Cos’è il Compression Training ?
Si tratta di allenarsi limitando la circolazione sanguigna con il laccio emostatico, oppure con speciali braccialetti pressori. Un sistema apparentemente eccentrico ma che alcuni studi e prove sul campo hanno e stanno dimostrando la sua notevole potenzialità. Conosciuto già da molti anni, adesso potrebbe ritornare di moda, soprattutto per la popolarità che sta avendo in Giappone. Da provare in particolar modo da quegli atleti che hanno problemi di crescita nelle braccia.
Crescita e dilemmi sui gruppi carenti
E’ bene sapere che, per quanto possa essere ottimale il pacchetto allenamento/nutrizione/supplementazione , è molto difficile ( o quasi impossibile) ottenere uno sviluppo armonico perfetto di tutti i muscoli. Il 99% delle persone possiede, mediamente, uno o due muscoli che non rispondono al pari degli altri, compresi i campioni più conosciuti e ammirati.
Tra i gruppi di cui l’atleta lamenta la carenza troviamo i bicipiti, dovuto principalmente alla loro componente di fibre rosse (e quindi meno ipertrofizzabili). Ma sono i
polpacci ad essere il gruppo muscolare veramente molto più duro da far crescere. Comunque, parlando di braccia, è giusto sottolineare il fatto che è il tricipite ad essere circa tre/quarti del volume totale del braccio, quindi il maggior componente dell’imponenza dell’arto superiore.
Detto questo, per dare un bello shock ai bicipiti (ma anche ai tricipiti) si può provare la tecnica non nuova del Compression Training, che recentemente è stata oggetto di studi scientifici che hanno dato risultati molto interessanti.
Come accennato in precedenza, si tratta di un allenamento con laccio emostatici o con speciali bracciali pressori (tipo quelli che si usano per misurare la pressione sanguigna) per esempio attorno al braccio, appena sotto il deltoide, (oppure sulla parte alta della coscia) in modo che durante l’esecuzione degli esercizi si abbia una riduzione dell’afflusso di sangue.
Già nel 1986 alcuni atleti si allenavano con il laccio emostatico, e al di là che era una cosa obiettivamente inusuale, al quel tempo non si era nemmeno mai ben capito quale efficacia potesse avere e se magari non fosse anche dannosa. Esistono due tipi ben differenti di questo strano allenamento, uno sviluppato dallo scandinavo Sundberg chiamato allenamento sotto ischemia, cioè con riduzione dell’apporto di sangue e l’altro, chiamato Kaatsu (in Giapponese “pressione”) creato invece del nipponico Y. Sato.
Caratteristiche del “Kaatzu”
Il Kaatzu si caratterizza nell’ effettuare l’allenamento a bassa intensità, con uno speciale braccialetto disposto sulla parte prossimale degli arti superiori o inferiori che fornisce la pressione superficiale adatta.
Secondo Sato, (ora a capo del Dipartimento di fisiologia di circolazione ischemica, Università di Tokyo, Giappone) il Kaatsu non induce ischemia, cioè una riduzione dell’apporto di sangue dentro il muscolo scheletrico, ma piuttosto promuove un accumulo sanguigno nei vasi capillari all’interno della muscolatura degli arti.
In Giappone questa pratica è diventata molto popolare, tanto che proprio l’ Università di Tokio (Journal Applied Physiology; 100:1443-1444, 2006) ha effettuato proprio delle ricerche su questo particolare training.
I ricercatori nipponici hanno scoperto che il compression training incrementa maggiormente le misure muscolari e la forza rispetto al normale allenamento.
La risposta ipertrofica all’ allenamento con i pesi, anche a bassa intensità con limitazione del flusso sanguigno, è rilevabile in una sola settimana ed è accompagnata tramite gli aumenti proporzionali nella generazione della forza massima.
E’ stato anche provato che è un vero e proprio aumento di muscolo e non una fallace variazione di volume dovuta all’ accumulo del fluido sanguigno; insomma non è pompaggio! E’ comunque già noto che in studi su animali sottoposti ad allenamento aerobico leggero, a cui è stata applicata la limitazione del flusso sanguigno, aumenta l’angiogenesi, cioè il processo di formazione di nuovi gruppi sanguigni a partire da quelli preesistenti.
Il blocco della circolazione sanguigna può, in teoria, innescare danni cellulari, infiammazioni, incremento dello stress, ma anche il rilascio di ormoni anabolici che possono dare il segnale di crescita ai muscoli. Inoltre incrementa specificatamente l’ormone delle crescita, la noradrenalina e i livelli di acido lattico muscolare.
In particolare in uno studio (Takarada e coll. “Rapid increase in plasma growth hormone after low-intensity resistence exercise with vascular occlusion”. J Appl Physiol, 2002 feb;86(4):308-14.) dei soggetti hanno effettuato 5 serie di leg-extensions con 30 secondi di pausa, con un peso pari al 20% del massimale e braccialetto pressorio. In questo modo il loro GH è aumentato del 290 % rispetto ai livelli a riposo, paragonabile a quello osservato durante training ad intensità molto più alte e senza osservare danni alle cellule dei muscoli.
Un altro studio giapponese (T. Abe e coll. Muscle size and strength are increased following walk training with restricted venous blood flow from the leg muscle, Kaatsu-walk training J Appl Physiol, May 2006; 100: 1460 – 1466.) ha dimostrato che semplicemente camminando con il laccio emostatico sulle gambe si può stimolare in modo importante l’ipertrofia degli arti inferiori.
A 9 soggetti sono stati applicati i braccialetti pressori alla radice della coscia e si sono allenati al tapis roulant per 6 volte a settimana, due volte al giorno. Hanno effettuato ogni volta 5 serie di scatti di 2 minuti ognuno (velocità 50 m/minuto), con un minuto di pausa, per un periodo di 3 settimane. Dopo questo tempo, nei soggetti è stato riscontrato un aumento della sezione trasversa e il volume della coscia del 4-7% rispetto al gruppo di controllo non “compresso”, oltre ad un incremento della forza massimale e forza massimale isometrica dell’ 8-10%.
Da sottolineare che gli indicatori di danno muscolare e cioè creatin-kinasi e mioglobina non hanno avuto nessun incremento. Le ipotesi del perché il compression training incrementa l’ipertrofia sono ancora al vaglio, ma il flusso sanguigno limitato amplificherebbe lo svuotamento ad alta energia dei fosfati e la produzione dell’acido lattico rispetto al training con lo stesso carico con flusso normale. Infatti, c’è una buona correlazione fra svuotamento ad alta energia dei fosfati e produzione acida per raggiungere l’ipertrofia. Durante le sedute con i pesi si raccomandano carichi superiori al 70% del massimale, proprio perché si deve provocare un notevole metabolismo anaerobico.
Non a caso si osserva che nei training con i periodi di riposo più corti tra le serie provoca maggiore ipertrofia rispetto allo stesso programma con i periodi di riposo lunghi (ma lo stesso lavoro meccanico totale), confermando questa ipotesi. Tuttavia non è chiaro il meccanismo per cui i cambiamenti acuti in fosfati ad alta energia o altri metaboliti collegati potrebbero innescare la cascata di segnali ipertrofici.
Comunque, vi è ampia prova che i sensori metabolici quali le protein chinasi (che controllano la fosforilazione, cioè il grado di trasferire gruppi fosfato da molecole donatrici ad alta energia, come l’ATP, a specifici substrati) AMP- dipendenti (un metabolita delle cellule prodotto a partire dall’ATP, la sua principale funzione consiste appunto nell’ attivazione di protein chinasi per regolare il passaggio transmembrana di calcio attraverso i canali ionici) possono svolgere i ruoli regolatori importanti nel muscolo scheletrico.
Così sembra ragionevole supporre che ci sia anche un sensore metabolico non identificato come, per esempio, un sensore meccanico. Un’altra ipotesi sull’ipertrofia indotta dal compression training potrebbe essere il fatto che le unità motorie più piccole, aerobiche, cioè le rosse, siano normalmente reclutate con carichi leggeri, affaticandosi più velocemente durante il lavoro con il laccio emostatico e quindi è probabile che i pesi con la limitazione di flusso sanguigno richiedano un maggior reclutamento delle unità anaerobiche, più grandi, cioè le bianche, che normalmente sono reclutate soltanto durante gli sforzi più pesanti.
A conferma di questa ipotesi il fatto che l’ elettromiografia (una macchina che misura il grado di attivazione muscolare) segnala un ampiezza di attivazione maggiore durante il compression training rispetto allo stesso allenamento senza limitazione. Quindi può essere che l’aumento della risposta ipertrofica all’ esercizio fisico con i bracciali pressori derivi semplicemente dall’ aumentato carico meccanico nelle grandi unità motorie delle fibre muscolari.
Vista l’impossibilità di avere gli speciali bracciali pressori, alcuni atleti che conosco stanno provando da poco questo allenamento utilizzando i lacci emostatici, per ora solo per i bicipiti/tricipiti, ed effettivamente la sera stessa affermano che questi muscoli sono molto più duri, senza contare che il giorno dopo i DOMS (il dolori muscolari che sovraggiungono dopo 24-48 ore), che tra l’altro sono buoni indicatori empirici di danno muscolare, sono molto maggiori e durano anche più giorni.
I risultati sono visibili anche in pochi giorni, veramente difficile a credersi, ma vero. Per ovvi motivi, il kaatsu è possibile farlo solo su alcuni muscoli, come bicipiti/tricipiti/polpacci/cosce, ma per esempio torace e collo per ovvie ragioni non sono molto consigliabili.
In definitiva, il compression training sembra promettere molto bene e non crea particolari problemi, in quanto diversi studi hanno dimostrato la sua sicurezza.
Fonte: http://www.biiosystem.com