
Gli atleti di endurance che hanno in programma una gara, ma vorrebbero apparire più “asciutti”, potrebbero prendere in considerazione di intraprendere un regime alimentare a basso contenuto di carboidrati (regime chetogenico per essere precisi) per alcuni mesi. Una dieta di questo tipo, a differenza di quanto ci si potrebbe aspettare, non inficerà la prestazione e darà come potenziale risultato una riduzione della percentuale di massa grassa di 5 punti. Quanto appena detto è stato dimostrato in uno studio irlandese pubblicato su Metabolism.(1)
Gli scienziati dello sport del Waterford Institute of Technology hanno diviso 20 atleti di resistenza di sesso maschile in 2 gruppi. Il primo gruppo ha seguito una dieta standard [HC] per 12 settimane; Il 65% dell’introito calorico proveniva dai carboidrati, il 20% dai grassi ed il 15% dalle proteine. Il secondo gruppo ha seguito una dieta a basso contenuto di carboidrati [LCKD]; Il 6% dell’introito calorico proveniva dai carboidrati, il 77% dai grassi ed il 17% dalle proteine.
Prima e dopo le 12 settimane, gli atleti hanno dovuto percorrere una distanza di 100 chilometri.
Il rapporto di scambio respiratorio [RER] durante i 100Km era più basso dopo 12 settimane di dieta a basso contenuto di carboidrati. Ciò significa che i soggetti hanno bruciato più grasso.

Dopo 12 settimane i soggetti del gruppo a basso contenuto di carboidrati avevano perso 5kg e la loro percentuale di grasso era diminuita di poco più di 5 punti. Questi effetti erano statisticamente significativi. La dieta a basso contenuto di carboidrati sembrava anche aver reso gli atleti leggermente più veloci, ma quest’effetto non è risultato statisticamente significativo.
Se si osservano gli effetti della dieta a basso contenuto di carboidrati in riferimento ai tempi dei singoli atleti, allora si potrà notare che vi sono stati alcuni “migliori risponditori”. In questi atleti, la dieta a basso contenuto di carboidrati sembra aver migliorato le prestazioni …

In sintesi, una dieta chetogenica può giovare ad alcuni atleti, in particolare a coloro i quali trovano difficile mantenere il peso per la competizione. L’adattamento a una dieta chetogenica per 12 settimane non ha inficiato il livello prestativo degli atleti di resistenza e ha causato adattamenti maggiormente favorevoli in alcuni individui.
Pertanto, l’implementazione o l’evitamento di questo regime alimentare dovrebbe essere basato sulle preferenze alimentari di una persona e sulla risposta individuale ad esso.
I ricercatori aggiungono che, nonostante il concetto di keto-adaptation abbia più di 30 anni, siamo ancora nelle prime fasi della comprensione di questo paradigma alimentare. La scoperta che 12 settimane di cheto-adattamento hanno migliorato la capacità nel esercizio aerobico e anaerobico, così come la composizione corporea, negli atleti di resistenza implica certamente che è possibile utilizzare una dieta chetogenica per migliorare le prestazioni e il metabolismo.
Nella ricerca di un approccio più individualistico alla prescrizione dietetica, la keto-adaptation è un approccio che vale la pena di considerare.
Gabriel Bellizzi
Riferimenti:
- https://doi.org/10.1016/j.metabol.2017.10.010
Pubblicato da Gabriel Bellizzi [also known as Ružička, The Biochemist] - CEO BioGenTech -
Negli anni trenta del ventesimo secolo si è verificata una febbre dell’oro scientifica di proporzioni inaudite nel campo della nascente endocrinologia. Questa impresa è stata portata avanti con tanta celerità grazie al pionieristico lavoro di biochimici Adolf Friedrich Johann Butenandt e Lavoslav Stjepan Ružička, entrambi premi Nobel per la chimica nel 1939 grazie proprio alla pubblicazione dell’articolo “Sulla preparazione artificiale dell’ormone testicolare testosterone (androstene-3-one--17-olio)”.
Il potenziale del Testosterone e dei suoi primi derivati che videro la luce nella seconda metà degli anni trenta del 900, arrivo’ all’orecchio degli sportivi d’élite tanto che nel 1938 vi fu una prima pubblicazione che parlava del potenziale uso del Testosterone nel Bodybuilding.
Grazie agli abbattimenti dei costi di produzione delle molecole di sintesi, resi possibili dal genio della chimica Russell Earl Marker e dalla sua “Marker degradation”, nella seconda metà degli anni quaranta l’uso di AAS si è diffuso nelle squadre olimpiche di molti paesi. Successivamente tocco’ al pubblico amatoriale. E' nel 1976 che vi fu una nuova svolta, cioè la nascita della società di biotecnologie “Genetech” nata dall’incontro tra l’imprenditore Robert Swanson e Herbert Boyer, biochimico dell’Università della California. I due decisero di fondare questa società per lo sfruttamento commerciale delle tecniche del DNA ricombinante messe a punto da Boyer. Insulina e hGH divennero parte del corollario di farmaci utilizzati dai bodybuilder, e l’era dei “Freak” venne inaugurata.
Purtroppo, lo “scandalo DOPING” negli anni 80’, e le successive restrizioni di “facciata” hanno smantellato massivamente quella nicchia di ricercatori che lavoravano a stretto contatto con gli atleti e facevano ricerca sul campo. Essi non sono “estinti” ma sono obliati da una certa narrativa di comodo. Da qui il problema presente: l’atleta è in balia di leggende e metodiche partorite da menti non avvezze alla complessità della farmacologia partendo dalle basi della biochimica.
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