di tipo-2 30mg di Bimagrumab per kg di peso corporeo per via endovenosa. Al gruppo di controllo (con composizione simile) hanno somministrato un placebo.
Alla settimana 14 la massa magra dei partecipanti a cui era stato somministrato il Bimagrumab era aumentata del 5% rispetto alla settimana 0 mentre il grasso corporeo era diminuito del 10%. Gli effetti erano ancora visibili sei mesi dopo l’interruzione della somministrazione del Bimagrumab.
La sensibilità all’insulina e il livello della glicemia ematica dei partecipanti ai quali era stato somministrato il Bimagrumab erano migliorati.

I ricercatori hanno scritto che acne, spasmi muscolari e mialgia sono stati riportati nel 30% dei partecipanti trattati con Bimagrumab e in nessuno dei partecipanti trattati con placebo; non ci sono stati cambiamenti nei livelli di creatina chinasi. Diarrea, debolezza muscolare e rigidità muscoloscheletrica sono state osservate nel 10% dei soggetti del gruppo trattato con Bimagrumab mentre non vi sono stati casi nel gruppo placebo.
Tutti gli eventi avversi sono stati descritti come minori e transitori e risoltisi spontaneamente entro la fine dello studio. Nel complesso, il Bimagrumab era risultato sicuro e ben tollerato.
Il Bimagrumab ha il potenziale per essere impiegato nel trattamento delle complicazioni metaboliche dell’obesità come l’insulino-resistenza, anche se questo studio era solo a fini esplorativi sugli effetti della molecola.
È in corso una sperimentazione con Bimagrumab in combinazione ad un regime alimentare ipocalorico in pazienti obesi con diabete di tipo-2, allo scopo di valutare la traducibilità di questi risultati pilota sulla composizione corporea, il peso corporeo e la variabilità metabolica. (5)
È possibile che il Bimagrumab possa essere un nuovo agente terapeutico insulino-sensibilizzante per il trattamento del diabete di tipo-2 attraverso il suo significativo effetto sulla composizione corporea. A differenza delle terapie attualmente disponibili per il trattamento del diabete di tipo-2, che tendono a causare un aumento di peso e della massa grassa, il Bimagrumab potrebbe invertire importanti caratteristiche della fisiopatologia sottostante avendo un effetto positivo sulla composizione corporea nelle persone affette da diabete di tipo-2 e migliorare la sensibilità all’insulina.
Gabriel Bellizzi
Riferimento:
- http://dx.doi.org/10.1111/dom.13042
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28905498
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28653345
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25381300
- https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT03005288?term=bimagrumab+obese&rank=1
Pubblicato da Gabriel Bellizzi [also known as Ružička, The Biochemist] - CEO BioGenTech -
Negli anni trenta del ventesimo secolo si è verificata una febbre dell’oro scientifica di proporzioni inaudite nel campo della nascente endocrinologia. Questa impresa è stata portata avanti con tanta celerità grazie al pionieristico lavoro di biochimici Adolf Friedrich Johann Butenandt e Lavoslav Stjepan Ružička, entrambi premi Nobel per la chimica nel 1939 grazie proprio alla pubblicazione dell’articolo “Sulla preparazione artificiale dell’ormone testicolare testosterone (androstene-3-one--17-olio)”.
Il potenziale del Testosterone e dei suoi primi derivati che videro la luce nella seconda metà degli anni trenta del 900, arrivo’ all’orecchio degli sportivi d’élite tanto che nel 1938 vi fu una prima pubblicazione che parlava del potenziale uso del Testosterone nel Bodybuilding.
Grazie agli abbattimenti dei costi di produzione delle molecole di sintesi, resi possibili dal genio della chimica Russell Earl Marker e dalla sua “Marker degradation”, nella seconda metà degli anni quaranta l’uso di AAS si è diffuso nelle squadre olimpiche di molti paesi. Successivamente tocco’ al pubblico amatoriale. E' nel 1976 che vi fu una nuova svolta, cioè la nascita della società di biotecnologie “Genetech” nata dall’incontro tra l’imprenditore Robert Swanson e Herbert Boyer, biochimico dell’Università della California. I due decisero di fondare questa società per lo sfruttamento commerciale delle tecniche del DNA ricombinante messe a punto da Boyer. Insulina e hGH divennero parte del corollario di farmaci utilizzati dai bodybuilder, e l’era dei “Freak” venne inaugurata.
Purtroppo, lo “scandalo DOPING” negli anni 80’, e le successive restrizioni di “facciata” hanno smantellato massivamente quella nicchia di ricercatori che lavoravano a stretto contatto con gli atleti e facevano ricerca sul campo. Essi non sono “estinti” ma sono obliati da una certa narrativa di comodo. Da qui il problema presente: l’atleta è in balia di leggende e metodiche partorite da menti non avvezze alla complessità della farmacologia partendo dalle basi della biochimica.
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