L’esercizio fisico stimola le cellule muscolari a bruciare più grassi e aumenta il numero e la densità dei mitocondri. Possono gli atleti rafforzare questi processi seguendo una dieta a basso contenuto di carboidrati? No, scrivono gli scienziati dello sport della Liverpool John Moores University in un articolo apparso su Medicine & Science in Sports & Exercise. (1) Una dieta a basso contenuto di carboidrati può effettivamente ridurre il recupero e la crescita muscolare degli atleti…
I ricercatori hanno svolto l’esperimento con dieci corridori maschi, ripetendo ciò in due occasioni. In entrambe le occasioni i partecipanti si sono allenati due volte in un giorno:
1° allenamento – al mattino dopo la prima colazione gli uomini hanno svolto un allenamento interval training ad alta intensità;
2° allenamento – nel primo pomeriggio gli uomini correvano ad un ritmo moderatamente intenso per un’ora.
In entrambe le occasioni gli uomini fecero colazione con carboidrati, proteine e grassi. In una delle occasioni i partecipanti hanno ricevuto alimenti ricchi di carboidrati per il resto della giornata; nell’altra sono stati alimentati solo con cibo a basso contenuto di carboidrati.
I ricercatori hanno preso piccoli campioni di tessuto muscolare dai muscoli delle gambe dei soggetti dello studio prima e dopo le sessioni di allenamento, per poi analizzarle.
Quando i partecipanti allo studio avevano consumato cibo a basso contenuto di carboidrati dopo le sessioni di allenamento, come ovvio che sia, i ricercatori hanno trovato meno glicogeno nelle loro cellule muscolari. Nonostante questo essi non hanno osservato una attività maggiore del AMPK nelle cellule muscolari. Ciò significa che la dieta low-carb non ha portato ad un più alto consumo di grassi e non ha stimolato una maggiore produzione di mitocondri.

Inoltre, la dieta low-carb inibisce l’attività della molecola segnale anabolizzante p70S6K. Anche questo dato indica che una dieta povera di carboidrati indebolisce i processi anabolici.
I ricercatori scrivono inoltre che, i nuovi dati indicano che un alimentazione post-esercizio ricca di grassi non ha alcuna influenza sull’attività del AMPK-alpha2 o sull’espressione di tali geni associati con ruoli di regolamentazione della biogenesi mitocondriale. Inoltre, anche se l’alimentazione post-esercizio ricca di grassi aumentata l’espressione di geni coinvolti nel trasporto dei lipidi e della loro ossidazione, i ricercatori hanno anche osservato una soppressione dell’attività del p70S6K1 nonostante la sufficiente assunzione di proteine post-esercizio.
Quest’ultimo risultato suggerisce che l’alimentazione post-esercizio ricca di grassi può compromettere la regolazione della sintesi proteica muscolare e il rimodellamento muscolare post-esercizio, causando così una potenziale reazione avversa all’adattamento in seguito all’allenamento se eseguita a lungo termine.
I ricercatori sottolineano che studi futuri dovrebbero esaminare la rilevanza funzionale delle risposte di segnalazione osservate nello studio, non solo in termini di sintesi delle proteine muscolari in acuto, ma anche le prestazione muscolo-scheletriche e adattamenti cronici indotti dall’uso sul lungo termine di questa strategia alimentare.
Gli atleti che hanno intrapreso una dieta low-carbs hanno notato che nella vita reale il corpo ha bisogno di diverse settimane per adattarsi al cambio nutrizionale. I partecipanti all’esperimento non avevano subito questo processo di adattamento. Questo potrebbe spingere qualcuno a pesare che i ricercatori avrebbero ottenuto risultati diversi se avessero svolto il loro esperimento su soggetti adattati ad una dieta low-carb. Personalmente, considero le low-carb ottime in acuto (sul breve termine), intervallate da periodi ricchi di carboidrati (Carb Cycling)…
Gabriel Bellizzi
Riferimenti:
1- http://dx.doi.org/10.1249/MSS.0000000000001009
Pubblicato da Gabriel Bellizzi [also known as Ružička, The Biochemist] - CEO BioGenTech -
Negli anni trenta del ventesimo secolo si è verificata una febbre dell’oro scientifica di proporzioni inaudite nel campo della nascente endocrinologia. Questa impresa è stata portata avanti con tanta celerità grazie al pionieristico lavoro di biochimici Adolf Friedrich Johann Butenandt e Lavoslav Stjepan Ružička, entrambi premi Nobel per la chimica nel 1939 grazie proprio alla pubblicazione dell’articolo “Sulla preparazione artificiale dell’ormone testicolare testosterone (androstene-3-one--17-olio)”.
Il potenziale del Testosterone e dei suoi primi derivati che videro la luce nella seconda metà degli anni trenta del 900, arrivo’ all’orecchio degli sportivi d’élite tanto che nel 1938 vi fu una prima pubblicazione che parlava del potenziale uso del Testosterone nel Bodybuilding.
Grazie agli abbattimenti dei costi di produzione delle molecole di sintesi, resi possibili dal genio della chimica Russell Earl Marker e dalla sua “Marker degradation”, nella seconda metà degli anni quaranta l’uso di AAS si è diffuso nelle squadre olimpiche di molti paesi. Successivamente tocco’ al pubblico amatoriale. E' nel 1976 che vi fu una nuova svolta, cioè la nascita della società di biotecnologie “Genetech” nata dall’incontro tra l’imprenditore Robert Swanson e Herbert Boyer, biochimico dell’Università della California. I due decisero di fondare questa società per lo sfruttamento commerciale delle tecniche del DNA ricombinante messe a punto da Boyer. Insulina e hGH divennero parte del corollario di farmaci utilizzati dai bodybuilder, e l’era dei “Freak” venne inaugurata.
Purtroppo, lo “scandalo DOPING” negli anni 80’, e le successive restrizioni di “facciata” hanno smantellato massivamente quella nicchia di ricercatori che lavoravano a stretto contatto con gli atleti e facevano ricerca sul campo. Essi non sono “estinti” ma sono obliati da una certa narrativa di comodo. Da qui il problema presente: l’atleta è in balia di leggende e metodiche partorite da menti non avvezze alla complessità della farmacologia partendo dalle basi della biochimica.
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